La vendetta della bentonite

Un pericoloso cineasta al servizio del complotto eno-eco-giudeo-taleban-comunistoide internazionale – di cui non farò il nome per motivi di sicurezza – argomenta da tempo che, in un sistema economico mondiale fondato sull’applicazione fanatica di imperativi profondamente ingiusti verso l’uomo ed il pianeta, una posizione centrista ed equilibrata è di fatto estremista, e che il buon senso e l’equilibrio si trovano oggi solo nell’esercizio di una sana radicalità.
Questa tesi è stata sostenuta di recente anche nel libro “Elogio della radicalità” di Piero Bevilacqua, professore alla Sapienza di Roma.

Ho sempre diffidato delle posizioni radicali: infatti nelle mie visite a Casa Pound, tra la progettazione di un pestaggio e l’arrangiamento jazz di un bel canto nostalgico sono stato spesso accusato di essere un pericoloso moderato per la mia propensione ad utilizzare anche olio di ricino non-biodinamico.
Devo confessare tuttavia che la tesi di Bevilacqua (malgrado il nome oltremodo sospetto) trova conferma nella pratica quotidiana di un amante dei vini naturali. Vi spiego perché. Durante le recenti vacanze di Natale, (che invece di passare a Miami trascorro sadomasochisticamente nella rude Irpinia) un caro amico di Caserta ha insistito per farmi assaggiare un Fiano di Partenopoli fatto in casa e venduto cifre molto interessanti. Ebbene, non nego che avessi più di un dubbio sulla bevanda e mi chiedevo se avrei potuto sputare in modo plateale senza insudiciare tutta la cucina. Tuttavia al primo sorso credo di aver avuto le sensazioni di Bernadette quando ha visto la Madonna a Lourdes: il vino di Francesco Rosanio – pensionato di Paternopoli ed ex-operaio metalmeccanico a Pomigliano d’Arco – era una delizia. Un vino dal gioioso colore dorato, senza nessuna ossidazione, con profumi netti di frutta gialla matura che in bocca rivelava un profilo dinamico e impetuoso e sembrava correre all’infinito sostenuto da una sapidità che sfiorava il salato. Un vino bianco da bere tranquillamente a 14/15 gradi – come quelli di Joly per intenderci – fatto con uva, un po’ di solforosa e null’altro.

Paternopoli_Vigne a raggiera

Paternopoli, vigne a raggiera

Il segreto come scoprirò è nelle vigne centenarie allevate a raggiera sparse per la campagna tra Taurasi e Paternopoli (con rese minime) è in una vinificazione semplice (naturale direbbero alcuni estremisti) in una cantina di tufo fredda, umida e piena di meravigliosi lieviti indigeni. Dopo aver fatto per tre volte il giro della casa ballando per aver trovato una delizia del genere convinco l’amico a portarmi subito dal produttore per acquistare qualche ettolitro.
Partiamo dunque l’indomani per Paternopoli dove Francesco e la sua famiglia ci accolgono con una gentilezza commovente (ci avevano persino preparato il pranzo). Dopo, Francesco ci ha portato a fare un giro tra le vigne di Paternopoli e poi in cantina per assaggiare il nuovo Fiano. E qui al primo assaggio non ho più rivisto la Madonna e invece ho cominciato robustamente a bestemmiare maledicendo gli enologi. Durante il tragitto infatti, Francesco ci aveva confidato orgoglioso come un enologo locale gli avesse consigliato di “migliorare” il suo vino attraverso una chiarifica con la betontite (un’argilla che fa precipitare le proteine del vino chiarificandolo e stabilizzandolo) e che adesso – sempre sul consiglio del medesimo enocriminale – stava pensando di fare un altro intervento utilizzando carbone attivo (che è dotato di un elevato potere assorbente delle sostanze coloranti presenti nei vini).
Questo magnifico prodotto – che gli avevano spacciato come naturale – aveva stravolto il vino che pareva lobotomizzato, muto, piatto, slavato e insignificante. Fortunatamente il buon Francesco aveva delle bottiglie della vecchia annata che mi sono subito accaparrato assieme ad un Aglianico che fortunatamente ha fatto riapparire – se non la Madonna – almeno qualche santo serio (San Luigi Tecce e San Vinicio Capossela). Naturalmente non mi sono messo a fare il pazzo in cantina brandendo il busto di Joly e i sacri testi di Steiner: ma mi sarebbe piaciuto…molto. Francesco è una persona gentile e modesta, animata dalle migliori intenzioni e mi avrebbe veramente addolorato offenderlo o fare l’arrogante in casa sua.

