La seconda parte di questa minima vinum offrirà la mia personale scelta estiva per i bianchi ed i macerati orange, piu semplificata rispetto alla prima parte e sempre all’insegna del non ordine.
In Piemonte, colli tortonesi, il mio bianco è l’interpretazione altissima del “deus ex Timorasso” ovvero Walter Massa.
L’importanza di questo artigiano del vino moderno è notevole, molto si è scritto su di lui quindi eviterò di annoiarvi ulteriormente. Tra i suoi vini da uve Timorasso il Montecitorio, senza snobbare il suo punto di partenza Derthona.
Da Dogliani arriva Coste di Riavolo langhe doc bianco di San Fereolo, in questo angolo di Piemonte ad un passo dalla Langa Nicoletta Bocca si esprime con questo bianco da riesling renano e gewurtztraminer, un bianco che asseconda la materia prima di anno in anno prolungando o meno le macerazioni e fermentazioni. Un bianco che si comporta come un rosso nel suo travaglio, riposa sulle sue fecce d’Alsazia
Nel Monferrato Oso di Tommaso Gallina da uve cortese, estremo. Ettore Germano con il suo riesling langhe doc Hérzu rappresenta una delle migliori interpretazioni italiane del riesling, date tempo a questa bottiglia o cercatene una con qualche anno.
Il riesling è un mondo a parte ma due citazione le inserisco, due doni alla gioia: il mio riferimento assoluto per poter valutare tutto il resto è Zind Humbrecht con il suo riesling Rangen de Thann, Clos Saint Urbain Grand Cru,vino identitario, complesso, assoluto che al naso “detta” l’identikit di un nobile riesling… se cercate “idrocarburo” qui lo trovate.
Alsazia del piccolo e magico Domaine Laurent Bannwarth. In assoluta biodinamica, Stéphane (conosciuto in inverno ad una serata milanese insieme ai suoi vini) ci propone la sua interpretazione del riesling in stile Qvevri (vinificazione Georgiana in anfore), un vino ambrato, profondamente terrestre, evoca l’argilla, camomilla secca ed in bocca persistente, pulito con un tocco tannico misterioso… solo 400 bottiglie ma cercate i suoi vini di altri vitigni e salirete sulle nuvole.
Saltando di palo in frasca, Veneto bianco è per me Garganega su cui potrei scrivere un romanzo ed allora due amori: Giovanni Menti TUTTO, Stefano Menti mi ha regalato una chiave per il “piacere bianco” , un piacere che in modo naturale riesce ad accontentare tutte le seti. Dalle rifermentazioni in bottiglia sur lie (frizzante e spumante) alle macerazioni complesse questa cantina è in grado di interpretare tutte le potenzialità di questa uva, la Garganega.
Riva Arsiglia e Monte del Cuca i miei preferiti e non esentatevi dal drogarvi con due sorsi dei suoi complessi passiti.
L’antico, quasi monumentale, soave di Gini, riferimento di questo importante vino bianco italiano. La Frosca nella versione meno estrema del soave, Contrada Salvarenza vecchie vigne soave doc, 80 anni di cru veneto che riposa sulle sue fecce per almeno 9 mesi in pieces da 228l.
Solo due nomi come promesso sul veneto bianco ma un occhiolino ad Angiolino Maule.
Un tuffo ligure con l’estrema pulizia elegante del pigato Santa Caterina, pigato e vermentino di Rocche del Gatto. Un nome ancora nascosto quello del Diamante da uve pigato, fermenta con le sue bucce ed affina in botti di legno, dell’azienda agricola La Casetta.
Nuotiamo verso Ichnusa isola esoterica come i suoi vitigni piu antichi. La mia Sardegna bianca è Dettori, Sedilesu e il suo massiccio Perda Pintà dal vitigno autoctono Granazza.
gran bei gusti, altro che “eretico”…
… e Sedilesu con il “granatza” ha fatto davvero un miracolo. Il vitigno stava scomparendo per davvero. Cosa che rischiava di fare anche il piemontese Timorasso. Con il prof. Alberto Zaccone trent’anni fa catalogammo almeno 90 vitigni completamente scomparsi soltanto in Piemonte! Tutti a piantare invece Cabernet Sauvignon, Merlot e Chardonnay, viti che crescono anche nel pavimento del salotto e vini che basta schiacciare l’uva e li fa anche un bambino. da notare che il vino bianco di Sedilesu è fatto in una delle Barbagie, zone totalmente dedicate al “nero”, al massimo al “rosso”, ma non al bianco.
