La sindrome di Parker e l’inchiostro di Vanni

In occasione della mia prima comunione, la ricca zia G mi regalò una penna stilografica Parker.

Una roba sciccosissima che funzionò giusto qualche giorno prima di vomitare inchiostro da tutte le parti, quella stronza. Non ricordo esattamente come successe il patatrac. Ricordo solo il mio maldestro tentativo di sostituirne la cartuccia, poi un sapore strano in bocca, la lingua nera e la mia maglietta preferita irrimediabilmente imbrattata. Un vero shock! Ancora oggi, soltanto a sentir nominare “Parker”, risuonano nella mia testa i cavalli di “Frau Blucher”.

Per superare almeno parzialmente la sindrome di Parker (nitrire di cavalli) dovetti attendere di scoprire Charlie “Bird” Parker, il grande sassofonista jazz inventore del bebop. A furia di consumare le rassicuranti tracce di “Laura” e “April in Paris”, finii per dimenticare quel tremendo trauma infantile.

etichetta-shampoo

.

La foto qui sopra? E’ il retro etichetta dello shampoo che ho sempre utilizzato prima di rendermi conto che soltanto il pavimento è in grado di arrestare davvero la caduta dei capelli.
Di questi ingredienti non si capisce nulla. Del resto non è certo come l’etichetta del vino dei miei sogni… A scanso di equivoci, se doveste trovare una bottiglia di vino con ingredienti del genere, è meglio che non la acquistiate. Ma che ci azzecca con la storia?

Beh, ultimamente ammetto di essere talmente ossessionato dall’etichetta “trasparente” che ho cominciato ad avere un incubo ricorrente: sono al centro di una piazza, in procinto di presentare alla folla l’etichetta perfetta. Ma proprio sul più bello, quando sto per mostrare la mia creazione, invece di una bottiglia di vino, mi ritrovo tra le mani un flacone di shampoo da discount, svegliandomi di soprassalto (con una grande emicrania) giusto un attimo prima che una boccia volante, lanciata dalla folla inferocita, atterri sulla mia crapa pelada.

Ma dove diavolo ho lasciato Parker? (nitrire di…) Or bene, una di quelle mattine col mal di testa da post-incubo, vagando per internet, mi si para davanti agli occhi una frase dell’onnipotente profeta americano del vino Robert Parker (nit…) La frase cita testualmente: “I vini più seri non hanno additivi“.
Rileggo. Non ci posso credere. E’ una dichiarazione epocale. L’assist definitivo. Lascia inequivocabilmente intendere che d’ora in avanti non ci saranno più ostacoli per l’etichetta trasparente con ogni singolo  ingrediente, additivo e coadiuvante. SI-PUO-FARE!!!
Che  problema c’è? “I vini più seri non hanno additivi“. Parola di Parker! Sono talmente sconvolto che perdo conoscenza.

Mi ritrovo catapultato sul palco a cantare “The Ghost in me” con Charlie Bird che mi accompagna al sax. Terminiamo il pezzo tra gli applausi scroscianti di un pubblico in delirio.  Charlie sorride, mi allunga un flacone che assomiglia maledettamente al quel dannato shampoo e mi sussurra all’orecchio con perfetto accento piemontese: “Lascia perdere amico. Vieni con me e Keith Richards a fare i fanghi alla Bollente e dimenticati quell’assurda storia degli ingredienti in etichetta. Tanto lo sai che noi Grandi Artisti ci mettiamo solo uva e solfiti”.

Mi ridesto col capo riverso sul tavolo e in bocca un sapore curioso. Nella mano destra stringo qualcosa che (mi rendo conto con orrore) potrebbe essere una penna stilografica. Per un attimo mi pare di rivivere il trauma della mia infanzia e penso al peggio.

Apro lentamente gli occhi e leggo l’etichetta della bottiglia che torreggia ad un palmo dal mio naso: “Le Marcone 2007 – Azienda Cinque Campi – Bottiglia numero 369 di 1000”. Comincio a rilassarmi.
Quel particolare retrogusto di china che ha il vino di Vanni non è poi così male. Alzo lo sguardo al soffitto e penso che sarebbe bello tornare, prima o poi, in Piazza della Bollente ad Acqui Terme per respirare un po’ di zolfo, chissà mai che non ci trovi Robert Parker (silenzio di cavalli). Lo vorrei proprio ringraziare.

 

 

17 thoughts on “La sindrome di Parker e l’inchiostro di Vanni

  1. Nic Marsél

    Parafrasando quel comico che scriveva le battute sulle cartoline perchè se non piace la battuta magari piace la foto, allo stesso modo se non piace l’articolo spero piacciano almeno le canzoni 🙂

    Reply
    1. Nic Marsél

      @Massimiliano Montes, più che il PuntoGì è la zia GiPunto ci ha fregato tutti con uno stravagante testamento 🙂

      Reply
  2. Alessaandro

    “Panico potente e luminoso,lascia intuire la sacralità della natura” mancava solo una frase di Veronelli in questo post per essere al completo.Alla fine il jazz è un pò come i vini naturali, quando è fatto veramente bene non sai mai su quali lidi si spingerà (e poi si suona in presa diretta mica trigger o diavolerie strante ).Bhe poi tanto per stare in casa i vini di Vanni non sò cosa hanno di così particolare(se non quello di essere un pò estremi ) ma proprio quando bevo le Marcone mi emoziono come quando ascolto l’ assolo di Philly Joe Jones di “Four” quando suonava nel quintetto di Davis , e l’esclamazione che ti viene da fare è proprio :cazzo che tiro!(oh i gusti son gusti).
    Magico questo post ci vedo esattamente i miei gusti.

    Reply
    1. Nic Marsél

      @Alessaandro, grazie ma accidenti ho solo una versione di “four” con Art Blakey … dovrò rimediare 😉

      Reply
        1. Nic Marsél

          @Alessaandro, grazie del link. (ascolterò)ma “Working” e “Steaming” mi mancano. La versione di “four” di Miles Davis che conosco è quella presente su “Blue Haze”, dove alla batteria (se non sbaglio) dovrebbe esserci Art Blakey. Blasfemo affermare di essere musicista parlando di tali mostri sacri 🙂 e comunque il jazz preferisco ascoltarlo 🙂

  3. FABER

    Ciao a tutti
    Sono un piccolo produttore di vini,trovo giusto che il consumatore abbia il massimo delle informazioni su cio’ che beve,trovo anche giusto che il consumatore debba spendere una cifra adeguata al prodotto che acquista.Nel mio caso da produttore fatico a vendere una bottiglia di Barbera d’Asti docg a 4eu…pensate se dovessi aggiungere altre informazioni sul mio vino etichette particolari,analisi,..tutto lavoro in piu’di conseguenza costi in piu’.Ritengo che le grandi aziende che trattano il vino come se fosse Cocacola loro si che debbono dare queste informazioni,come faranno se comprano vini a destra e sinistra? Rimango comunque dell’idea che il vino debba essere rispettato e amato non basta un semplice pezzo di carta per spiegare un vino,per far capire che il vino e’ stato fatto con COSCIENZA. che non sono stati usati pesticidi se non in casi specifici.
    Bisognerebbe ritornare all’antico andare a visitare le cantine affidarsi a persone qualificate che sappiano consigliare un vino non andare a caccia del miglior prezzo o dell’etichetta blasonata.
    Mi scuso per gli errori grammaticali ecc
    Un saluto a tutti

    Reply
    1. Nic Marsél

      @FABER, grazie. Il contributo di un produttore è più importante di mille dei miei. Però non possiamo aspettarci che il consumatore si rechi in ogni cantina. E’ invece compito del produttore presentarsi sul mercato mostrando ciò che realmente è, attraverso un’etichetta trasparente in grado di certificare, meglio di qualsiasi bollino o manifesto, la sua coscenziosità nel lavorare la terra e produrre il vino. Sbaglierò, ma esiste già una clientela ben disposta ad un leggero sovrapprezzo a valle di tale garanzia di qualità. La Barbera d’Asti forse sta pagando lo scotto del successo degli anni 90 e la sbornia da superiore snaturato, ammorbidito, iperconcentrato e segnato dal legno. Ma questa è solo la mia visione da appassionato.

      Reply
      1. Massimiliano Montes

        @Nic Marsél, eppoi scrivere come si fa il vino in etichetta non costa nulla. Solo la volontà di farlo.
        Riferire i trattamenti effettuati in vigna e quelli in cantina non necessita di analisi.

        Reply
        1. Nic Marsél

          @Massimiliano Montes, Mah, questo lo lascerei dire al produttore, che comunque deve richiedere il risultato delle analisi (è gratuito?), lavorare a nuove retroetichette (almeno la prima volta) ed aggiornarle e ristamparle per ogni lotto di imbottigliamento se i parametri rinvenuti sono cambiati.

        2. faber

          sicuramente dalla scrivania si fa tutto o quasi….comunque consigli o critiche purche’ costruttive sono sempre ben accette, con i nuovi imbottigliamenti qualche informazione ai consumatori penso di darla.
          ciaooooooo

        3. Massimiliano Montes

          Intanto grazie a Faber per il contributo. Penso che pubblicare le analisi sia un passo successivo, sicuramente con dei costi aggiuntivi (anche se mi sembra poco verosimile che un produttore non misuri i parametri base del suo mosto-vino, quelli che conosco io lo fanno tutti).
          Intanto iniziamo a scrivere semplicemente come è fatto il vino, a costo zero. Certo le etichette nuove, ma quello è un costo annuale e in larga parte obbligato. Credo che l’unica cosa che manchi è un po’ di buona volontà. Forse qualcuno questa grande voglia di scrivere in retroetichetta additivi, coadiuvanti e trattamenti non c’è l’ha 😉

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *