Un altro capolavoro di Luigi Tecce: il Satyricon 2009 Campi Taurasini Doc

Divenuto famoso col suo Poliphemo, un Taurasi Docg, centra l’obiettivo anche con questo Campi Taurasini.

Non esito a definire il Satyricon un grande vino. Un vino naturale figlio della fatica di un contadino vero.
Luigi proviene da una famiglia di viticultori da generazioni a Paternopoli, in Irpinia. Negli anni ’80 a causa del cattivo andamento del mercato e di vicissitudini familiari la sua famiglia decide di non produrre più in proprio ma di conferire le uve a industriali del vino.

Luigi-Tecce

Luigi Tecce

In seguito Luigi Tecce eredita quattro ettari e mezzo di vigne e decide di ricominciare a imbottigliare in proprio. Ha le idee chiare sul vino che vuole fare: un vino che lasci libero di esprimersi il territorio in cui tanto crede, senza chimica in cantina né trattamenti sistemici in vigna.
La retroetichetta di questo Satyricon è eloquente: un elenco di tutto ciò che un vignaiolo non dovrebbe fare. Quasi un manifesto.

Satyricon 2009, retroetichetta

Satyricon 2009, retroetichetta

Campi Taurasini è una sottodenominazione della Doc Irpinia, e prevede almeno l’85% di aglianico. Il Satyiricon è composto per oltre il 90% da aglianico più altri autoctoni sparsi nelle vigne. Proviene da un vigneto con estensione di tre ettari allevato a spalliera e potato a cordone speronato. L’età media delle viti è relativamente giovane, dieci anni, le rese intorno ai 60 quintali per ettaro e la raccolta delle uve manuale.

La fermentazione è spontanea in fusti di acciaio con macerazione di venti giorni, maturazione per dodici mesi in botti di rovere da 500 litri, quindi dieci mesi in acciaio e altri dieci mesi in bottiglia. Nessuna chiarifica e filtrazione.

Satyricon 2009, calice

Satyricon 2009, calice

Versato gentilmente in un ampio calice, il vino si presenta rosso rubino brillante velato da una fine torbidità.
Gli aromi di apertura, ovvero quelli che si percepiscono prima di roteare il calice, sono inebrianti e affascinanti: sentori di agrumi si fondono abilmente con foglia di tabacco e violetta, su un sottofondo balsamico.

Roteando il calice il tabacco diventa l’aroma predominante, sembra di sentire il profumo di un antico toscano subito prima di accenderlo. Di seguito compaiono, tenui ma chiare, note di lavanda e sandalo, amarena, e di nuovo un balsamico eucaliptolo.

Al palato è di buona acidità, con tannini palpabili ma non aggressivi. La retrolfazione vira verso la foglia di pomodoro e il fiore di loto con decisi ritorni al tabacco. Di lunga persistenza, con un finale agrumato che ricorda l’arancia sanguinella.

Leggi anche:  Il Poliphemo 2007 di Luigi Tecce

 

Azienda agricola Luigi Tecce
Contrada Trinita’
83052 – Paternopoli (AV)
Tel. 0827 71375

 

5 thoughts on “Un altro capolavoro di Luigi Tecce: il Satyricon 2009 Campi Taurasini Doc

  1. Mario Crosta

    Sono molto contento di questo articolo, perché dimostra quanto il genio del vignaiolo sia in grado di ottenere risultati del genere da vigneti giovani, con l’uso dei vituperati (in nome delle barriques da 225 litri) mezzi fusti fra due stoccaggi in acciaio. L’ho assaggiato a Roma, il 25 settembre. Sapevo che in Irpinia sanno fare miracoli, ma non credevo che fossero tanto eclatanti. Unica domanda. Ci vorrà oggi magari l’acciaio perché per costruire vasche in cemento vetrificato ci vuole più tempo e forse ci vogliono anche più mezzi finanziari, ma un rosso cui non si aggiunge nulla e che non viene chiarificato né filtrato secondo me ci guadagnerebbe ancora, e di molto. Lo suggeriamo al buon Luigi, oppure ci accontentiamo di un 110 e basta, quando potrebbe avere anche la lode?

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    1. Massimiliano Montes Post author

      Mario sono contento che ti sia piaciuto. A me i suoi vini hanno letteralmente folgorato!

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      1. Mario Crosta

        @Massimiliano Montes, nell’acciaio si creano correnti elettrostatiche che nel cemento non si creano, quindi le particelle in sospensione nel vino fanno fatica a depositarsi e non si depositano tutte in tempo, mentre nel cemento il processo naturale è sicuramente più favorevole. Mi piacerebbe sapere dal produttore se ci ha pensato.

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  2. Davide Marrale

    Concordo con quanto detto da Mario Crosta. Pochi giorni fa sono andato a trovare Arianna Occhipinti nella nuova cantina, dove ho trovato vasche di cemento non vetrificato, quindi dove il vino si microssigena,evolve e” vive” lentamente, e botti di legno grandi, di fabbricazione austriaca, dove le doghe sono piegate con l’ausilio del vapore e quindi non tostate con il fuoco, per evitare di tramettere sentori estranei al vino.

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    1. Mario Crosta

      @Davide Marrale, grazie. Io avevo parlato di cemento vetrificato perché è già una gran bella alternativa per i rossi, ma il cemento non vetrificato è addirittura il non plus ultra, oltre che una scelta coraggiosa. Il legno austriaco (come quello ungherese) l’ho visto usare sia da Brundlmayer che dai magnifici sette di Eger e devo dire che è diverso da quello francese e da quello di Slavonia. Loro, se possono, usano quello, direi che sono i peggiori clienti delle tonnellerie francesi. Cede meno tannini al vino.

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