@Mario Crosta, la granazza di Sedilesu non è per tutti( scherzo) con il suo volume alcolometrico svolto…mantiene morbidezza,equilibrio ed una struttura notevole ,perfetta per spalleggiare un piatto di spaghetti carichi della migliore bottarga di muggine di Cabras oppure e qui faccio l’Eretico con le ostriche di San Teodoro ( nel qual caso due gradi più fredda) .Sta bene anche sola in compagnia di noi stessi come dice sempre Lino Maga.
p.s. cercare di fare una degustazione di Perda Pinta con le malvasie di Bosa vinificate secche o delle buone vernacce.
@Eretico Enoico, con spaghetti alla bottarga di muggine e vongole veraci, infatti, è la morte sua. Sempre in secchiello con acqua e ghiaccio. Se in compagnia di noi stessi c’è anche del pecorino di mezza stagionatura di Osilo (non proprio molto stagionato, ma già duro) allora concordo con Lino Maga, che rimane un mito vero, ma di rossi d’Oltrepo’. Anzi, del miglior rosso d’Oltrepo’, che sa invecchiare in modo straordinario nonostante sia intrigantemente “busciante”. Chiunque cita Lino Maga per me è degno della massima attenzione anche se abbinasse il Moscato d’Asti con le aragoste alla catalana. Non accoglierei però l’invito a comparare la granatza con vernacce e malvasie secche. Sono due vini completamente diversi, “altri”, che non mi sognerei mai di abbinare a bottarga, ostriche o altri frutti di mare. Comunque, de gustibus… e poi grazie. Anche nei suggerimenti ci mancavi. Ora ci sei. Sbizzarrisciti pure. E’ un piacere leggerti.
Io mi affogo nei rifermentati in bottiglia che fanno una breve macerazione sulle bucce. Per questo l’emilia è IL posto. Le malvasie di Donati, Bini Denny (Levante 270) e Croci (Monterosso Val D’Arda), l’ortrugo (ancora Croci), il sauvignon “sol e steli” di Crocizia, quello “Bi Fri” mescolato al trebbiano di Podere Saliceto e i vari trebbiano di Vittorio Graziano (Ripa di Sopravento) e San Polo (Trebbiolo). Il Veneto non è da meno col prosecco colfondo ma oggi preferisco la garganega di Menti che hai già citato oppure i “Sampagna”, “Pedevendo” e “Vigna Riela” di Firmino Miotti. Vini che per il degustatore professionista sono “corti” ma che per me valgono l’estate. Del resto, se il retrogusto di un vino mi rimane in bocca per un secolo, perchè dovrei berne anche soltanto un secondo bicchiere?
da Marcello a Marsel: i vini di “xxxx” (moderazione della redazione) puzzano di letame, stalla. Io bevo solo vini naturali ma “xxxx” (moderazione della redazione) no.
@Marcello, è solo una tua opinione che potrei cancellare anche subito. La lascio solo perché credo nella liberta di espressione e di critica, ma moderati per piacere.
@Massimiliano Montes, il problema è che scrivendo in pubblico una cosa del genere Marcello rischia una querela (non è il primo) e di pagare dei danni che verranno riconosciuti all’immagine del produttore da questo giudizio. Tu rischi dei fastidi inutili. La libertà di espressione e di critica si difende anche mettendo le crocettine sulle lettere interne delle parole. Te lo chiedo per cortesia, Massimiliano.
@Mario Crosta, fatto. Lo avevo lasciato perché c’è un fondo di verità, i suoi vini sanno di brett. Ma come dici tu giustamente andare a dimostrare in giudizio il fondo di verità potrebbe essere una rottura di scatole 😉
Detto questo la libertà di critica è sacra, e non mi lascerei intimorire dalle minacce di querela per sopprimere un diritto sacrosanto.
