Il Vermentino e il mare di fuori

Nella Nurra, nel nord-ovest della Sardegna, appena sotto l’Asinara, si chiama “mare di fuori” quello della costa di ponente, una serie di alte scogliere che si tuffano nel mare, cominciando da Capo del Falcone fino a Capo Caccia, passando per Capo Coscia di Donna, Capo Mannu e Capo dell’Argentiera.

Si trovano calette stupende a Capotagliata, Coda della Carasanta, Lampianu, Porto Palmas, Cala del Turco, Cala Viola, Cala della Barca, Cala d’Inferno, in gran parte raggiungibili soltanto dal mare, meglio con l’aiuto di pescatori locali, che hanno i loro “segnali” in quelle acque profonde ed esposte a ogni sorpresa per chi non le conosce e perciò non dovrebbe andarci da solo.

Io ero sempre “fuori”, esattamente come quel mare, ogni volta che vedevo l’isola dei Porri o lo scoglio Businco. Vedevo… per modo di dire, cioè vedevo e non vedevo, perché non sono mai riuscito a focalizzare qualcosa con lo sguardo quando ci arrivavo in barca, dal mare, dove l’etilometro non c’è mai stato, ma c’era sempre una bella borsa-frigo con dei bottiglioni di Vermentino a portata di mano.
Al massimo s’incappava nel colonnello Casula o nel brigadiere Marcias della Guardia di Finanza, due autentici lupi di mare in divisa, il primo preferibilmente sotto il mare con le bombole e l’altro certamente sopra con le motovedette guardiacoste, ma da sardi così nessun sano di mente poteva temere qualcosa: erano spietatissimi con i criminali tanto quanto simpaticissimi compagni di bisboccia con chi rispettava l’ambiente, la gente e le buone maniere.

Sì, la Sardegna è cambiata, ma sul mare di fuori il Tetto Sardo ha dovuto chiudere e soltanto un accudiddu bolognese ha avuto il coraggio di riaprire una prospettiva decente all’Argentiera.
Ci sono ritornato di recente con mio figlio, che è riuscito a farsi il bagno in quella meraviglia che vedete nella foto, mentre io da sopra inseguivo con la macchina fotografica una triglia in caccia fra gli scogli, uno spettacolo della natura! Il mare è lo stesso. È il resto che è cambiato. Adesso non c’è più il bottiglione di Vermentino che piaceva a tutti e che accompagnava tutto, dalle sarde alla salsiccia fino alle tiricche farcite di sapa, o mosto cotto.

C’è una serie interminabile di Vermentino di Gallura DOCG imbottigliato, tutti da buoni a ottimi e qualcuno eccezionale, ce n’è un’altra quasi infinita di Vermentino di Sardegna DOC con qualche perla, cioè vini altrettanto buoni, accanto però a una marea di bianchi appena passabili, poi c’è un lato B del Vermentino che è tutto da scoprire e da godere, trattandosi di vino fatto in casa, da piccole vigne, senz’aggiungere null’altro che il genio del vignaiolo, manco l’etichetta, di cui è perfino difficile indovinare il tenore alcolico.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità raggiunta da questa tipologia di vino. Si può andar sicuri di quella di ogni Vermentino di Gallura. Suggerisco soltanto d’informarsi bene sull’uso parziale o totale di piccole botti per certe bottiglie in caso di abbinamento con i manicaretti della cucina, in quanto i frutti di mare non sopportano il legno, i pesci grigliati o alla piastra fanno fatica ad accettarlo, mentre altre preparazioni non lo disdegnano affatto e i piatti di carni bianche sembra che lo richiedano, sempre che non se ne esageri.

