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La miglior rappresentazione del terroir etneo è data da Vino di Anna e Frank Cornelissen

Ma Vino di Anna vince su tutti. Abbiamo organizzato un duello tra due vini naturali dell’Etna lasciando libero l’uso delle armi. La scelta è caduta naturalmente sul fioretto, e i vini si sono incontrati in un duello gustolfattivo all’insegna dell’eleganza.

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Vino di Anna, Palmento 2016

Precisiamo subito che per “miglior rappresentazione del terroir etneo” intendiamo la maggiore riconoscibilità varietale (del vitigno, per i meno addetti ai lavori) e delle caratteristiche peculiari del terreno di sabbia lavica etneo.

Bevendo un vino non ci interessa la “storia della famiglia che lo fa”, che potrebbe essere residente sull’Etna da generazioni ma non avere le capacità di fare un buon vino, o perdere tutte le caratteristiche distintive dell’Etna alla ricerca di un fantomatico gusto internazionale.

Né tantomeno ci interessano le grandi aziende che hanno “colonizzato” l’Etna a partire dal 2005, che quel gusto “commerciale-internazionale” lo cercano appositamente, calpestando il significato stesso della definizione di “vino dell’Etna”.

Il nerello mascalese dell’Etna acquisisce quella connotazione tipica, più percepibile in retrolfazione, di sapidità e pietra focaia, conferita dal pulviscolo di sabbia lavica depositato sull’acino, che inevitabilmente si porta in cantina insieme all’uva al momento della vendemmia.

Si sente in misura ridotta nelle uve provenienti dai terreni di fondo valle, dove è presente meno sabbia lavica e più marna argillosa. Oppure in caso di piogge in prossimità della vendemmia che puliscono l’acino.

Il nerello mascalese, invece, non ha tra i suoi aromi varietali sentori affumicati o di cenere di sigaretta, che più che dalle barrique o dal legno, sono dati da additivi enologici come i tannini solubili aromatizzanti.

Questo esclude dalle nostre preferenze tutti quei vini che presentano questa caratteristica aromatica, alcuni dei quali sono purtroppo spacciati per “naturali”.

L’incapacità di ottenere della buona uva, per rese troppo elevate o per cattiva gestione agronomica, o semplicemente per tornaconto (“così faccio più bottiglie”) induce il produttore a cercare di sopperire in cantina all’eccessiva esilità e mancanza di aromi, spesso purtroppo accompagnata da un elevato grado alcolico, aggiungendo porcherie al mosto-vino.
Oppure è la mano dell’incauto enologo di turno che crea il problema.

Il vino da alte rese ha in genere un’incongruenza tra elevato grado alcolico e bassa concentrazione di polifenoli e precursori aromatici. E’ un vino “vuoto” ha solo alcol e basta. Però è la base ideale con cui gli enologi compiono le loro manovre acrobatiche per cercare di produrre quella bevanda aromatizzata al sapore di vino che ormai tutti chiamano “vino convenzionale” in contrasto con la definizione di “vino naturale” che invece è il vino vero.

A volte l’aromatizzazione con tannini solubili viene praticata anche in vini da rese più basse, per conferire i sentori affumicati con costi molto contenuti.

Il vino di Anna Martens e quello di Frank Cornelissen viaggiano invece in direzione opposta.
O meglio, Frank Cornelissen con le ultime produzioni sta assumendo una deriva che a tratti mi lascia perplesso. Anna Martens e Eric Narioo invece rimangono “duri e puri”.

Una volta i vini di Cornelissen erano i miei preferiti, per la loro ingenua e potente rappresentazione dell’Etna. Oggi rimango affascinato e colpito molto più dai vini di Anna ed Eric.

I vini duellanti hanno prezzi di mercato simili e non sono considerati tra le etichette di vetta delle singole aziende. La scelta è stata voluta, per riuscire a far conoscere vini di più facile commerciabilità e reperibilità, piuttosto che etichette vendute a prezzi da elité.

Inutile dire che la mia preferenza, o, sarebbe meglio dire il mio chiaro innamoramento, va al Palmento 2016 di Anna Martens (Vino di Anna).
Il Palmento è un vino di incredibile bellezza (non ditemi che non si può dire “bello” di un vino, perché tanto lo faccio lo stesso). Di un eleganza quasi sfacciata, di eccessiva bevibilità, la bottiglia tende a terminare in tempi troppo brevi.

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Vino di Anna, Palmento 2016

Al naso è tipicamente il nerello mascalese dell’Etna, con tutto il suo corredo aromatico che va dai piccoli frutti rossi, alla marasca, fino a note di melagrana, con interessanti interazioni di erba di campo, sottili velature di fiore di pitosforo, e quella sapida mineralità data dalla sabbia lavica etnea che gli conferisce una garbata virilità.

