Da QQucina.
Il nome nasce da un gioco… niente a che vedere con l’arte tutta giapponese del vero sushi!!
Si, la cucina del Giappone mi attira, ne ammiro i colori, la tecnica , la qualità ed i disegni geometrici che rasentano la perfezione , il tutto esaltato dal gusto del pesce crudo. Ogni tanto mi sono cimentata nella preparazione di qualche loro piatto, anche se ammetto che e’ un’impresa ardua (ma non impossibile).
Prendendo spunto da tutto ciò, ho pensato ad un piatto facilissimo da realizzare anche per chi, con la cucina, non ha un amore “viscerale”.
Ed eccoci al mio sushi siciliano… gli ingredienti ci sono tutti, il riso sostituito da vermicelli di riso fritti, croccanti e decorativi, il tonno (dei nostri mari) freschissimo e crudo, e poi dei peperoni come ortaggio insieme a dei buonissimi capperi di Salina, presidio Slow Food, che contrastano per la loro sapidità.
Questo piatto potreste utilizzarlo per un appetizer, preparandolo con leggero anticipo, oppure per una cena in piedi trasformandolo in monoporzioni di finger food ….insomma se questa ricetta vi intriga…sbizzarritevi!!!!!
Una nota importante, io ho sempre l’abitudine di “abbattere” il pesce da consumare crudo conservandolo in freezer per almeno 48 ore, ma sicuramente sarebbe meglio utilizzare un abbattitore professionale.
Ingredienti per 4 persone
– Trancio di tonno 400 g (alto circa 3 cm)
– Peperoni rossi 3
– Capperi di Salina un pugnetto
– Vermicelli di riso (pochi fili)
– Semi di sesamo
– Basilico
– Olio Extra Vergine d’Oliva
– Olio di semi di Arachidi
– Sale qb
1) Affettare il trancio di tonno realizzando dei rettangoli, potreste agevolarvi l’operazione tagliando le fette del tonno ancora leggermente congelato.
2) Tostare i semi di sesamo per pochi minuti in un padellino antiaderente, versali in un piatto e farvi aderire solo un lato delle fettine di tonno.
3) Arrostire i peperoni nel grill del forno, una volta cotti farli riposare in un pacco di carta, quindi togliere la pelle e tagliarne solo 2 a tocchetti. Unire basilico, capperi di Salina, olio e sale. Con questo condimento farcire le fettine di tonno formando degli involtini.
4) Versare il peperone rimasto nel bicchiere del minipimer, aggiungere olio e sale quindi frullare ad immersione fino ad ottenere una crema.
5) Friggere i vermicelli di riso crudi immergendoli per pochi secondi nell’olio di semi di arachidi bollente, gonfieranno e diventeranno croccanti in un attimo.
6) Comporre il piatto versando la crema di peperone a specchio, adagiare gli involtini di tonno in piedi e finire con i vermicelli di riso, da aggiungere a piacimento.
Il tonno è uno dei pesci dagli aromi più intensi e impegnativi che ci siano. Credo che dietro un’apparente semplicità questo piatto riveli una complessità aromatica e di sapori tanto deliziosa quanto difficile da abbinare ad un vino.
Ci berrei molto volentieri il carricante in purezza di Tenute di Fessina ‘A Puddara 2011, che mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta a Sorsi dell’Etna 2013.Dritto, nervoso, minerale, con un’acidità stupefacente e piacevole. Allo stesso tempo ampio al palato, vellutato e avvolgente. Ginestra, acetosella, macchia mediterranea, insieme al sapore e ai profumi delle bacche di carricante non in piena maturazione. Splendido vino, credo buon abbinamento.
http://www.cuntu.it/?p=5547
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Facciamo anche un abbinamento “esotico”, altrimenti Mario Crosta mi bacchetta: il Pouilly Fume Pur Sang 2007 di Didier Dagueneau. Per le sue caratteristiche organolettiche questo piatto richiede un vino che si faccia sentire, che non soccomba sepolto dal tonno, dai capperi e dai peperoni!
Questo Sauvignon Blanc del grande Dagueneau calza a pennello. Rosso travestito da bianco, di importante struttura e tessitura aromatica. Vendemmiato in piena maturazione, perde le tipiche note varietali di fiori di bosso (perché urina di gatto sta male…) esaltando le componenti fruttate e floreali. Di buon nerbo acido, ha una retrolfazione che veleggia tra note affumicate e di pietra focaia che ben si sposano con i profumi e i sapori del piatto.
In Sardegna ci berrei un Vermentino di Gallura della zona di Arzachena, dalle vigne intorno a Coddu Ecchju. Questo per quanto riguarda il rapporto d’amore tra la pietanza e l’amante straniero. Chi suggerisce invece un vino da matrimonio d’amore tra la pietanza e un baldo sposo del luogo?
… ovviamente Massimiliano e’ intervenuto mentre stavo scrivendo il commento. Ubi major minor cessat. Ottimo il suo Carricante raccolto un po’ precocemente!
@Mario Crosta, questione di minuti 😉
Gran bel piatto Bianca! Ti giungano i miei più sinceri complimenti per lo stile, la genialità nell’accostamento degli ingredienti, la presentazione. Tutto ciò contraddistingue i tuoi coloratissimi piatti e la tua indiscutibile professionalità 🙂
Se dovessi cimentarmi nella la preparazione di questo piatto e l’esito dovesse rivelarsi un successo, abbinerei un vero gentleman, un vino assaggiato e mai più dimenticato al vivit. Il Fleury rosé de Saignée MC. Prodotto in Cote de Bars zona al confine tra la Champagne e la Borgogna. É un pinot nero in purezza, un vino elegante che si mostra con i rosati colori dell’aurora, di personalità e carattere indiscussi. La timida intensità, la delicata persistenza e il soffice fine perlage, lo rendono idoneo a placare con garbo senza sovrastare l’esuberanza gustativa della nostra “Tunnina”( termine dialettale siciliano che identifica il tonno rosso nostrano).
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Assolutamente d’accordo sullo champagne! In effetti le bollicine erano la mia seconda scelta.
@Massimiliano Montes, Patrizia ha proposto qualcosa di più di bollicine (che in genere vanno benissimo con quasi tutte le pietanze), direi il non plus ultra per una ricetta di tonno rosso crudo come questa: un rosato de saignée, cioè un rosso che ha iniziato la vinificazione in rosso ma che è stato svinato prestissimo, a differenza di rossi che vengono vinificati in bianco e che danno origine ai blanc de noir quando sono separati subito dalle bucce oppure ai clairet e infine ai rosé a seconda delle ore di contatto con le bucce. Nella Champagne, poi, si possono fare dei metodo classico rosati anche con cuvée di bianchi e di rossi. Quella di Patrizia è una scelta azzeccatissima, direi il non plus ultra, anche per la zona da cui proviene, dove è andata ad abitare mia cugina trasferendosi definitivamente da Parigi e che è una delle più vocate al pinot nero, sposando il carattere della Champagne con la grazia della Borgogna. Ho un dubbio soltanto: la reperibilità. Chiederei a Patrizia come si sente un sommelier quando consiglia al consumatore un vino idealissimo per un piatto, come questo, ma difficile da reperire e non mi riferisco strettamente al caso specifico, ma lo chiedo in generale. E’ un problema che risale anche alle prime scoperte di Luigi Veronelli e che si può presentare per i vins de garage, per gli Champagne d’autore, per tanti vini naturali che in genere non vengono prodotti in quantità da camioncino e quanto meno sono da cercare col lanternino e con la mappa del tesoro. Ripeto, la mia domanda è in generale e anche se è sorta da questo caso specifico non è rivolta a questa scelta, intrigante e stupenda, di Patrizia, che ha dimostrato di avere più coraggio di me, un po’ obsoleto e prevedibile.
@Mario Crosta,
Ciao Mario. La decisione di non abbinare bollicine era voluta. Intanto perché è più difficile (e io amo di più) abbinare vini fermi che bollicine, che, come dici anche tu vanno praticamente su tutto.
Poi perché Champagne e spumanti purtroppo stanno diventando la coca-cola dei bevitori occasionali (quando non degli astemi), e volevo evitare banalizzazioni.
Nonostante ciò il Saignée di Fleury lo trovo ottimo come abbinamento. Tra l’altro è uno dei miei Champagne preferiti, sono anni che lo recensisco anche su altri blog e testate giornalistiche:
http://www.cronachedigusto.it/i-nostri-consigli/cosa-bevo/6632-bollicine-rose-un-confronto-tra-il-fleury-de-saignee-e-il-daumas-gassac.html
Vedrei meglio l’altro rosato di cui parlo nel pezzo citato, un rosato che tu conosci bene e di cui abbiamo discusso trovandoci d’accordo su intravino, il Mas de Daumas Gassac Rosé, che sul piatto di Bianca starebbe come il cacio sui maccheroni.
Infine Fleury non è affatto difficile da trovare, non è certo un garages’ wine ma un prodotto a larga distribuzione.
In Italia è distribuito da Heres: http://www.heres.it/sito/heres-import.php# e si trova praticamente in tutte le enoteche più fornite.
@Massimiliano Montes, mi rallegra leggere che la mia scelta incontri il tuo favore e infine trovarti in linea con il mio pensiero citando il D. Gassac rosato :-). Il mio suggerimento, seppur banale, era un’alternativa che forse, da quel che scrivi in merito agli spumanti accoglierebbe il maggiore consenso di pubblico, forse. Al tonno non abbinerei mai un bianco fermo, ne spumeggiante, in quanto il tonno per struttura e caratteristiche organolettiche ritengo sia da annoverare tra le carni rosse più pregiate. Un’idea di fermo ce l’avrei da portare in tavola senza batter ciglio con questa stuzzicante ricetta, che ha in se tre elementi con una persistenza importante non sottovalutabili: il peperone arrostito il sesamo tostato e i capperi. Un Blauburngunder Mazzon, dei Gottardi. Ebbene si, è un rosso “eccellente”, detto questo, rischio di tirarmi addosso stavolta l’ira probabilmente di molti.
Tu cosa ne pensi?
@Patrizia, bello il tuo duellare a fioretto. Leggerai nei miei altri commenti che ho osservato i pescatori genovesi (di Camogli, di Recco) abbinare il rosso sul tonnetto appena pescato in barca, ma non avrei mai pensato di sentire qualcuno dichiarare che il tonno sia una carne rossa e prediliga (occhio bene al verbo) il rosso, di cui fai un altro esempio eclatante con il Blauburgunder. Io questa battaglia l’ho fatta tra il 1978 e il 1980, poi mi sembrava che fosse abbastanza riuscita, ma scoprire dopo oltre 30 anni, che una giovane sommelier se l’è presa in carica lei stessa e sfida a duello il mondo mi fa andare in brodo di giuggiole, giuro! Un bacino sulla punta del naso.
Grande @Mario Crosta, magari avessi solo una piccola parte del tuo coraggio!
Mi chiedi come mi sento nel consigliare un vino idealissimo come questo. La mia scelta oltre ad essere una preferenza personale, (da dilettante) suprema per il mio palato, vuole essere anche un indirizzo per i nostri lettori su un metodo di vinificazione “Saignée o Salasso”, che tu hai chiarito in modo magistrale.Tuttavia, qualora la reperibilità del vino da me suggerito, risultasse difficoltosa nelle enoteche, si può provare a ricercarlo in rete, innumerevoli sono i siti per l’acquisto dei cosiddetti vins de garage, e se i vari siti non riuscissero a soddisfare la richiesta, si ricorre direttamente al produttore e in questo specifico caso:http://www.champagne-fleury.fr/
A noi sommelier è dato di comunicare il vino al consumatore, e ringrazio Massimiliano, che mi concede questa preziosa possibilità.
Superbi champagne i Fleury! La mia corsia preferenziale, mi ha generosamente offerto non molto tempo fa, l’assaggio del Fleury de l’Europe, pinot nero con una piccola percentuale di chardonnay che abbiamo abbinato a dei deliziosi gamberi marinati, cito solo per tenerlo a mente, l’incontro gustativo si è rivelato sublime.
Un caro saluto Mario 🙂
@Patrizia e Massimiliano, adesso è molto più evidente e istruttivo per chi ci legge il perché delle vostre scelte e anche qualche indicazione utile per trovare il vino da abbinare senza scomodare degli investigatori privati. Io penso che in presenza di ricette del genere, che reputo delle vere e proprie opere d’arte anche per la semplicità che invita il lettore a provarne da solo la realizzazione, non sia auspicabile soltanto indicare dei vini, ma motivare le scelte, dare degli elementi semplici di conoscenza, senza esagerare altrimenti si scriverebbe un altro articolo (sminuendo, senza volerlo, il bel lavoro della cuoca). Così come è emerso dai vostri commenti e spero anche dal mio, invece, si arricchisce la ricetta stessa, perché si danno delle indicazioni tra cui il lettore può scegliere anche secondo il proprio gusto. Mia moglie preferirebbe il Carricante secco raccolto un po’ precocemente proposto da Massimiliano, io ho suggerito un vino più forte secondo i canoni tradizionali e tu hai magnificamente suggerito quello che ho definito il non plus ultra. Bisogna dirlo, alla gente, che i primi Champagne di oltre due secoli fa non erano certo bianchi, derivando principalmente da uve nere e in condizioni di cantina non certo scientifiche e ideali come oggi, quindi sicuramente con diverse gradazioni di rosa, come bisogna dire che i bianchi hanno certo spopolato, ma più tardi e comunque non dimentichiamo che i vini rossi naturali (come i Lambruschi, del resto, il Barbacarlo, oppure la Vernaccia di Serrapetrona) rifermentano volentieri in bottiglia più che intristire in legni troppo forti per loro. Secondo me un vino naturale non esce da una barrique nuova e anche secondo Joseph Di Blasi, del blog Vinosseur.com
I pescatori genovesi comunque con un tonnetto appena pescato e mangiato alla buona sulla barca in tartara o alla brace (anche sulla barca si mangia, viste le ore e ore di fatica…), non hanno mai avuto dubbi: rosso, anche chiaro, vivace, in linea con il suggerimento di Patrizia, sebbene molti preferiscano un rosato come il Mas de Daumas Gassac suggerito da Massimiliano. Mia moglie no, lei i rossi non li sopporta…
Bere e mangiare bene è un divertimento, pura goduria 😉 E tale deve rimanere
Il cibo e il vino solleticano i nostri sensi, ci ammaliano, ci catturano.
Provare. Delle chiacchiere teoriche in stile AIS ne abbiamo piene le balle. Bisogna conoscere i vini, e non parlarne da chiacchieroni, e provare materialmente ciò che si immagina un buon abbinamento.
Il resto sono cavolate.
Visto che ho davanti una foto e non un piatto devo volente o nolente ricorrere alla mia facoltà mnemonica, questo fa emergere esperienze di assaggi e abbinamenti già sperimentati con le componenti del piatto in questione.
Scopro con mia grande sorpresa a non essere la sola ad avere “piene le balle” (cit) solo che a me le hanno riempite certe elucubrazioni mentali frutto di anni e anni di studio della scienza dell’ovvio.
@Patrizia, anche a me fa piacere scoprire che le balle piene non le ho solo io e che la cosa giusta da fare è appunto provare, come suggerisce Gianluigi. In Italia abbiamo più di 30.000 cantine che imbottigliano almeno 5 etichette diverse: già queste da sole fanno almeno 150.000 vini diversi, figurarsi le altre, andremmo facilmente a più del doppio, cioè duemila vini al giorno da provare… forse è meglio appunto che ognuno metta in campo le sue scelte, secondo i suoi gusti e le sue prove, proprio per contribuire a dare qualche dritta buona agli altri ed evitare brutte sorprese a chi non se ne intende. Ma anche chi non se ne intende ha i suoi gusti, che non sempre coincidono con quelli degli altri. Bisogna tener conto, poi, che l’abbinamento ideale è sempre soggettivo, cioè va a gusti, come ho detto prima. Mia moglie non sopporta i rossi e beve bianchi anche con le carni. C’è chi non sopporta le bollicine e vuole soltanto vini fermi. Ci sono persone che preferiscono vini dal gusto “verde” e guai se gli metti davanti un vino maturato in legno. Insomma: de gustibus non est disputandum.
