Proviamo a fare un analisi oggettiva di cosa è il vino biologico e vediamo se ci sono margini di miglioramento della normativa.
La normativa sull’agricoltura biologica risale al 1991, quando la Comunità Europea ha varato il Regolamento CEE n° 2092/91, sostituito nel 2007 dal Regolamento CE n° 834/2007.
Queste sono ottime leggi, che impediscono in agricoltura l’uso di prodotti di sintesi potenzialmente dannosi per la salute umana e per l’ecosistema.
Il vino era ovviamente escluso da tali regolamenti. Fino al marzo 2012, quando la Comunità Europea ha varato il Regolamento di esecuzione UE n. 203/2012 dell’8 marzo 2012 che codifica la vinificazione biologica.
Fino ad allora gli unici protocolli che limitavano l’uso di additivi e coadiuvanti chimici durante la vinificazione erano quelli di associazioni private, VinNatur, Vini Veri, Tripla A, La Renaissance des Appellations.
Gli additivi e i coadiuvanti sono accusati di tossicità e di snaturare il profilo aromatico originale del vino.
Quelli aromatizzanti sono: trucioli di legno e doghe di legno pretrattate e prearomatizzate, additivi in polvere aromatizzanti.
Poi ci sono i lieviti selezionati e quelli aromatici, e i batteri che innescano la reazione malo-lattica.
Un’additivo con una tossicità dose-dipendente ormai dimostrata e documentata è l’anidride solforosa, aggiunta al vino come antisettico e stabilizzante.
Altri ingredienti considerati “anomali” nel vino sono la gomma arabica, il mosto concentrato e il mosto concentrato rettificato, e le argille di bentonite utilizzate per chiarificare.
L’elenco degli additivi e coadiuvanti enologici consentiti si può consultare nell’allegato 1A a pagina 7 del Regolamento CE n. 606/2009. La legge autorizza l’uso di circa quaranta tra additivi chimici e coadiuvanti nel vino.
Il vino biologico cosa consente? Quali sono le differenze rispetto al vino convenzionale?
Leggiamo direttamente dal sito di Federbio quanto segue: “Per quanto riguarda gli ingredienti e i coadiuvanti di processo, vengono ammessi quasi tutti quelli di origine naturale (vegetale, animale e microbiologica, inclusi lieviti e batteri), con la raccomandazione di preferire l’origine biologica quando disponibile, e vengono limitati quelli di sintesi. Per i lieviti enologici è obbligatorio l’uso di quelli bio solo se sono della tipologia/ceppo adeguata alla vinificazione che si può condurre. Negli altri casi si può ricorrere a lieviti selezionati convenzionali, purché non OGM”.
Praticamente nel vino biologico sono consentiti quasi tutti gli additivi e i coadiuvanti del vino convenzionale. E’ possibile fermentare con lieviti selezionati, anche aromatici, usare coadiuvanti aromatizzanti, mosto concentrato, bentonite, gomma arabica e batteri malo-lattici.
Le uniche pratiche enologiche vietate sono la concentrazione parziale a freddo, l’eliminazione dell’anidride solforosa con procedimenti fisici, il trattamento per elettrodialisi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino, dealcolizzazione parziale del vino, trattamento con scambiatori di cationi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino. Pratiche enologiche che sicuramente snaturano il vino ma la cui importanza nella vinificazione è marginale.
Infine il vino biologico consente un abbondante uso di anidride solforosa.
Sempre sul sito di Federbio si legge: “Una delle norme del citato regolamento fissa il tenore massimo di solfiti per il vino rosso a 100 mg per litro (150 mg/l per il vino convenzionale) e per il vino bianco/rosé a 150mg/l (200 mg/l per il vino convenzionale); vi è inoltre la possibilità di aumentare il contenuto dei solfiti, previa approvazione dell’autorità competente, in annate particolarmente difficili se le condizioni meteorologiche eccezionali di una determinata campagna deteriorano la situazione sanitaria delle uve biologiche in una data zona geografica a causa di gravi attacchi batterici o micotici”.
Per avere un’idea delle differenze con i vini naturali, i protocolli della maggior parte delle associazioni private di vignaioli naturali prevede dosi di solforosa totale non superiore a 80 mg/l di totale per i vini secchi e 100 mg/l per i vini dolci, incentivando chi sceglie di non aggiungere completamente anidride solforosa nel mosto-vino.
Il protocollo più severo è quello dell’associazione VinNatur, che fissa il limite massimo di anidride solforosa totale in 50 mg/l e controlla ogni anno i suoi associati con analisi che ricercano più di 140 fitofarmaci nel vino.
Insomma margini di miglioramento della legge esistono, eccome.
E’ pur vero che questo regolamento è il frutto di una mediazione internazionale in qualche maniera risultata suscettibile alle pressioni della lobby dei produttori industriali di vino. Però forse potremmo proporre ulteriori regolamenti a livello nazionale.
Il regolamento CE sul vino biologico stabilisce dei limiti minimi per poter accedere alla certificazione. Tali limiti valgono per tutto il territorio della Comunità Europea.
Ciò non toglie che noi potremmo fare un’ulteriore regolamentazione, con valore nazionale, che impone dei limiti più restrittivi.
Una sorta di BIO+ (Biologico Plus), che i vignaioli già certificati biologici potrebbero richiedere facoltativamente.
Tale regolamento italiano BIO+ dovrebbe in qualche modo ricalcare i protocolli di vinificazione naturale: niente lieviti selezionati, bassi limiti di solforosa, nessun coadiuvante enologico o additivo chimico.
Essendo una norma di legge sarebbe sottoposta alla stessa certificazione e agli stessi controlli della certificazione biologica.
In attesa di novità si potrebbe rendere obbligatorio elencare in retroetichetta tutti gli additivi e i coadiuvanti attualmente usati nel vino e i trattamenti in vigna.
Questo consentirebbe al consumatore più evoluto un acquisto consapevole.
Larga la foglia stretta la via dite la vostra che ho detto la mia.
Regolamento di esecuzione UE n. 203/2012 dell’8 marzo 2012 (vino biologico)
Regolamento CE n. 606/2009 (trattamenti enologici consentiti)
Il protocollo naturale di VinNatur
Charte de qualité Renaissance de AOC
Polveri aromatizzanti e trucioli di legno aromatizzanti
Scaglie di legno aromatizzanti
Però non bisogna dimenticare che biologico non coincide necessariamente con “naturale”, indica solo una maggiore attenzione alla coltivazione ed all’uso di pesticidi. Pertanto non mi scandalizzo per i limiti di Federbio, piuttosto sul regime dei controlli, che secondo me rendono il bio una certificazione troppo spesso non affidabile, pur se comunque importante.
@Maurizio Artusi, ovviamente mi ritengo solidale con Massimiliano sull’uso spregiudicato che si fa della pubblicità!
Ma è la settimana della lana caprina? 🙂
Chi sceglie Bio (quindi più in generale alimenti bio) consapevolmente ben sa cosa significa l’etichettatura Bio e quindi ben sa cosa mangia o beve. Quindi la pubblicità ha senso.
Per chi non si informa poca differenza fa se la pubblicità è di Federbio o della Barilla, perché spesso e volentieri mangia e beve quello che gli capita senza star troppo a leggere le etichette.
Sul discorso vini è già stato detto e stra detto che tanto l’unica garanzia è conoscere il produttore e sapere come fa esattamente il vino. Io ne conosco di “convenzionali” che dei mille mila prodotti utiliizabili di fatto ne usano giusto tre, a volte due (lieviti, bentonite e solforosa).
Quanto alla NON denominazione naturale, se io produttore faccio schifezze in vigna e cantina, chi mi impedisce di dire che il mio vino è naturale? I tre moschettieri con D’Artagnan (VinNatur, Vini Veri, Tripla A, La Renaissance des Appellations)? In base a che poteri e che leggi?
Tenuto anche conto che nemmeno tra di loro sono d’accordo su cosa è il vino naturale…
M’avanzava. O qui o un pullover
@Robji, però forse…
– Etichettatura con ingredienti obbligatori e
– Regolamento italiano BIO+
possono fare la differenza
@Massimiliano Montes, tutto è migliorabile, pure il vino “naturale” 🙂
Appunto. Eliminiamo qualsiasi dicitura ambigua.
Obblighiamo i produttori a certificarsi, però con una norma più restrittiva dell’attuale Bio.
Poi, tu dici: “Io ne conosco di convenzionali che dei mille mila prodotti utiliizabili di fatto ne usano giusto tre, a volte due”…
E allora perché continuo a sentire delle schifezze alla vaniglia, al caffé, al cioccolatto, alla fragola (big babol), in moltissimi vini che assaggio? (non uso il termine “bevo” perché in genere questi li sputo 😉 )
@Massimiliano Montes, ragazzo, perché frequenti la gente sbagliata 😛
Quanti vini “naturali” sanno ancora di straccio bagnato, fogna, aceto, pesce in decomposizione, ossidazione? Eppure io non penso che sia un problema dei vini ma incapacità dei vignaioli che quei vini fanno.