Con il Vermentino di Sardegna c’è meno rischio di legno, ma non sono molti quelli davvero buoni e tutti risentono comunque in modo notevole della zona di provenienza, oltre che della mano del vignaiolo e di quella dell’enologo. Il territorio della Sardegna è vasto, i suoli sono molto variegati e le altezze sul livello del mare delle varie vigne influiscono notevolmente, da cui profumi e sapori diversi. D’estate ci vuole il secchiello di acqua e ghiaccio, altrimenti non lo si apprezzerà come si deve.

Il Vermentino fatto in casa e quello naturale sono tutt’altro.
Oserei dire che non hanno nulla a che vedere con gli altri appena descritti. Non li abbinerei mai a nessun piatto di pesce, di crostacei o di frutti di mare (forse soltanto con la tartara di tonno rosso). Hanno gradazioni alcoliche da capogiro a stomaco vuoto e un’aromaticità favolosa, ma preponderante, con tendenza al liquoroso più o meno pronunciata, a volte anche residui zuccherini naturali che possono innescare rifermentazioni dopo permanenze più o meno prolungate a basse temperature. Sono vini da amatori di questo genere, difficilmente da tutto pasto, ma superbi come aperitivi, come digestivi, con la pasticceria secca e come vini da meditazione o da alcova; alcuni produttori hanno già trovato un loro stile, qualcuno invece sperimenta ancora le innumerevoli possibilità di questo vitigno in altre tipologie non propriamente familiari, c’è ancora molto da verificare e per chissà quante altre generazioni.

Una cosa è certa: non è più il vino da spiaggia ch’era una volta. Ma c’è ancora un vino da spiaggia nel nostro Paese? Confesso che dopo il bagno in quelle acque cristalline e una bella arrostita al sole, ritornando in paese da quelle località immerse nella natura, adesso la prima agognata sosta è al bar “Mai a letto” di Pozzo San Nicola per un bel boccale di birra fresca e rinfrescante, anzi due!

 

13 thoughts on “Il Vermentino e il mare di fuori

  1. Nic Marsél

    Mario, fai venire fame e sete di Sardegna. Ma l’Argentiera è quel posto dove c’è un paese fantasma abbandonato dai minatori? Ci sono un quarto di secolo fa, senza bottiglioni di vermentino, ma i ricordi cominciano ad offuscarsi 🙁

    Reply
    1. Mario Crosta

      @Nic Marsél, l’Argentiera non è un paese fantasma. la miniera aveva chiuso nel 1964 e le case si sono spopolate, ma piano piano quelli che una volta le abitavano o i loro eredi sono tornati, almeno d’estate, e le hanno riassestate, perché il mare è di un cristallino da sballo. Purtroppo il mio amico cuoco titolare della pizzeria che c’era 25 anni fa è stato sparato ed è morto, hanno sparato anche alla moglie ma s’è inceppata l’arma ed è scampata. Qualche anno di desertificazione, dopo questo fatto. Adesso gli edifici della miniera si stanno ristrutturando e diventeranno un museo del parco archeologico, quindi il Comune di Sassari ha deciso di ripristinare i servizi di sua competenza, un bolognese ha aperto un bel ristorante di pesce freschissimo con un cuoco algherese, insegnante di gastronomia all’Istituto alberghiero, quindi d’estate è un bel paesino, ancora tranquillo, con un sacco di gente che vernicia, tira a lucido, insomma si riparte…
      Ma a me piace d’inverno, quando non ci sono che le capre e poche persone. D’estate vado sulle spiaggette poco prima dell’argentiera, vicino al vecchio cimitero, dove le automobili si sfasciano se vanno più veloci che in seconda marcia e a volte bisogna stoppare, mettere la prima, ripartire bilanciandosi fra le buche e le cunette. Ma ne vale la pena.

