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Roberto Bruno, Azienda Agricola Barracco: un uomo per tutte le stagioni

Incontro Roberto Bruno che inizia dicendomi: “Ti do una bottiglia di questo ancestrale, ma non è in commercio, è solo una prova”, e continua “Il Catarratto 2017 è diventato un vino per pochi eletti, si è evoluto”.

“Ma che dici?” lo stoppo, “Il tuo Catarratto 2017 è buonissimo, altro che per pochi eletti! E’ democraticamente per tutti”. Per tutti, compatibilmente con il numero di bottiglie rimaste.

In effetti il buon Roberto ha ragione. Ho visto nascere questo Catarratto 2017 e l’ho assaggiato in diverse occasioni: si è evoluto, molto bene.
E’ riuscito ad acquisire maturità e completezza aromatica senza perdere quella freschezza di beva che lo ha sempre caratterizzato.

Roberto-Bruno_Barracco_Catarratto 2017

Catarratto 2017

Il colore è di quelli che lasciano basiti i neofiti. Ambrato, opalescente, intrigante. Al naso oscilla tra aromi torbati che ricordano whisky antichi, foglie di tè nero, lavanda, frutta matura. Al palato ha una perfetta e temperata acidità, che sostiene una retrolfazione di susine gialle e melone bianco maturo, sottobosco, muschio, caprifoglio, biancospino, con richiami agli aromi di apertura, torbato e tè nero, e note di dattero. Ha una persistenza di media durata, non invadente.
E’ quasi un vino da meditazione, se non fosse per la sua agile freschezza che lo rende troppo beverino, lasciando poco tempo per meditare. Si medita a calice finito, pensando di riempirlo nuovamente.

Il Catarratto ancestrale è un mondo a parte. Si, oggi tutti fanno bollicine. Ma pochi le fanno buone. L’ancestrale di Roberto è buonissimo, come pochi. Il colore è quello della paglia chiara, ha un effervescenza esuberante, un naso piacevole e delicato e una bevibilità strepitosa! La bottiglia è durata una manciata di minuti.

Roberto-Bruno_Barracco_ancestrale

Catarratto ancestrale

Mi chiedo perché non sia in commercio, lo vorrei democraticamente per tutti come il Catarratto fermo. Spero di poterne acquistare secchiate, anche se penso che il formato più generoso sarà la magnum.

Ultima, ma non ultima, sorpresa è il Cabernet Sauvignon Guido 2018. L’etichetta multicolore, molto bella, con una piccola falce e martello “nera” al posto della G di Guido, è interessante, anche se induce qualche domanda sulle scelte grafiche.

Roberto-Bruno_Barracco_Guido-2018

Guido 2018

 

Roberto-Bruno_Barracco_Guido-2018

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Il vino è di quelli che si faranno grandi. Ancora giovane e scalpitante, è facile vederlo in proiezione futura raggiungere equilibrio, potenza, rotondità e completezza.
Non ha un naso adulatore, con quei marchiani eccessi fruttosi e caramellosi tipici di Cabernet Sauvignon commerciali tanto pubblicizzati, italioti quanto argentini o sudafricani.
Il Guido 2018 è verace, naturale espressione di un’uva vendemmiata senza raggiungere flaccidi eccessi di maturazione. Il colore è di un bel rosso rubino intenso e poco trasparente. Si percepisce il frutto croccante e acidulo, insieme ad un girotondo di aromi che ricordano il ribes nero, l’amarena, il mirtillo e la prugna. Non si sente affatto, nemmeno in sottofondo, quello che per me è un errore agronomico ed enologico nella coltivazione e vinificazione del Cabernet Sauvignon, ovvero l’aroma di peperone. Piuttosto, la retrolfazione è caratterizzata da una chiara nota di “scatola di sigari”.
Ha una persistenza lunga e fruttata, con un ricordo affumicato.

Insomma, Roberto, nonostante non sia un “vecchio vignaiolo” ha dato dimostrazione di grande capacità e potenzialità. Piuttosto per domande e curiosità chiamatelo, se non è impegnato vi risponderà, al 347 318 9628. Roberto Bruno è socievole e disponibile, ama parlare del suo vino (lo so, così sembra quasi un sito di incontri).

 

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