Elogio della pazzia: Pascal Simonutti

Tra i più grandi pazzi di talento dell’enomondo giganteggia e soverchia Pascal Simonutti, vigneron a Mesland, Loira, ma abbastanza lontano dal corso del fiume, tra boschi e colline e qualche piccola vigna.

Il cognome è d’origini friulane: tra i suoi ricordi più cari c’è il nonno muratore che faceva la pasta a mano per tutta la settimana e poi la faceva essiccare in cucina. Le origini italiane si sono perse nel tempo, anche se forse dal nonno Pascal ha ereditato l’amore per la buona tavola ed i prodotti genuini.

Pascal non ha alle spalle una famiglia con lo stemma che gli ha lasciato in eredità un latifondo: è partito da zero e – alla faccia di Madame Leroy, che se non fai il vino da 200 anni fa schifo –  è riuscito ha costruirsi una solida fama nel panorama francese.

Da giovane ha fatto mille mestieri prima di trovare la sua vocazione, e adesso –  grazie all’aiuto di Bruno Schueller – voga sicuro in direzione ostinata e contraria: per i suoi vini tanta ispirazione e zero chimica.

Simonutti, A3C e Galatea

Simonutti, A3C e Galatea

La sua cantina è di una semplicità spartana, praticamente una vecchia stalla riadattata, che adesso profuma di vino e di botti. Sulle pareti si aggirano lieviti locali grandi come caprette che fanno ciao (cit. Heidi). Dopo la pigiatura i rossi restano a macerare per tre settimane in tini di vetroresina e poi maturano per sei mesi in vecchie barrique. Fermentazioni spontanee, nessuna chiarifica, nessuna filtrazione, lieve aggiunta di solforosa all’imbottigliamento: è tutto.

Simonutti_vigne

Simonutti, vigne

Pascal non fa parte dell’aristocrazia del vino, è un homo novus che però ha comprato vigne vecchie (80 anni per il Pineau d’Aunis), e fa vini irriverenti e sovversivi, come le etichette che gli affibbia.

La più famosa – ideata per fare una pernacchia alle commissioni che assegnano/concedono le denominazioni di origine – recita più o meno: “me ne sbatto”. Ispirata al famoso album dei Sex Pistols,  Never mind  the bullocks.

Il vino in questione (60% Gamay e 40% Pineau d’Aunis) è abbastanza sconcertante.  Il bouquet olfattivo non è pulitissimo e tradisce scarsa dimestichezza col galateo: rosa appassita, ma anche sventagliate di volatile che fanno temere il peggio.

Invece, il Never mind accarezza il palato, con un susseguirsi di fragole e lamponi e poi graffia con grazia  prima di chiudere con una piacevolissima e interminabile nota di lievito, intensa e fragrante come una crosta di pane ben cotto.

Quando l’ho visitato Pascal era ancora convalescente da un grave incidente in moto: aveva poche bottiglie pronte e sono riuscito estorcergli solo una boccia di Never mind  e due magnum di Boire tue (altra etichetta di culto “bere uccide”) il suo chenin.

Gli assaggi da botte del pineau e gamay mi hanno impressionato: vini taglienti nervosi, irriverenti ma senza difetti, energici più che eleganti ma da bere senza moderazione, freschi e informali ma tutt’altro che banali. D’altronde la sua piccola produzione va a ruba a Parigi ed in Italia si trova solo al ristorante Consorzio di Torino.

Non si sa mai, se passate per Torino o per Mesland, segnatevi gli indirizzi:

 

Pascal Simonutti
2 rue de la Galetière, 41150 Mesland
0662064761

http://www.ristoranteconsorzio.it

 

4 thoughts on “Elogio della pazzia: Pascal Simonutti

  1. Nic Marsél

    Veramente Punk 🙂 Ma “Vin de bagnole” significa vino da vecchia carretta?

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    1. Massimiliano Montes

      @Nic Marsél, e io che avevo letto “vin de bagno”… immagina tu

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    2. A3C

      @Nic Marsél, più o meno si, a me ha raccontato che il nome gli è venuto dopo aver regalato una boccia per il viaggio ad amici che partivano su una vecchia macchina, ma probabilmente l’ha fatto anche x prendere in giro i vin de garage….

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      1. Nic Marsél

        @A3C, infatti! mi pareva di aver intuito una vena polemica sui garage. Che poi ce ne sono anche di grandi dimensioni 🙂 Non si capisce bene dove finisce sto garage e dove comincia il capannone

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