Francesco Rosanio

Francesco Rosanio

Tuttavia è rimasta l’amarezza per quella annata di Fiano rovinata dall’intervento dell’enologo e tanti dubbi sul fatto che Francesco possa tornare indietro sulla vecchia strada, visto che l’enologo l’aveva praticamente convinto che : “alla gente piace il vino dal colore più chiaro” (parola di enologo).
Morale della favola: i produttori di queste schifezze enotecniche vogliono produrre e diffondere sempre di più i loro veleni attraverso enologi-piazzisti e – se non si adotta una posizione militante di contrasto radicale – la diffusione di queste veleni farà gradualmente sparire tutti i produttori meno attrezzati a resistere alle lusinghe degli enologi (rappresentanti di commercio). Inesorabilmente.

35 thoughts on “La vendetta della bentonite

  1. francesco

    ma quali sono i veleni? la bentonite, farina fossile N A T U R A L E, poichè presente in natura estratta da miniere. Se fa una chiarifica con bentonite è un motivo cautelativo per non trovarsi con bottiglie piene di sostanze dense che nuotano nella bottiglia, e poi a chi lo vendi un vino così.
    poso essere d’accordo sul carbone attivo, porcheria inutile utilizzata largamente per produrre il martini!!! ma sulla bentonite non la definirei affatto porcheria!!
    prima di definire un prodotto Veleno, capiamo come è fatto!

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  2. maurizio gily

    premesso che né la bentonite né il carbone sono veleni, ma entrambe sostanze forse più naturali del vino (le parole sono importanti, soprattutto certe parole) non usarli è sicuramente meglio per la qualità del prodotto, soprattutto il secondo. Contrariamente a quanto scrivi, in effetti, anche in assenza di “posizioni radicali e militanti”, il loro uso è drasticamente diminuito negli ultimi vent’anni (anche nei vini cosiddetti industriali), come qualunque enologo o venditore di prodotti potrà confermare. Che poi ci siano anche tecnici poco seri che prendono le “stecche” sui prodotti (possibilmente più sofisticati e costosi di questi, e spesso inutili), è assolutamente vero. In effetti, più che del carbone, è delle persone che bisogna aver paura.

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    1. A3C

      @maurizio gily e francesco… ragazzi grazie di aver scritto…io avrei dovuto aggiungere a fine articolo che ho volutamente esagerato ed estremizzato i termini (ad esempio utilizzando la parola “veleno”)…buone bevute

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      1. Mario Crosta

        @A3C, e io che credevo che di cognome facessi Trecaffè… guarda che si capiva che estremizzavi. Almeno, io l’ho capito dall’errore che hai lasciato “la diffusione di queste veleni”, in quanto queste e’ di genere femminile e forse volevi forse usarlo per il sostantivo sostanze, mentre veleni e’ di genere maschile e probabilmente l’hai sostituito dopo, estremizzando, appunto. Ma la prossima volta di cose del genere riempi l’articolo, almeno avremo la fortuna di leggere subito un valido commento dal maestro di vitivinicoltura che tutti qui stimiamo e ringraziamo per le cose che c’insegna con molta competenza e sincerita’.

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        1. Mario Crosta

          e aggiungo che mi stupisce che per un articolo che Gily ha pubblicato sul suo blog e altrove, nel blog di Gily ci scrive solo Mario un commento, visto che lì è casa Gily ed è lì che bisognerebbe mandargli i commenti, mentre tutti gli altri il commento glielo mandano altrove, dove non e’ casa sua, come per farsi vedere dagli altri piu’ che da lui. Questo mi spiace. Abbiamo troppi pavoncelli e pochi interlocutori veri.