Lo stesso vale per gli altri, c’è chi sa fare il vino e chi no, lieviti autoctoni o selezionati, bentonite e decantazione etc etc…
Non credi?
@Robji, io i vini li compro in enoteca. Non me li regalano le persone sbagliate.
E la maggior parte di quelli acquistabili nelle enoteche sono a mio parere taroccati. Non sapranno di straccio bagnato ma di stucchevoli aromi artificiali. Per me è uguale, non bevo ne gli uni ne gli altri.
Mentono sapendo di mentire:
Roberto Pinton (Federbio)all’indomani del varo del regolamento sul vino bio, in un suo articolo ricostruisce tutti i passaggi che hanno portato alla nascita dell’attuale regolamento. Tra l’altro scrive :
“Il nuovo regolamento sul vino biologico e la posizione di FederBio
Nel giugno 2010 il commissario Dacian Ciolos si era visto però costretto a ritirare la bozza di proposta della Commissione per il mancato consenso degli Stati membri…Non fidandosi molto dei tempi parlamentari, diverse organizzazioni e istituzioni scientifiche cominciavano a elaborare una“European Organic Wine Charta”, che intendeva diventare il disciplinare privato di riferimento…
Il 7 e 8 febbraio 2012 lo SCOF approvava la bozza di regolamento, che con il numero 203/2012 veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’8 marzo …
Stremati dall’iter di questa norma, che dire?
…La riduzione dell’anidride solforosa è talmente limitata da non poter essere agevolmente spesa per la promozione del prodotto, che dovrà concentrarsi sugli aspetti ambientali e agricoli…Al di là degli aspetti salutistici legati all’uso dei solfiti, l’aspetto critico è che possono costituire un ausilio per la “sistemazione” di uve “così così”; la possibilità di “aggiustare” i vini in cantina non stimolerà tutti i produttori a raggiungere l’eccellenza in vigneto, e introduce elementi per
una concorrenza al ribasso, anche se, ovviamente, i produttori di qualità non avranno interesse ad appiattirsi sui limiti massimi o sull’adozione di tutte le tecniche ammesse. In ogni caso, una norma a maglie larghe mal si combina con un mercato esigente di fascia medio-alta e potrebbe non contribuire positivamente allo sviluppo del mercato delle produzioni di qualità, soprattutto nei confronti di Paesi con minor tradizione enoica, che potrebbero accontentarsi della presenza
del logo europeo…Neppure l’ammissione delle resine a scambio ionico,dell’osmosi inversa, del riscaldamento fino a 70 gradi (ma non della crioconcentrazione, quasi che portare il vino a 70 gradi sia coerente con gli obiettivi e i principi stabiliti nel regolamento n. 834/2007 e concentrarlo parzialmente a freddo no), tutte prassi diffuse nell’enologia convenzionale, siano particolarmente utili per promuovere il vino biologico.” Questo quanto scriveva Pinton di Federbio.
A due anni di distanza il regolamento è lo stesso , sono le posizioni dei funzionari Federbio ad essere radicalmente cambiate: dovrebbero spiegarci il perchè!
@emilio, e della mia proposta di un regolamento italiano BIO+ che ne pensi?
@Massimiliano Montes, Ne abbiamo già discusso. Quale garanzia offre un sistema in cui il controllore è pagato dal controllato? E dove di conseguenza più sei grande e più paghi e quindi più influenzi l’organismo di controllo che dipende dalle quote che versi?Bisognerebbe riscrivere per intero tutto il sistema di controllo. Attualmente l’unica alternativa seria e praticabile è l’autocertificazione con l’etichetta trasparente che riporti in etichetta, ingredienti, solforosa totale e sintetica descrizione delle pratiche in vigna e cantina.L’ultima cosa di cui i produttori hanno bisogno è ulteriori disciplinari, quindi burocrazia, pratiche, carta, ecc
@emilio, Un’ultima cosa . Invitiamo Paolo Carnemolla ad un confronto pubblico sulle “Ragioni del Vino Naturale”. Ho anche le date ed il luogo : domenica 13 ottobre presso Natural Critical Wine Roma , Città dell’Altra Economia- ex mattatoio Testaccio.
@emilio,
Però devi ammettere che non si può chiedere all’oste quant’è buono il vino.
Tu temi il sistema di certificazione legale ma non temi l’autocertificazione spontanea dei singoli produttori… questo è un controsenso.
Se certifichi qualcosa legalmente e poi dei controlli (fatti anche da privati) dimostrano che hai mentito, per te sono cazzi amari.
Se fai un’autocertificazione e poi si scopre che hai mentito non ti succede niente, e questo non è giusto.