Al palato la prima cosa che colpisce è un fine “petillant”, una microeffervescenza che tende a ridursi nel tempo, e a scomparire, dopo l’apertura della bottiglia.
Nei vini naturali l’anidride carbonica viene spesso usata in funzione vicariante rispetto all’anidride solforosa per dare una protezione al vino. In questo caso il petillant iniziale regala anche una sensazione di freschezza che stempera l’austerità del nerello etneo. E forse è uno dei fattori che facilitano la bevibilità del vino, rendendola fluida ed equilibrata.

La retrolfazione rispetta l’impronta aromatica di apertura, valorizzando maggiormente le note sapide e minerali. Il quadro complessivo è quello di un vino austero ma allo stesso tempo leggero e non troppo impegnativo, con una persistenza gustolfattiva lunga ma non ingombrante.
Cosa importante, induce il desiderio di rabboccare subito il calice. Aspettatevi una breve durata della bottiglia.

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Susucaru rosso 2017, Frank Cornelissen

Il Susucaru rosso 2017 di Frank Cornelissen assomiglia per molti versi al Palmento di Anna, ma con una minore riconoscibilità varietale, con note terziarie comunque inusuali per un vino giovane, e con una maggiore pesantezza alla beva che rende meno facile terminare la bottiglia.
E’ sempre un grande nerello etneo, però rispetto al Palmento di Anna sembra comunicare minore gioia di vivere e, forse, un intervento dell’uomo in cantina più invadente e meno gradito.

Vino  di  Anna  è  una  piccola  impresa  familiare  situata  sul versante  nord  dell’Etna. Eric  Narioo  e  Anna  Martens  producono  vini  naturali  sull’Etna  da  10  anni, da piccoli  appezzamenti  di  vecchie  viti  ad  alberello  (dai  60  ai  100  anni) coltivate in biodinamica e biologico. L’altitudine dei vigneti varia dai 760 ai 1.200 metri. I vini sono vinificati con un intervento minimo, da fermentazione spontanea, senza additivi enologici, senza chiarifiche o filtrazioni e poca o nessuna SO2 aggiunta.

Eric  Narioo  e  Anna  Martens

Eric Narioo e Anna Martens

Il Palmento è vinificato in un antico palmento etneo di più di 250 anni a Solicchiata, tipica costruzione di campagna studiata appositamente per la vinificazione e l’imbottatura per caduta.
E’ prodotto al 90% da uve Nerello Mascalese con una quota di Nerello Cappuccio (2%), Alicante (3%) e le uve autoctone bianche, Minella Bianca,  Catarratto  e  Grecanico  (5%  in  totale)  che  sono  co-piantate  nei  vigneti. L’uva è stata raccolta a mano da vecchie viti ad alberello di 60-100 anni sul versante nord dell’Etna.

Il Susucaru rosso è prodotto da uve Nerello Mascalese (85%), Nerello Capuccio, Minella Nera, Alicante Bouschet, Minella Bianca. Da vigneti in contrada Picciolo, Malpasso, Campo Re, Crasà, Piano Daini, Feudo di Mezzo di età media di 50 anni.

E’ vinificato a partire da un pied-de-cuve innescato da lieviti indigeni (sic, così si legge sulla pagina web aziendale), filtrato con cartucce PP da 2 micron e con anidride solforosa totale non superiore a 30 mg/l.

 

13 thoughts on “La miglior rappresentazione del terroir etneo è data da Vino di Anna e Frank Cornelissen

  1. Daniele

    Gran bella degustazione che conferma i miei ultimi assaggi.
    Lo scorso anno a Fornovo ho apprezzato molto tutti i vini di Anna, cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni.
    Ho apprezzato molto la finezza e la pulizia che anni fa non aveva.
    Per il Contadino di Frank, anche lì mi trovi d’accordo, non è più il vino incredibile di una volta.
    Stessa cosa per il susucaru.
    Non mi esprimo sulle sue scelte tecniche di produzione, che probabilmente saranno dovute all’aumento del quantitativo prodotto.
    Purtroppo la quantità si paga, e per ora Frank la sta pagando.
    Speriamo che riesca ad aggiustare il tiro ed a tornare a quei livelli.

    1. Massimiliano Montes Post author

      @Daniele, ciao Daniele. Si, il Vino di Anna è cresciuto complessivamente, e il Palmento in particolare, rispetto alle annate precedenti, raggiunge vette non comuni. Un vino che riesce ad essere fedele al vitigno e al territorio, austero ma al contempo di incredibile bevibilità, si colloca nella mia personale top ten.
      Per Frank… discorso inverso. Mi pregio della sua amicizia, lo stimo per quello che ha dato alla riconoscibilità del terroir etneo in passato, ma, leggendo sulla sua pagina internet le tecniche produttive, e soprattutto bevendo questo vino, rimango un tantino spiazzato.

  2. Antonio

    Caro Massimiliano, grazie per questo articolo.
    Mi spiace per la deriva di Frank.