        2. A3C

          @Mario Crosta, sei un veggente la parola che ho sostuito era proprio sostanze…ma c’hai la palla di cistallo?

        3. Mario Crosta

          @Armando, no, e’ che e’ capitato spesso anche a me e immedesimandomi nel tuo scritto (perche’ tu sei capace di far immedesimare i lettori in quello che scrivi, cioe’ sei bravo) ho capito quel che volevi scrivere e che poi hai corretto, esagerando volutaamente. Esagera, Armando, esagera, che come vedi da Gily piovono commenti su commenti. Tutto oro

        4. Mario Crosta

          @Armando, smettila di ringraziare a destra e a sinistra, quando l’articolo sei tu che l’hai scritto e dovremmo ringraziarti noi per le cose che vi hai scritto. Tra te e Gily fate a gara di modestia, ma io sono qui soltanto a commentare, sempre senza rileggere, mentre voi invece vi siete fatti tutta la fatica prima, leggendo e rileggendo, sostituendo e ripensando, minchia che faticaccia! Un po’ di giustizia, non ti pare? E permettimi di suggerirti un po’ d’orgoglio per le notizie che ci dai, di prima mano. Se ho da dire qualcosa di critico, non ti preoccupare che te lo dico subito con estrema chiarezza. Ma bevo tutto il resto, perche’ vorrei essere lì e invece ci sei stato tu, ci hai fatto la relazione tu, siamo tutti lì sognando grazie alle tue parole anche se siamo in Polonia nei boschi dei Beskidy col ghiaccio nel cavallo dei pantaloni perche’ Ugo voleva uscire a scaricare un po’ d’acqua e ha litigato con i bottoni dei mutandoni di lana e con la cerniera dei jeans. Bevi e scrivi, che vai forte!

    2. Mauro

      @maurizio gily, esatto! condivido in pieno la tua analisi: non sono i prodotti ma le persone da tenere sotto controllo! e, se mi permetti, questo concetto va applicato ai ai “naturali”. Ho avuto modo di conoscerne alcuni e certi non hanno le minime basi si sicurezza alimentare, attenzione gente: non sono i prodotti ma le persone da tenere sotto controllo!

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  3. maurizio gily

    Mario Crosta grazie ma sei troppo generoso in tutti i sensi. Per me possono commentare dove vogliono, Millevigne è un organo soprattutto professionale e forse intimidisce un po’ le persone, mentre altri blog e social sono più “user friendly” . Mauro, per fare vini “naturali” ci vuole più pulizia e più conoscenza che per fare vini convenzionali. Conosco enologi diplomati che non saprebbero da che parte cominciare. Poi c’è anche chi li fa senza avere né l’una né l’altra: a questi auguro di essere ricchi di famiglia, perché l’accettazione di gravi (e omologanti) deviazioni organolettiche con il paravento del naturale è una moda che riguarda pochissime persone, non molti vini, e non durerà a lungo.

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    1. Mario Crosta

      @maurizio gily, guarda che sei tu troppo generoso in tutti i sensi e siamo noi che ti ringraziamo per gli insegnamenti che ci dai. Certamente che ognuno puo’ commentare dove vuole, pero’ con un po’ di sensibilita’ maggiore per te che hai scritto un articolo, sarebbe meglio scrivere da te, se si vuole parlare con te. Se invece si vuol parlare con gli altri o far vedere agli altri che si parla con te, ma non e’ poi tanto importante parlare con te, allora si scrive altrove. Come parlare a nuora affinche’ suocera intenda.

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      1. Massimiliano Montes

        @Mario Crosta,
        Ma che gli vuoi dire? Nuora, suocera, hai problemi in famiglia?

