Vini da supermercato: il Raboso 47 Anno Domini

Nel lungo e tortuoso percorso della mia vita mortale ho raggiunto in pochi campi la perfezione. Potrei indicare con certezza solo i seguenti ambiti: le uova alla coque, le figure di palta e la riparazione di selle di bicicletta con il nastro isolante per gli elettricisti.

Un campo però nel quale mi ci sono avvicinato molto è quello delle selezione delle amicizie e, con i miei amici più recenti, addirittura sfioro la grande bellezza delle armonie celesti riuscendo a parlare per ore e ore solo ed esclusivamente di vino. Niente politica, cinema, teatro, musica o donne: solo il calcio a volte turba questa armonia. Ebbene ad uno dei miei amici di bevute devo la scoperta di un vino piacevolmente bizzarro: me l’ha regalato come una sfida, profittando del mio stato di ebbrezza avanzata fine serata.

Etichetta dorata tipo icona bizantina, produttore sconosciutissimo e dal nome criptico 47 Anno Domini –  e dulcis in fondo la scritta BARRIQUE in bella evidenza: Raboso Barrique Veneto IGT, a otto euro e cinquanta qui in Belgio.

Sulle prime ho pensato ad un vino elaborato da una setta satanica su ordine dell’Anticristo, e l‘ho sotterrata in cantina per un per paio di mesi, riservandola alle serate dello scazzo. Ovvero quando vorresti aprire qualcosa ma non sai cosa, hai voglia di qualcosa di buono ma che non conosci già, o
cerchi di innervosire gli amici con un blind tasting impossibile, insomma quelle sere che ti viene di rischiare il raboso in barrique con Bruno Vespa in sottofondo.

Ebbene, dopo attenta meditazione confesso: si può bere, non solo: è pure piacevole. E qui mi fermo perché non credo che lo ricomprerei.

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Raboso 47 anno Domini, calice

Il vino esprime appieno la rabbia fruttosa e fresca del vitigno con ciliegia marasca e viola in prima linea a mitragliare l’olfatto e poi in bocca è suadente, alcolico vellutato all’attacco e piacevolmente scostumato nel finale – acido e lunghissimo- che arriva un po’ tradimento come una bella sorpresa.

Intendiamoci, il legno si sente ma è piacevolmente integrato, mitiga l’irruenza del raboso e non sovrasta il frutto con note dolciastre (che sono del tutto assenti).

Insomma,  a me ha ricordato molto Nicole Minetti vestita da suora alla feste di Arcore: ovvero una bellezza italica prorompente ingentilita da un velo di pudore, ma pronta a sfoderare le sue vere qualità.

Da consigliare al papi per le sue cene eleganti, e per chi volesse provare un piacevole brivido erotico a meno di dieci euro.

 

9 thoughts on “Vini da supermercato: il Raboso 47 Anno Domini

  1. Mario Crosta

    “E qui mi fermo perché non credo che lo ricomprerei”, hai scritto. Precisare, prego. Me lo devo comprare per esserne poi deluso? Non me lo devo conprare perché tanto non ne vale la pena? E’ Raboso o parte dal vitigno Raboso per diventare un vino da “papino”, da “montezumino”, da “bamboccinorenzino”? Anche i bersaglieri vorrebbero sapere, grazie.

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    1. Nic Marsél

      @Mario Crosta, ma non era un regalo? 😉 A3C, ti è piaciuta Arcore? P.S. begli amici che hai 🙂

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      1. Mario Crosta

        @Nic Marsél, per lui magari lo era, un regalo, ma ha scritto quelle testuali parole, perciò vorrei ricevere da lui dei lumi. Sennò cosa scrive a fare?

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        1. Nic Marsél

          @Mario Crosta, suvvia era solo una battuta. Dice che non lo ricomprerebbe, il marpione, ma non l’ha comprato nemmeno la prima volta 🙂

        1. A3C

          @Mario Crosta, un po’ come la Minetti…perfetta per una sera ma è difficile che la sposi

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