@Massimiliano Montes, perchè hai tolto anche il cognome? Quello si poteva anche lasciare. Io lo rimetterei, quel cognome e poi cancellerei tutti i commenti miei e tuoi, che in effetti sono soltanto la via più veloce per una conversazione privata. L’eminenza grigia.
@Massimiliano Montes, caaaalma 🙂 Nella lista NON ci sono vini brettati altrimenti inutile stare a discutere. Poi è vero che qualche produttore citato ha spesso problemi con i suoi rossi (ahimè i suoi cavalli di battaglia), ma stavolta non mi riferivo all’ascella del vignaiolo 🙂 bensì ad un suo preciso vino bianco.
@Max forse non ci siamo ben capiti. Si poteva lasciare il cognome, perché scrivere che puzzano di xxxx e di xxxx è un giudizio, ma non un’offesa. C’è anche chi dice che i funghi puzzano, invece si dovrebbe dire che profumano, ma si sa che a volte si possono non indovinare bene le parole e non è offensivo. Anche tu hai usato i termini “sanno di brett”, che sono corretti, precisi e non offendono. Sarebbe stato interessante segnalare al produttore i commenti e vedere che risposta ci dava. Invece lasciare le parole che specificano ulteriormente il giudizio potrebbe essere considerato offensivo e quindi Marcello poteva anche finire nei guai. Ecco tutto.
@Marcello, non so a chi ti riferisci, ma i vini (bianchi) citati non puzzano.
@Nic Marsél, io so a chi si riferisce perché ho insistito a far mettere le crocette sui due odori citati, ma insisto ancora affinché max lasci noto il nome del produttore. Nella speranza che intervenga anche lui. Siccome non ho assaggiato quel vino, devo fidarmi del parere di chi lo ha assaggiato: tu, Massimiliano e Marcello. Se fate un dibattito su quel vino, da quel dibattito ne ricavo elementi utili per decidere se assaggiarlo oppure dedicarmi ad altro. A me preme soltanto la libertà del dibattito. Purtroppo, ho dovuto mettere sul chi va là chi dà dei giudizi perché ne ho visti troppi pentirsene per altre vie che non si aspettavano, e magari non meritavano.
Sì, mi sono deciso a scrivere a margine, in fondo, dove non dà fastidio alla discussione, a causa del primo commento di Marcello. Grazie a Marcello, il suo autore, per non aver avuto timori nell’esprimere il suo parere. Dovrebbe sempre essere così. Grazie all’editore per aver applicato in pieno il principio della libertà d’espressione e poi per qualche suo piccolo accorgimento per evitare eventuali eccessi per altre vie che non siano quelle editoriali. Bisogna anche difendere il produttore dalla tentazione di querelare qualcuno perché magari si è sentito diffamato (sono certo che non era questo lo scopo del commento di Marcello) da un commento piuttosto esplicito, rimane però una tristezza di fondo. Perché scrivere che un vino “puzza” e aggiungere due particolari esplicativi dovrebbe essere giudicato offensivo? I produttori seri hanno bisogno di sincerità e non di panegirici e se qualcuno dice che un vino “puzza” dovrebbero essere perlomeno incuriositi, cercare di capire il perché. De gustibus non est disputandum. Se vogliono invece che inzuccheriamo le pillole, lo dicano chiaramente, perché si farebbe anche in fretta a farlo e non costa nulla, ma a cosa gli servirebbe per migliorare la produzione oppure la propria immagine presso clienti dal naso un po’ troppo severo? E ce ne sono, porca sidella, quanti ce ne sono! Vorrei raccontarvi la mia reazione nel vedere l’immagine del Dettori bianco a pié dell’articolo. E’ un vino che non mi piace, Alessandro lo sa. Non è il mio tipo, preferisco di gran lunga il bianco da tavola che lui produce in modo magistrale e vende sfuso a 2 euro al litro nella sua enoteca presso il locale di riparazione delle reti da pesca, non lontano dalla torre aragonese di Porto Torres. Il suo bianco in quella foto è senz’altro buono, è un gran bel vino con il formaggio stagionato dei pascoli di Osilo, vicini alla tenuta Dettori di Badde Nigolosu a Sennori, sulla strada per Nulvi. Un