      Reply
      1. Nic Marsél

        @Mario Crosta, la vera miniera sei tu 😉 Speriamo che il filone non si esaurisca mai 🙂

        Reply
        1. Mario Crosta

          @Nic Marsél, mi sa che tra un po’ batto moneta…
          Il filone non si è esaurito sicuramente all’argentiera, ma la miniera è stata abbandonata perché non conveniva più per via dei costi di estrazione. Arriva argento da tutto il mondo a prezzi inferiori in Italia, come materia prima. Però alla vecchia miniera di rame di Funtana Raminosa a pochi km da Gadoni (tra la barbagia Belvì e la barbagia Seùlo), aperta addirittura dagli antichi romani, mi hanno detto che loro non la chiudono, anzi la stanno mantenendo in perfetto stato perché gli americani hanno scoperto che ci sono altri elementi estraibili piuttosto che il rame, che sono gli stessi che servono per i componenti, p. es. dei computer, i quali stanno per esaurirsi in Svezia e per pochi anni ancora saranno disponibili dalla Cina. La miniera è aperta alle visite, basta andare sul loro sito. Occhio, però: andateci scendendo da Gadoni, non dall’altra parte scendendo da , da quella purtroppo da cui sono sceso con la sola mano sinistra sul volante e tremavo, col freno a mano sempre pronto sotto la mano destra. Contattateli: http://www.igeaspa.it/it/visita_guidata_a_funtana.wp

  2. Anna

    Mario, ogni volta che ti leggo, mi chiedo come fai a startene lontano da questa tua Sardegna. Ne parli e la descrivi come se per te fosse la sola ragione di vita, ma allora torna e resta…. e racconta – tu che ne sei cosi capace – a noi comuni mortali queste cose meravigliose.
    E’ bella l’Argentiera, ha un suo fascino particolare, forse proprio anche per la presenza di “rovine” del suo passato e sinceramente spero non esagerino con il troppo restauro, comunque benvenuto.
    Anch’io la preferisco senza turisti, quando le onde sferzate dal vento ti arrivano addosso improvvise, e ti trovi bagnato fino all’osso.
    Quanto al Vermentino, sai perfettamente quanto e quale mi piace…ma freddo, freddissimo, nella calza surgelata se non si ha il secchiello con il ghiaccio,,,

    Reply
    1. Mario Crosta

      @Anna, ogni volta che torno racconto qualcosa. Torno spesso = racconto spesso. Non racconto fin dove s’è arrampicata la VW sopra i pozzi della miniera, perché non mi crederebbero oppure mi prenderebbero per pazzo, visto lo stato della strada, abbandonata dal 1964 e mezza franata. Ma il mare di fuori, visto da lassù, riempie i cuori. Come il Vermentino riempie il resto. Fra un mese e mezzo sarò ancora lì. Saliamo su dal costone delle capre e ci buttiamo giù verso la Torre negra di Porto Ferro?

      Reply
  3. Anna

    Dopo certi precedenti, la scelta sarà soltanto tua. Qualunque essa sia, ne varrà la pena.

    Reply
    1. Mario Crosta

      @Anna, tanto usiamo l’asino, così ci possiamo anche portare la borsa-frigo col Vermentino del maestro Giommaria Muresu di Ossi, tanto ci riporterebbe a casa anche da solo…

      Reply
  4. Anna

    Mario, ottima scelta! Ci sto quando vuoi. Il Vermentino del maestro Giammaria Muresu è indimenticabile.

    Reply
    1. Mario Crosta

      @Anna, si chiama Giommaria, con la “o” e la doppia “m”. Eh… ma ti capisco. Facile confondersi già dopo un calicino, quando poi sono due è meglio metter la faccia in fronte al Maestrale!

      Reply
  5. a

    Mario! ma si è trattato di un semplice refuso (la doppia “m” infatti c’è), e poi lo sai che due calicini di quel Vermentino lì li reggo bene!

    Reply
    1. Mario Crosta

      @Massimiliano Montes, fai il bravo. Non è carino citare un blog che ho voluto ignorare, per le troppe polemiche che fomenta, proprio accanto al mio nuovo portale, neanche a livello di battuta gentile. “Non ti curar di lor ma guarda e passa….”

      Reply

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *