Perchè sprecare soldi con trucioli e staves? Costa meno una fialetta di aroma

Vino al cioccolato, al caffé, o ai frutti di bosco. E’ questo il futuro?

La tendenza sembra quella di confondere il consumatore chiamando vino quello che vino non è. E se sei bravo ti becchi anche qualche medaglia d’oro di riconoscimento.

Rouge Sucette

Rouge Sucette, vino e cola

Dopo la presentazione al Vinexpo di Bordeaux del Rouge Sucette, un “vino” rosso diluito col 25% di coca cola, i “vini” esplicitamente aromatizzati si moltiplicano.

Ed ecco che troviamo il vino australiano di Banrock Station aromatizzato ai frutti di bosco, o i vini al cioccolato della californiana Chocolat Rouge, che vanta numerosi premi tra cui due medaglie d’oro.

vino ai frutti di bosco

Vino ai frutti di bosco

 

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Chocolat Rouge

 

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Chocovine

 

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Vino cacao

Sicuramente non c’é nulla di male nel produrre una bevanda aromatizzata a base di vino. Si accontentano anche i puristi del convenzionale, tali “vini” infatti non hanno difetti. Nessun segno di ossidazione, o spunti acetici o riduzioni.

Il problema forse è presentarli alle mostre riservate al vino. Questo comportamento tradisce la volontà di confondere le acque, e cominciare ad abituare il consumatore ad una bevanda chiamata impropriamente vino.

La tendenza è nota, e risale agli ultimi anni, con un costante tentativo da parte delle aziende enotecniche di alterare artificialmente l’aroma del vino, quello vero, con trucioli e polverine aromatizzate. Purtroppo legalmente utilizzabili.

 

16 thoughts on “Perchè sprecare soldi con trucioli e staves? Costa meno una fialetta di aroma

  1. Mario Crosta

    E’ dal MiWine del 2003 che il problema è alla ribalta. merito dei sommelier di allora, che proposero degli assaggi comparativi per dimostrare che il consumatore non se ne avvede nemmeno (e neanche un normale appassionato di vino). Ne ho scritto subito su Enotime e ho sempre ripreso l’argomento polverine (acquistabili su Internet) per aggiungere aromi artificiali ai vini. L’eco è stata insufficiente. Hanno fatto scandalo a Montalcino le aggiunte di vini veri, ma non ammessi dal disciplinare, al Sangiovese, ma si trattava semmai di etichette truffaldine, di manipolazione della carta che ricopre la bottiglia. Invece questa storia delle gocce o delle polverine dentro vini di nessun pregio non solleva le ire di nessuno e continua da 10 anni a passare via liscia praticamente sotto silenzio eppure si tratta di sofisticazioni vere e proprie. Evidentemente ci sono imbrogli di serie A e truffe di serie B. Due opesi e due misure. Perciò la vedo molto nera. In futuro il 95% del vino farà questa brutta fine, tanto ai cosiddetti intenditori e opinionisti non gliene è mai fregato più di tanto.

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    1. Massimiliano Montes

      Ciao Mario. Non polverine qualsiasi in vendita su internet ma prodotti enotecnici di pregio venduti dalle più importanti aziende, come abbiamo avuto modo di dire qui:
      http://gustodivino.it/home-gusto-vino/labbinamento-perfetto-proviamo-ad-abbinare-il-vino-col-giusto-aroma-di-pasticceria/massimiliano-montes/4568/
      E non si usano solo per “vini di nessun pregio”, ma li usano anche le grandi aziende per i loro grandi vini (quelli pluripremiati).

      A Montalcino non c’é stato un imbroglio “cartolare” ma sono state mescolate quantità consistenti di merlot al sangiovese. Lo hanno fatto anche nostri comuni amici, e hanno patteggiato la pena 😉

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      1. Mario Crosta

        @Massimiliano Montes, si tratta di fare una distinzione netta, e secondo me dovuta, tra sofisticazione (con prodotti di pregio o polverine fa lo stesso) e assemblaggio non autorizzato di vini (comunque buoni). Se per alcuni fa lo stesso, per me no. Io non bevo un’etichetta, ma un vino. Se il vino è buono è buono e basta, anche se è assemblato diversamente dal disciplinare e indipendentemente da quanto sta scritto in etichetta. Il problema è soltanto l’etichetta, il coraggio di proclamare cosa c’è dentro o la vigliaccheria di non dichiararlo e sfruttare un nome DOCG affermato per vendere in realtà un prodotto di fantasia. Se il vino invece è truccato con prodotti diversi, da pasticceria o da segheria o da profumeria, non è buono, ma è sofisticato, gli si aggiunge cioè qualcosa che vino non è, non è neanche merlot o cabernet (buoni anche quando autorizzati), perciò è alchimia e non enologia. Per me una differenza c’è. Se per altri non c’è… amen, non sto mica qui a polemizzare sullo scandalo del Brunello taroccato (non sofisticato: taroccato!). Invece questo silenzio che da 10 anni c’è su questi prodotti aggiunti che non sono vini, ma essenze, mi preoccupa molto di più e penso davvero che il 95% dei prossimi vini sarà fatto in questa maniera, perché oltre a me e a te e a pochi altri non gliene frega niente (o quasi) a nessuno. Sono tutti impegnati altrove, in altri scritti, con altri temi…

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        1. Massimiliano Montes

          @Mario Crosta, per noi è sofisticazione, per la Repubblica Italiana no. E’ tutto legale, si possono utilizzare legalmente sia i trucioli, che gli staves (che poi sono doghe di legno) che le polverine.

