Giorgio Calabrese, il nutrizionista più famoso d’Italia, nominato commissario straordinario dell’Istituto Regionale Vino e Olio di Sicilia, si concede, e ci rilascia un’intervista.
Prof. Calabrese, la prima cosa che le chiedo è perché. Questi incarichi di solito hanno una matrice prevalentemente politica, lei invece è un tecnico, un nutrizionista di fama mondiale.
Me lo chiedo anche io. Non mi aspettavo questo incarico, per me è stata una sorpresa, ma da Siciliano non posso che essere orgoglioso di fare qualcosa per la mia terra. Questa nomina mi ricorda quella volta che fui chiamato a Boston perché li qualcuno aveva letto il mio curriculum e le mie pubblicazioni. Anche quella fu una cosa inaspettata. Qui all’Irvos sono contento anche perché chi mi ha preceduto ha fatto un ottimo lavoro, mi siedo alla guida di una Ferrari, ed è tutto più facile.
Vino e olio. Pane quotidiano per lei.
Da anni ormai dico che il vino, alla stregua dell’olio, deve essere considerato un alimento. Come tale deve sottostare a precise regole di nutrizione e deve essere assunto in dosi adeguate.
Quindi il vino inteso non come edonismo o piacere del buono?
Anche. Un alimento che è oltre a essere valido è anche buono determina piacere ed emozione. Un buon piatto emoziona, così come un buon vino. Le due interpretazioni non sono alternative, ma complementari.
Il vino è anche commercio, industria. Dal settore produttivo del vino dipende una fetta della nostra economia. Noi consumatori spesso intendiamo il vino esclusivamente come alimento o come oggetto dei nostri piaceri. Ma alle spalle di una bottiglia c’è gente che lavora e che dal vino trae il proprio sostentamento.
E’ vero, e non bisogna dimenticarlo. Però questa non è una dicotomia ma sono due facce della stessa medaglia. Bisogna riuscire a conciliare la qualità con le necessità produttive e di lavoro di chi col vino ci campa. L’obiettivo però deve sempre essere la qualità, non si può andare a discapito di questa con l’alibi dei posti di lavoro o dell’economia. Sono sicuro che la nostra azione, qui all’Irvos, riuscirà a centrare entrambi gli obiettivi.
L’Italia è il paese delle partite Iva. Il nord-est ha costruito il suo benessere con la piccola impresa. Non crede che questa possa essere la ricetta per far decollare l’economia siciliana?
Amo sempre dire che l’economia cresce facendo diventare i piccoli grandi e mantenendo i grandi grandi. La piccola impresa è il cardine dell’economia è va aiutata a crescere.
Però questa bella idea si scontra con una realtà: la carenza di risorse. Le risorse economiche esistenti bastano per far crescere i piccoli e mantenere i grandi?
La crescita economica genera risorse, è un circolo vizioso in positivo. Più soldi crea un economia locale più risorse avremo in futuro da investire.
La legge italiana consente di addizionare al vino circa 40 sostanze chimiche e coadiuvanti, spesso aromatizzanti. A volte il sapore e gli aromi del vino in bottiglia sono ben lontani da quelli naturali. Inoltre alcuni di questi additivi hanno anche un profilo di tossicità. Cosa ne pensa?
L’obiettivo è quello di produrre vino senza uso di additivi e di chimica, sia in cantina che in vigna. Per ottenere questo però bisogna lavorare, sia dal punto di vista della ricerca, che delle tecniche agronomiche e di vinificazione. In questi anni si sta assistendo, per esempio, ad una progressiva riduzione della solforosa nei vini. La tendenza è questa, ed è giusto perché la solforosa genera allergie ed ha un suo intrinseco profilo di tossicità.
E gli altri additivi?
Il nostro obiettivo è quello di produrre vino senza sostanze chimiche. E’ un obiettivo che ci prefiggiamo e lavoreremo per questo.
Nel frattempo ritiene giusto lasciare liberi i produttori di scrivere in etichetta tutti gli additivi usati? Il vino è l’unico alimento di cui non è obbligatorio scrivere gli ingredienti.
Sono personalmente assolutamente a favore di una liberalizzazione dell’etichettatura che consenta di scrivere gli additivi e i coadiuvanti utilizzati. Le dirò di più: tale etichettatura dovrebbe essere obbligatoria per il vino così come lo è per ogni alimento.
http://www.gcalabrese.it/biografia
Persona simpatica, uno alla mano, uno dei nostri. Ma l’intervista è fredda come il ghiaccio. Massimiliano Montes, mi stupisci. Ti credevo siciliano e ti scopro svedese, tipo un Borg con una Berté. Dai, che non ci credo. Possibile che non abbiate bevuto insieme neanche un cavolo di vino? Possibile che non si sia rovesciato neanche un calice sui pantaloni? Ma la biondina alle sue spalle e la brunetta che gli faceva le fusa sulle ginocchia sono rimaste mute per tutto il tempo dell’intervista? Per favore, la prossima volta manda Rossi a fare le interviste…
Volevo sembrare serio.
Bevuto niente! La prossima volta lo porto a bere qualcosa di buono… chissà che ne esce 🙂
@Massimiliano Montes, s’era capito che di fronte a cotanto personaggio, molto alla mano ma molto preparato, ti sei sentito “nudo e crudo”. Il Professor Calabrese è straordinario: è riuscito a tenermi incollato alla sedia davanti a tutte le sue presentazioni di pesce a Linea Blu in tutte le località marine del nostro Paese, perché non ha mai fatto il “serio” in senso accademico, pur diffondendo scienza in modo però comprensibilissimo e affascinante, con l’ottima spalla dello scherzosissimo Fabrizio Gatta. Non me ne sono persa una, per me erano sempre i minuti (purtroppo pochi) più interessanti di ogni settimana in TV. Ecco, forse mi aspettavo che il tuo rapporto con lui proseguisse nello stesso, insuperabile, stile che tanto mi è piaciuto ed è per questo che sono rimasto “congelato” dalla freddezza di ciò che lo scritto, sebbene precisissimo e ricco di contenuti, penalizza rispetto al colloquio orale, sempre sorridente. Non c’è una frase che possa non trovarmi d’accordo, ma questa è un’altra faccenda. Sosteniamolo nell’intento di riaprire l’Asca, aiutiamolo a trovare interlocutori privati disposti a dargli una mano, facciamo girare la voce, non dimentichiamolo dopo l’intervista. Chiedigli di metter giù due righe su questo suo proposito e pubblicale. E’ un siciliano che fa tanto bene alla Sicilia. Vale la pena amplificare la sua voce.
Oltre a quello che ho scritto nell’intervista, il prof. Calabrese qualcos’altro di importante me lo ha detto.
Lui è il padre fondatore dell’Asca http://www.agrinnovazione.regione.sicilia.it/asca/cosae.html
un laboratorio agroalimentare all’avanguardia in Europa.
Ebbene, l’Asca ha chiuso i battenti da circa un anno per mancanza di fondi, con grande disagio soprattutto delle piccole aziende che non hanno un proprio laboratorio. Lui la vorrebbe riaprire. Vedremo.
una voce importante a favore dei vini naturaliiiiiiiii
@A3C,
Non so se sia a favore dei vini naturali… Forse è un’interpretazione troppo estensiva.
Certamente è a favore del vino buono 🙂
@Mario, la prossima chiacchierata la faremo dietro a un banchetto del pesce a Mondello. E mi porto Silvio Rossi