Facciamo il punto sul Regolamento UE n. 1169/2011. I motivi di interesse (e di dissidio) sono due: etichettatura del vino, comunicazione delle sostanze allergeniche al consumatore.
Etichettatura del vino.
Abbiamo già affrontato l’argomento in questo post. Il Regolamento UE n. 1169/2011 prevede un elenco degli ingredienti obbligatorio in etichetta, da quest’obbligo però il vino è esentato in maniera esplicita.
Lo stesso regolamento infatti afferma che “le indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e l), non sono obbligatorie per le bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume”. Stessa indicazione per il vino è data dall’Articolo 19: “Omissione dell’elenco degli ingredienti”.
L’articolo 9 del regolamento prevede però un obbligo in etichetta per il quale il vino non è esplicitamente esentato. Alla lettera “d” si prescrive l’obbligo di indicare in etichetta “la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti”.
Mentre per gli obblighi previsti dalle lettere “b) l’elenco degli ingredienti” e “l) una dichiarazione nutrizionale” il vino è esplicitamente esentato, questo non accade per gli obblighi di cui alla lettera “d) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti”.
Rimane quindi un obbligo generico, valido anche per le bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume, di indicare in etichetta la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti.
Definizione sicuramente generica e imprecisa, che però apre uno spiraglio a una legislazione nazionale di precisazione, per i seguenti motivi.
Le norme di applicazione dei Regolamenti UE prevedono queste disposizioni:
“I regolamenti UE hanno portata generale. Sono obbligatori in tutti i suoi elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri (art. 288 comma 2 TFUE).
La diretta applicabilità tuttavia non esclude che il Consiglio, o più spesso la Commissione, ed eccezionalmente gli Stati intervengano con dei provvedimenti integrativi o d’esecuzione del regolamento.
Di regola i regolamenti UE sono dotati di efficacia diretta sia verticale sia orizzontale, ma se sono privi di sufficiente precisione o non sono incondizionati questa è esclusa”.
In sintesi, la mancanza di precisione del nuovo regolamento consentirebbe ai singoli Stati un’integrazione. In questo caso i singoli Stati membri potrebbero specificare nel dettaglio quali sono i “taluni ingredienti o categorie di ingredienti” da indicare obbligatoriamente in etichetta.
Così si potrebbe rendere obbligatorio indicare nel vino non tutti gli ingredienti, come previsto dalla lettera b per gli altri alimenti, ma solo alcune sostanze. Per esempio si potrebbe rendere obbligatorio indicare il contenuto di anidride solforosa totale all’imbottigliamento, gli additivi e i coadiuvanti usati in cantina, l’eventuale presenza di residui di pesticidi.
Tale precisazione potrebbe anche non venire dall’Italia. La potrebbe fare un altro Stato membro, e in questo caso, per non perdere concorrenzialità, anche altri Stati si adeguerebbero.
Oppure per garantire armonia legislativa un’ulteriore precisazione potrebbe provenire dal Consiglio o dalla Commissione UE.
Indicazione degli allergeni in etichetta.
Per la ristorazione il problema nasce dal fatto che l’obbligo di indicare in etichetta l’eventuale presenza di allergeni è facile per chi vende un prodotto imballato, di difficile esecuzione per chi vende prodotti sfusi e preparati al momento.
In questo caso la soluzione sembra più semplice. Come già possibile in altri paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Olanda, Belgio e Croazia) nel caso di prodotti alimentari non imballati, la comunicazione al cliente della presenza di allergeni dovrebbe essere consentita anche verbalmente.
Leggi anche:
La legge che spaventa i ristoratori: dal 13 dicembre obbligo degli allergeni in menu
Perché nell’etichetta in foto c’è scritto NON CONTIENE SOLFITI? E’ una castroneria, per legge non si può fare. Non è possibile che nel vino non ci siano solfiti, li producono i lieviti!
No Francesco, la legge prevede che per quantità inferiori ai 10 mg/l si possa scrivere la dicitura “non contiene solfiti”. Questo Recioto di Gambellara ha 7 mg/l di sofliti totali.
@Massimiliano Montes, la dicitura in etichetta in questo caso è incompleta, e quindi non a norma perchè potrebbe essere intesa come dicitura ingannevol. La legge dice che sotto la quantità di 10 mg/l si può omettere la dicitura “contiene solfiti” ma è più adatto specificare “non contiene solfiti AGGIUNTI” . Anche se analiticamente non sono distinguibili i solfiti prodotti in fermentazione da quelli aggiunti.
@Pierpaolo Marabino, è vero Pierpaolo. Hai ragione, sarebbe stato meglio da parte del produttore scrivere “non contiene solfiti aggiunti”.