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        1. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, “parlare a nuora affinche’ suocera intenda” e’ un detto italiano famosissimo, mi stupisce che anche un marocchino figlio di uno spagnolo e di un’americana, figli a loro volta di cacciatori di tigri nel Bengala per i rispettivi ambasciatori, domiciliato per caso o per sfortuna nello stivale, non l’abbia ancora imparato! Uno. E due: Mussolini prima di morire ha lasciato mille lire in banca a piazzale Loreto intestato al primo italiano che non ha problemi con la suocera. Con i decenni quelle mille lire sono diventate miliardi. Lo sai che nessun italiano e’ mai riuscito a dimostrare di essere lui l’intestatario di quel conto?.

        2. Nic Marsél

          @Mario Crosta, mia nonna non ha mai ritirato nemmeno il premio natalità che le sarebbe spettato in tempi in cui si moriva di fame.

    2. Massimiliano Montes

      @maurizio gily,
      “per fare vini “naturali” ci vuole più pulizia e più conoscenza che per fare vini convenzionali. Conosco enologi diplomati che non saprebbero da che parte cominciare”
      Concordo pienamente.

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  4. Massimiliano Montes

    Da parte mia non posso che ringraziare Maurizio Gily per la sua presenza.
    È persona competente e seria e un suo commento non può che essere un onore.
    Millevigne è un periodico online certamente tecnico ma anche commerciale, essendo connesso a un portale che si occupa anche della vendita.
    Noi e Maurizio facciamo qualcosa di diverso, ma abbiamo uno stesso amore in comune: il vino

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    1. Mario Crosta

      @Massimiliano Montes, sì, ma Silvio Rossi dove s’è cacciato? L’abbiam lasciato che rincorreva la sommelier del Biffi per mostrargli un catalogo di pizzi e merletti, ma guarda che manca, che ci manca, che si vede che ci manca. Che cavolo stara’ facendo, eh? Noi siamo dei dilettanti nel tener alto il morale e condircela con due battute, ma lui e’ un Decamerone intero, professionale per giunta. Per bilanciare Gily, che pensa di “intimidire un po’ le persone” (pensa te!!!) ci vuole almeno un tre quarti di Rossi, o no?

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      1. Massimiliano Montes

        @Mario Crosta,
        Silvio Rossi è lo pseudonimo di un istrione che ancora non ha capito bene cosa fare nella vita 🙂
        In effetti il suo post “E sti cazzi!” è stato uno dei più apprezzati del blog. Stiamo ancora concordando le ammende con i produttori del “belsedere”, soprattutto per l’abbinamento perfetto, però va bene così 😉

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        1. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, guarda che l’istrice… sì, insomma, l’istrione, a questo punto sarebbe indispensabile, in modo che anche Francesco Rosanio sia contento di una discussione che parte per la tangente anche sul suo vino, un po’ sul ridere e un po’ sullo scherzare, perche’ il suo mondo del vino, ma anche il nostro, e’ proprio questo: il buon umore, la chiacchierata, la pisciata finale in compagnia, senno’ uno o e’ un ladro o e’ una spia, eccetera. Qui di vini da culto non ce n’e’, di vini da cassaforte neanche, si parla di vino naturale o no? E allora va osservato, va annusato, va bevuto, va digerito, va discusso e va pisciato. Se manca una di queste cose non e’ vino: e’ una qualunque bevanda alcolica. Se poi se ne beve un tantino di piu’ del normale e si comincia a chiacchierare e scherzare anche d’altro, ben venga! Vuol dire che era proprio buono! Soltanto i vini seriosi, stupefacenti, sacramentali, podiati, osannati, “degustati” (bevuti no, per carita’, vige il coprifuoco, attenti al dottore!), ecco quelli si meritano discorsi da saccenti enosuperesperti. Diplomati, magari col pentolino d’argento, magari col Master in vino che fa tanto figo fra i necrofili anglosassoni, ma pur sempre i migliori alleati dei propri becchini. Noi no, noi… no. Una domanda indiscreta, scusa: ma quando scrivi i tuoi commenti bevi l’acqua minerale, per caso? No, perche’ mi sa che di vino non ne stai proprio bevendo. Male, figliolo! Quante volte? Quando commenti vedi di bere, cinque bicchieri di rosso, tre di bianco, un porto e un grappino. Altrimenti ti fai un blog come quello degli altri, ma non ti diverti piu’. Precetta Silvio Rossi, porca sidella!

        2. Massimiliano Montes

          C’hai azzeccato. A pranzo solo acqua minerale (utile per affinare la conoscenza del famoso sentore).
          Per tornare in topic, credo ovviamente che Armando abbia ragione: filtrare un vino è un po’ come togliergli l’anima. Gran parte dell’aroma sta nel particolato che viene eliminato.
          E per mia esperienza posso dire che non è vero che la gente il vino non filtrato non lo beve, forse solo le damigelle un po’ kitsch con i tacchi a spillo 😉

        3. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, io bevo anche la sciacquatura delle vasche, specialmente d’estate, quasi ghiacciata, come puo’ testimoniare il produttore Roman Mysliwiec e il prof. Marek Jarosz dell’Universita’ di Cracovia. La chiamano wodniak (woda = acqua, wodka = acquetta). E il Solaia non e’ filtrato 🙂

        4. Massimiliano Montes

          Ma il Solaia ha tanti di quei prodotti enotecnici dentro che l’aroma è solo il ricordo di quello originale 😉

        5. Mario Crosta

          @Massimiliano Montes, chi mi tocca il Solaia muore. Ho iniziato a bere quello che non era nemmeno in commercio, inizio anni ’80, che Loris Scaffei mi mando’ per vedere che ne pensavo. Senza nemmeno l’etichetta, solo il cartellino con il nome e l’annata. C’inventai una ricetta di risotto alle ciliegie e alle fragole e lo chiamai La Solaia, al femminile. Ho delle bottiglie seppellite in cantina che non apriro’ io, ma mio nipote, figlio di mio figlio, se riuscira’ a darmene uno visto che adesso ha solo 15 anni e bacia ancora la sua mamma di notte quando si alza a fare la pipì. Percio’ l’aroma che tu dici che il MIO Solaia ha non te lo posso contestare. Aspetto quel momento, fra vent’anni e ti sapro’ dire. Berlo prima… assassino d’infanti prodigio che non sei altro, meno male che non sei qui a beccarti tutti gli insulti che ti sto vomitando addosso!

        6. Massimiliano Montes

          @Massimiliano Montes,
          Notavo che Solaia è il perfetto anagramma di Saiola

  5. maurizio gily

    Massimiliano ti ringrazio per la tua osservazione che mi dà modo di chiarire questo aspetto: Millevigne testata e Millevigne enoteche (Millevigne vendita online è quanto di più virtuale esista, il progetto non è mai partito) non hanno più nulla in comune (se mai lo hanno avuto) se non il nome. Le proprietà si sono separate dal 1 gennaio, anche se Vignaioli Piemontesi (titolare del marchio Millevigne) è socio di Wine Pass srl che è il nuovo editore della rivista. Il portale con la pagina di ingresso condivisa è un retaggio di una situazione precedente che sarà risolta a breve con il trasferimento su una nuova piattaforma. Purtroppo il sito è alquanto complesso e ci vorrà ancora un po’ di tempo per completare l’opera. Non fateci mancare il vostro aiuto di lettori attenti. Non vi vendiamo nulla se non la rivista e i suoi contenuti cartacei e digitali.

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  6. Patrizia

    @Massimiliano, esordisco con un “Costa” quando avrei dovuto scrivere Crosta. Adesso anagrammando il mio cognome tiri in ballo il Solaia. @Mario Crosta, le nostre strade si sono incrociate involontariamente e io non credo al caso…

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    1. Mario Crosta

      @Patrizia, anch’io non credo al caso. Sono uscito di strada a 130 all’ora in Sardegna, sulla litoranea, frenando di colpo per non uccidere uno scooterista che mi tagliava improvvisamente la strada, sette metri nel fosso, due alberelli abbattuti, la mia Fiat Uno diventata spider, con le ruote al cielo. E sono uscito dal retro, rompendo il lunotto, senza un graffio. Un graffio ce l’avevano i pantaloni della tuta. Lo scooterista mi porto’ a Sassari in ospedale a fare gli esami, poverino si era pentito di aver fatto quella manovra e mi ringraziava così di avergli salvato la mia. La settimana dopo, stesso punto, uscì di strada un’algtra macchina. lei morì e lui , che guidava, da allora impazzì: dovevano sposarsi il giorno dopo ed erano venuti a pulire la casa nel villaggio vicino al mio per il rinfresco in riva al mare. Ho sempre chiesto a Dio “perche’ io sì e lei no?”, ma non era meglio che prendesse me, ormai vissuto abbastanza, capelli bianchi, invece della giovinetta con la vita tutta davanti? Percio’ ti capisco. Ma e’ stato un caso davvero, il nostro incrocio. La vita e’ così: ci si incrocia. Anche con Massimiliano Montes ci siamo incrociati (e chissà se un giorno ci vedreno pure di persona…) da qualche parte ed eccomi qui a sostenere amichevolmente il suo blog, a divertirci senza doverci scannare come fanno altrove perche’ sotto la sua sorveglianza sara’ ben difficile che qualcuno possa stravolgere lo stile di una sana discussione davanti a qualche bella bottiglia che trasuda da queste pagine e che va mantenuto come tale perche’ invoglia a rispondere ai commenti, a confrontare le opinioni ma nel rispetto di quelle altrui. Quanto all’anagramma del tuo cognome, beh… qui e’ un caso evidente di lesa maesta’. Per me il Solaia e’ un vino da 100/100 sempre, indipendentemente dall’annata, anche quella “diversa” (per non dire storta, qui lo dico e qui lo nego…) del 2002, dove ci volevano due palle così per avere il coraggio di metterlo in commercio. L’hanno fatto e lo fanno con tutti i crismi del meglio del meglio delle conoscenze enologiche e dello stato dell’arte possibile ed immaginabile. Non e’ un vino naturale nel senso che intendi tu. Ma non c’e’ manco un vino naturale in grado di batterlo , non solo in Italia, ma anche in Europa e non solo in quella occidentale. Sai quanti ne cerco di vini ad Est? Sai quanti ne trovo di naturali veri, kvevri compresi? Tanti. Leggiti Enotime e lo scoprirai. Nessuno, pero’, buono come il Solaia. Anzi, la Solaia, al femminile, visto che posso fregiarmi del titolo di amico vero di questo vino fin dalla nascita, anche prima, quando con la dinamite scassarono le vigne per metterci le barbatelle e fu Nichi Stefi, con Gino Veronelli, a farcelo vedere ad ora tarda in TV, per non impressionare i bambini, piu’ di 30 anni fa. Sto con i vini naturali, mi batto volentieri per essi, ma guai a chi mi tocca la Solaia.

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  7. Patrizia

    @Mario,”Lesa maestà” è (delirante) enfatico!
    Ammiro la tua totale sudditanza nei confronti del tuo monarca, davvero 🙂

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    1. Mario Crosta

      @Patrizia, mi facevo le “pere” di Sassicaia fin dal 1968 e non me ne sono persa una, di annata. Percio’ quando da Loris Scaffei della banda Antinori di allora mi e’ arrivato il Messia, in una bottiglia senza etichetta ne’ capsula ma solo un cartellino con l’anagramma del tuo nome, mai messo in commercio, ho tirato fuori tutto l’oro, l’incenso e la mirra che avevo. Non era un monarca, ma una regina. La Solaia. Gli altri possono chiamarla come vogliono. Io la chiamo (e mi ci inginocchio) la Solaia. Di quello che ne pensano gli altri non me ne puo’ fregare di meno. E’ per una regina che Cristoforo scoprì l’America. E’ per una regina che sir Francis Drake ha dominato il mondo in tutti i mari. Nella mia bottiglia non c’e’ soltanto il vino: c’e’ soprattutto il sogno. L’hai mai bevuta con il pane appena uscito dal forno e il salam d’la duja bello morbido, quasi da spalmare, al mattino alle 5, quando si alza la prima nebbia e c’e’ solo la guardia notturna in bicicletta a fine turno che ti puo’ far compagnia? Ammira, ammira, che ti fa bene. Prima, c’era soltanto la Riserva del Conte Tasca d’Almerita 1971. Credo che sia delle tue parti…