Racconto sempre volentieri che fino a ventitré anni bevevo Spanna con il Gorgonzola, vino e cibo di Novara. Un giorno ho letto che Gino Veronelli suggeriva invece un Anghelu Ruju e Andras Egyedi un Tokaji, cioè due persone che stimavo molto andavano sul dolce, sul liquoroso e non sul secco. Ho provato, come dice appunto di fare Gianluigi. Da allora non bevo più rossi secchi sul gorgonzola…
Bisogna ascoltare tutti, si fa sempre in tempo a bere meglio di quanto si è sempre creduto. Il mondo del vino è bello proprio per questo.
Buongiorno@Mario Crosta, il tuo commento si sposa in armonia con quello che penso e professo anch’io. Mi permetto di dare suggerimenti e non consigli perché già collaudati e non spinti da chiacchiere teoriche e distintivi altisonanti. Da questo mi aspetto in genere confronti costruttivi come il tuo e non alterazioni di sostantivi in (ate). É assodato da sempre per me che il gusto di ognuno sia e debba essere indiscutibile poiché appunto soggettivo.
Un caro saluto 🙂
😀 Finalmente ho avuto il tempo per collegarmi al blog e trovo intere conversazioni affascinanti!!!
Vi confesso che al cospetto di tanta conoscenza (@patrizia @mario @massimiliano) ho quasi il timore reverenziale di esprime una mia opinione 😀 .
La mia proposta culinaria è molto mediterranea e non vi nascondo che la prima idea di Massimiliano mi ha convinto (Carricante), ma ho preso nota di ogni vostra altra idea e “proverò” anche altro 🙂
@Bianca, secondo me hai molto, ma davvero molto da dire, in fatto di conoscenza, nel post dell’Asinara. Direi che ho impostato quella discussione proprio per te…
@Mario Crosta,
ho appena letto l’articolo..bello e soprattutto “appassionato”!!
Ancora oggi mi risulta incomprensibile la ricerca di “fuochi d’artificio” culinari quando i prodotti più semplici e naturali sono proprio sotto i nostri occhi, ed in altrettanto modo non comprendo la necessità di “violentare” tali prodotti….
Purtroppo molti (e ripeto, molti!) bevono e mangiano “soltanto chimica ben travestita”!!!!
@Bianca, io sono qui in Sardegna adesso e mi fa piacere che hai letto quell’articolo proprio perché mi sto facendo scorpacciate di vongole veraci alle zucchine, di alici nobili marinate con cipolla, di carpacci e tartare di tonno rosso, eccetera eccetera eccetera. A Milano, Torino, Bologna eccetera non le possono fare che al ristorante una volta ogni tanto quando ci vanno. Nelle isole invece è uno stile di vita quotidiano e tu lo sai perfettamente. Attendo il tuo commento a quell’articolo come introduzione ad una discussione su questo blog, perché credo di aver scritto qualcosa apposta per provocare una tua risposta che apra ai nostri lettori un argomento di riflessione in modo più professionale del mio scritto passionale. Posso confessarti che il canovaccio di quel pezzo è stato il frutto di una discussione molto interessante con una famosa professoressa universitaria di dietologia a Sassari 23 anni fa, che è stata seguita da diversi giovani industriali agricoli sardi, gli stessi che hanno fatto battaglie per avere finanziamenti alle colture biologiche ed agli agriturismi, ovviamente vincendole. Non puoi permetterti di fornirci soltanto ricette, anche se in questo sei maestra. Devi accompagnarci per mano a ribaltare la nostra filosofia di fare la spesa e di non spaventarci delle lische di pesce oppure di sporcarsi le mani aprendolo per la schiena a tavola oppure per succhiare in bocca le cozze dalle valve nere (tanto c’è sempre il cestino con le salviette, a volte anche la vaschetta con l’acqua e il limone, quella che i russi invece si bevono, pensando che sia una bevanda tipica degli italiani). Dì a Massimiliano che ieri ero su a Badde Nigolosu da Alessandro Dettori che stava scavando due buchi con il piccone e la vanga sotto il muretto a secco dell’ingresso della tenuta vitivinicola più panoramica del mondo, su una montagna da cui si vede il mare. Lo rivedo nei prossimi giorni e fa un bel rosso (Cannonau con Monica) da 2 euro al litro sfuso, che mi sto bevendo con il risotto ai frutti di mare e con i saraghi alla brace. Ciao!