Ripubblico con stima affettuosa quest’articolo scritto nell’autunno 2015, racconto di un racconto, della storia tratteggiata da Beppe, con parole pesate ed essenziali, sulla sua idea di vino e del Barolo.
Di intelligenza vivace e brillante, con una personalità dolce, Beppe Rinaldi si porta dietro un soprannome, “Citrico”, a mio parere immotivato. Bere un calice insieme a lui e abbandonarsi a conversare vale il viaggio.
Aiutato dalle due figlie, Carlotta e Marta, Beppe è sempre stato un convinto sostenitore del Barolo tradizionale: “Io non faccio vino naturale, faccio semplicemente il vino come lo faceva mio padre e mio nonno. Sono gli altri che hanno cambiato”.
Questa idea del vino naturale come cellula di resistenza è una costante, a partire dagli anni ’70 in Beaujolais con Jules Chauvet fino ai tempi odierni. E’ come dire che il vino è questo e si è sempre fatto così, tutto il resto, quello che nasce dall’enologia moderna, è altro.
Beppe Rinaldi si unisce al movimento del vino naturale dopo la nascita di Vini Veri, durante la prima metà degli anni 2000. “E’ stato il mio grande amico Baldo Cappellano a farmi entrare in Vini Veri. Una persona che rimpiango”.
Barolo tradizionale significa botti grandi. In effetti passeggiando per le cantine di Beppe non si vedono legni più piccoli di un monolocale.
Carlotta ci guida tra i tini (“le tine” come si dice da queste parti) e ci indica una grande botte che sembra uscita da un film storico sulla prima guerra mondiale: “Questa botte ha più di un secolo. Noi facciamo fermentare il Nebbiolo per il barolo ancora in questa botte”
E poi mi indica altri due tini: “Questi tini erano di Josko Gravner. Quando lui ha deciso di usare solo anfore li abbiamo presi noi”. Anche i tini di Josko…
Il vino in cantina è quello delle annate in maturazione e in affinamento, perché Beppe, come tutti i produttori naturali storici, vende tutto. “Non mi interessa arricchirmi, so che se aumentassi il prezzo delle mie bottiglie venderei lo stesso tutto, ma guadagno già quanto basta alle mie necessità. L’idea di fare più soldi è estranea alle mie convinzioni e alla mia idea di vita”.
Gli assaggi da botte o dai fusti in acciaio sono tutti eccellenti, anche se uno mi colpisce maggiormente e mi costringe a un bis: l’assemblaggio Cannubi, Ravera, San Lorenzo per il Tre Tine 2013. Vibrante è forse il termine che lo definisce meglio, intenso e pervasivo nei suoi aromi, ampio e teso al palato, di buona acidità e piacevolissima e lunga persistenza.
La famiglia Rinaldi possiede cinque vigneti storici di nebbiolo: Cannubi, Ravera, San Lorenzo, Brunate, Le Coste.
Fino al 2010 da due vigneti si imbottigliava un assemblaggio di Brunate e Le Coste che veniva etichettato come tale. Da quell’anno le modifiche al disciplinare del Barolo D.o.c.g. impediscono l’uso di più di un toponimo per l’indicazione geografica del vigneto. Così il Brunate-Le Coste è diventato semplicemente “Brunate” e l’altro barolo di casa Rinaldi viene etichettato come “Tre Tine”.
Il Disciplinare e il Consorzio di tutela sono due grossi nodi al pettine per i piccoli produttori di Barolo. L’impressione è che riforme e modifiche dei disciplinari servano solo a favorire i grandi produttori.
Rinaldi è fuoriuscito dal Consorzio di tutela e non vi è più rientrato, anche se l’applicazione della norma chiamata “Erga Omnes” impone anche a coloro fuori dal Consorzio di seguirne le regole.
Nei fatti, se bisogna seguire ciò che dice il calice e non le speculazioni normative, la nostra scelta cade inevitabilmente verso i produttori più piccoli, come Rinaldi, Cappellano, Mascarello e altri meno famosi, evitando accuratamente le stucchevolezze dei cosiddetti “modernisti”: vaniglia, chiodo di garofano e improbabili sentori di Petit Verdot e Cabernet Sauvignon.
Leggi anche: Il Cave Ox dell’Etna e il Brunate Le Coste 1996
Azienda Agricola Rinaldi Giuseppe
Via Monforte, 3 – 12060 Barolo (Cn)
Tel. 0173/56156 – Fax: 0173/56156
Conobbi dapprima Marta. Circa 7 o 8 anni fa.
Mi disse di chiamarla a casa per ordinare del vino. Un giorno subito prima di pranzo prendo il telefono e chiamo.
Mi risponde una voce, roca ma affettuosa, non sapevo chi fosse, mi presento e chiedo di Marta.
La voce, all’altro capo del telefono, dopo una pausa, mi domanda “tu come conosci mia figlia Marta?”.
Ehm, rispondo, l’ho conosciuta ad una fiera.
“Come ti chiami e dove abiti?” continua la voce.
Rispondo che abito a Palermo, e qui inizia un racconto lungo come una storia.
La voce si presenta (ma avevo già capito) e mi racconta che ama la Sicilia. Mi racconta nei dettagli di un lungo viaggio fatto in Sicilia con la sua Lambretta rossa.
Poi vuole sapere di me, chi sono e cosa faccio.
E dopo ricomincia e mi racconta che cosa è per lui il vino, della storia della sua famiglia, intercalando domande su di me.
Dopo 45 minuti di conversazione mi chiedo chi mai possa aver soprannominato una persona così amabile “citrico”.
@Massimiliano Montes, citrico dal colore dei suo capelli in gioventu’.
@Bro, 🙂
«D’ailleurs c’est toujours les autres qui meurent»
Il 22 sett. u.t. sono stato in “langa”, sono passato davanti la sua cantina, ma non ho avuto il coraggio di bussare alla sua porta temendo di essere inopportuno data la sua recente dipartita. Custodisco gelosamente una bottiglia di Barolo Brunate-Le Coste del 2005. Penso che sia arrivato il momento di stapparla. Ciao “Beppe”, che la terra ti sia lieve.
@Davide Marrale, ciao Davide .-)
Buongiorno Massimo.