Hai mai assaggiato uno Chateau Latour del 61?

“Saresti un idiota di dimensioni gigantesche per non apprezzare uno Chateau Latour del 1961” dice il cattivo chef Skinner ad Alfredo Linguini nel capolavoro Disney non solo per bambini Ratatouille.

Non ho mai avuto l’onore e la gioia di bere cotanto vino, che, a parere di quelli veramente esperti, rappresenta un 100/100, uno dei migliori vini mai esistiti.
Ciò che dovrebbe dar da pensare è il fatto che Chateau Latour del 1961 è un vino prodotto in epoche precedenti l’avvento dell’enotecnica moderna, fatta di lieviti selezionati e polverine che servono a creare un prodotto più simile alla panna Chef (scusate il gioco di parole) che a un vino.

Spesso conversando con enotecari o addetti ai lavori si ha l’impressione che la memoria storica del vino sia dimenticata o stravolta. Si considera il vino naturale un prodotto di nicchia, e il vino industriale la normalità. O tempora o mores.
Dimenticando che tutti i capolavori del millennio appena trascorso nascono da una vinificazione naturalmente naturale, per il semplice motivo che certe porcherie non esistevano. Soltanto negli ultimi venti o trent’anni siamo stati costretti a differenziare il vino naturale da quello costruito con additivi enotecnici. Prima non ce n’era bisogno, tutti i vini erano naturali.

Compreso il mitico Chateau Latour del 1945 di cui Mr. Creosoto di Monty Python beve sei bottiglie:

 

 

12 thoughts on “Hai mai assaggiato uno Chateau Latour del 61?

  1. Nic Marsél

    Questa di “The meaning of life” è a suo modo una delle più straordinarie scene della storia del cinema. L’inimitabile classe di certi inglesi… oggi, nel suo piccolo, niente male Little Britain. Ma qualsiasi Chateau Latour (naturale o meno) è per me un UFO 🙁

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    1. Massimiliano Montes Post author

      @Nic Marsél, anche per me! Però tutti i vini antecedenti a 20-30 anni fa sono “naturali”, anche quelli più abbordabili, sia francesi che italiani.
      Scena da morir dal ridere… o dal disgusto! Adoro tutto di loro!

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  2. Massimiliano Montes Post author

    Decine di condivisioni su facebook, decine di commenti su facebook, centinaia di visite al post……. ma commentate anche qui!!!!

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  3. eNoTech

    A parte il fatto che 20-30 anni fa nel nostro vino c’era il metanolo, però era naturale

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  4. Diletta Scaglione

    Come la mettiamo che qui mi insegnano che dai tempi di Arnaud de Pontac il vino è costruito ad hoc per creare un gusto riconoscibile collegabile ad un certo produttore. Non si usavano di certo le artefazioni possibili oggi anche per il progredire della tecnologia e chimica in vigna ed in cantina però l’idea per i grandi Chateaux era quella di creare un prodotto. Si parla in quei casi di lavoro dell’uomo compatibile con la natura del vino o di una attività antesignana di modifica del vino cui la tecnologia e l’esigenza di produzioni industriali hanno completato fino poi a traviarla?

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    1. Mario Crosta

      @Diletta Scaglione, senti, dai retta a me e non farti condire o sviare dallo spessore degli argomenti degli altri. BEVI. E bevendo vini, buoni o no, ti farai una tua idea e non seguirai il carro degli altri come un’educanda, non ti farai abbindolare dalle mode e non darai mai per scontato nulla. Sei giovane, per arrivare a 50.000 bottiglie hai tempo. Io ci sono arrivato e forse è per questo che adesso scrivo qui, con te e con gli altri, e soltanto su un altro sito in Italia più uno solo in Polonia, dopo aver collaborato con molti altri che però non mi vedranno più. Qui trovo gente che ha il coraggio di dire che il vino è il frutto di una simbiosi tra terra, sole e genio dell’uomo, ma dove nessuna delle tre può prevalere sulle altre, altrimenti ne esce uno squilibrio e te ne accorgi soltanto bevendo. Perciò…. BEVI. Io non pretendo d’insegnarti ciò che dai tempi di Arnaud de Pontac o di Cacapoco Chifapocomoto o di Ciolanka Sbilenka…. mi basta leggerti e imparare, sì, a 61 anni suonati ancora ne ho una barca da imparare, ma ho vantaggio: io BEVO. Gli altri invece degustano. Io dopo essermi goduto la beva sono capace anche di stare zitto e di godermi il fondo della bottiglia senza sparare cazzate mentre gli altri passano da una bottiglia all’altra roteando il bicchiere da maestri allenati perché loro sì che sono dei checchi, poi infatti scrivono poesie, si danno le arie da intenditori, sciorinano un fiume di parole che non ci si capisce una mazza, ma riempiono in blog. Basta saper scrivere in italiano, fare un po’ di battute, imparare a memoria qualche dépliant del vino per capire qualcosa di vino? Lasciali fare. “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”. Quelli metteranno su un e-commerce di vino, ci guadagneranno facendo finta di essere indipendenti nel giudizio, qualcuno è diventato pure ricco in quel modo. Io morirò annegato in un’enorme botte di Lagrein (dunkel) della Cantina di San Michele Appiano, ma stai pure tranquilla, che saranno lorsignori ad invidiare me.

