Un vino naturale a Creta? Ma si…Yiannis Oikonomou, cioè il maestro Janusz

L’interesse per i vini naturali sta velocemente aumentando anche in Polonia. Su Vinisfera.pl dell’amico Mariusz Kapczyński, che conosco dal 2.000 e con il quale ho condiviso numerose degustazioni fino ad affinare reciprocamente le nostre papille gustative, ho pubblicato in polacco il post che avevo pubblicato anche su gustodivino.it con il mio manifesto del vino naturale.

Da allora, anche il mio amico “Kapka”, che è sempre in giro per il mondo, un vero globetrotter, non manca di pubblicare articoli che riguardano anche i vini naturali che incontra visitando i luoghi più orientali in cui vengono prodotti. A Creta, in questo caso, ma dalla parte turca, quella più povera anche nei terreni, dove la vite trova condizioni ideali per l’agricoltura biologica e la produzione di vini senza manipolazioni chimico-fisiche né fermenti selezionati in laboratorio. Non mi dilungo, vi ho tradotto il suo articolo e vi lascio subito al piacere della scoperta di questi vini ai limiti dell’Europa sud-orientale e all’entusiasmo che hanno suscitato in Mariusz tutti quanti, con valutazioni sorprendenti, molto più alte di quelle che ha assegnato ai migliori vini che ha assaggiato.

Il traduttore: Mario Crosta

 

 

 

Domaine Economou è una tenuta eccezionale nella mappa enologica di Creta. La cantina è condotta da Yiannis Oikonomou, che è un grande individualista e, per me, un vero maestro. Mi piace incontrare questo tipo di produttori di vino. Non pomposo, aperto, incline alla discussione. E “Janusz” (come lo chiamerò alla polacca) mi ha portato in giro, mi ha mostrato tutti i terreni e i luoghi della produzione, ma me li ha descritti in scioltezza, modestamente, senza l’enfasi del marketing.Si è diplomato in enologia in Piemonte, presso l’Università di Alba. Un apprendistato fra gli assi del Barolo, come Ceretto e Scavino. Per un certo periodo ha fatto pratica anche a Bordeaux e anche lì non certo in un posto qualsiasi, ma a Château Margaux. Nel 1994 è tornato a Creta e si è occupato di vino, soprattutto di quello ottenuto dalle varietà locali, principalmente dal Liatiko. Si trova fuori mano, nella parte orientale, che è il lato più selvaggio di Creta, nel piccolo villaggio di Ziros. In questa parte dell’isola ci sono soltanto una cooperativa e altri tre produttori. È un posto deserto, molto selvaggio, lontano dalle folle dei turisti.

Yiannis Oikonomou

Yiannis Oikonomou

Il maestro Janusz coltiva 16 ettari di vigneto e 12 ettari di uliveto (da cui produce un olio squisito). Ha cominciato anche a produrre aceto balsamico, distillati e liquori. I suoi vigneti sono situati a un’altitudine di 600-650 metri sul livello del mare. Sono coltivazioni completamente organiche, ma Janusz rifiuta di certificare questo sistema di conduzione delle vigne. Non ne ha bisogno. Mi sono piaciuti molto i momenti in cui abbiamo visitato alcune delle sue parcelle: questo enologo si chinava a ogni passo per raccogliere qualche piantina o un po’ d’erba che mi metteva sotto il naso… e quello era origano e quell’altro dragoncello oppure qualche altra erba aromatica. Avevano un profumo meraviglioso, irresistibile, naturale. E questi erano incredibili! A suo modo avevano uno stile passato di moda, erano delicati, da manuale, davvero seducenti. Ma che distanza dalle roboanti esibizioni di molte cantine famose in tutto il mondo. Nei suoi vini c’è una certa fragilità e una pudica eleganza. In una degustazione alla cieca avrei avuto perfino il sospetto che i suoi rossi fossero dei pinot noir di Borgogna. Il vitigno Liatiko nei suoi vigneti ha conquistato il primato (ma c’è anche, per esempio, il Vilana) ed è coltivato ad alberello: le viti non crescono legate a una spalliera, ma da sole, non sono supportate da impalcature di fil di ferro né da paletti. Questo metodo è ben collaudato e utilizzato nei luoghi caldi e asciutti.

