Così come una ventina d’anni fa Koko, la Gorilla parlante, pronunciò la famosa frase “gli uomini sono buoni”, oggi allo stesso modo sono pronto ad affermare che “il Beghinbox è … BUONOOOO!”.
Mai acquistato vino sfuso. Mi son portato a casa la prima orrenda sacca in plastica sottovuoto circa un anno fa. Sì, un BAG-IN-BOX da DIECI LITRI di Barbera del Monferrato della Tenuta Migliavacca di Francesco Brezza, una minuscola azienda agricola a conduzione famigliare che non troverete in nessuna guida, associazione o fiera.
La Tenuta Migliavacca lavora in biodinamica dal 1964 (prima in Italia) grazie a quel grande pioniere che fu Luigi Brezza, padre del Francesco che oggi tira avanti la baracca.
Il sistema è pressoché a ciclo chiuso con cereali e foraggio per una ventina di splendide mucche di razza piemontese che forniscono (allegramente) il letame per i vigneti scoscesi con vista sul Po.
Insomma arrivo in ritardo a Casale beccandomi giustamente il cazziatone di Francesco, così la faccio breve e carico in macchina qualche cartone di Freisa e Grignolino (il mio preferito). “La barbera è finita e quella nuova non è ancora pronta, capisce? Ho solo quella che vendo sfusa. Preparo un Bag-in-Box, è vero? Due euro al litro”.
Sono intimamente scandalizzato ma non oso dire no a quel contadino dai modi spicci in tuta da meccanico che, al contrario di me, non ha tempo da perdere. Così mi porto a casa quell’oggetto misterioso, iconoclasta e sacrilego che nascondo in cantina, come il peggiore dei mostri, per SEI lunghi mesi senza osare parlarne con nessuno.
Una notte di tuoni e fulmini, mi procuro una bottiglia da un litro con tappo meccanico, una candela e scendo negli inferi.
L’operazione di apertura del rubinetto è a prova di inetto. Riempio con soddisfazione diabolica il contenitore trasparente e mi porto in cucina il bottiglione in attesa della grande prova.
L’abbinamento cade casualmente su una pizza fatta in casa con mozzarella, scarola, casera e pepe, accompagnata da un eccellente salame affumicato portoghese saltato in padella e da salamini di suino al tartufo.
Il vino funziona con tutto. Il colore non è scarico come me lo ricordavo ma è comunque brillante e di bella trasparenza. Il profumo è chiuso, garbatamente vinoso, con un accenno di affumicato e (se chiudi gli occhi) un cavallo (neanche sudato per giunta) che passa lontano circa un centinaio di metri.
In bocca conferma grande acidità e freschezza con rimandi di ribes e melograno. I commensali si sbilanciano ad indovinare: qualcuno dice Valtellina, qualcuno Etna, altri si fermano ad un generico ma non completamente inappropriato “vino di montagna”.
Il volgare sfuso non possiede la struttura né la stoffa del campione però è buono, si beve bene e finisce in fretta, facendosi preferire di gran lunga al pluripremiato “vinodilegno” relegato immediatamente ai margini della tavola.
Nei successivi SEI lunghi mesi, altre NOVE volte mi ritrovo in cantina a spillare quel vino che rimane miracolosamente identico a se stesso, godendone con l’orribile ghigno di un Dorian Gray de Noantri stampato sul volto.
Poi, quasi di colpo, un giovedì, non scende più nulla, se non a me una lacrimuccia. Seppellisco in giardino le orribili spoglie in plastica e cartone (scherzo) e mi lascio il passato alle spalle.
In fondo è stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati (cit.). Anzi, più ci ripenso e più mi dico : “ahò, forte sto beghinbox!”. Che sia la strada per la felicità? Secondo me, NO. Però non sono morto.
Alcuni pensieri in ordine sparso affiorano…
– Se le mucche forniscono allegramente il letame allora il vino è Vegan!!!
– Anche a te regalano pluripremiati “vinidilegno”, che tristezza (non te l’ho dato io, vero?)
– Una volta ho mangiato un bag-in-box e non sono morto
P.S. Forse di un’associazione fa parte visto che lo distribuisce Triple A di Velier
@Massimiliano Montes, le mucche sembravano proprio felici: a turno potevano stabulare liberamente nei campi senza nemmeno dover produrre latte. Niente a che vedere con gli allevamenti semi-intensivi della mia zona (per esempio) per la produzione di latte di alta qualità. Il vinodilegno era un toscano portato da un amico ma sinceramente l’ho rimosso dalla memoria.