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    2. Massimiliano Montes Post author

      @Diletta Scaglione, ci sono persone pagate per dire quelle cose 😉
      Il goût de maison nasce per gli champagne, che sono modificati tramite la liqueur d’expedition per mantenere sempre lo stesso aroma e sapore.
      Non vale per i vini, o meglio vale nella misura in cui la mano del vignaiolo lascia la sua impronta. Variando i tempi della vendemmia (ricordi? 😉 ), variando i tempi di macerazione, follature e rimontaggi, maturazione in contenitori inerti o legno vecchio e giovane, etc.
      Solo così si può lasciare un “impronta” naturale al vino.

      Poi ha ragione Mario…. il segreto è bere. Il vino è come la letteratura, più cose si bevono più si conosce, più autori importanti si leggono meglio è. Tra il serio e il faceto bisognerebbe sempre chiedere a tutti coloro che ufficialmente hanno titoli di “docenza” in campo enoico quali sono i migliori vini che hanno bevuto nella loro vita.
      Se ti capita di avere tempo libero questo è un posto a poche ore dove andare a studiare:
      http://gustodivino.it/vino/antic-wine-lenoteca-di-lione-e-un-pommard-de-montille-1988/massimiliano-montes/1041/

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      1. Mario Crosta

        @Massimiliano Montes, allora ha ragione Alessandro Dettori che io non capisco un cazzo di vino, perché il migliore vino della mia vita è sempre l’ultimo che ho bevuto. Gli altri, quelli che fanno e-commerce e poi si spacciano per intenditori (guarda caso… ma non dei vini che non hanno in catalogo) invece ne capiscono tanto, talmente tanto che hanno costruito un blog apposta per loro e per i gonzi che ancora ci cascano…

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        1. Massimiliano Montes

          @Mario Crosta, è vero. Il mondo del vino è commercio. Chi fa un’informazione non commerciale si conta sulle dita di una mano… ehm di mezza mano

        2. Mario crosta

          @Massimiliano Montes, no, non siamo così pochi. Sono i commercianti che scrivono centinaia di commenti con nomi anonimi sui loro blog per far vedere che loro sono tanti, che hanno un seguito, che sono i primi della classe. Ma di blogger indipendenti ce ne sono molti di più, te lo assicuro, soltanto che, siccome sono corretti e onesti, non s’inventano il Giorgio che prende a calci nel culo un altro blogger, un Vito e fiele, un Roberto e odio, insomma gli anonimi cecchini che mettono in minoranza e sbeffeggiano chi ci mette invece la faccia. La loro è invece un’infima minoranza, oserei dire, che però è capace (da commercianti sanno bene tutti i trucchi di come si fa) di spacciarsi per maggioranza. Non è un caso che alcuni produttori vadano a commentare lì perché pensano di avere più seguito che altrove, che poi è una bufala colossale. Ripeto che io sono il re degli ignoranti di vino, ma gli unici complimenti per iscritto che ho ricevuto in vita mia da chi se ne intendeva davvero non sono stati per un mio articolo su un vino che tutti sarebbero stati capaci di osannare, ma per un veneto rosso da 2,61 euro la bottiglia di una cantina sociale. Peccato che era a letto con la febbre e che sarebbe morto poco dopo. Ci manca ancora adesso e non ne vedo ancora un altro, nel nostro Paese. In Polonia sì e si chiama Mariusz Kapczynski di Vinisfera.pl

        3. Massimiliano Montes

          @Mario Crosta, i commenti in molto blog famosi sono preordinati, hai ragione tu. Spesso si mettono d’accordo una decina di produttori e qualche rivenditore, con un paio di alias per ciascuno fanno cento commenti in poche ore (è stato condotto così per anni il blog di vino antesignano di questo tipo di comunicazione).
          Per questo la parte più importante, e credibile, dei contenuti a mio parere deve essere il post (o il pezzo, o l’articolo, chiamalo come vuoi) e non i commenti.
          I commenti devono essere liberi, ben vengano, ma non devono vicariare la carenza di contenuti dei post.

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