vino come si faceva una volta e come merita che si continui a fare anche oggi. Un vino da cinque, forse sei stelle su sei, se potessi essere oggettivo. Ma non mi piace. Cosa posso farci? Piace ad altre mie amiche e miei amici proprio perché fatto secondo tradizione e perché conserva magistralmente tutti i profumi e i sapori della bellissima natura intorno alle vigne in cui nasce. Ad Alessandro non l’ho mai nascosto, complimentandomi invece per il bianco che vende sfuso e che mi risulta avere un gran successo anche in un altro negozio molto più lontano, a Olbia. Bisogna tener conto anche del fatto che il bianco che facevo io a Monte Oro di Mamuntanas era molto più naturale del suo, ma puzzava di benzina al punto tale che ho smesso di farlo (non ne ero capace, ecco…) e ho estirpato la vigna. Certo, con quello degli altri non userei la parola “puzza”, perché ogni vino fatto da produttori che rispettano l’ambiente e l’uomo non puzza affatto, ma profuma. Anche nei suoi difetti, profuma: per la fatica fatta, per l’ingegno e gli sforzi messi nel farlo, per la lotta spesso impari con la natura e i suoi insetti, le sue malattie fungine, senza guardare se uno ha la febbre, se è domenica, se è festa, sempre a curare l’uva, il terreno da zappare, i grappoli da difendere dagli eccessi di sole, vento e pioggia e dai debiti con le banche se ti va male l’annata. Nello scritto non userei proprio quella parola, ma parlando a tu per tu di persona col produttore forse è l’unica che mi verrebbe in mente per descrivergli in breve il giudizio. E lui non si offenderebbe. Anzi: o si giustifica, perché ritiene che il mio giudizio sia affrettato o senza fondamento e me lo dimostra, oppure mi ascolta, perché forse è il suo modo di fare il vino che non corrisponde alle aspettative di un cliente e forse anche di tutta una serie di clienti. Gli scritti, invece, possono essere interpretati dalle solite toghe impazzite in balìa di un leguleio che è magari un principe del foro (però anche mascalzone) che vuol trar profitto da beghe legali, quelle che ormai sono diventate purtroppo di moda: le querele. Sono triste perché il mondo è talmente cambiato che non si può più scrivere quel che si pensa per paura che possa essere interpretato male e possa essere usato per arricchirsi sull’ingenuità di un commentatore che ha soltanto espresso un giudizio. Io, comunque, starei dalla parte di Marcello. Che spero abbia capito di farsi più prudente.
UN (MODESTO) MARKET TEST
Stimolato dagli interessanti argomenti discussi su questo sito, nelle mie vesti di consumatore qualunque (…ma abbastanza informato su alimenti e bevande in generale per lunga esperienza professionale), mi riprometto di acquistare quanto prima un paio di bottiglie di “vino naturale” in un’enoteca ben rifornita e riferirvi la mia personale e disinteressata opinione come buon “consumatore” di vino (e non solo).
Se qualche lettore ha suggerimenti “metodologici” al fine di migliorare in qualche modo la “significatività” di questo ricerca personale (che non avrà evidentemente nessuna rappresentatività statistica), me lo faccia sapere (…ho però un budget limitato al prezzo logico di una buona bottiglia, una cantina già abbastanza rifornita e tempo limitato per acquisti di questo genere…proprio come un consumatore qualunque).
Da parte mia cercherò di limitare l’acquisto a vini prodotti con vitigni noti, diffusi e pertanto paragonabili con vini simili prodotti con metodi tradizionali, affinché questo test -per quanto statisticamente non certo significativo- fornisca forse qualche utile stimolo di riflessione a quanti sono interessati all’argomento.
Poi tutto si potrà discutere… Alla prossima!
@Marco M., non hai idea di quanto ciò che hai scritto renda felici i promotori di questo blog. E’ lo scopo principale del blog quello di invogliare chi lo legge appunto a fare quello che adesso ci hai scritto tu. Il discutere è secondario. Buon bere!
@Marco M., “vino naturale” è un po’ generico. Potresti acquistare da una bottiglia di Romanée-Comti fino al vino sfuso di cui parlava Mario. Sii più preciso.
@Massimiliano Montes, guarda che non so se lo sfuso di cui parlava sia naturale o no, se viene dalle sole sue uve o anche da quelle dei vicini. Non l’ho mai chiesto al produttore. Non me ne può fregare di meno… è buono e tanto mi basta!
Non tutti sono capaci di fare vini alla pompa, o alla spina, di quel livello e a quel prezzo. Chi non è in grado di spendere 10 euro la bottiglia due volte al giorno per 365 giorni l’anno mi capirà.
Cosa acquisterò? O meglio, quali marche di “vino naturale” acquisterò?
Esattamente non lo so, perché anche questo farà parte del test, anzi ne rappresenterà evidentemente un aspetto essenziale per la “significatività” dei risultati.
Ma il bello di questa cosa è che verrà fatta in un’ottica duplice: sia come “consumatore evoluto” (dal Brunello alla Retsina, dal Rapitalà allo champagne, passando per ettolitri di vino sfuso) sia come esperto di marketing (con esperienza di oltre 30 anni su prodotti/mercati diversissimi, dal food&beverages ai servizi finanziari, passando per orologi e diamanti, dalle multinazionali alle pmi e al no-profit…).
In buona sostanza, farò il consumatore “vero” nell’acquisto e nell’assaggio del vino, in particolare quel tipo di consumatore che sotto il profilo socio-economico rappresenta il target ideale di qualunque prodotto di qualità. E poi cercherò di ricavare da questa limitata esperienza diretta qualche considerazione di marketing in generale, senza scendere in inutili dettagli di nomi e cognomi di questo o quello e restando comunque tra marche italiane.
Tutto qui.
Aspettatevi poche parole. Ma sincere.
Ciao!
@Marco M., mi permetto di riportare alcuni consigli per gli acquisti:
se vuoi assaggiare il top di gamma dei vini biodinamici (certificati) puoi assaggiare i bianchi di Leflaive (lti suggerisco il Batard Montrachet 2009) o i rossi di Leroy (per esempio il Clos de Vougeot 2005). Per scendere di prezzo a livelli più umani potresti assaggiare il Clos de Vougeot di Prieuré Roch, ex socio di Aubert De Villaine nonché cugino di Madame Leroy. Tra gli italiani i Barolo di Rinaldi e Cappellano, il Barolo di Serralunga di Ferdinando Principiano, il Chianti Montebetti 2010, il Sine Felle 2011 di Roberto Moretti, il Nero Né de Il Cancelliere. Per rimanere in Campania provi anche il Polyphemo di Tecce. In Calabria lo splendido Cirò di De Franco, A Vita. In Sicilia i vini etnei di Calabretta o Graci, il Faro Bonavita e tanti altri. L’elenco è sicuramente molto lungo, questi sono solo suggerimenti “parziali”.
@Massimiliano Montes, Grazie per i consigli, sicuramente bene informati.
Ma la domanda che stimola la mia curiosità di consumatore è: nella fascia di prezzo medio-alto, la qualità (percepita) di un vino “naturale” è superiore o inferiore a quella di un vino tradizionale?
E’ del tutto evidente che una domanda del genere andrebbe posta ad un serio istituto di ricerche di mercato che potrebbe risponderebbe con dati attendibili solo dopo aver testato un campione rappresentativo di non meno di alcune centinaia di consumatori.
Io mi limiterò a una bottiglia…un’effimera esperienza per semplice curiosità, proprio come si comportano non di rado i consumatori più aperti alle novità, al cambiamento, alla ricerca di qualcosa di diverso e forse di meglio. Non di rado i migliori clienti per chiunque abbia qualcosa da vendere.
@Marco M., il vino naturale è il vino tradizionale. Usi due diversi aggettivi per definire la stessa cosa.
Il moderno vino che io definisco artificiale nasce negli anni ’70-’80, con la moderna enotecnica, l’uso di polverine e aromatizzanti vari.