Ci lamentiamo dell’impunità dei politici e poi dovremmo passare sopra all’impunità dei commercianti?
Ognuno può vendere quello che vuole, però lo chiami naturale (o BIO+) solo se lo è veramente.
@Massimiliano Montes, non è come dici tu, anzi è vero il contrario se in etichetta scrivo che gli ingredienti del mio vino sono solo uva e solfiti, ed uno dei 5 o 6 organismi che puo controllarmi (repressione frodi, Forestale, Consorzi, ecc) mi analizza il vino e mi trova altro allora si che sono cazzi amari. Mentre se sono certificato bio e utilizzo prodotti vietati, non verrò mai scoperto perchè le visite ispettive spesso si limitano a 15 minuti seduti a tavolino e le analisi non le fà mai nessuno. Con l’etichetta trasparente il produttore si assume in prima persona la responsabilità di ciò che dice e ciò che fà.
@emilio,
Ma infatti ti ho scritto “fatti anche da privati” non a caso.
Se un privato, che può essere un’Associazione di Consumatori o di vignaioli, come VinNatur, trova sostanze vietate in un vino questo può determinare un azione giudiziale e amministrativa. Ma solo se il vino è legalmente certificato. Se è autocertificato… nisba.
La mia proposta su una ipotetica certificazione, che ho chiamato con un nome di fantasia BIO+, è su base volontaria, facoltativa. Se un vignaiolo ritiene di avere le carte in regola per quell’annata la chiede.
Ha diritto a diversificare la sua posizione rispetto agli altri.
@emilio, l’idea del confronto pubblico con Federbio mi piace. se mi dai carta bianca li invito io.
@Massimiliano Montes, Si, avevamo già in programma un dibattito su questi temi. Sarebbe interessante invitare anche l’onorevole Fiorio, colui che recentemente ha presentato un’interrogazione parlamentare sui vini naturali.
Ne parliamo in privato per i dettagli.
Ciao Massimiliano,
purtroppo solo ora ho trovato il tempo per leggere il tuo interessante post. Debbo dire che a grandi linee mi trovo d’accordo con Emilio.
Aggiungerei però che non credo sia possibile ottenere un regolamento più restrittivo e alternativo in Italia senza dover fare i conti con il resto del mondo e, soprattutto con le grandi industrie del vino.
La infinita querelle sul termine “naturale”, nella quale siamo cascati un po’ tutti, concentrandoci più sulla parola che sul suo significato in questo specifico ambito, dimostra che più si va in una direzione bioetica, più si stringe la maglia contro chi prova a farlo. I poteri forti esistono anche nel mondo del vino e lo dimostra il fatto che abbiamo dovuto adeguarci alla normativa europea che è più disinvolta di quella che le varie AIAB, Ecocert, Bioagricert ecc, hanno da sempre adottato.
Pensa alle grandi regioni dove il vino è una vera e propria industria con produzioni di milioni e milioni di ettolitri, come credi che i vari consorzi accoglierebbero l’ipotesi di una normativa più restrittiva che creerebbe un’ulteriore differenziazione in un ambito già profondamente (e di questo passo irrimediabilmente) confuso?
Già le associazioni come VinNatur, ViniVeri ecc sono sempre al centro di polemiche, perché ciascuna adotta proprie regole, poi aggiungi la normativa europea sul Bio che ha vanificato quelle che già si erano dati gli organismi certificatori precedentemente citati, cosa pensi che succederebbe con un’ulteriore norma sul bio?
@Roberto Giuliani,
E’ vero, hai ragione. Restringere le maglie sembra poco fattibile.
Quello a cui pensavo era una specie di bollino BIO+, che le aziende potrebbero richiedere di anno in anno se le condizioni agronomiche e di vinificazione lo consentono.
La normativa sul biologico fornisce una linea guida di base che serve per accedere alla certificazione, ed è uguale in tutta europa.
I regolamenti attuativi europei però prevedono che le normative europee indichino i limiti “minimi” al di sotto dei quali non si può scendere.
Ma se ciascuna nazione vuole fare una legge interna che non solo rispetta i limiti minimi ma va oltre, lo può fare.
Il bollino BIO+ varrebbe soltanto per l’annata in corso e dovrebbe poter essere apposto dalle aziende (già certificate biologiche) senza ulteriori autorizzazioni e sotto la propria responsabilità.
Questo significa che tu lo puoi apporre, e se un domani io ti controllo e non hai rispettato quanto previsto dalla normativa, ti sanziono.
Credo che ci siano tutti i presupposti legali per farlo.