Però a questo punto tale dicitura dovrebbe essere consentita per tutte le bottiglie dove non sono stati aggiunti solfiti, a prescindere dal contenuto totale (in fase di fermentazione naturalmente se ne producono fino a 18-20 mg/l).
Invece la legge specifica questo limite, 10 mg/l, perché al di sotto sono praticamente indosabili, quindi 4 o 5 o 7 mg/l cambia poco, potrebbero essere falsi positivi della macchina. Il succo è che sotto 10 per la legge italiana e come se i solfiti non ci fossero.
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Sul nuovo regolamento cosa pensi invece? Secondo te sarebbe giusto indicare obbligatoriamente per tutti il contenuto di solforosa totale all’imbottigliamento?
@Massimiliano Montes, la legge mette l’obbligo di dicitura sopra i 10 ml/l solo per motivi allergenici.
per me non è il problema la solforosa e la quantità che se ne utilizza, ma il fatto che non ci sia l’obbligo di comunicare tutti gli altri additivi che si possono usare nella produzione di un vino.
IL VINO è L’ UNICA BEVANDA DOVE è VIETATO SCRIVERE GLI ADDITIVI UTILIZZATI!!! (eccetto la solforosa, prodotti derivati del latte o pesce)
@Massimiliano Montes, e invece è proprio la dicitura “Non contiene solfiti aggiunti” a non essere più consentita da quando non è più obbligatorio inserire le aggiunte di solforosa nel registro di cantina. Questo perchè in fase di analisi non è possibile distinguere la solforosa endogena da quella aggiunta.
@Pierpaolo Marabino, Non è vietato! La legge dice che “non è obbligatorio” !!! E’ profondamente diverso
@Pierpaolo Marabino, in etichetta puoi mettere tutto ciò di cui i registri di cantina recano testimonianza e che sia rintracciabile con le analisi. Oppure sfruttare la famosa deroga e non scrivere nulla. Addirittura, per assurdo, già oggi potresti scrivere “ingredienti: uva” e basta, anche se aggiungi ogni tipo possibile di coadiuvante proprio perchè con considerato ingrediente.
@Nic Marsél, in Italia ciò che dice la legge si considera sino ad un certo punto. Ciò che dici è sicuramente vero, ma come ben sai in Italia non conta cosa dice la legge, ma conta solo come viene interpretata da chi effettua i controlli!!! e in tal caso mi è stato riferito che è assolutamente vietato scrivere gli ingredienti!
quindi posso intraprendere una battaglia personale, ma la domanda è, perchè nemmeno l’un per cento dei produttori Italiani si pone tale problema comunicativo nei confronti del consumatore?
@Pierpaolo Marabino, la risposta è semplice e la sai meglio di me (ovviamente) : i produttori (soprattutto piccoli) sono già vessati a sufficienza dalla burocrazia e non possono certo permettersi (come dici tu) un verbale anche se impugnabile. I grandi non otterrebbero probabilmente un buon ritorno d’immagine. Quindi il problema è del consumatore.
@Pierpaolo Marabino, amo questa tua foga e passione nel volere gli ingredienti del vino in etichetta 🙂 Condivido pienamente.
@Massimiliano Montes, se vuoi lo fai. Il vino gode delle stesse deroghe dei formaggi eppure un bel “Latte, caglio, sale” in etichetta non si nega a nessuno 🙂 Siamo sicuri che ci sia effettiva volontà da parte dei produttori?
@Massimiliano Montes, rispondo a Nic Marsél,” se lo vuoi lo fai”, significa che sei sottoposto a verbale, e non è nelle mie intenzioni essere sottoposto a sanzioni
ma su scatolame e bottiglie o prodotti confezionati posso o potrei fidarmi di ciò che è scritto in etichetta ma?? in un ristorante dove la manualità e la testa dello chef mescola ingredienti per CREARE, penso si arriverà a dei compromessi : comunque sono convinto che questo sia l’acconto alla programmazione dell’accordo del trattato TTIP per rendere sempre + globalizzato il mercato anche alimentare.
@graziano, in realtà il ristoratore per cucinare usa in parte prodotti confezionati e già etichettati, in parte freschi.
Ha una responsabilità: se ti dice che non ci sono allergeni e poi ci scappa il morto va in galera.
Come mi ha suggerito un ristoratore su fb si potrebbe scrivere già nell’insegna:
“Trattoria da Pippo. Cucina regionale con allergeni” 🙂
@Massimiliano Montes hai ragione e posso capirlo, ho smesso di esercitare per motivi di salute abbastanza gravi, ciò non mi impedisce di restare aggiornato, e ti dico che il fresco ha una marea di controindicazioni e che in molteplici casi il surgelato sia ed è + sicuro , tanto che quando questa marea di leggi non esisteva nel nostro menu c’era la dicitura che gli alimenti usati erano comprati surgelati, per una maggior sicurezza alimentare; ma sai noi eravamo prima una trattoria sempre piena, un bar con piatti caldi in zona con forte afflusso, e per finire enoteca con servizio di piatti caldi, mentre i ristoranti di nome o chiudevano o facevano servizi con preparati industriali per il costo del personale. PS. L’educazione alimentare non parte dopo i morti ma nelle scuole con i bambini, ma questo già lo sai giusto?? perciò inutile ci rinfreschiamo la memoria con esempi da contare sulla punta delle dita; hai visto Report ieri sera?? e quando inizierà a parlare di vino?? non so se ti ricordi io si, le varie peripezie del vino, del pesce, delle conserve, quella dell’olio EVO e non poi dura da 1000 anni.
è vero, questa etichetta non era perfettamente a norma. bastava aggiungere “non contiene solfiti aggiunti” oppure omettere di scriverlo. L’abbiamo scoperto dopo 4 mesi che il vino era in bottiglia.
@Alessandro Maule, però secondo Nic Marsel (alias Nicola Cereda), la dicitura “non contiene solfiti aggiunti” è illegale.
Per il resto che ne pensi del nuovo Regolamento, apre a nuove prospettive?
@Massimiliano Montes, la mia è deduzione logica dal momento in cui il reg. 314/2012 ha eliminato l’obbligo di inserire nei registri di cantina le aggiunte di solforosa. A quel punto non esiste modo di dimostrare che i solfiti presenti (ci sono comunque anche se non aggiunti) siano stati immessi o siano prodotti naturalmente dalla fermentazione.
@Nic Marsél,
Salve , prima di iniziare a commercializzare nel Dicembre 2013 un rosso ,nel quale non avevo aggiunto solforosa, fermentazione spontanea ed avendo fatto fare analisi in un laboratorio autorizzato ,dove si evinceva che non era rilevabile e che comunque, a detta loro le tracce erano di 2 ml/l, ho chiesto a Repressioni Frodi se potevo non scrivere nulla o non contiene solfiti e mi è stato detto che non era possibile . La dicitura per loro corretta era non contiene solfiti aggiunti. Nel 2014 lo stesso vinomé andato in Canada e lo hanno bloccato perché non avevo scritto ben visibile e fuori dalla parte discorsiva Contiene solfiti, perché per loro non é contemplato un vino che non abbia solforosa . Questa é la storia
Infatti sotto i 10 mg/l … bel casino 🙁
@Massimiliano Montes, ovviamente il discorso vale se SO2>10 altrimenti di che parliamo?
Sapete come la penso: i primi a non volere svelare e scrivere le aggiunte sono il 97% dei produttori !i motivi sono vari da quelli commerciali ad i costi burocratici etc; i secondi sono il 93% dei consumatori anche qui per vari motivi ,l’ignoranza specifica il primo.
La questione si risolverà come per il fumo in pubblico con le prime cause di risarcimento danni alla salute ( probabilmente da parte di qualche zelante anglosassone ) e con la sempre più netta presa di posizione da parte dei produttori virtuosi nei confronti delle classificazioni .
p.s. Le percentuali citate sono inventate
p.s. II Presto alcuni produttori estremi e già talmente noti tra gli appassionati di vino vero toglieranno la dicitura ” vino” e commercializzeranno bevande alcoliche in modo da poter scrivere ed informare i loro consumatori .
Salve,
ma nel caso in cui le analisi dimostrino che il prodotto ha <10ppm ma con una incertezza che puo' trovarsi a valori sopra 10 ppm (e' il mio caso) sarebbe piu' giusta l'indicazione volontaria "puo' contenere".
Il mio dubbio al riguardo e' come scrivere correttamente questa indicazione.
Puo' contenere solfiti non e' sufficiente in quanto per se ce ne sono anche se sotto i 10ppm.
E' corretto scrivere "puo' contenere solfiti in concentrazione superiore a 10 ppm" o crea solo confusione?
grazie, ciao
@simona, Ciao Simona. Non c’è bisogno di scrivere “puo’ contenere solfiti in concentrazione superiore a 10 ppm”, è sufficiente “puo’ contenere solfiti”. Le definizioni sui solfiti nel vino assorbono il limite di 10 mg/l come stabilito dal Ministero.
@Massimiliano Montes, grazie.
Vale anche per altri prodotti alimentari? nel mio caso sono cipolle in aceto balsamico.