Ovviamente i migliori vini al mondo sono naturali (altrimenti Bocuse non avrebbe ringraziato Madame Leroy per avergli fatto scoprire “il miglior vino di Borgogna”). Dopo una degustazione questo è stato un messaggio di ringraziamento scritto a Madame Leroy: “Paul Bocuse thanks you for allowing him to discover the summit of the wines of Burgundy”.
In tutte le categorie di prezzo il vino naturale è superiore. Io non riesco più a bere vini commerciali, mi danno la nausea al secondo sorso (a volte anche al primo…).
P.S. Non capisco se mi prendi per i fondelli o fai finta 😉
@Massimiliano Montes, Per me -da consumatore qualunque, inesperto di enologia- il vino tradizionale è in generale quello prodotto e commercializzato oggi come dieci o vent’anni fa, secondo metodi, regole e controlli stabiliti dalle competenti autorità pubbliche a tutela della salute pubblica e a garanzia del consumatore.
Detto questo, esistono vini buoni e vini pessimi prodotti comunque nel rispetto delle norme vigenti, così come esistono in qualunque categoria i competenti e gli incapaci, i grandi artisti e i buoni a nulla. Dopotutto, de gustibus… esistono anche gli amanti dell’orrore.
E’ comunque a questi vini “normali” -nel senso letterale e giuridico del termine- che mi riferisco quando cerco di capire -come consumatore- quali eventuali obiettive differenze ci siano con i vini cosiddetti “naturali”, come vengono definiti da questo o altri siti in argomento.
Tutto qui. Sono stato abbastanza chiaro?
Lascio perciò democraticamente a te e a chiunque altro il diritto di stabilire equivalenze del tipo “tradizionale=naturale” che ha indubbiamente un suo fondamento.
Ma a me, come consumatore, per logica conseguenza si lasci il diritto di chiedermi e di chiedere: il vino “normale” allora cos’è? Innaturale… artificiale… artefatto… adulterato… manipolato…. sofisticato? Perché è con questi aggettivi che il vocabolario e il comune buon senso definiscono qualcosa che non è “naturale”. O sbaglio?
@marco, forse avrai anche delle mie risposte alle tue domande se vai a leggere anche qui:
http://www.inter-vino.pl/upload/201310/ManifestoREV-01doc.doc
Ma ti sei arreso all’hacker perché e Ferragosto?
@Mario Crosta, ci sto lavorando 😉
@Massimiliano Montes, ancooooraaa? Ma ti ha proprio rovinato il ferragosto! Vedi cosa succede a essere sinceri, a scrivere secondo coscienza e non secondo sponsor? Mi spiace per quello che ti è successo, ma non è la prima volta. Forse dovresti cominciare anche tu a fare il blogger & seller, a scrivere di intravini. Gli hacker ti lascerebbero passare il ferragosto in pace al mare.
Bravo Massimiliano! Complimenti.
@Mario Crosta, mi aggrego 🙂 Bravò Max!
@Mario Crosta, non penso che diamo fastidio a qualcuno. Credo che si tratti solo di qualche ragazzino dispettoso o di qualcuno più serio che fa “prove di trasmissione” per poi dedicarsi a siti più grandi.
@Max, guarda che è lo stesso identico hacker che ha creato problemi a Carlo Macchi su Winesurf nel marzo del 2012. Quindi non è un ragazzino. E prima ha fatto prove di trasmissione almeno da Carlo, visto che non esisteva gustodivino.
RISULTATO DI UN (PICCOLO) MARKET TEST
Per soddisfare in modo rapido e senza tante complicazioni la mia curiosità di consumatore qualunque (preciso: di vino onesto, semplice, gradevole e senza tanti fronzoli, venduto al prezzo che merita), ho acquistato una bottiglia di vino “naturale”…o quantomeno vendutami come tale a fronte di precisa richiesta, da un’enoteca di buona reputazione, gestita in modo cortese e professionale, in una città tra Genova e LaSpezia.
Questo il risultato, beninteso con largo beneficio di inventario e senza la benché minima pretesa di rappresentare in qualche modo la qualità media dei molti vini “naturali” o sedicenti “naturali” presenti sul mercato.