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  8. Patrizia

    Non mi stai facendo lavorare sappilo! Ma è talmente gratificante e costruttivo parlare con te@Mario che tralascio con piacere il dovere. Proprio indissolubile il legame che ti lega alla regina eh! Che bizzaria con quel salame piccante non esalta, meglio la mortadella. Si i Tasca sono delle mie parti grazie per averla citata,famiglia e cantina storica. Con il Rosso del Conte, ci puccio dentro i biscottini prima di andare a nanna, dovresti provare…
    A parte il derby Solaia vs Sassicaia, ma un bel ricordino con il Vitigno per eccellenza, scritto maiuscolo perchè lo adoro e lo ritengo la massima espressione di longevità, forza e dinamicità gustativa, ce l’hai?

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  9. Mario Crosta

    I salam d’la duja non sono piccanti. Sono salamini freschi, da circa due etti e mezzo: appena fatti si mettono subito sotto grasso dentro un barilotto di legno al buoio e al fresco e si mangiano dopo qualche mese, restando sempre morbidissimi. Alcuni li mettono anche sott’olio dentro una gran bella boccia di vetro trasparente, ma non e’ tipico. Comunque non sono piccanti. Il mio vitigno d’elezione e’ il nebbiolo. Il mio primo vino a 17 anni e’ stato lo Spanna, quello che amo di piu’ e’ il Barbaresco e se vai a vedere in archivio di Acquabuona.it e di Winereport.com (digita Mario Crosta nel motorino di ricerca in alto a destra, ma guarda che in Winereport non c’e’ in home page, ma c’e’ nella prima delle loro pagine che e’ WineNews), ti trovi tutti i miei migliori racconti, o ricordi. Oggi non ne scrivo pero’ piu’, perche’ da qualche anno li sto traducendo e pubblicando in polacco su Rynki Alkoholowe (15.000 copie mensili tutte in abbonamento postale), registrandoli anche sul web in Vinisfera.pl e lascio dunque scrivere agli altri. Io preferisco dedicare tutto il mio tempo nel cercare ad est, nei Balcani, nel Caucaso, vini che in Italia non trovo piu’ e cioe’ quelli naturali veri, dove non c’e’ neanche bisogno di definirli, mettergli un vestito al posto della foglia di fico e di fare i certificat,i perche’ li fanno così semplicemente da sempre, gli basta venderli per viverne e non cambiano mai, loro. E non gliene frega dei titoli, dei consorsi, dei podi e della ribalta. Come scrive anche Michele Malavasi su Internetgourmet.it del buon Peretti, “bevo all’85% vini “naturali” e come tanti in questi vini ho trovato le bottiglie della vita e le maggiori delusioni”. Sempre di piu’, pero’, le prime che non le seconde.

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    1. Mario Crosta

      @Patrizia, inoltre io parlavo del Rosso Riserva, non del Rosso e basta. Quella Riserva del 1971 di Tasca d’Almerita fu una rivelazione per il mondo intero, esattamente come il Brunello di Montalcino del 1964 di Biondi Santi. Prima d’allora non si sapeva neanche che cos’era il vino siciliano, a che livello di qualita’ fosse, eppure c’erano gia’ grandi case che li vendevano sfusi ai francesi e ai tedeschi per non fargli buttare via meta’ dei loro deboli Chateaux, oppure ne imbottigliavano qualcuno per i ristoranti delle FFSS sui treni e per le linee aeree Alitalia. Anche tu, come la mia bisnonna e come, probabilmente faro’ io quando non avro’ piu’ i denti: biscotti nel rosso, una vera goduria, provare per credere. Altro che Porto a fine pasto!!!

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