Lo so, questo è un post polemico, provocatorio, e magari poco in linea con lo spirito del nostro blog. Il fatto è che non passa giorno senza che si trovi in rete un attacco ai vini naturali.
Ogni giorno c’è qualcuno che spara nel mucchio, con massimalismo e pressapochismo, senza mai portare alcun dato oggettivo né elementi che contribuiscano a rendere la loro critica in qualsiasi modo costruttiva. Echissenefrega, direte voi e fondamentalmente lo penso anch’io, non fosse che nelle ultime settimane si è raggiunta un virulenza e una violenza verbale davvero sopra le righe.
Leggo a destra e a manca di drammatici resoconti di degustazioni dove troppi vini sarebbero improponibili e che anzi dovrebbero essere classificati come aceto.
Leggo poi ancora di grandi esperti di puzze di buccia di salame (il vegetariano), di formaggio (l’intollerante), di cavallo sudato (lo scommettitore), di vomitino di neonato (il pediatra), di sulfureo (l’esorcista), di stallatico (il coprofilo), di piscio di cavallo (aridajie col cavallo).
Nonostante queste cose mi facciano saltare la classica mosca al naso, cerco sempre di argomentare direttamente con i grandi accusatori utilizzando educazione e raziocinio (nel limite delle mie possibilità) all’interno dei loro blog, ma quando si arriva a consigliare a certi (indefiniti) produttori di cambiare mestiere perché non è obbligatorio che essi producano vino, allora forse è giunto il momento che si chiariscano un paio di cose.
La prima è che siamo noi fruitori, consumatori, appassionati e critici, a non essere obbligati a bere vino (e a scriverne) né tantomeno a scegliere quei vini e quei produttori. La seconda, quella più bizzarra e in apparente parziale contraddizione con la prima, è che “quei vini” e “quei produttori” a quanto pare nessuno sa con esattezza quali siano.
Il denominatore comune di tali invettive è che non venga mai citato uno straccio di nome.
Omertà assoluta. Ma allora si può sapere di cosa state parlando? Se avete l’arditezza di sputare irrispettose sentenze pesanti come macigni, abbiate almeno il coraggio e la coerenza di andare fino in fondo. Fuori i nomi o tacete per sempre.
io ritengo che quando si trova un vino con difetti oggettivi, la miglior cosa è non parlarne per non screditare e offendere chi ha speso sacrifici impegno e investimenti dietro quel bicchiere!
Concordo con te Massimo, si parla sempre di più in maniera discriminatoria nei confronti dei vini “artigianali” generalizzando che hanno tutti difetti e problemi, ma poi non si sa quali siano quelli buoni e quelli cattivi!
Ritengo che valga sempre la pena di parlare SOLO dei vini che colpiscono per la loro qualità, convenzionali e non, ma eviterei di parlare di quelli cattivi.
Io non sputtano mai pubblicamente un produttore, e questo indipendentemente dal fatto che faccia vini “naturali” o no.
Non mi pare corretto verso un imprenditore che ci ha messo soldi, fatica, passione e buona fede mentre io ci ho solo messo sopra il naso, e il mio è comunque un giudizio personale.
Senza contare che in Italia la libertà di dire quello che uno pensa di una “merce” è abbastanza limitato: anche se parlar male di un’auto della FIAT è sicuramente più rischioso che di un vino di un piccolo produttore, a “fare i nomi” si rischia anche una condanna e ci sono precedenti. Cosa che in altri paesi sarebbe impensabile.
Non ho mai avuto problemi, però, a dire quello che penso direttamente al produttore.
Che ci siano molti vini “naturali” difettosi, almeno secondo le categorie di giudizio classiche, è un dato di fatto, anche se a me pare un fenomeno in evoluzione in senso positivo: ce ne erano assai di più anni fa quando il fenomeno dei vini naturali era, al contrario, molto più ridotto. Esiste quindi un’evoluzione delle conoscenze e della tecnica, forse ancora insufficiente, ma attiva e dinamica, e questo effettivamente mi pare che sfugga ad alcuni critici.