1. Cosa ho acquistato: una bottiglia di vino bianco secco prodotto in Sardegna, venduto a circa 10 euro, vinificato a detta del dettagliante in modo tale da potersi definire “naturale”, e perciò contraddistinto da bassissima presenza di solfiti e dal marchio “triple A”.
E’ quanto mi è bastato per effettuare l’acquisto in fiducia, non avendo nemmeno gli occhiali per leggere l’etichetta sulla bottiglia.
2. A casa prima di stappare guardo attentamente l’etichetta: sobria, elegante, con un’ottima scelta grafica degli elementi che la compongono. Ma priva di informazioni sul vino contenuto nella bottiglia, le sue caratteristiche distintive, chi e come lo produce o quant’altro possa correttamente informare o motivare il consumatore. Persino l’annata di produzione è sovrastampata in corpo minuscolo in verticale in modo quasi illeggibile.
Dunque: 8 per la grafica, 4 per l’informazione, 2 per comunicazione nel complesso, e anche meno.
E la retro-etichetta? Inesistente. Sotto l’etichetta frontale appare soltanto una seconda piccola etichetta ellittica con la dicitura “Triple A”….ma cosa significhi non si sa, se non me lo avesse spiegato in poche parole il rivenditore.
3. L’assaggio: un bel colore piuttosto carico, evidenti impurità in sospensione, un profumo alquanto disarmonico, il sapore non proprio equilibrato di un modestissimo vermentino con una vaga tendenza al maderizzato.
Senza mostrare la bottiglia, offro un assaggio “alla cieca” a un amico presente (con diploma di sommelier e ventennale esperienza professionale nel settore vinicolo). Giudizio dopo l’assaggio: “no, preferisco una birra”. Gli mostro allora la bottiglia e lui stesso mi conferma la buona reputazione del produttore e l’ulteriore “garanzia” della Triple “A”, del tutto sconosciuta a quelli come me, aggiungendo la sua definitiva sentenza, guardacaso del tutto simile a quella del rivenditore: “tra i cosiddetti vini naturali, se ne trovano di molto validi. Ma molti sono del tutto deludenti. Quanto al naturale, solo chi ha seguito passo dopo passo, giorno dopo giorno, la produzione di un certo vino potrebbe garantirne le qualità, inclusa la “naturalità” dell’intero processo produttivo dalla vigna alla cantina. Ma chi può farlo?”.
Conclusione.
Può darsi benissimo che io sia incappato in una bottiglia sbagliata…ma, nell’ottica del consumatore, qualche utile indicazione forse la si può ricavare anche da questo limitatissimo test.
1. Vini “naturali”: chi fondatamente e credibilmente può garantire questa “naturalità” ?
2. Chi può scientificamente, obiettivamente e credibilmente garantire la migliore qualità di questi vini sotto il profilo organolettico, alimentare, nutrizionale, salutistico….?
3. E’ utile, produttivo, corretto correre il rischio di ingenerare nei consumatori il dubbio che ogni altro vino possa essere in qualche modo innaturale, artefatto, sofisticato?
4. Non si ha il dubbio che tutto questo, in assenza di obiettive certezze, possa rivelarsi auto-lesionistico per qualunque produttore di vino -naturale o normale che sia, ma pur sempre nel rispetto delle norme vigenti- ?
Intanto un saluto cordiale a tutti.
@Marco M., come sanno tutti, mi chiamo Mario Crosta, abito in ulica Skarzynskiego 28 a Bielsko-Biala in Polonia e le foto per individuarmi e riconoscermi sono pubblicate regolarmente su Enotime. Mi piacerebbe che tutti i commentatori abbiano lo stesso coraggio e non si nascondano dietro un anonimato comodo. In presenza di commentatori anonimi e di IP secretati a pié di ogni commento, d’ora in avanti il sottoscritto rinuncia a fare commenti anche in questo blog.
@Mario Crosta, No Mario, su questo non sono d’accordo… Coraggio è una parola grossa che francamente userei con più attenzione e più parsimonia, e non certo per parlare di vino e cose del genere.
