Nonostante le pecche di disciplinari che consentono impianti in terreni poco vocati e alte rese produttive, una lancia va spezzata in favore dei disciplinari Prosecco Doc e Conegliano Valdobbiadene Docg: sono stati capaci di non escludere i vini naturali tradizionalmente rifermentati in bottiglia.
Nella descrizione organolettica del Prosecco frizzante si legge: “Nella tipologia prodotta tradizionalmente per fermentazione in bottiglia, è possibile la presenza di una velatura. In tal caso è obbligatorio riportare in etichetta la dicitura “rifermentazione in bottiglia”. Le caratteristiche dell’odore e del sapore per detto vino e l’acidità totale massima sono le seguenti: profumo: gradevole e caratteristico con possibili sentori di crosta di pane; sapore: secco, frizzante, fruttato con possibili sentori di crosta di pane e lievito”.
Anche nella corrispondente Docg Conegliano Valdobbiadene Prosecco si legge: “Nel tipo prodotto tradizionalmente per fermentazione in bottiglia; è possibile la presenza di una velatura, in tal caso è obbligatorio riportare in etichetta la dicitura “rifermentazione in bottiglia” e “conservato sui lieviti”.
Si legge anche “profumo: gradevole, caratteristico di fruttato, con sentori di crosta di pane e lievito; sapore: secco, vivace, con possibili sentori di crosta di pane e lievito”.
Oltre alla velatura, naturalmente presente in un vino non filtrato, tali disciplinari prevedono che al naso e al palato si possano percepire sentori di crosta di pane e lievito. Tanto di cappello!
Lo so che gli amanti del vino vero additano la Doc Prosecco come esempio di quello che non va fatto. E io sono daccordo, per quanto riguarda gli imponenti trattamenti con pesticidi e la produzione seriale industrializzata.
Gli eccessivi trattamenti anticrittogamici sono il frutto di una scelta scriteriata che consente di impiantare vigne anche in zone umide e poco vocate solo per incrementare la produzione.
Però va dato a Cesare ciò che è di Cesare: questi disciplinari non solo non ghettizzano il vino naturale, ma lo integrano, ne fanno parte attiva e determinante della produzione.
Molti altri disciplinari fanno esattamente l’opposto. Provate a produrre un Passito di Pantelleria o una Malvasia delle Lipari con una velatura naturale da assenza di filtrazione: verrà sistematicamente bocciato dalle commissioni Doc.
A chi giova un tale approccio estremista e talebano? Se si vuole far decollare l’economia bisogna stroncare i produttori naturali o aiutarli?
Il nostro unico problema è l’ottusa miopia degli amministratori. E’ questa miopia che ha reso povere certe regioni italiane.
Disciplinare Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg
Un ringraziamento particolare a Lorenzo Rui per l’immagine sotto il titolo.
Ottimo, a patto che non passi il messaggio: “rifermentato in bottiglia = naturale”
@Nic Marsél, vero, ma almeno i naturali non vengono esclusi come accade per altre tipologie!
@Massimiliano Montes, “cancellare” il prosecco col fondo sarebbe stato un suicidio. E comunque bravi.
@Nic Marsél, se ci fosse stato un disciplinare così “illuminato” a Corrado Dottori non avrebbero bocciato i vini.
In Sicilia Salvatore Ferrandes e Paola Lantieri, solo per fare due esempi, sono costretti a filtrare per non perdere la Doc.
Devo dirti che sono rimasto molto favorevolmente impressionato quando ho conosciuto, anni fa, i vertici di quei consorzi, che hanno scelto fin da subito di privilegiare i vini d’autore, di non scoraggiare una maggior personalità del produttore nel suo prodotto e hanno fatto dei passi da gigante. Basti vedere l’alta qualità raggiunta di loro vini, il successo tutto legato alla preferenza popolare nonostante la poca simpatia venuta dai media che pian pianino hanno dovuto arrendersi a cotanta imprenditorialità intelligente. Io ricordo di essere rimasto folgorato da un Cartizze del 1978 che mi portò il mio capo in fabbrica, col fondo che sembrava un fantasmino interno che si sollevava a spirale in una bottiglia eccellente, che mi ricordava un Valdobbiadene del 1964 bevuto quando avevo 12 anni in una trattoria della zona sulla stradina sterrata di confine tra due consorzi, in una vigna di qua e di là, con mio nonno e due braciole alla brace, appunto come dice il nome. Bravi e basta. Avanti così!