@maurizio gily, condivido appieno quanto ha scritto Maurizio.
naturale o industriale o chiamalo come vuoi dietro una bottiglia ci sono l’impegno, la fatica, gli sforzi economici di tante persone.
non vedo perchè sia necessario mortificare un produttore con una recensione negativa.
preferisco di gran lunga discuterne insieme alle persone con cui sto bevendo quel vino, senza preconcetti e senza chiusure mentali.
di vini naturali o biodinamici buoni ne ho bevuti tanti, soprattutto francesi debbo dire, ma anche italiani.
ma ho anche visto decisi sostenitori della biodinamica e del naturale letteralmente impallidire, dopo aver massacrato una bottiglia usando termini ancora più duri di quelli su cui hai ironizzato, quando tolta la stagnola che la copriva è venuta fuori una bottiglia, magari anche costosa, di quella tipologia di vino che magari era la stessa che avevano portato loro.
resto sempre dell’opinione che il vino è buono o non è buono a prescidere se convenzionale o naturale.
@maurizio gily, il problema è rappresentato da coloro che (e tu non sei certo tra quelli), con la scusa di non sputtanarne uno, sputtanano tutta la categoria dei naturali, come ci fosse una strategia.
@Nic Marsél,
appunto, la sensazione è quella che ci sia un minimo di premeditazione negli interventi denigratori nei confronti del cosidetto “naturale”.
Non voglio pensare a teorie del complotto ma sicuramente c’è una una volontà di difesa della categoria e di concezione vitivinicola “convenzionale” che riposa alle spalle di questi interventi.
Bisognerebbe scrivere molte più recensioni di vini “perfetti”, tristemente tecnici quasi accademici, ma assolutamente imbevibili, a-territoriali, falsi e immensamente troppo cari per ciò che danno.
Kampai
@Luigi Fracchia,
Se la mediocrità è un difetto, allora questi vini prodotti con un uso/abuso dei circa 60 additivi chimici consentiti dalla legge, sono tutti pesantemente difettati 😉
@Massimiliano Montes, @Luigi @NIc
suvvia ragazzi, siamo seri e lasciamo che ad urlare “GOMBLOTTOOOO” siano i grillini o quelli che credono alle scie chimiche…
Il problema qui è che se si esprimono pareri negativi si fa sempre il male perché immancabilmente qualcuno verrà a romperti i ciglioni ed a sindacare sul tuo parere (le virgole mancano di proposito) e posso dirlo per esperienza diretta.
Ciao Roberto. Non c’è nessun complotto. C’è da una parte l’industria del vino che vuole essere lasciata libera di fare quello che vuole, anche di usare prodotti industriali; dall’altra i produttori artigiani che fanno il vino con metodi naturali.
Poi se vogliono romperci i ciglioni noi siamo qui 🙂
@Massimiliano Montes, i vignaioli artigiani fanno il vino con metodi artigiani, non è che il vino per natura si travasa da una botta all’altra o decide di sostare in legno, acciaio o cemento, ne la vite si autpota o cresce in file diritte, ne il vino si autoimbottiglia o decide lui se essere frizzante o fermo. ARTIGIANALI… naturali non esistono 🙂
Inoltre mi pare che qui in Italia tutti vogliono fare un po’ quel cazzo che gli pare e non solo le industrie.
Naturali non significa che l’uomo non ci mette mano… sarebbe stupido pensarlo.
La legge italiana consente di usare circa 60 tra coadiuvanti e additivi chimici in cantina. La maggior parte di questi sono aromatizzanti o modificano consistenza e caratteristiche chimico-fisiche del vino.
I vini naturali sono vini prodotti senza l’uso di queste sostanze. Rispettando gli aromi e il profilo originale del mosto-vino, senza snaturarlo.