In democrazia è ampiamente previsto il voto segreto, persino nelle aule istituzionali che ci rappresentano ai massimi livelli. Allora perché criticare una elementare esigenza di riservatezza che per me riguarda internet in generale e non certo questo blog in particolare?
In ogni caso -ed è questo che conta- posso assicurarti che ho onestamente riportato i fatti e le mie soggettive opinioni di consumatore qualunque, con l’unico genuino intento di contribuire utilmente alla libera informazione di chi legge questo blog.
E senza “volpini sotto il braccio” per intenderci. Ciao!
@Mario, anche se questo Marco M. sembra evidentemente interessato a dimostrare una tesi preconcetta (per soldi? Perché tutela interessi dei produttori artificiali?) noi non possiamo impedire la libera discussione.
Anche se è evidente che Marco M. è un cavallo di Troia inviato per incasinare i discorsi, seppur in modo infantile e puerile, io propenderei per lasciarlo parlare.
Tanto non cambia nulla:
– il vino naturale è IL VINO (ho fornito un elenco di vini da provare a questo Marco M. qualche commento sopra, ma la lista potrebbe essere lunghissima). I migliori vini del mondo sono naturali (cioè VINO).
– il vino artificiale è una porcheria. Questo è un dato di fatto.
Marco M. da anni mi diverto a fare degustazioni alla cieca accostando vini artificiosi o artificiali e vino vero, e le persone scelgono sempre il vino vero. Il problema è che spesso non lo conoscono, appena lo assaggiano non tornano più indietro. E questo i produttori artificiali non lo vogliono.
Marco M. tu non sei il cliente ne tantomeno King. Sei solo un mediocre guastatore (abbiamo avuto di meglio qui su gustodivino).
Se si tratta del Renosu Bianco di Dettori (Vermentino e Moscato) allora non mi trovo per nulla in sintonia con le conclusioni alle quali giungi attraverso la degustazione di questa bottiglia che personalmente ho sempre trovato buonissima nella sua rustica complessità. Ma il vino migliore è quello che piace a te.
@Nic Marsél, Bravo, sei un vero intenditore… ma per correttezza permettimi di non dirti né sì né no.
Ma al vermentino che menzioni tu, posso dirti che preferisco di gran lunga un normalissimo (nel senso di non “naturale”) Costamolino o un S’ Elegas di Argiolas, sempre restando in Sardegna. De gustibus…appunto.
Certo, “client is the king” dicono in America (dove non a caso hanno teorizzato il marketing) e già dicevano i romani molti secoli fa: de gustibus non est disputandum…
A questo proposito sarebbe davvero interessante ampliare il nostro discorso all’intero settore alimentare, dal pane (anche qui c’è il lievito, ma non solo…), all’olio “extra-vergine” di oliva (a volte prodotto addirittura con olio lampante, secondo una memorabile inchiesta televisiva di Milena Gabanelli), al salmone “affumicato” (anche con l’areosol ?) e via dicendo…per trovare qualche buona risposta (scientificamente fondata, realistica, veritiera) all’eterna domanda: QUID EST VERITAS?
Ma per quante risposte potremo trovare oggi o domani -in una realtà in continuo mutamento- temo che rimarranno inevitabilmente di due categorie: quelle informate al principio filosofico dell’ “homo homini lupus” e quelle che derivano in qualche modo dalla famosa risposta filosofica di S.Agostino alla domanda di prima.
La differenza essenziale, di fondo, tra queste due categorie di risposte resterà l’autentica, genuina “buona volontà” di chi cerca, trova e fornisce risposte. E’ la stessa “buona volontà” del contadino che fa del suo meglio per fare un buon vino onesto, e l’esatto contrario di quel tale che anni fa si inventò il vino al metanolo e cosa faccia oggi di preciso non si sa, salvo inventarsi un sacco di fandonie pur di fare quattrini.
Allora infiniti auguri di cuore a tutti i contadini di buona volontà, qualunque vino facciano, confidando come sempre nell’aiuto del Padrone della vigna.
Ma “naturale”, “biologico”, “biodinamico”, normale….??? Facciano quello che preferiscono, purché lo facciano. Il mondo è grande, c’è spazio per tutti.