        2. Mario Crosta

          … anche per questo, oltre che per altre cose che stanno avvenendo nel luogo in cui sono nato, mi ritengo addirittura fortunato di essere emigrato. L’Italia non è più la patria del diritto, ma del rovescio. Va in malora e mi dispiace, ma non mi sarei mai sognato di pensare che si sta meglio altrove, perfino in Paesi molto più poveri ma che hanno una dignità di gran lunga maggiore, anche per il vino. Siamo in pasto ai vermi.

        3. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes…. avresti anche potuto dedicarmi qualcosa del genere, più poetico:

          “Tu sei come il vento e io come il leone. Tu crei la tempesta, la sabbia punge i miei occhi e la terra è arsa. Io ruggisco e ti sfido, ma tu non mi senti. Però fra noi c’è una grande differenza: io come il leone devo rimanere nel mio posto; tu come il vento non sai mai quale sia il tuo posto.

          Mulay Achmed Mohammed Er Raisuli, il Magnifico, Signore del Rif, Sultano dei Berberi.”

        4. Massimiliano Montes

          Ho ancora un tasso alcolemico troppo basso 🙂
          E poi credo che questi prodotti siano legali anche in Polonia

        5. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, gli acquisti per internet sono senza controllo ovunque nel mondo. Esattamente come i sacchi di saccarosio nelle cantine servono per dolcificare il caffè dei cantinieri, le viti di merlot in un cru di Barolo servono al guardiano veneto della tenuta per farsi il suo vino da sé, eccetera eccetera. Non c’è limite alla furbizia. Ma in nessun altro posto del mondo hanno inventato le magliette bianche con le fasce nere di traverso per ingannare i poliziotti da lontano sull’uso o meno delle cinture di sicurezza come invece hanno fatto a Napoli. Diciamo che all’estero ci possono essere tanti dilettanti della furbizia, ma in Italia ci sono i veri professionisti.

        6. Massimiliano Montes

          @Mario, ma non credo che si vendano su internet. Li vendono i rappresentanti delle aziende enotecniche o gli stessi enologi. Aziende che sono multinazionali.

        7. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, sei libero di non crederci ma noi nel 2003 li abbiamo acquistati via internet e non faccio loro pubblicità gratuita linkandoti i loro siti…
          Cerca. Chi cerca trova.

  2. Massimiliano Montes

    Tra l’altro l’etichetta del ChocoVin ricorda vagamente lo Chateau Latour…

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  3. Mauro Caroli

    Sig. Crosta detto così sembra sminuire il problema. Non si tratta di una truffetta via internet.
    I più grandi produttori di vino in tutto il mondo ormai lo fanno. I link che ho potuto vedere sui post citati da massimiliano montes parlano, o pubblicizzano come dice lei, grandi aziende come enartis, leffort, vason.
    E pensandoci bene se si fa mente locale a certi aromi di chewing-gum o di canditi che hanno tanti brunelli o amaroni o baroli (compreso quello di Ratti citato in un altro articolo) si capisce quanto grave sia il problema. Bere un Brunello di Cinelli Colombini e sentire strani profumi di fiori tipo rosa canina o di cipria o di frutta candita sinceramente turba.

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    1. Mario Crosta

      @Mauro Caroli, lungi da me sminuire il problema, sono 10 anni che mi batto contro queste assurdità, comunque lei fa benissimo a rimarcarne la gravità ed è questo che conta.
      Lei pensi che quando lavoravo alla Clement (gruppo Pirelli) mettevamo della vaniglia nelle mescole dei battistrada dei palmer perché altrimenti avrebbero avuto delle puzze acide quando venivano stivati in magazzino. Se lei entra in un deposito di gomme troverà lo stesso “profumo” che ci si ostina ad aggiungere ai vini attraverso l’abuso di legni francesi tostati all’uopo. Ho reso l’idea? Questa mania di manipolare i prodotti che dovrebbero essere naturalmente piacevoli (ma bisogna impegnarsi seriamente per farli diventare così) pur di risparmiare tempo e fatica usando farmaci, profumi e polverine è da sradicare, oppure ci seppellirà.
      Un’ultima nota: quando scrive Cinelli Colombini ci metta anche il nome. Non si capisce se lei si riferisce a Donatella o a Stefano, due aziende agli antipodi nella concezione del vino, nonostante la parentela: di Stefano sono certo che queste cose non le ha mai fatte. Di sua sorella non posso dire nulla, ho assaggiato un suo vino nel 2003 e lì mi sono fermato.

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