Sacerdoti di Bacco

Nel corso della sua storia l’uomo si è sempre prodigato nella ricerca dell’estasi e della liberazione dei sensi, spinto da un’inclinazione e un istinto assolutamente naturali e leciti. Nel vino ha trovato un gustoso mezzo che ha immediatamente sovraccaricato di significato forse per giustificare e nobilitare questa sua rozza propensione edonistica.

Sarebbe ipocrita negare che l’ebbrezza che ci procura l’intossicazione da alcol ancora oggi, a millenni di distanza dalla prima fermentazione di mosto d’uva andata a buon fine, non sia parte integrante e fondamentale del piacere di bere vino. Beviamo per celebrare e rinnovare riti antichi, per festeggiare, per dissetarci, per accompagnare degnamente una pietanza, per dimenticare, per il piacere del palato e diciamola tutta, per la testa che gira. Il vino senza alcol non è vino neppure di fronte alla legge. E’ altrettanto normale che le società si siano date delle regole per controllare il consumo d’alcol, se non altro per limitare almeno i danni correlati al suo abuso che di ritorno finirebbero per avere un impatto negativo sul tessuto sociale stesso. Questo lo comprendo.

Ricordo ancora con un certo terrore i moniti lanciati con vemenza dal parroco del mio paesino, nei primi anni ottanta, contro l’eroina e le Brigate Rosse affinchè un’intera giovane generazione non finisse spazzata via. Nel frattempo i meno giovani se ne andavano velocemente e in silenzio, sotto i colpi delle malattie professionali, degli incidenti sul lavoro, del tabacco del monopolio di stato, dei bianchini spruzzati, dei grigioverde, delle grappe di dubbia qualità e delle “tazze miste” (vino rosso mischiato a “spuma nera” per renderlo meno sgradevole). A distanza di qualche decennio, passeggiando per i quieti vialetti del cimitero di quello stesso borgo, si incontrano piuttosto e soprattutto i sorrisi delle vittime delle fatiche di una vita di lavoro, del cancro e della cirrosi epatica.

Qualche giorno fa in un bar dalle mie parti ho catturato per caso una frase che non sentivo da anni a proposito di un nota marca di aperitivi: “ne ha ammazzati più lui di due guerre mondiali”. Ricordo bene la processione di severi omaccioni che smontando dal turno di lavoro alla Breda o alla Falck passavano per quello stesso locale, che allora si chiamava Osteria della Cooperativa, col “toni” ancora addosso.
Al loro arrivo, nessuno di noi ragazzini che giocavamo per strada riusciva nemmeno ad immaginare di poter incrociare quegli sguardi duri come il granito e passarla liscia, all’uscita chiunque avrebbe potuto prendersi gioco di loro, in completo stato confusionale, incapaci com’erano di inforcare la bicicletta o di rimettere in moto la vespa per rientrare a casa.

La processione è andata via via scemando di anno in anno e oggi non è rimasto più nessuno.
Ritengo assurdo incolpare una sostanza per tutto questo ma allo stesso tempo capisco il bisogno di quelle regole che tuttavia mi sento di sottoscrivere soltanto di testa, in quanto la pancia ripete che qualcosa proprio non torna. Perché mi nausea chi parla di consumo responsabile? Perché continuo a non sopportare chi suggerisce di bere con moderazione? Perchè continuo a non reggere gli alfieri del cosiddetto bere consapevole? Se dovessimo dare retta alla publlicità, passeremmo la metà della nostra vita ad acquistare compulsivamente alcolici e l’altra metà (seguendo il falso moralismo imperante) a svuotar bottiglie nel lavandino, in modo da far girare l’economia senza mettere a repentaglio fegato e patente. C’è qualcosa di profondamente ipocrita in tutto questo.

Sono invece convinto che la moderazione andrebbe recuperata nei toni che ormai quotidianamente vengono utilizzati sui vari blog per incensare in maniera del tutto esagerata la maggior parte dei produttori e dei loro vini. Ancor di più se le motivazioni sono dettate dalla pura passione piuttosto che non dall’interesse economico. Gli affari sono affari, e pare bastino pochi elogi e riconoscimenti per far lievitare i prezzi che trovano sempre meno giustificazioni oggettive. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che a dispetto della crisi, ma a valle di una presunta celebrità mediatica che evidentemente si puo’ raggiungere e dffondere in maniera ben più rapida rispetto al passato, molti dei vini acquistabili direttamente dai produttori alle varie fiere abbiano subito un aumento del loro “prezzo sorgente” anche del 100% nel volgere di qualche anno. Ma questa è un’altra storia.

Il fatto è che mi piace il vino ma non sarò mai un suo servitore. E’ inutile, non è nelle mie corde. Enofilo forse, ubriacone piuttosto, ma non profeta, proselite nè sacerdote di Bacco. Alla fine si tratta soltanto di bottiglie di vino prodotte da noi e per noi, stirpe di fragili esseri umani.

