Riportiamo un bellissimo articolo di Graziano Alderighi apparso su Teatro Naturale il 05 ottobre 2013.
L’aldeide acetica è un prodotto di ossidazione dell’alcool etilico, presente nei vini dal caratteristico sapore ossidato, ma è anche un ottimo legante per l’SO2, specie nei bianchi.
L’anidride solforosa è un conservante importante comunemente usato durante la vinificazione.
Vi sono composti leganti dell’anidride solforosa che limitano l’efficacia dell’SO2 aggiunta, con la conseguenza di doverne utilizzare più elevate quantità, col rischio di superare i limiti di legge o di creare reazione allergeniche nei consumatori sensibili.
I principali leganti dell’anidride solforosa sono acetaldeide, piruvato, acido α-chetoglutarico, acido galatturonico, glucosio e acetoina.
Una ricerca americana, per comprendere quale o quali di questi hanno un ruolo preponderante, ha misurato i loro livelli in 237 vini rossi e bianchi.
Le concentrazioni medie dei composti leganti l’SO2 sono stati:
– acetaldeide (rosso, 25 ± 3 mg / l; bianco, 40 ± 3 mg / l)
– acido piruvico (rosso, 14 ± 2 mg / l; bianco, 25 ± 2 mg / l)
– acido α-chetoglutarico (rosso, 74 ± 4 mg / l; bianco, 31 ± 3 mg / l)
– acidi galatturonico (rosso, 810 ± 51 mg / l; bianco, 267 ± 13 mg / l)
– glucosio (rosso, 1400 ± 770 mg / l; bianco, 4750 ± 648 mg / l)
– acetoino (rosso, 11 ± 1 mg / l; bianco, 10 ± 1 mg / l).
Nonostante alcuni composti presentino livelli di gran lunga superiori all’acetaldeide, proprio questo composto è stato identificato come il principale legante dell’anidride solforosa.
L’acetaldeide è il risultato del metabolismo del lievito ed è un sottoprodotto della fermentazione alcolica. La sua formazione dipende dalle condizioni di fermentazione. Più lenta e repressiva è la fermentazione, più si accumula nel vino con un conseguente aumento del fabbisogno di SO2 fino alla sua saturazione. Alle condizioni di fermentazione ottimali si possono raggiungere valori di 3 mg/l o meno. Ma se la fermentazione è lenta si possono avere valori più alti. Le cause più frequenti di una fermentazione lenta sono una temperatura di fermentazione troppo bassa, un apporto di sostanze nutritive al lievito troppo scarso oppure una degradazione del mosto molto alta. Particolarmente quando vini rimasti dolci, bloccati nel processo di fermentazione hanno poi una fermentazione successiva al di sotto della soglia. In questi casi si hanno altissimi valori di acetaldeide. Queste fermentazioni successive causano il fenomeno dei cosiddetti “divoratori di zolfo”. Si tratta di vini che presentano anidride solforosa libera soltanto quando il contenuto di SO2 totale ha superato i valori limite prescritti dalla legge.
Nel vino filtrato dopo l’aggiunta di ossigeno vi è un’ossidazione puramente chimica dell’etanolo, che trasforma quest’ultimo in acetaldeide. Essa viene catalizzata tramite sostanze fenoliche e nei vini bianchi poveri di fenoli non è rilevante, mentre ha un certo ruolo nello stoccaggio semiossidativo e nella microossigenerazione dei vini rossi. Nei vini rossi ricchi di tannini, l’acetaldeide così creato viene contemporaneamente decomposto tramite legame con il tannino.
La riduzione dell’uso di anidride solforosa richiede innanzi tutto un’ottimizzazione delle condizioni di fermentazione, per ridurre la sintesi dei sottoprodotti della fermentazione che legano l’SO2
Rinunciare alla solfitazione prima della fermentazione è il secondo passo. L’imbottigliamento con contenuti bassi di SO2 libero è possibile soltanto se l’assimilazione d’ossigeno è minima e quindi se la chiurura è ermetica.
La produzione di vini senza zolfo nei vini bianchi implica l’esclusione dell’ossigeno dopo la fermentazione, in modo analogo al procedimento inerte nella produzione della birra, per non mettere a repentaglio la tipicità e la conservabilità. I vini rossi senza zolfo sono meno sensibili nei confronti dell’ossigeno grazie al maggiore contenuto di tannino.
ottimizzazione delle condizioni di fermentazione…
è da anni che studio la questione…
partendo dagli scritti di Sablayrolles… che dice:
A questo riguardo, Sablayrolles, J. M. “Control of
alcoholic fermentation in winemaking: Current Situation and
prospect”, Food Research International, 2009, pur
evidenziando i vantaggi offerti in linea di principio dal
controllo in tempo reale del processo di fermentazione
mediante l’utilizzo di opportuni sensori (tra cui in
particolare un sensore di densità per il controllo della
curva o tasso di fermentazione, brevettato), evidenzia il fatto che la
tecnologia disponibile nel campo dei sensori si rivela
generalmente incompatibile con il contesto enologico.
LA TECNOLOGIA E’ INCOMPATIBILE CON IL CONTETO ENOLOGICO…
C’E’ DA RIFLETTERE!!!
Moûts blancs et rosés : plus d’O2 pour moins de SO2
L’oxygénation contrôlée des moûts blancs et rosés, prônée par la société Vivelys et quelques œnologues, commence à faire des adeptes, pour limiter le SO2 ou pour son intérêt organoleptique. Le point sur les premiers résultats en cave.