Ultimamente Oikonomou si è “aperto” anche al Cabernet Sauvignon, ma, come dice, per sperimentarlo e proporre una gamma un po’ più commerciale. La cantina non produce molto, in totale 20-25 mila bottiglie l’anno. I vini maturano in parte all’aperto, al caldo, in serbatoi di plastica, cosa che a prima vista sembra un’idea assurda, ma è così che Janusz vuole accelerarne la maturazione. Un’altra parte del vino viene maturato in cantina, in serbatoi di acciaio inox. Dopo circa due anni di maturazione l’enologo effettua l’assemblaggio più adatto e in questo è proprio un vero maestro. È forse per questo che i suoi vini mostrano tanta finezza? Non li chiarifica, non li filtra e non aggiunge solforosa (se necessario, soltanto un quantitativo minimo), perché a suo parere l’elevata acidità e il tenore alcoolico “proteggono” il vino a sufficienza. Da molto tempo non avevo partecipato a una degustazione di tale livello, tantotanto interessante e in così buona compagnia.

I vini. L’Oikonomoy Thrapsathiri / Vilana 2006 (5) è elegante e intrigante, speziato, con sentori di miele e di zucca, spezie (pepe bianco) e frutta secca. Questo vino ha un suo stile, insolito, equilibrato, delicatamente speziato. L’Oikonomoy Liatiko 2006 (5) ha un colore lampone chiaro e aromi delicati di piccoli frutti di bosco, è fragile e fine, ricorda le caratteristiche dei buoni Borgogna. Fine ed elegante. L’Oikonomoy Liatiko 1998 (5+) presenta all’inizio note leggermente speziate, sa di erbe aromatiche e di macchia mediterranea, poi passa ad accenti di lampone e di bosco, erica, vinaccioli, con una fresca acidità che è bella dappertutto. Un vino straordinariamente delicato, equilibrato, che mormora quasi in silenzio la sua bella melodia. Un’orgia meravigliosa per il palato e un ottimo nutrimento per l’immaginazione. L’Oikonomoy Liatiko 2000 (5+) è un vino in condizioni perfette. Avvincente peril suo delicato aroma fruttato e con quel tocco di vecchi mobili coloniali, alberi di cedro, sigari, pelli indossate e grande equilibrio. È lungo, morbido e allo stesso tempo leggermente piccante. Non c’è nient’altro da aggiungere: è un ottimo vino. L’Oikonomoy Sitia 2000 (5) proviene dai vitigni Liatiko e Mandilaria delle vigne più vecchie. Levigato, sa leggermente di marmellata di lampone, è speziato e piccante con un finale di erbe aromatiche. Aromatico, vellutato, rotondo nella sua struttura, con dei tannini delicatamente accennati. L’Oikonomoy Sitia VLQPRD 2006 naturally sweet (5) è un vino pulito e morbido. Note leggere di confetture, erbe aromatiche, fumo, prugne affumicate, muschio, lettiera, frutta secca. In complesso ben equilibrato, fresco, con un finale attraente e ricco.

Posso includere l’incontro con questo enologo e la degustazione dei suoi vini fra le mie visite più riuscite degli ultimi anni. Penso che, se potessi scolarmi fino in fondo una delle bottiglie appena descritte di Yiannis, sarei perfino capace di dare addirittura il benvenuto ad ogni passo di una preannunciata fine del mondo.

La scala di giudizio

( 6 ) eccezionale, un vero capolavoro
( 5 ) ottimo, vino di gran classe
( 4 ) buono, interessante
( 3 ) onesto, dignitoso
( 2 ) debole
( 1 ) stare alla larga, vino con evidenti difetti

( – oppure + ) per togliere o aggiungere mezzo punto

Mariusz Kapczyński

 

8 thoughts on “Un vino naturale a Creta? Ma si…Yiannis Oikonomou, cioè il maestro Janusz

  1. Massimiliano Montes

    Non riesco a concentrarmi sul sentore di lettiera dell’Oikonomoy Sitia VLQPRD 2006 naturally sweet

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    1. Mario Crosta

      @Massimiliano Montes, in inglese usano in genere la parola foxy, perché forse si vergognano delle loro lettiere, non della loro caccia alla volpe. Ma dal francese (dal quale si dovrebbe sempre prendere esempio nella terminologia, visto che sono il popolo con la maggiore cultura enologica dell’era contemporanea) i polacchi traducono per esempio goudron con asfalto o sperma con sperma (anche Veronelli lo fece per lo Champagne Krug 1976, ricordi?) e usano senza problemi termini come pipì di gatto per i Sauvignon. Quel buon sentore di lenzuolo dopo una sana dormita di una persona lavata si traduce con lettiera. Trovami tu un termine migliore, ma in polacco la parola “ściółka” si traduce letteralmente con “lettiera” nel senso buono di odore o sentore (vocabolario polacco-italiano di Wojciech Meisels, 48.000 parole, wydawnictwo “Wiedza Powszechna”, Warszawa, 1970), oppure “strame” nel senso di puzza. Lascia perdere il traduttore automatico di Google che la traduce soltanto con “rifiuti”, generico, impreciso, errato (non è così: rifiuti si traduce con “odpady”!). Fidati, Massimiliano, che “Kapka” lo intende come un sentore, un buon odore, del resto si trova in molti vini, anche nel Tignanello, dove qualcuno l’ha chiamato “odore di cavallo sudato”, perché lì è un po’ più piccante di quello della lettiera umana dopo un buon sonno. Ma davvero, a differenza dei francesi, anziché chiamare i sentori, gli aromi, gli odori, i profumi con il loro nome, cioè con precisione, dobbiamo ammorbidirli traducendoli diversamente altrimenti qualcuno li considera delle puzze? Non ti ha mai intrigato l’odore del lenzuolo dopo che ci ha dormito la tua donna? Dobbiamo aver paura di interpretazioni ignoranti e falsoperbeniste? E un vino che ha un sentore di asfalto, allora? E uno champagne che ha un sentore di sperma, allora?

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      1. Massimiliano Montes

        @Mario Crosta, non voleva essere una critica… ci mancherebbe. “lettiera umana dopo un buon sonno” è carina come definizione 🙂 Il profumo di donna mi ricorda un bellissimo film con Al Pacino, Scent of a woman, e un bellissimo tango. Forse tu mi ricordi Al Pacino in quel film……..

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        1. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, amico mio, ma lo so benissimo che il tuo appunto non era una critica. Era un assist per tirare un gol di testa, vincente e ne ho approfittato subito. Infatti quando traduco da una lingua dell’Est faccio una fatica boia a capire la corrispondenza con la nostra e devo passare dalla loro formazione (in USA, in Italia, in Francia, in Germania?) per non scrivere Roma per Toma. Non mi chiamo Monica Larner. Conosco Mariusz dal 2.000, da quando si formava nei corsi di degustazione di Collegium Vini e lo incontravo a tutte le degustazioni con un quaderno su cui prendeva sempre appunti e a volte mi chiedeva il favore di aiutarlo a recuperare le parole che gli erano magari sfuggite. per anni abbiamo affinato i nostri palati insieme, abbiamo adottato lo stesso metodo di valutazione dei vini (sopra riportato), ci traduciamo gli articoli uno con l’altro e non abbiamo mai avuto una divergenza. Anche sui vini naturali, dei quali si sta innamorando dopo la mia dichiarazione di principio sul suo Vinisfera, che puoi vedere qui (ma che conosci già in italiano, perché sei tu che hai pubblicato il mio Manifesto): http://www.vinisfera.pl/wina,1573,149,0,0,F,news.html
          E poi, lasciatelo dire, Mariusz ed io abbiamo avuto la fortuna di discutere con il decano dei giornalisti del vino, Zatorski, che sulla terminologia aveva un concetto diverso perché di due generazioni più indietro della nostra, quando si dovevano usare i guanti bianchi: tre articoli suoi e tre nostri. Stephan temeva che dicendo pane al pane e vino al vino (per esempio come sperma, pipì, idrocarburi, asfalto, lettiera eccetera) i neofiti si spaventassero e non abbracciassero la nuova cultura, quella del vino, per un Paese da sempre vocato a birra e vodka. Tutto lì. Ma sosteneva che fra di noi, fra gente abituata a degustare, potevamo usare i termini più vicini nel concetto a ciò che sentivamo. Sapori e saperi. Mi sono rotto le balle non soltanto di quegli anonimi che fanno i cecchini sui blog, ma anche di quelli che descrivono a vanvera oppure hanno paura di descrivere esattamente quello che avvertono, forse perché temono di scandalizzare qualcuno di sesso diverso, di età diversa, di estrazione sociale diversa. preferisco continuare a credere che la verità è rivoluzionaria.

