L’asino di Ortueri

In un blog che promuove i vini naturali penso che si possa parlare anche di terapie naturali, perché se ciò che vogliamo bere e mangiare dev’essere perlomeno rispettoso della salute, invece che minato da ogni inquinamento degli alimenti e dell’ambiente da cui provengono, anche il modo di curarci dovrebbe fare ricorso il meno possibile a medicine di sintesi e privilegiare piuttosto sistemi di cura ben radicati nella natura.

Avete mai sentito parlare di zooterapia, cioè di terapia assistita con gli animali? Non è una terapia “alternativa”, ma è una terapia “integrativa” che affianca le terapie riabilitative tradizionali soprattutto quando il paziente non può collaborare spontaneamente alla cura.
La presenza di un animale domestico tra medico e paziente è una fonte di contatto piacevole, dà una visione rilassante e una sensazione di sicurezza durante la cura, può calmare lo stato ansioso del paziente, trasmettergli calore affettivo, aiutarlo ad abbassare lo stress e a superare la depressione in modo da svilupparne la spinta emotiva alla comunicazione con il medico e stimolarne la partecipazione attiva alle cure.

Il primo interesse per la zooterapia è stato manifestato in Inghilterra nel 1792 dallo psicologo infantile William Tuke che l’utilizzò con i suoi piccoli malati mentali; nel 1867 l’Istituto tedesco Bethel la inserì nei programmi terapeutici per gli epilettici e nel 1942 fu applicata dalla Croce Rossa del Pawling Army Air Force Convalescent Hospital sui soldati che avevano subito gravi danni fisici ed emotivi.
Il passaggio effettivo dalla zooterapia alla più specifica “pet therapy” è avvenuto nel 1961 con lo psicoterapeuta infantile americano Boris Levinson che ne ha verificato gli effetti benefici nella cura dei ragazzi autistici.

In Italia l’attenzione verso la terapia assistita da animali si è manifestata ufficialmente soltanto dal 1987 a un Convegno Interdisciplinare sul ruolo degli animali nella società moderna e sta ottenendo da poco i primi riconoscimenti delle autorità sanitarie e di quelle locali. La si pratica in cliniche, case di riposo, sanatori, carceri, comunità di recupero, soprattutto con delfini (delfinoterapia), cavalli (ippoterapia), asini (onoterapia), cani (cinoterapia), ma anche gatti, conigli, gallinacei.
Esattamente come avviene per i vini naturali, non ci sono ancora definizioni nette inequivocabili e requisiti minimi indispensabili dal punto di vista giuridico e bisogna ringraziare sindaci e autorità delle comunità montane o provinciali se la zooterapia non è lasciata in balìa del “fai da te” autogestito e spesso autocertificato, con approcci anche dannosi sia per il paziente sia per l’animale coinvolto. Le regioni si stanno muovendo in questo campo, soprattutto per la qualificazione del personale dell’équipe prescrittiva dei progetti di terapia con gli animali più adatti a ogni paziente e del personale dell’équipe operativa sul campo.

Ecco, fin qui tante belle, incoraggianti parole. Dovute, s’intende, ma poi… terra terra… dove si trovano questi centri, a chi ci si deve rivolgere? Per non sapere né leggere né scrivere, ho deciso di parlare di asini veri. No, non di quelli a due zampe di cui sono piene le commissioni delle camere di commercio per la concessione delle Doc e delle Docg oppure le istituzioni repubblicane, a cominciare dal parlamento, ma degli altri, di quelli a quattro zampe, in particolare sardi e in specifico di Ortueri, un bel paese nel Mandrolisai, sopra il lago del Tirso, dove son passato per caso alla ricerca dei santuari del Cannonau rosato, che lassù è il non plus ultra.