Brezza “c’ha il manico” a prescindere.
Però ora lo voglio anche io!! 🙂
Per mè il vino sfuso (ovviamente naturale) è una forma democratica che esce dai canoni elitari che spesso si celano dietro ai vini di qualità. Posso assicurare che si trova vino sfuso che darebbe la paga a bottiglie blasonate da 20 e rotti euro.
Grande Nick…ragazzi mi dovete perdonare sono due mesi che non bevo vino…sto x tornare…il pezzo è bellissimo…. 🙂
@A3C, naaaa…. full-play!!! 🙂
@A3C, ti s’attende senza sosta 😉
mi fa piacere leggere commenti positivi,io in bottega propongo e vendo molti bag in box di piccoli produttori bio e biodinamici e il prodotto è davvero buono.
@origini, mi piace la tua idea!!!
http://www.bottegaorigini.com/Bottega_Origini/Home.html
@Massimiliano Montes, grazie mille
Devo farti i complimenti anche stavolta Nic, il post è bellissimo, si legge bene, scorrevole, e si finisce in un attimo, come alcune bottiglie 😉
Il tema del bag-in-box è complicato, io ci compro il succo di mela in Alto Adige, so che alcuni produttori ce l’hanno, soprattutto in Francia, ma non ho ancora capito come fanno a riempirlo le piccole aziende, visto che è un sistema complicato e costoso (il macchinario).
Mi piacerebbe capire se li fanno riempire, o se c’è qualcuno con la macchina trasportabile che va in azienda come fanno anche con certe riempitrici da bottiglie.
Comunque, il sistema è perfetto, nessun contatto con l’aria, il liquido resta perfetto fino all’ultima goccia, anche bevendo solo un bicchiere alla volta.
Le bottiglie da 0,75 a casa spesso sono troppo, a me restano aperte anche una settimana.
Nonostante i tappi per togliere l’aria, un poco si guastano.
Io, come tanti, compro anche il vino sfuso e poi lo imbottiglio, però di solito è quello delle mie parti che poi rifermenta in bottiglia e si conserva meglio.
Quello che vendono fermo e già pronto da bere durerebbe sicuramente di più in questo modo.
Saluti.
@Daniele Tincati, grazie mille Daniele troppo gentile. Un bag-in-box di succo di mela mi durerebbe un paio di giorni e anche le mie bottiglie da 0,75 (di vino) purtroppo finiscono prima di quanto vorrei 🙂 Francesco Brezza non è che abbia fatto tante cerimonie, sai? Ha piegato il cartone, sistemato la sacca all’interno e riempito direttamente dalla vasca dopo averci attaccato una specie di pistola da benzinaio.
Ah, cavolo, questa non la sapevo, mi giunge nuova, vedi che ho fatto bene a chiedere 😉
Conosco aziende che producono questi impianti, e le sacche che devono essere brevettate credo, e non costano poco.
Però forse si tratta di impianti igienici per prodotti tecnici o farmaceutici.
Proverò a chiedere in giro, la cosa mi pare interessante.
Per la cronaca, il succo di mela che intendo è biologico, della Val Venosta, non filtrato, e si trova sia di Golden che di Veirouge, la mela con la polpa rossa.
Quest’ultimo è molto buono, acidissimo e tannico, e senza aggiunta di zucchero.
Ciao.
@Daniele Tincati, che poi la Tenuta Migliavacca l’ho trovata grazie a voi Amici del Bar. Chi meglio dei tuoi compari può sapere? 😉 Per il succo di mela mi stai tentando come il diavolo. DIMMI DOVE LO TROVO ! 🙂
infatti, lo so che loro sanno, ma io non ho ancora mai assaggiato nulla 🙁
Quella del bag-in-box penso sia nuova anche per loro.
Per il succo, proprio perché sei tu, guarda qui:
http://www.bauernladen.it/Succo-di-mela-Weirouge-3l-Baginbox-IT-BIO-013
Io lo prendo quando vado la, ma il prezzo è circa lo stesso.
Fammi sapere se ti piace 😉
@Daniele Tincati, grazie del link Daniele. Ci si vede al Bar! 😉