Oltrepassando le onde. Ovvero, ecco quello che ci aspetta

Tutt’intorno cattive notizie. Non come quelle che ci giungono quotidianamente, ma queste possono rovesciare il nostro pensiero sulla vinificazione tradizionale.

Forse anche non subito, da un giorno all’altro, forse non in questa generazione, ma presto. Inquieta il fatto che, anche se ci rendiamo conto di che cosa si tratta, resteremo sorpresi lo stesso dai suoi effetti improvvisi.

I vigneti sono soltanto una minima percentuale (6-7%) delle colture in Europa. Usano però fino al 70% dei prodotti chimici che occorrono per coltivare, principalmente per la protezione contro varie malattie e funghi. Solo gli agrumeti ne usano di più.

La domanda nasce  spontanea: ma tutti questi prodotti chimici finiscono in bottiglia? Certo che no: le piogge fanno la loro parte, ma anche quest’acqua non svanisce nel nulla. Inoltre anche nelle cantine, nel ciclo produttivo, si usano inoltre svariati additivi e coadiuvanti chimici.

La questione di quell’acqua è preoccupante. Per produrre un litro di vino ci vogliono almeno sette litri di acqua (anche se c’è chi sostiene che ce ne vuole molto di più). L’acqua “enologica” non è pura, come i residui. Lo sanno tutti. Nelle regioni in cui la falda di acque sotterranee non è abbastanza profonda, non si può smaltire nei campi l’acqua usata per produrre vino e nemmeno le vinacce. Si raccoglie tutto in appositi contenitori, e i vinificatori pagano per lo smaltimento (e alla fin fine paghiamo pure noi).

Ho scritto recentemente dei casi di avvelenamento a Bordeaux. Ma il problema è più ampio. Ogni anno cresce il numero degli avvelenamenti mortali tra i lavoratori nelle vigne. Nel nord Italia alcuni produttori hanno iniziato disperatamente a piantare ibridi vegetali perché hanno paura per i loro figli. Con quelli non si possono fare vini di qualità, ma preferiscono fare vini da tavola pur di evitare ulteriori dosi di sostanze chimiche. Con le irrorazioni sono stati messi “con le spalle al muro”: né loro né la terra ne accetta più.

La questione dell’uso di varietà ibride è probabilmente ancora più spinosa tra i produttori di vino europei. Anche se hanno molti vantaggi tecnologici (facilità di coltivazione, fertilità, resistenza a molte malattie e funghi), il risultato nel calice non soddisfa gli intenditori. Di questi vitigni ce n’è molti (e ne nascono continuamente di nuovi), i loro vantaggi sono noti da anni. Dieci anni fa con Wojtek Bosak abbiamo scritto le nostre lodi ai canadesi Baco Noir e Vidalach e durante il recente Vinexpo le abbiamo “rielaborate”. Oltreoceano ci sono molti vitigni interessanti; sarebbe dunque il caso di cominciare ad abituarci?

C’è un altro modo per ridurre la chimica in enologia, per alcuni ancora molto controverso.La modificazione genetica: gli OGM. Nelle vicinanze di Colmar (in Alsazia), una volta i cosiddetti ambientalisti hanno distrutto i filari di un vigneto di Riesling modificato geneticamente e resistente alle malattie. Da almeno un ventennio molti vivai conducono ricerche sulla coltivazione della vitis vinifera modificata. Proprio in Alsazia ci sono diversi vigneti piantati in questo modo.
I produttori di vino, chiaramente, firmano accordi con cui s’impegnano a non riprodurre in proprio le talee né a vendere i vini da queste ottenuti. Sarebbe pazzo però chi affermasse che non ci sarebbero problemi quand’anche quelle piantine uscissero dalle vigne sperimentali dei centri di ricerca. Basterebbe appunto strappare un pezzo di tralcio della prima pianta più vicina alla strada di quel vigneto e piantarlo a casa propria. E ci ritroveremmo presto un OGM in bottiglia. In ogni caso (e neanche lo sappiamo) abbiamo già da anni qualcosa del genere nei nostri fiaschi. Negli Stati Uniti i lieviti geneticamente modificati sono stati usati a lungo.Negli USA il lievito non è considerato un componente del vino, così non c’è l’obbligo di dichiararlo. Tutti beviamo vini della California, dunque il contatto con gli OGM è già alle nostre spalle. Non solo in vinificazione; i lieviti OGM sono utilizzati in panificazione e per fare la birra…

La scelta è quindi difficile, ma spietata: ibridi oppure vitis vinifera geneticamente modificata. O sarà una “centrale atomica” a fornirci sostanze chimiche per combattere le malattie dei vitigni. Sempre più nuove, perché le malattie che attaccano le viti diventano immuni ad ulteriori preparati.

Per molti la questione non si trova sul filo di una lama. Matura lentamente. L’ultima luce nel tunnel di chi sta cercando di differire il problema è… l’Uzbekistan. Recentemente sono state trovate due varietà di Vitis vinifera da tavola che sono immunogeniche ai funghi. Le piantine, che nessuno ha mai scientificamente incrociato, hanno fatto tutto da sole e non sappiamo nemmeno quando: un migliaio di anni fa? Duemila? I centri di ricerca europei si sono messi immediatamente a incrociarle. Forse è una terza opzione? Staremo a vedere, ci vuole tempo…

 

(traduzione in italiano a cura di Mario Crosta; l’articolo del senior editor Wojciech Gogolinski è comparso su “Czas Wina” n° 64 di agosto/settembre 2013 e sul suo blog)

 

w.gogolinski@gmail.com
http://czaswina.pl/artykul/przelamujac-fale-czyli-co-nas-czeka

 

6 thoughts on “Oltrepassando le onde. Ovvero, ecco quello che ci aspetta

  1. Mario Crosta

    Va tenuto conto che nel nord Europa e in Polonia si fanno vini da ibridi ormai da decenni. Sono resistenti al freddo e alle malattie fungine al punto che non necessitano di trattamenti e sopravvivono lo stesso. Se ne sono trovati di viventi ancora dopo 70 di abbandono o distruzione di vigneti per via della seconda guerra mondiale. Si tratta di incroci studiati e scelti per la brevità del ciclo di maturazione, che dev’essere almeno di un mese inferiore ai vitigni cui siamo abituati. In quei Paesi il vino si fa già con buoni risultati proprio dagli ibridi. Ma il fatto che si siano trovati dei vitigni non ibridi, della vitis vinifera, in Uzbekistan, è il segno che i ricercatori stanno davvero facendo di tutto per ridurre al minimo i trattamenti o eliminarli e questo mi dà la speranza che alla chimica in vigneto si riesca a mettere la parola fine. Si può, si deve. Grazie a Wojtek per questa bella notizia!

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    1. Mario Crosta

      …..dopo 70 anni di abbandono in seguito alla seconda guerra mondiale e scoperti in due posti da due ricercatori diversi: Wojciech Bosak (da cui si è recato Giusto Occhipinti dell’azienda COS) sotto il castello di Janowiec e da Krzysztof Fedorowic tra Laz e Zabor.

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  2. Nic Marsél

    Tutto estremamente interessante. Ma avrei una domanda.: se in California utilizzano i lieviti OGM come si può evitare la contaminazione? Se gli OGM sono più resistenti si insedieranno nelle cantine e lentamente potrebbero soppiantare ovunque quelli non OGM.

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    1. Massimiliano Montes

      @Nic Marsél, non credo che arrivino vivi dagli usa. Magari morti dentro le bottiglie

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