  2. Nic Marsél

    Mario mi fai male al cuore. Che luoghi! Sono stato in quelle zone bellissime e fuori dalle rotte dei turisti all’inizio dei 90, in moto, percorrendo lunghe strade sterrate a est di Ierapetra dove ci sono uliveti meravigliosi e dove ho mangiato le olive (di varietà piuttosto piccola) più buone della mia vita accompagnate da splendidi formaggi freschi. Se solo avessi saputo di questo produttore di vino…

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    1. Mario Crosta

      @Nic Marsél, capisco il tuo male al cuore. Quando vivevo in Sardegna, 20 anni fa (oggi ci vado spesso dalla Polonia, ma ancora c’è tempo per ritornarci stabilmente) andavo già a comprare vino sfuso dai Dettori a Porto Torres, ma ancora non era stato fatto l’importante investimento della loro nuova cantina con la costruzione del ristorante Kent’Annos in collina a Badde Nigolosu sulla meravigliosa antica strada per Nulvi, che attraversa zone altrettanto selvagge. Non ci si accorgeva dei vini dei Dettori se non per la buona qualità dello sfuso e praticamente erano sconosciuti ai più. Un giorno ci fu una polemica su Winereport, quand’era un grande e bel sito del vino sotto la direzione di Franco Ziliani, tra Fabio Cimmino e Alessandro Dettori a proposito di un Chianti già famoso e soltanto grazie alla risonanza di quella polemica è riuscito a farsi conoscere ai giornalisti del vino quel ragazzo di belle speranze di cui leggi spesso sulle pagine dei giornali e che fa dei rossi molto buoni (a me piace l’8 Marzo, ma mi è capitato di bere un Chimbanta da sballo che porterò presto in Piemonte al miglior produttore di Ghemme per farglielo assaggiare e dimostrargli di che livello possono essere i vini naturali) e il miglior bianco sfuso della Sardegna a 2 euro al litro. Soltanto grazie ad una polemica, mi sono spiegato bene? Senza polemica, niente ribalta? E’ questo il mondo del vino? Non ti potevi accorgere di Yiannis Oikonomou, perché è un uomo modesto, non certifica i suoi vini come Ecocert o come tripla A o come Demeter, perché non ne ha bisogno e vuole lavorare tranquillo, senza le luci delle telecamere e i concorsi e soprattutto senza polemiche. Purtroppo a me fa male al cuore proprio questa assoluta, cieca, cinica ricerca della provocazione alla Gabanelli pur di fare spettacolo, che risulta però la strada più sicura per emergere grazie alla tontuggine (così si dice a Porto Torres) degli ascoltatori. Quanti vignaioli seri, capaci, sono stati quello che era allora Dettori e cioè un potenziale vero ma sconosciuto, quello che è ancora oggi Yiannis Oikonomou? Scrivo con te su Gustodivino da quando Alessandro ha deciso di non scrivere più, di togliersi dalle ribalte e dalle polemiche, di impegnarsi di più a fare il vino (ma non solo, anche l’orto, il frutteto e il pollaio biologici per rifornire di roba buona il ristorante), altrimenti non so se lo avrei fatto. Mi sembrava giusto continuare ad assicurare la sua voce, i suoi progetti, le sue idee. Anche se non gli ho mai nascosto che il suo bianco in bottiglia non mi entusiasma affatto, mentre quello sfuso invece sì, a quel prezzo, e anche se in privato ho ancora qualche altro argomento con cui discuterci (il produttore serio ha bisogno di pareri sinceri, di critiche, non di leccapiedi né di provocatori, spesso prezzolati. Torna a Creta, Cereda, vai a trovare Yiannis che ti porterà in giro come non ti aspetteresti mai e ti accorgerai che è stato un allievo davvero speciale di Chateau Margaux e di Barolo, oggi un vero maestro.

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