Quando un’azienda brevetta un metodo c’é sempre il rischio che la florida comunicazione giornalistica che ne segue sia solo pubblicità.
L’inaugurazione di un impianto pilota che utilizza il metodo della pastorizzazione a freddo per il vino ha suscitato un discreto clamore mediatico. La metodica si propone di abbandonare o di ridurre grandemente l’uso di anidride solforosa come antisettico e stabilizzante, sostituendola con un trattamento a freddo.
Il termine pastorizzazione in realtà è scorretto. Si chiama pastorizzazione l’elevazione delle temperature di un cibo o di un liquido a livelli sufficientemente elevati (di solito 55-60°) da determinare la morte cellulare dei contaminanti senza denaturare le proteine e senza raggiungere la temperatura di ebollizione. E’ diverso dalla sterilizzazione che usa temperature più elevate.
Il metodo a freddo sviluppato da una società tedesca prevede invece lo scioglimento di un gas inerte, come l’azoto, nel vino innalzandone la pressione fino a 500 atmosfere.
A quella pressione la quantità di gas disciolto è più elevata di quella atmosferica, e penetra anche all’interno delle membrane cellulari di batteri e lieviti.
Riducendo bruscamente la pressione fino a quella atmosferica, il gas in eccesso presente all’interno delle cellule le fa esplodere, determinando così una decontaminazione del vino.
Funziona con lo stesso principio che causa l’embolia gassosa nei subacquei. Potremmo chiamarlo quindi metodo dell’embolizzazione a freddo piuttosto che pastorizzazione a freddo (anche se quest’ultima suona meglio).
Da un punto di vista microbiologico l’efficacia non è del 100%, alcune cellule sopravvivono, e soprattutto non uccide le spore.
Da un punto di vista organolettico sarei curioso di assaggiare un vino esposto a 500 atmosfere. Gli stusiosi che hanno curato il progetto dicono che non subisce alcuna modificazione, io come San Tommaso vorrei toccare con mano.
Volendo essere pratici e fiduciosi, penso che sia un sistema da provare, magari con alcune cantine pilota che accettano la sperimentazione su una parte della produzione.
mi sfuggono un paio di cose che annoto qui, magari poi voi avete la possibilita’ di approfindire:
– funziona antisettica della solforosa, e sua sostituzione con il metodo suddetto. Probabilmente funziona bene, ma perche’ andare a complicarsi la vita, quando in fondo con una filtrazione a 0,45 micron, cosidetta sterile, prima di andare in bottiglia si otterrebbe, ed infatti si ottiene, lo stesso risultato?
-ok, ma la filtrazione sterile puo’ stressare un vino e renderlo meno buono, mentre cosi’ si evita il ricorso a questa pratica (di routine e collaudata, peraltro). In primis, diversi studi comparativi fatti in giro per il mondo avanzano dei dubbi sulla capacita’ di degustatori professionali nel discernere un vino filtrato sterile da uno non filtrato, a distanza di alcuni mesi dall’imbottigliamento. In secondo luogo, e’ noto che la saturazione di un vino con azoto (spesso usata nelle chiarifiche) si sostituisce ai gas naturalmente presenti in un vino, la CO2 (anche nei vini fermi), causandone un “appiattimento” gustativo.
– anche se tutto questo non bastasse, il vero motivo dell’uso della SO2 prima dell’imbottigliamento non e’ l’azione antisettica, ma l’azione antiossidante. Un vino cosi trattato sarebbe ovviamente del tutto indifeso da quello che parrebbe essere il nemico numero uno della longevita’ dei vini, l’ossigeno che entra in contatto durante l’invecchiamento.
Gianpaolo lancia il guanto di sfida… qualcuno lo raccolga.
@gianpaolo, beh… allora ti do le mie motivazioni.
– Parte delle componenti aromatiche sono adese o adsorbite a particelle corpuscolate, a volte addirittura legate con legami tiolici o ossidrili. Ultrafiltrare sterile toglie inevitabilmente al vino queste componenti.
– La solforosa è comunque una molecola indicata tra quelle capaci di causare allergie o intolleranze, meno ce n’é meglio è.
– Di vini con pochissima solforosa totale all’imbottigliamento vecchi di diversi anni (anche 10) ne ho bevuti molti. Nessun rischio di ossidazione maggiore dei convenzionali se ben conservate. Ho bevuto un vino che all’imbottigliamento aveva 18 mg/l di totale (tutta naturale, non aggiunta) che quindi dopo 10 anni virtualmente di solforosa non ne aveva più, in smaglianti condizioni.
Se mi dici che comunque il metabisolfito costa meno… sono d’accordo! Ma cercare nuove strade non guasta.
