Sull’imperfezione dei vini naturali

Non essendo un professionista di settore, mi ritengo sufficientemente libero da condizionamenti di sorta quando si tratta di esprimere un’opinione sulle cose enoiche.

Mi rendo conto di non avere autorevolezza e competenza necessarie per insegnare, pontificare o sentenziare, tuttavia il vino scorre costante nelle mie vene e popola i miei pensieri quotidiani, così che ogni qualvolta mi capiti di affrontare questioni di teoriche o filosofiche, sia in ambito lavorativo che ricreativo, non riesco a fare a meno di immaginare se determinate leggi o definizioni non possano applicarsi anche al mio piccolo mondo enogastronomico.

Di recente, una conferenza con l’artista e docente universitario Alberto Garutti, mi ha suggerito la seguente liberissima e personalissima reinterpretazione di un assunto relativo alla natura dell’opera d’arte: se la perfezione di un vino si identifica con l’utopica, irrealizzabile vetta espressiva di un determinato “terroir” inteso come armonia assoluta tra uomo (la sua storia) e territorio (geografia, geologia), attraverso un mezzo (il vitigno) nel contesto temporale di una specifica annata, allora il vino naturale tende alla perfezione ed è quindi, per definizione, imperfetto.

Se il vino convenzionale si pone come obiettivo la replicabilità di un definito standard qualitativo indipendentemente dalle variabili legate all’andamento climatico, mirando a conformarsi all’aspettativa del mercato di riferimento, in tal senso puo’ essere, e non di rado, tecnicamente e noiosamente perfetto.

Nel 1979, Joseph Beuys, in “Cos’è l’arte” affermava quanto segue: “Prestare consciamente attenzione al processo, spinge già a considerare la forma. In cucina, ad esempio: oggi la maggior parte delle cose che sono nelle cucine è tossica; e lo sappiamo. E dobbiamo preoccuparci di assorbire meno veleno possibile. Ciò è già, diciamo, un sintomo dei tempi in cui viviamo. Bisogna sempre chiedersi come si è arrivati a questo? Parte tutto dal sistema capitalista; e qual è l’origine del sistema capitalista? Ha ancora senso parlare di creatività, quando i prodotti per gli esseri umani, specie quelli naturali, ovvero agricoli, sono tanto degenerati e corrotti? Il problema non è che deve essere tutto perfetto, ma che tutto deve prendere una piega diversa. […] Allora forse è meglio ricollegarsi a qualcosa che si è già iniziato o, grazie a Dio, in cui si ha sbagliato; qualcosa di cui si può ancora discutere”.

E allora, dico io, benvenuta imperfezione, benedetti errori e bentornata discussione!

 

3 thoughts on “Sull’imperfezione dei vini naturali

  1. Massimiliano Montes

    Nic, tu da buon informatico non sei su fb quindi ti riporto qui la domanda di Mike Tommasi: “oggi la maggior parte delle cose che sono nelle cucine è tossica; e lo sappiamo” Eh?
    Sperando che Mike prosegua qui la discussione.

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    1. Nic Marsél

      @Massimiliano Montes, è un virgolettato tratto da “Cos’è l’arte” (pag. 54) di Joseph Beuys, una conversazione con Volker Harlan del 1979. Per approfondimenti rimando al breve testo in oggetto.

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