Ogni volta che bevo un vino georgiano mi rendo conto che tra i vini delle altre parti del mondo non esiste nulla di simile. Il vino georgiano gode di una posizione di assoluta unicità.
In questo panorama il Chinuri 2011 di Pheasent’s Tears ha una collocazione particolare: i suoi intensi aromi torbati ed affumicati fanno tornare alla memoria quei buoni whisky scozzesi sapientemente invecchiati.
Il colore di questo vino ricorda quello dell’oro rosso, cristallino e trasparente nonostante non sia filtrato.
La sua presentazione al naso, ancor prima di roteare il calice, è proprio con note affumicate e torbate, seguite da sentori di scorza di mela e di polpa di melone, lavanda, sottobosco e passiflora.
Al palato si presenta complesso, con una sensazione tannica appena palpabile, sottile ed acuminato, di buona acidità. La retrolfazione ritorna decisamente sulle note torbate ed affumicate. Ha una peristenza gustolfattiva medio-lunga.
Questo è forse il vino più leggero ed elegante di Pheasent’s Tears, riesce ad essere lieve e complesso allo stesso tempo.
Il Chinuri è prodotto nel Kakheti, la regione più orientale della Georgia, da Gela Patalishvili e John Wurdeman. Dopo un incontro casuale tra Gela, contadino Georgiano, e John, pittore americano innamorato della campagna georgiana, nasce il progetto di Pheasent’s Tears.
L’idea è quella di riuscire a conservare la tradizionale vinificazione e difendere il vino dall’internazionalizzazione del gusto, che determina appiattimento non solo degli aromi ma anche delle diversità culturali.
Secondo Mark Berkowitz dell’Archaeological Institute of America, la Georgia è il più antico produttore di vino al mondo. I ritrovamenti di piccole anfore contenenti vino nelle regioni caucasiche risalgono al 7.000 a.C. in pieno neolitico. Da quella regione, in epoche successive, la fermentazione alcolica della bacca di Vitis Vinifera si è diffusa verso il medio-oriente e l’Egitto, e da lì in Europa ed in tutto il mondo.
Pheasent’s Tears possiede 12 ettari circa di vigneti autoctoni a Sighnaghi (სიღნაღი in georgiano), sulle colline che dominano la splendida valle di Alazani, in Kakheti (კახეთი). La famiglia di Gela Patalishvili si occupa di viticoltura da almeno otto generazioni, e nelle loro vigne si trovano autoctoni rari e spesso ritenuti scomparsi.
Il contenitore di fermentazione, maturazione ed affinamento dei vini georgiani è il “qvevri”, un orcio di terracotta di grandi dimensioni. Nonostante le somiglianze il qvevri non ha nulla a che vedere con le anfore utilizzate in europa per la vinificazione.
Sull’onda di una moda emotiva e contestatrice, ma spesso vuota di contenuti e di conoscenze della tecnica di vinificazione georgiana, molti produttori “alternativi” hanno iniziato diversi anni orsono a vinificare in anfore di terracotta. Con risultati però che nulla hanno a che vedere con la vinificazione tradizionale georgiana, spesso conferendo pesanti aromi argillosi-terrosi e di chiodo di garofano ai vini così confezionati.
Il qvevri georgiano è interamente ricoperto di cera d’api, sia per evitare interferenze aromatiche che per ridurre al minimo gli scambi gassosi con l’esterno. La terracotta contiene grandi quantità di ossido di ferro ed è microporosa, con un sistema di microlabirinti nel suo contesto, che determinerebbero un impropria cessione di sali di ossido di ferro al mosto-vino ed un eccessivo contatto con l’ossigeno se non opportunamente isolata (nel caso dei qvevri con la cera d’api).
Il qvevri inoltre è completamente interrato, per garantire un miglior isolamento termico, ma anche per contrastare ulteriormente gli scambi tra il mosto-vino e l’ambiente esterno.
Il Chinuri è vinificato con il metodo Kakheto tradizionale, ha una macerazione di media durata insieme alle bucce e parte dei raspi. Durante la fermentazione alcoolica, che di solito dura circa 10 giorni, il qvevri rimane totalmente aperto per immergere più volte al giorno il cappello di vinacce che galleggia sul mosto in fermentazione. Grazie all’interramento si riesce a mantenere la temperatura di fermentazione intorno ai 20°C senza necessità di interventi esterni.
Dopo la fine della fermentazione le vinacce e le fecce più grossolane si depositano sul fondo e solo allora si possono colmare i qvevri attraverso l’orifizio dell’imboccatura, dove poi si appoggia appena il coperchio in legno, in modo che durante la reazione malolattica l’eccesso di anidride carbonica possa ancora fuoriuscire. Quando cessa ogni attività dei lieviti e dei batteri (di solito dopo la metà di dicembre) il qvevri viene ermeticamente chiuso. Il coperchio viene sigillato con l’argilla o con la cera e seppellito sotto uno strato di terra o di sabbia.
La svinatura viene fatta per aspirazione degli strati più superficiali del vino nuovo, le vinacce e le fecce vengono poi asportate e il qvevri ripulito e preparato per la successiva vinificazione.
Il Chinuri 2011 ha un’acidità totale di 5.8 g/l e il 12% di alcol in volume.
Pheasent’s Tears
Baratashvili St. 18
Sighnaghi, Georgia
John Wurdeman (+995) 599 53 44 84
jwurdeman@pheasantstears.com
http://www.pheasantstears.com
Correggi qveri, che hai usato due volte. Si scrive semmai qvevri. Si vede che non hai mai letto i miei articoli sulla Georgia né quelli sui kvevri (io uso la k, all’europea, visto che non scrivo in georgiano e qvevri non e’ in caratteri georgiani), eppure ne ho scritti almeno una decina e l’archivio dei link lo trovi sul mio sito http://www.inter-vino.pl oppure su http://www.enotime.it. Tra l’altro ho tradotto pure le impressioni di Mariusz Kapczynski e Wojciech Bosak su questo produttore che cura miolto sia la qualità che la tradizione, cosa assolutamente non facile. Ciao.
@Mario, alcuni qvevri avevano perso una v altri le avevano tutte. Corretto, grazie 😉
Grazie Massimiliano, bellissimo articolo.
Grazie anche a Mario e al suo link che mi permetterà di studiare qualcosa in più.
Il problema è che poi bisogna esercitarsi, altrimenti restan solo parole che si dimenticano in fretta e coi georgiani si fa particolarmente fatica per la lingua, la reperibilità e il prezzo. La beva invece per le mie poche esperienze è spesso molto più facile di quanto non si possa immaginare.
@Nic Marsél, grazie a te per i complimenti! La beva, hai ragione tu, è molto molto facile (troppo) 🙂