@Massimiliano Montes, per quanto riguarda la filtrazione, non si tratta di ultrafiltrazione, come si fa per l’acqua a 0,20 micron, ma di filtrazione a 0,45 micron (e infatti “cosidetta sterile”). Per quanto riguarda gli aromi non c’e’ verso che rimangano intrappolati nei filtri, essendo di diversi ordini di grandezza piu’ piccoli. Persino i tannini polimerizzati piu’ grandi sono piccoli abbastanza da passare nei pori. Ci sono tutta una serie di pubblicazioni, se ho tempo le cerco. Vado a memoria, potrei sbagliare ma mi pare che 0,45 micron sia una grandezza equivalente a 60.000 dalton, bella grossa quindi.
@gianpaolo, adsorbite, ovvero adese esternamente al corpuscolato (che è grosso). Oppure inglobate nel corpuscolato stesso che le cede nel tempo.
@Massimiliano Montes, di quale corpuscolato parli? se sono macromolecole quelle non vanno in bottiglia lo stesso, anche senza filtrazione per naturale decantazione.
@Gianpaolo, quella che percepiamo come velatura del vino controluce o su uno sfondo bianco. In realtà sono micro particelle in sospensione. Se il vino si illimpidisce per decantazione come dici, e hai ragione, allora non c’è proprio bisogno di filtrarlo 😉
In linea di massima caratterialmente sono sempre favorevole alle sperimentazioni. Non si muove nulla se non si sperimenta. Poi quando un mezzo tecnico raggiunge la fase finale, supera la sperimentazione, i costi scendono. Produrre senza aggiungere solforosa è un obiettivo.
Prima di tutto i miei complimenti alla attenta disamina di Gianpaolo ma dopo di che …bip bip e ancora bip ,mi autocensuro. E’ una super manipolazione ( ammesso che faccia implodere tutti i microrganismi cellulari …le spore poi?) che ancora una volta allontana il prodotto vinificato al naturale chiamato vino dal prodotto che usa vinificando,secondo legge,tutti i ritrovati fisico chimici messi a disposizione dalla scienza e si chiama vino.
Contesto il fatto che un vino non filtrato non offra a livello gustolfattivo delle differenze percettibili,senza voler dare giudizi di merito,ritengo che degustando lo stesso vino ,stesso lotto,stessa vinificazione ma nelle due versioni ( filtrato e non) le differenze esistano e parlo per esperienza .Non sono pochi i vignaioli che per esigenze di mercato producono lo stesso vino nei due modi ed indovinate chi richiede a questi produttori la versione non filtrata…? E già proprio il mercato USA E Giapponese .
@Eretico Enoico, commento solo per la filtrazione. Per quanto riguarda quella sterile, di solito se uno puo’ non farla non la fa, e questo vale anche per me. Pero’ e’ indiscutibile che esistano, le ho lette, pubblicazioni scientifiche che sostengono che degustatori esperti non lo sanno riconoscere. Come fanno e’ abbastanza ovvio, lo fanno con dei panels, con sistemi di degustazione randomizzati ed analisi statistiche dei risultati.
@Eretico Enoico, io la sento la differenza tra un vino non filtrato e uno filtrato. Ancor più tra uno naturale e uno convenzionale. È palese, chiara, evidentissima.
@Massimiliano Montes, anche io la sento e non solo per la suggestione indotta dal vignaiolo ,la sentono anche i distributori per certi mercati che richiedono il non filtraggio .
@Eretico Enoico, la differenza tra un naturale e un convenzionale, quindi non solo tra filtrato e no, la sentono anche persone poco esperte con le quali mi capita di condividere varie bottiglie di vino. È eclatante, e se bevi il vino naturale giusto emozionante e indimenticabile.
@Massimiliano Montes, un naturale e un “convenzionale”??????????perchè si conoscono tutti i meccanismi biochimici che avvengono nel vino?
@teresa, per quello che è dato sapere a noi comuni mortali……. 🙂
Invito tutti i bevitori, in genere, a fidarsi molto del proprio naso. Il nostro sistema olfattivo è più potente di tanti sistemi di analisi, meno costoso e più rapido. I NAS addestrano gruppi di carabinieri a scoprire le frodi alimentari col “naso” (nel senso che un naso non tipico comporta un approfondimenti di indagine mediante analisi di laboratorio).
Tutto ciò, nel mondo del vino, compatibilmente con i nostri gusti personali.
si,sono d’accordo….lo sniffing:-))))))))))))))))))))))
a parte il nome dissacrante:-) è un apparecchio inventato credo venti anni fa dal dott moio all’epoca era ancora un dottore per la determinazione sensoriale di una molecola attraverso l’uso del naso con riscontro grafico
PARLO DI PICCOLE QUANTITA’ E USO CASALINGO.
SE METTO IL VINO IN CONTENITORE DI VETRO E LO SISTEMO DENTRO AL FRIGORIFERO DI CASA PER UNA SETTIMANA E POI LO IMBOTTIGLIO? COSA SUCCEDE QUANDO IL CONTENUTO PASSA ALLA TEMPERATURA AMBIENTE IMBOTTIGLIATO? E’ UNA BUONA SOLUZIONE PER LA CONSERVAZIONE? GRADIREI UNA RISPOSTA.
GRAZIE