 

10 thoughts on “Sacerdoti di Bacco

  1. Mario Crosta

    Io voglio morire annegato in una enorme botte di vino come quella di Mikulov o quelle tre della Cantina dei produttori di Appiano. Cereda, lo sai che a volte fai sognare?

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    1. Nic Marsél

      Armando, Mario, siete troppo buoni. Vi manderò in regalo una cassa di vino di coniglio “Brooke&Fitzgerald” al vostro indirizzo di Mompracem 😉

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    2. Nic Marsél

      @Mario Crosta, Vino di Mikulov, ho trovato un tuo articolo su Enotime, interessante ma io ci annegherei con bicchiere alla volta 🙂

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  2. Massimiliano Montes

    cari tigrotti, forse dovremmo convincere questi giovinastri che affollano happy hour e after hour, che piuttosto che alcolizzarsi con porcherie di vodka aromatizzate, negroni, capirina e capiroske, sarebbe meglio un buon bicchiere di un buon vino… naturale, ovviamente 😉

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  3. Claudio Furlan

    Non dimentichiamoci che la guida in stato di ebbrezza è la prima causa di morte per le strade.
    E mi riferisco anche al pezzo di Crosta sui camionisti. Il camionista ubriaco, e magari stanco perché guida da troppe ore, è una mina vagante.
    Rispetto per le famiglie delle vittime della strada ci vuole

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    1. Mario Crosta

      @Claudio Furlan, io starei un po’ più attento e sarei un po’ più prudente prima di affermare che l’alcool è la prima causa di morti per le strade, specialmente quando associ il mio cognome in questo tuo personale giudizio. Io NON mi metto alla guida se ho bevuto e consiglio tutti di fare altrettanto, perché da quando lo faccio (circa 18 anni) mi sento più sicuro, ma riconosco che c’è gente che non beve e causa ugualmente incidenti anche mortali, così come c’è gente che sa bere moderatamente rispetto al suo organismo (non siamo tutti uguali) e guida benissimo, senza provocare incidenti. Distrazione, velocità, condizioni atmosferiche risultano le tre principali cause, non l’alcool e tanto meno il vino. Chi esagera in tutto (velocità, dimostrazioni di “bravura”, telefonino, droga, medicine, alcool) si sa che lo fa volontariamente e se questo causa incidenti è un criminale, tanto che in alcuni Paesi è considerato omicidio volontario, non omicidio colposo. Si fa, cioè, tanta galera. Solo da noi chi uccide se ne va a spasso libero di uccidere ancora. Se tu hai qualche dato diverso dal mio, pubblica il link, così c’informiamo tutti meglio. Dai dati in mio possesso non risulta l’alcool come causa prima e mi attengo a fonti ufficiali, per esempio l’ACI e l’ISTAT, richiamati anche dai quotidiani nazionali.

      http://www.aci.it/fileadmin/documenti/studi_e_ricerche/dati_statistiche/incidenti/Sintesi_dello_studio_2010.pdf

      http://www.repubblica.it/motori/attualita/2012/03/02/news/incidenti_stradali_in_calo_comincia_bene_il_2012-30822697/

      http://epiprev.it/sites/default/files/immagini_in_linea/226_art2_tab2_0.jpg (clicca anche sulle tabelline)

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      1. Claudio Furlan

        @Mario Crosta, chi si mette alla guida in condizioni di non poterlo fare è sempre un criminale. O perche beve, o perche è impasticcato o perche è uno scondiderato.

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        1. Mario Crosta

          @Claudio Furlan, secondo il codice italiano invece fa “omicidi colposi” e non volontari, percio’ e’ libero fin da subito di tornare a uccidere. Devo ammettere che io ho imparato in Polonia a mantenermi nei limiti di legge piu’ assoluti, da 18 anni, perché prima, in Italia, qualche volta magari sforavo un po’ (con le medicine antiallergiche, che rallentano i riflessi, per esempio, o con il grappino a fine pasto che magari diventavano due se c’era l’amico che ordinava un altro giro col caffe’). In Italia non c’e’ severita’ sugli abusi di comportamento al volante e non parlo soltanto di medicine, droghe, alcool, ma anche di vero e proprio bullismo, di pirateria, di numeri da circo, di sfide sull’asfalto, di picche e ripicche con uno che ci supera e di sottovalutazione degli effetti dei colpi di sonno specialmente dopo aver mangiato pesante d’estate sotto il sole oppure dopo una sfaticata sul lavoro al nord fare un viaggio di centinaia di chilometri di notte per andare in ferie al paesello in meridione, o di conversazioni col cellulare in mano al volante.

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