Smetteremo di chiamarli “vini naturali” quando diventerà proibito per legge modificare artificiosamente il profilo del vino.
@Massimiliano Montes, CONSENTE quindi non OBBLIGA. Non mettiamo in giro la falsa leggenda che nel vino ci sono TUTTI quelle porcate perché mentiamo sapendo di mentire.
Quanto al “rispettare gli aromi” metterli in legno è differente dal metterli in anfora o in cemento o in acciaio e quindi qual’è il rispetto per gli aromi? Vogliamo parlare delle macerazioni eterne? Che aromi rispettano??
Ma infatti bisognerebbe dare la possibilità al produttore di scrivere in etichetta o in retroetichetta tutti i trattamenti che fa. Sia in vigna che in cantina.
Fino a oggi è proibito.
Caro Nic, esisitono vini buoni e vini cattivi. Indipendentemente dal fatto che siano naturali o no.
Se dovessimo elencare i vini, convenzionali o non, che secondo noi sono brutti o malfatti…. ci vorrebbe un esercito di avvocati 🙂
Sarebbe la volta buona che scendo in campo e divento amico di Ghedini
Piu’ aumentano le conoscenze in vigna ed in cantina e meno vini difettati troviamo in giro !
Tanto per non fare nomi un produttore che produce vini naturali molto buoni è Pierpaolo Messina dell’azienda Marabino che è intervenuto sopra ; un’altro produttore che ricordo sempre con piacere è Emidio Pepe, un’altro è Alois Lageder, ultimo ma non da ultimo quello fotografato in alto a dx , ovvero Alessandro Dettori !
Questi sono fior fiore di produttori naturali, biologici o biodinamici !
Sono circa 25 anni che mi occupo di vino, da circa 15 in maniera approfondita, ma non ho mai scritto male di un vino difettato, ho sempre omesso di riportare il nome del produttore, questo per mia scelta personale, convinto come sono che anche il peggior vino sia frutto di sudore, impegno , passione ed investimento di tempo e denaro !
Resta il fatto che andando avanti negli anni diminuiscono i vini difettati non solo tra i naturali, ma anche tra i convenzionali….per nostra fortuna !
In Francia però si trovano ancora dei vini da 100 euro in cantina ed oltre che ” puzzano ” di Brett, e mi incavolo quando sento dire dal pirla di turno che quella è ” tipicità o terroir “. Un par de c@@@@i, quando puzza puzza, altrochè terroir ! 🙂
Esistono vini pessimi, è normale che sia così. O meglio, non è normale però accade usualmente.
Ultimamente ho aperto una bottiglia di un vino, non naturale, che inizia con O e finisce con AIA. Annata 2004. Era nauseante 🙂 Stucchevole, denso, spremuta di frutta ma frutta brutta che ricordava la peperonata.
Credo che la soluzione di Pierpaolo sia la migliore: parliamo solo di quelli buoni. Tutti i vini recensiti su gustodivino credo siano da buoni a eccellenti. Ma la mia è un’opinione palesemente di parte 😉
Continuiamo a recensire solo vini naturali buoni. È l’unica via. Gli altri si arrangino
@Massimiliano Montes, non è solo l’O…AIA. Tutti i vini commerciali sono imbevibili. Piatti, insignificanti. E alcuni icredibilmente costosi!
Ciao Carlo.
In effetti non riesco più a bere da anni vini cosiddetti “commerciali”. Anche se formalmente senza difetti (volatile, brett, ossidazione, etc.) sono imbevibili. Insignificanti e senza gusto. Bevande e non vino.
Il problema è che generano un grande business e hanno alle spalle stuoli di giornalisti e pubblicazioni compiacenti.
@Carlo Panaro,
La cosa più bella letta ultimamente su un vino naturale è quello che ha scritto Patrizia Saiola al termine della recensione del Nonna Concetta 2007 di Calabretta, che abbiamo pubblicato due giorni fa:
“è come se avessi bevuto tutta la vita caffè solubile, poi qualcuno finalmente, mi ha offerto un espresso”.