    Il Palmento è ottenuto dalla parte di uve che Eric e Anna comprano? Oppure usano le proprie uve? Loro non hanno la certificazione biologica e neanche quella biodinamica. Anche le uve acquistate non hanno la certificazione biologica. Come fai a fidarti sulla naturalità?

    1. Massimiliano Montes

      @Antonio, Provengono da vigneti centenari del versante nord (tra solicchiata e passopisciaro). Queste vigne non sono trattate con fitofarmaci convenzionali, e d’altro canto i trattamenti pregiudicherebbero le fermentazioni spontanee. Soltanto le aziende in mano ad agronomi e enologi “di grido” trattano in maniera intensiva le uve sull’Etna, mosti che poi vengono comunque inoculati, aggiustati con gomma arabica, tannini solubili, acidità, tagliati con vitigni non autoctoni o con MC o MCR, in base alle annate.
      Per quanto riguarda l’acquisto delle uve purtroppo è un male che interessa le grandi aziende arrivate nell’ultimo decennio sull’Etna, qualche azienda storica decaduta, ed anche alcuni “ex” vignaioli naturali 😉

      1. Antonio

        @Massimiliano Montes, I trattamenti di sintesi non pregiudicano le fermentazioni spontanee. Partono ugualmente.

        Carissimo Massimiliano, mi spiace ma Anna Martens compra tra il 20% e 30% di uva NON CERTIFICATA BIO.
        Non hanno neanche la certificazione biologica e questo a me lascia tanti dubbi.
        Acquistare così tanta uva e non essere certificati bio significa che NON E’ UN’AZIENDA NATURALE.

        1. Massimiliano Montes Post author

          @Antonio, molti vignaioli naturali hanno una parte di uve non certificate Bio ma condotte effettivamente in Bio. Così come la Barilla vende prodotti certificati Bio che secondo me non hanno niente di naturale…
          E’ forse un lack dei disciplinari naturali, non prevedere obbligatoriamente la certificazione Bio, però nel vino è un problema che si risolve facilmente facendo un’analisi multiresiduale, che le due principali associazioni fanno ogni anno ai loro iscritti.
          Inoltre siamo sull’Etna, non a Menfi o in un altro fondovalle.
          Se hai un vigneto di 80 anni a 700 m di quota, con piante in parte a piede franco, ti posso assicurare che non hai bisogno quasi di nessun trattamento, se non ogni tanto zolfo e rame… ma ogni tanto 😉
          Comunque chiederò a Eric Narioo e Anna Martens di precisare meglio la questione.
          Infine, ti posso assicurare che il Palmento 2016 recensito è semplicemente delizioso e sprizza territorialità da tutte le gocce 🙂

        2. Massimiliano Montes Post author

          @Antonio, condivisibilissimo. Figurati allora cosa penso dei produttori convenzionali etnei… e che considerazione ho del loro vino.

  3. endamb

    Curioso che entrambi gli interpreti di questo meraviglioso terroir provengano da assai lontano

    1. Massimiliano Montes

      @endamb, si. Credo dipenda dal fatto che le famiglie storiche dell’Etna hanno un grande blocco psicologico nel condurre agronomicamente in un certo modo le vigne. Proprio recentemente un neo-produttore originario dell’Etna mi diceva arrabbiato “ma se la pianta mi può fare 3 Kg di uva perché io la devo bloccare?”. Era sinceramente arrabbiato. Il suo vino è quello che io definisco “vino vuoto”, solo alcol.
      Credo derivi dal fatto che per le generazioni di contadini coeve ai nostri nonni e genitori, la frutta era un dono di Dio; provenivano da periodi di povertà e di guerre, e l’idea di buttare a terra, o di impedire la produzione, di Kg di uva per pianta veniva vista come un delitto meritevole dell’ostracismo popolare. Il contadino produce più che può, e ringrazia il cielo per le annate più produttive.
      Così facendo però il vino viene uno schifo, almeno quello naturale.
      Se far produrre meno uva alla vite è un delitto, allora è più facile che questo delitto venga commesso da mani straniere 🙂

      1. endamb

        @Massimiliano Montes, sì probabilmente persone che non hanno questo retaggio culturale (comprensibilissimo eh), ma forse… che hanno anche le spalle sufficientemente coperte a livello economico per permettersi di ‘rischiare’

        1. Massimiliano Montes Post author

          @endamb, vero. I soldi purtroppo rendono tutto più facile.

  4. Massimiliano Montes Post author

    Altro commentatore farlocco:
    Emilie
    IP 139.28.219.126
    Ma perché non imparate a far il vino bene invece di invidiare i vostri colleghi bravi?
    Pubblicherò la geolocalizzazione di tutti gli IP farlocchi, così chi legge capirà fin dove può arrivare la stupidità e l’invidia umana 🙂

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