Chi pensava di usare la definizione di “Vini del Territorio” come mediazione tra vini naturali e vini convenzionali deve farsi da parte. I vini del territorio adesso li troviamo presso la più grande catena di distribuzione italiana, a prezzi decisamente imbattibili.
Altro che Villa Favorita o Vini di Vignaioli. Un buon vino del territorio siciliano, per esempio, a 1.99 euro. Ma ci sono anche le grandi denominazioni: Chianti Docg a 2.49 euro, Dolcetto o Barbera d’Asti Doc a 2.99 euro.
La palma d’oro va al Veneto, con un Vino delle Venezie Igt a 1.59 euro
E non potevamo farci mancare il vino libero di Oscar Farinetti: un bottiglione da un litro di Già, formato muratore, a ben 8.90 euro (la libertà costa, si sa).
Se consideriamo che bottiglia, tappo, etichette e capsula costano almeno 0.90 euro, ci si chiede cosa ci sia dentro le bottiglie. Il territorio no di certo.
Un altra domanda che sorge spontanea è quanto ci guadagnano i produttori: perché inflazionare denominazioni protette per pochi spiccioli?
E noi appassionati rompiballe che spacchiamo il capello in quattro su lieviti selezionati e residui di pesticidi, come facciamo a spiegare alla gente che un buon vino non può costare così poco, e che un vignaiolo artigiano che vuole fare un buon vino non può competere con questa concorrenza?
Ci rimane una sola certezza: l’unica definizione che non potrà mai essere copiata dalla grande distribuzione è proprio “Vino Naturale”.
Per il resto brindiamo alla tristezza di questi tempi con un calice di buon “Vino della Libertà”.
Dall’informatica al vino: il volantino porta sfiga 🙂