Dare spazio solo agli esempi virtuosi è cosa che condivido, ma qui il discorso è un altro. Ci sono giornalisti che hanno l’arroganza e la presunzione di consigliare a certi contadini di cambiare mestiere. Ma che lo cambiassero loro mestiere! Quelli che scrivono che certi i vini puzzano di vomito e liquami, associando sistematicamente il movimento dei “naturali”, ma badando bene di rimanere nel vago. Se devi fare una denuncia tanto grave vai fino in fondo altrimenti che giornalista sei? O sei forse soltanto al soldo di qualcuno per gettare fango?
Il problema è dei vini commerciali non di quelli naturali.
Sono loro ad essere imbevibili, il problema è loro non nostro.
Forse l’andamento del mercato costringerà qualcuno di questo produttori di bevande che usurpano il nome del vino a cambiare mestiere. Magari è per questo che sono così nervosi.
Concordo sul fatto che ultimamente stiamo assistendo ad una battaglia. Quotidiamente leggiamo una serie di articoli che rappresentano un continuo botta e risposta alquanto odioso, da chi rappresenta una seria associazione di sommelier per arrivare a chi “per moda” attacca con la sua sentenza.
Personalmente credo che sia una situazione controproducente a 360gradi per il vino.
Dovremmo essere tutti uniti per apprezzare al meglio questo prodotto che in nessun caso rappresenta solamente una “bevanda”: parliamo di storia e cultura, di aneddoti che si incrociano con guerre, rivoluzioni e scoperte. Da chi offrì il proprio Champagne ai russi per poi venderlo a tutto il mondo a prezzi elevati, per passare da quel pazzo svizzero che incroció il Riesling con lo Chasselas, per non parlare di chi si portava la vite in giro per l’Europa e la coccolava, degli errori di Cavour che portarono alla nascita del Barolo per mano di Oudart e di un certo Giacomo Tachis che ha qualcosa a che vedere con alcuni “AIA”. Cerchiamo di amare il vino che delizia il nostro palato, il nostro naso, cerchiamo di capirlo informandoci partendo dal tanto nominato ma complesso terroir, che sia naturale, biologico, biodinamico o quant’altro. Diffidiamo di chi sputa sentenze con ostilità rimarcando i difetti (eventuale puzza): abbiamo la fortuna di poterci mettere a tavolino, accompagnati dalla nostra passione da un calice ed un cavatappi, con un vino naturale o con un “aia” e poterli gustare e poterli riflettere, godere di entrambi. Tutto è in continua evoluzione: non sputiamo sul passato, sulla nostra storia, non sputiamo sul presente, sulla storia che stiamo scrivendo. GODIAMO
Concordo sul fatto che è sciocco e poco costruttivo continuare a sparare a zero su chi produce vini naturali senza fare i nomi “dei cattivi”.
Concordo sul fatto che esistono “vini buoni e vini cattivi” a prescindere dal fatto che siano o meno naturali (scusatemi il termine mi fa davvero sorridere). Cosa vuol dire “naturale”?
Scusatemi…e il resto del vino in commercio cosa sarebbe?? Frutto della bacchetta di un mago??
Ho assistito personalmente a una degustazione condotta da un produttore di vini naturali del FVG che durante la presentazione della sua azienda e dei suoi vini ha letteralmente cominciato a sparare a zero sulla enologia non biologica o biodinamica accusando l’intera categoria degli enologi di far male il loro lavoro, di usare sostanze illegali e di fare vini cattivi e che l’unico vino buono in assoluto è quello prodotto biologicamente o biodinamicamente. Quando gli è stato chiesto di fare i nomi vista l’accusa pesante ha preferito tacere. Non si può lanciare il sasso e nascondere la mano, da entrambe le parti.
