“Sei seria, Cuneo ha davvero un aeroporto?”
La scoperta da parte mia dell’esistenza della tratta aerea Trapani-Cuneo e ritorno fu accolta come un elemento predittivo. Dovendomi trasferire a Pollenzo, frazione di Bra a sua volta provincia di Cuneo era un’ottima notizia quantomeno inaspettatamente positiva.
Pollenzo è una mini cittadina la cui sopravvivenza come centro di un certo interesse la si deve prevalentemente alla presenza dell’Università di Scienze Gastronomiche (Unisg d’ora in poi).
È un luogo che profuma di storia, di sogno, di lungimiranza e di una dose non indifferente di pragmatica visionarietà. Questa non corrisponde alla descrizione che classicamente si possa dare di una università, per il fatto che non è un posto che sforna laureati più o meno genericamente intesi bensì Gastronomi. Ma chi è il Gastronomo? È una figura umana prima che professionale, orientata all’olismo in quanto capace di coniugare istanze ambientali, etiche oltre che alimentari.
Studiare qui vuol dire occuparsi delle materie più varie e ad un occhio non attento non attinenti coll’elemento principale dai più identificato col cibo. Sociologia, chimica, antropologia, economia, tecniche alimentari, comunicazione, diritto, estetica per citarne alcune.
L’Unisg viene chiamata in vari modi, Università del gusto, Università di Slow Food, a ragione. L’idea e per certi versi la mano creatrice di questa intrapresa è di Carlo Petrini l’ormai noto patron di Slow Food. Carlin (così è conosciuto nell’ambiente) è un personaggio che da sempre, partendo dalla forza delle sue idee e parole, è riuscito a coinvolgere, a far credere, a tirare dentro soggetti che hanno investito sulla fortissima potenzialità di quelle stesse parole ed idee. Ammettiamolo, Carlin è una garanzia di redditività etica cioè accompagnata dal valore aggiunto di un ottima reputazione, di un modo di fare mercato meno predatorio e più sensibile al rispetto, a tutti i livelli della produzione alimentare.
L’Università sorge dentro la tenuta reale di casa Savoia e proprio su iniziativa di Slow Food prese vita il progetto di recupero del grande complesso che si trovava in completo stato di abbandono. Ne è nata una società mista denominata “Agenzia di Pollenzo” che ha completamente restaurato l’area in cui oggi si trovano oltre l’Unisg, la Banca del Vino e l’Albergo dell’Agenzia con annesso ristorante. Il complesso carloalbertino di Pollenzo è inoltre un sito riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1997, come “Residenze Sabaude”.
Immaginate di studiare in un vero castello di Hogwarts dove ciò che vi rende appassionati, ciò di cui volete occuparvi è nell’aria, permea tutte le strutture dell’università, rende le persone, i giovani che provengono da ogni dove nel mondo, quindi così diversi tra loro, uniti in nome di quello in cui credono. Già nel 2004 anno della sua inaugurazione, l’Università accoglieva 75 studenti, in buona parte provenienti dall’estero. Nonostante l’aspetto marcatamente esterofilo dell’Ateneo, credo che dietro la minoritaria percentuale di iscritti italiani risiedessero delle altre ragioni ben identificabili.
In una società come quella italiana chiusa e tutta ripiegata su se stessa, dove le menti aperte ed illuminate sono davvero poche, creare una materia a cui dare dignità anche in campo accademico è considerata un’operazione da elitario mondo dei “bon vivants”. O ancora, la motivazione è individuabile in una mentalità imperante che non ritiene il cibo possa anche solo lontanamente essere il fulcro di un corso di Laurea, irridendo o snobbando l’idea stessa. Curioso per una Nazione che vede la sua identità all’estero basarsi sulle proprie realtà culinarie, e su un’immagine stereotipata dell’italiano come maniacalmente attento alle preparazioni e gran godereccio. Un paese che vede il macro settore del food and beverage uno dei pochissimi in attivo nella bilancia commerciale e con un forte potenziale di crescita.
Chi decide di frequentare questa Università lo fa perché desidera, aspira a che il cibo divenga il proprio futuro, nell’ordine di costituire anche una fonte di guadagno, per costruire la propria professionalità su questo. Essere un comunicatore della qualità del cibo, portatore di quel trittico Buono, Pulito e Giusto in agricoltura, nella pesca, nell’allevamento, nel commercio, nella ristorazione, nella produzione, nella distribuzione, nel giornalismo, nel turismo o ancora nella valorizzazione dei prodotti di qualità in Italia ed all’Estero.
Università degli Studi di Scienze Gastronomiche
http://www.unisg.it
Ho un pizzico di orgoglio per la nostra scienziata gastronomica. Diletta fagli vedere chi sei 🙂
@Massimiliano Montes, dall’articolo non si evince che Diletta si è iscritta a quella scuola. Se è vero, allora il mio “in bocca al lupo” non le può mancare. Ma mi permetto di dissentire dal tuo invito “fagli vedere chi sei”. Preferisco continuare a suggerirle di bere, bere, bere e di stare schiscia, come si dice al mio paese, cioè molto umile e osservatrice, di farsi le ossa senza alzare troppo la cresta, di non perdere tante buone occasioni di stare zitta e di dire pane al pane e vino al vino soltanto dopo essersi corazzata, mutande di ghisa comprese. E’ entrata in un mondo dove non ti perdonano una virgola, specialmente alle donne, dove basta poco per giocarsi la reputazione fin da subito. Qui ha la sua tana, ma là è in una giungla. Speriamo piuttosto che trovi pure il tempo di passare da Alba a gustare quei dolci che manco in Sicilia…..
@Mario Crosta, @Massimiliano Montes, la ponderazione è un attitudine difficilmente innata a cui è più probabile doversi costringere. Fatta la premessa che ai giovani deve essere permesso di essere un pò esuberanti, sono convinta che bisogna emergere non tanto per presunzione o velleità di mostrarsi quanto perché oggi più che mai chi è più in gamba di altri spesso finisce per essere surclassato da chi si mostra rumorosamente e non si preoccupa della solidità delle proprie argomentazioni. Mi accorgo che spesso nemmeno chi sta dall’altro lato riesce o anche vuole individuare i migliori. Si io credo esistano migliori e non. Non siamo tutti uguali. Allora si lavora di ingegno, si studia, si approfondisce, si sta sul pezzo, si pazienta, ogni tanto si mostra l’occhio vivo di chi vede nel lungo periodo la propria dimensione di realizzazione ed infine non esita a mostrare tutta la mediocrità di chi subdolamente ti ha messo in minoranza perché non voleva essere contraddetto.
@Diletta Scaglione, l’esuberanza non va permessa, ma va incoraggiata. Ti ricordi il film “L’attimo fuggente?”. La prudenza, anche nell’esuberanza, è un’altra cosa e devo raccomandartela perché una volta si poteva dire che un vino non piaceva, oggi ti querelano e ti chiedono mezzo milione di danno per diffamazione: non so se ho reso l’idea. E viene spontaneo fare una smorfia quando si beve una schifezza, proprio per l’esuberanza tipica del giovane che non è quasi mai un ipocrita proprio per via dell’età. Tutto qui. In bocca al lupo! E la parola lupo cerca d’intenderla anche nel senso a quattro zampe con dei canini laceranti le carni…. occhio!
Essere ammaliati dalle parole di questo articolo, fa comprendere quanta passione abbia messo nell’affrontare questo percorso di studi e che in molti lettori susciterà invidia e orgoglio.
Complimenti e continua a pubblicare articoli da potere leggere!
Un inVIdioso Con un pizzIco di gelOsia.