Vi ho già detto dell’impressione, delle emozioni che mi ha suscitato il Vermentino di Stefano. Nella magia di Villa Favorita, stavo quasi per salutarlo, quando fa un cenno d’intesa alla moglie. Monica, da sotto il banchetto, prende un’altra bottiglia e versa il secondo vino.
Il vino al naso è schivo, non si espone, è chiuso. Decido di temporeggiare un po’ di dargli tutto il tempo che richiede e intanto chiedo cosa sia.
“E’ un trebbiano” dice Stefano, “è il sogno di Mario”.
In quelle poche parole colgo una grande emozione.
Guardo il vino, ha un bel colore simile a un sontuoso mantello di velluto d’oro satinato.
Porto il calice al naso e i sentori sono adesso più disponibili con me. Una sublime gironda di profumi erbacei e balsamici, c’è citronella, rosmarino e menta che si mescolano a un debole sentore d’idrocarburo, infine è delicata camomilla. In bocca ho il sapore di un’uva vitale volitiva, palesemente percettibile e polposa. Il vino è brioso, sono in rapida evoluzione freschezza e morbidezza concrete. In retrolfazione snoda sentori e percezioni di mandorlo, sia dei suoi fiori sia dei suoi frutti, con un finale coinvolgente, lungo e persistente.
Talmente lungo e persistente questo trebbiano, da non riuscire a smettere di pensare a quel vino, insolito, particolare, unico!
Tant’è che al mio rientro a casa, contatto subito Stefano Legnani, devo sapere tutto di Mario del suo sogno e di quel trebbiano, di quell’emozione che coinvolge Stefano e che involontariamente e a sua insaputa trasmette anche a me.
Cosi mi racconta che…
Mario era un suo caro amico, era un brav’uomo che ha speso la sua vita per condurre un’osteria. All’età di sessantacinque anni arriva la meritata pensione, questo gli consente di potere esaudire un suo grande sogno; acquistare una piccola azienda agricola dove vi si trasferisce come vignaiolo fai da te. Il vino prodotto da Mario, era destinato alla sua famiglia e ai suoi più cari amici e vendeva le uve in eccedenza alla cantina sociale. Si è goduto il suo sogno solo per venticinque anni, poi se ne andato l’estate scorsa. La figlia di Mario chiama Stefano e cosi che apprende la triste notizia della perdita dell’amico. Gli riferisce anche di non potersi occupare dell’azienda, che in famiglia vorrebbero addirittura estirpare la vigna per passare a una coltivazione intensiva. Lei è l’unica, la sola rimasta a non voler buttare via al vento anni di sacrifici e di amore che il padre ha riversato per anni alla vigna. Cosi Stefano decide di raggiungerla nella bassa pianura padana, nella modesta casa che era di Mario, che è rimasta identica a come se la ricordava. Dietro la casa, c’è la vigna di trebbiano, è un po trascurata, ma l’uva anche se poca, è bella e ha un buon sapore.
Stefano ha come una folgorazione, d’impeto chiede alla figlia di Mario di vendergli quell’uva. Lei accetta subito, cosi dopo pochi giorni vendemmiano. Il trasporto dei grappoli è rischioso, poiché le cassette di legno devono arrivare fino a Badia, è li che Stefano decide di vinificarle, nella sua azienda a Sarzana in Liguria.
Poi aggiunge:
“ Può sembrare strano continuare il sogno di un altro, con quest’uva, io e Monica desideriamo ricordare chi ha speso venticinque anni della sua vita tra quei campi, godendo del suo operato.
Tafon sarà il nome del vino, che in dialetto di Sarzana significa schiaffo.
Chiedo a Stefano: come mai questo nome, schiaffo?
“ Perché, si merita uno schiaffo chi avendo la possibilità, non insegue i propri sogni.
Uno schiaffo a chi ghettizza questo o quel vitigno.
Uno schiaffo a chi predilige solo vini blasonati di zone definite vocate, escludendo a priori vini di vitigni coltivati nella pianura. Questo trebbiano in particolare vive nella bassa pianura mantovana e sta li da oltre cinquant’anni!”
Di Tafon, mi dico, io ho sentito il suo schiaffo, mi ha fatto veramente sognare durante il rientro a casa e ancora fino a ora. Aspetto con ansia di assaggiare ancora Tafon, perché come dice Stefano:
“Dopo un meritato riposo, sarà in grado di esprimere tutta la sua fierezza contadina nei bicchieri di quanti vorranno continuare a sognare”.
Ed io voglio (devo) ancora sognare!
Azienda Agricola Legnani Stefano
Via de Molini 72 – Bradia, 19038 Sarzana
Tel. +39 3482229695
email: s.legnani@legnani.com
Qualche giorno è passato da Villa Favorita e i ricordi più dettagliati un po’ latitano, però il filo conduttore c’è. Anch’io rimembro un vino appena morbido e con frescosità agrumate, scattante e polposo. E lungo.
La lunga attesa per provare i suoi vini è ricompensata!
Emozionante la storia che c’è dietro al Tafon, sai anche dove sono queste vigne in pianura padana?
@Andrea, intanto ti ringrazio per la pazienza che hai avuto nel leggermi.
Stefano non si è espresso nel dettaglio riguardo il posto dove è ubicata la vigna di trebbiano, riferisce solo della bassa pianura mantovana. Penso di aver intuito una sorta d’intimità che non ho voluto violare. Non ci resta che sperare abbia la tua stessa pazienza nel leggermi e magari riferici lui stesso l’ubicazione precisa.
Grazie ancora 🙂
@Patrizia, è stato un vero piacere leggerti e leggere queste informazioni interessanti su un viticoltore che mi incuriosiva prima e che apprezzo ora dopo aver assaggiato i suoi vini. La sua presenza tra i visitatori del Vinix Live che organizzai a Torre Maina (MO) ad inizio anno fu per me fonte di grande orgoglio.
Grazie 🙂 @Andrea.
Ho letto d’un solo fiato quanto avete scritto e vi ringrazio di cuore per le parole, per l’attenzione e per l’approccio a questo nostro Tafon. Il vigneto è nel comune di San Giovanni del Dosso nel Mantovano.
Luoghi dove la gente ha sempre dovuto fare i conti con gli alti e bassi del Grande Fiume:il Po.I vigneti sono a meno di 15 metri di altezza sul livello del mare, in piena “bassa”.
Grazie a te @Stefano Legnani per tutto quello che sei riuscito a trasmettermi con quel vino, per la tua disponibilità nel raccontarmi questa meravigliosa storia, fatta di rispetto e pura amicizia.
E’ stato un vero piacere conoscere te e Monica personalmente.
Un caro saluto 🙂
Bellissimo articolo e interessantissime parole “Uno schiaffo a chi predilige solo vini blasonati di zone definite vocate, escludendo a priori vini di vitigni coltivati nella pianura”
quando passi da qui fermati, la nostra casa è sempre aperta
Intanto complimenti a Patrizia per questo scritto molto coinvolgente, e poi a Stefano perchè senza il Tafon questo scritto non esisterebbe. Non vedo l’ora di assaggiarlo e sucuramente appena ho qualche giorno libero passerò da quelle parti per vederti immerso nella tua passione! Un forte abbraccio, Gianluca