Vi si trova il parco comunale dell’asino sardo puro di “Mui Muscas”, 55 ettari di territorio immerso nel verde, dove più di 50 asinelli sardi si muovono liberamente in branchi, pascolano bradi brucando l’erba e mangiando fieno e mangimi naturali. Questo parco è stato voluto nel 1993 da Salvatore Casula, figlio di agricoltori, attuale sindaco e che guida il Comune già da allora, per salvaguardare e tutelare l’asino sardo che è sempre stato di grande aiuto nel lavoro di contadini, allevatori e pastori, ma in via di estinzione. Un animale dall’affettuosità straordinaria, un compagno fedele di cui quarant’anni fa si contavano 38.000 capi e quindici anni dopo soltanto 350.
La Forestale, sia sull’isola dell’Asinara sia all’Arca di Noè tra il Tramariglio e Capo Caccia, è riuscita a salvare dall’estinzione l’asino bianco, una forma di albinismo incompleto, forse importato dall’Egitto nel 1800 dal Duca dell’Asinara.
L’Istituto Incremento Ippico della Sardegna sta allevando invece un gruppo di asinelli presso il proprio Centro di Foresta Burgos, per recuperare una base genetica sufficiente ad attuare un programma di salvaguardia della razza dell’asino sardo puro (dal manto bigio, con la caratteristica riga mulina crociata in groppa e il ventre chiaro) che era stato in gran parte ibridato con asini siciliani di Ragusa e pugliesi di Martina Franca.

A Ortueri, nel parco dell’asino sardo puro di “Mui Muscas”, si lavora da vent’anni sulla purezza della razza, con risultati eccellenti e proprio qui, all’interno dell’asinaggio, cioè del recinto, i bambini e gli adulti impazziscono letteralmente di gioia con questi animali tanto teneri, mansueti e affettuosi, al punto che chi li accarezza, li coccola, li striglia con la spazzola e compie con loro gli esercizi riabilitativi ne ricava importanti benefici per la salute.
È proprio in questo parco che la “Entula”, una cooperativa onlus di tipo B operante in diversi paesi del comprensorio, ha due psicologhe specializzate in onoterapia impegnate in attività di riabilitazione per i bambini disabili oltre che in attività ludico-ricreative rivolte a tutti, con dieci asinelli addestrati apposta e curati da sette allevatori. A me risulta che ci siano attività del genere anche a Biella e a Napoli, e a voi?

 

11 thoughts on “L’asino di Ortueri

  1. Mario Crosta

    Massimiliano, ti ringrazio per averlo pubblicato mentre da ieri sono ritornato in Polonia. Rileggendolo, visto che l’ho scritto in Sardegna pochi giorni fa, mi vengono le lacrime agli occhi. Mi manca già, la mia Sardegna. Ci ritorno venerdì, ma spero che il tempo scorra velocemente per non pesarmi. Nell’interno, fra i pascoli di capre, cavalli, asini, pecore, mucche, trovo altri silenzi, rotti soltanto dal canto delle cicale e dal sibilare del vento, in spazi immensi dove sembra che il tempo non sia mai trascorso dalla preistoria. Ho scoperto vigne in montagna che prima non avevo mai visto, agriturismi isolati (“in punta di casino”, come si dice qui), le solite 500, 600 e Multiple degli anni ’60 sempre lucide e le Campagnole un po’ arrugginite accanto ai moderni pick-up dei pastori. Un mondo incredibilmente affascinante. Ho bevuto tanti di quei vini naturali di Cannonau e di Vermentino che non ne hai un’idea. Non lasciano l’isola. Non c’è produzione abbastanza per l’export. Bisogna venire qui per berli. Anche Alessandro Dettori ha tolto le foto più belle dal suo sito perchè preferisce che la gente venga qui a vedere in che razza di paradiso, una terrazza di montagna sul mare, stanno le sue vigne ad alberello. In questi 4 giorni all’alba che mi mancano per ritornarci, il pezzo che hai appena pubblicato mi terra’ compagnia, mi farà superare la nostalgia nei pochi momenti in cui lo leggerò. Non ho più voglia di starmene al freddo e al ghiaccio delle foreste intorno alle fonti della Vistola. La mia vita sta cambiando un’altra volta. Eravamo ad Agliadò venerdì scorso in campagna per uno spuntino sulle rive dello stagno di Platamona. Eravamo 8 ex colleghi: perciò 8 bottiglie di vino diverse, ognuna di vini fatti da ciascuno di noi (il mio invece proveniva dall’Azienda Cantalupo di Ghemme), tanto per far vedere quant’è buono il vino prodotto manualmente, artigianalmente, da ciascuno. Siamo tornati a casa in auto senz’alcun problema, la testa non girava a nessuno, i cartelli si vedevano bene, la velocità era moderata e questa e’ una cosa che non capita con i vini abbondantemente solfitati in aggiunta o in eccesso. Tornerò su a Ortueri fra tre settimane: devo riassaggiare il vino nero della vigna di Bau Sposa tra Tonara e Desulo. a 1.000 metri d’altezza e poi…

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    1. Nic Marsél

      Mario, dici : “Ho bevuto tanti di quei vini naturali di Cannonau e di Vermentino che non ne hai un’idea”. Accidenti! ma quando ce ne parli? 🙂 Vogliamo nomi e indirizzi 😉

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      1. Mario Crosta

        @Cereda, vienteli a bere qui. Ti ospito in tavernetta! Non lo sai che ci vuole la partita IVA da quando quello str…o di Monti ha deciso di salassare i piccoli e di finanziare le banche dei grandi?

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        1. Mario Crosta

          @Cereda, cerco di essere ancora più chiaro, visto che sei persona di riguardo. Sto bevendo vini di amici che vado a ritrovare in campagna dopo tanti anni, oltre a quelli disponibili in enoteca (che sono sempre i soliti e che conoscete già tutti, da Capichera ad Argiolas, da Sella & Mosca a Cantina del Vermentino, eccetera). Loro li fanno per consumo famigliare. Qualcuno riesce anche a passarne un po’ alla trattoria dell’amico. Qualcun altro anche al negozietto sulla costa. ma dalla Sardegna non si muovono. In estate ci sono milioni di turisti che vengono, arraffano e ripartono. Il Cannonau di Tresmontes è già bell’e che finito adesso: NON CE N’E’ PIU’. Se ti accontenti di quelli imbottigliati, penso che ne troverai ancora, ma non sono certo quelli naturali: sono quelli che arrivano anche nelle enoteche del nord e non è questi che io bevo (anzi, non mi viene manco la voglia di degustarli). Venire in Sardegna, prego…

        2. Nic Marsél

          @Mario Crosta, grazie Mario, dovessi anche prendere l’asino per raggiungerti, prometto che incontrarti sarà la mia prima preoccupazione non appena rimetterò piede sull’isola.. Di certo però non sarà molto presto 🙁

    1. Massimiliano Montes

      Roberto è un piacere leggerti. Ma mi prende una botta di invidia… commenti solo i pezzi di Mario Crosta (che peraltro meritano)!!!

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  2. Mario Crosta

    No, Roberto. Sei grande tu. Spero di poter contribuire a Gustodivino.it come tu contribuisci da molti anni con le tue sagge note in diversi blog, oltre che con il tuo gran bel lavoro sul portale Lavinium.com, che e’ un trampolino di cultura del vino. Ciao!

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  3. Anna

    Sì, Mario, hanno ragione: sei un grande. Quanto tu hai scritto qui sopra di questa Sardegna -che non ha nulla a vedere con l’isola turistica dalle spiagge più belle del mondo – mi ha fatto rivivere quei momenti in cui anch’io ho visto quanto tu hai saputo descrivere, e la serenità che entra nell’anima di fronte a questi incredibili paesaggi, al contatto con altrettanto incredibili personaggi è veramente unica.
    Torna presto a questa tua Sardegna! Goditela appieno e scrivine! Scrivine per noi, comuni mortali, che non siamo capaci di raccontarla così intensamente.

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  4. Mario Crosta

    Sono appena rientrato in Polonia ed è un piacere riaggiornare questo post con una novità ulteriore, freschissima. Appena dentro il parco di Mui Muscas è in funzione il punto ristoro di Nicola Onali, molto bello, grande, arioso, ombroso, per almeno 100 persone, con due piscinette davanti e tavolini anche all’aperto. Fa da ristorante con specialità tipiche ortueresi, pasta e prodotti fatti in casa, ottimo anche per cerimonie e banchetti, è aperto tutto l’anno dopo le 8,30 (chiusura settimanale il mercoledì, escluso in agosto, quando resta sempre aperto). Vi si organizzano escursioni come quella del 9 agosto al vicino parco del Daino di Neoneli. Di fronte, in posizione più elevata, immerso nel bosco, i volontari del paese hanno riattivato un bel casotto per picnic attrezzatissimo, con servizi, acqua corrente, tavoli in pietra fra le secolari querce da sughero, quattro postazioni per fare i falò e cucinarvi porcetti e agnelli, con vista sul Gennargentu. Vale davvero la pena di deviare dai soliti percorsi turistici in riva al mare per passare una giornata in questo bel parco. Per prenotare (sempre meglio, specie in stagione turistica, ma anche di sabato e domenica), ecco i recapiti: telefono 0784.1826469, cellulare 328.9498098.

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