Allora mi chiedo: è vero che nessuno di noi può sentirsi in diritto di “giudicare” un vino pubblicamente, ma è anche vero che nel panorama vastissimo dell’enologia ci sono enologi e produttori che conoscono il loro mestiere e lo svolgono con professionalità e altri no. Come succede in tutti i settori.
Personalmente quando mi è stato chiesto di esprimere un giudizio l’ho sempre fatto e se qualcosa non mi convince preferisco parlarne direttamente con il produttore.
Inoltre…se c’è in giro tanto vino cattivo evidentemente c’è qualcuno che lo beve.
La legge italiana consente di usare circa 60 tra coadiuvanti e additivi chimici in cantina. La maggior parte di questi sono aromatizzanti o modificano consistenza e caratteristiche chimico-fisiche del vino.
I vini naturali sono vini prodotti senza l’uso di queste sostanze. Rispettando gli aromi e il profilo originale del mosto-vino, senza snaturarlo.
Ora lo sai.
Il fatto che sia legale usare questi prodotti non significa che sia giusto o corretto. La legge spesso è sbagliata.
Smetteremo di chiamarli “vini naturali” quando diventerà proibito per legge modificare il profilo del vino.
In realtà hai ragione tu. Non sono i vini naturali che si devono porre il problema, ma sono quelli innaturali, che pur rispettando la legge in realtà sono “bevande al vino” (nella migliore delle ipotesi).
@Massimiliano Montes,
Non sono propriamente d’accordo…so cosa si può usare o non in cantina. Ho lavorato in una cantina e lavoro tuttora nel mondo del vino.
Ma è come se stessimo facendo una denuncia nei confronti di tutti coloro che non producono “vini naturali”.
Son sicura che avrai dato un’occhiata alla legge che li disciplina solamente da meno di 7 mesi e che avrai letto l’elelenco dei coadiuvanti/additivi che possono essere utilizzati.
Mi sembra solo una presa in giro.
per non parlare poi del fatto che molti di essi sono difettati.
E saprai sicuramente che il rame utilizzato in vigna dopo qualche anno di utilizzo avvelena i terreni.
Non sono d’accordo…molti enologi pur non rientrando nella legislazione dei vini biologici lavorano nel pieno rispetto della vigna e del consumatore e non possono e non devono essere demonizzati
facendo una rapinda ricerchina su Internet ho scoperto che non è obbligatorio bere quei prodotti infetti e ributtanti per enofeticisti cosiddeti “vini naturali” (chissà cosa saranno mai? io mica l’ho capito)…ergo coloro che preferiscono la coca cola, l’ornellaia e il tavernello sono pregati di andare coretesemente di andare a …ehm ho detto cortesemente sorry.. di andarli a degustare in santa pace e di lasciare le suddette immani schifezze a chi liberamente le compera (coi suoi soldi) e se le beve… grazie…
Certo l’argomento è complesso, oltre che complicato. In effetti non vedo tanta acrimonia tra i produttori di formaggi o di salumi, e si che anche lì ci sono ottimi prodotti naturali e pessimi prodotti industriali; a volte anche viceversa. Certo attorno al vino ci sono interessi maggiori, si muovono più soldi e più indotto che non con il tomino o un culatello.
Complesso, dicevo, perché la nuova normativa UE sui vini biologici (bleah alla normativa) consentirà nei prossimi anni a molti produttori di fregiarsi dell’appellativo ‘Biologico’ in etichetta, e certo non vorranno che si scopra che il gusto di quei vini è stato aggiustato come quelli industriali. Vorranno mantenere il monopolio del gusto, grazie anche ad associazioni compiacenti come AIS o Gambero Rosso (tanto per fare due nomi) che hanno in questi anni sponsorizzato vini plastificati, muscolari, disegnati, brutte copie di bordolesi parkerizzati.
D’altra parte se il mondo degli enoblog è piuttosto spostato verso vini con fatture più precise, più territoriali, più, come dire, naturali, l’universo della carta stampata e della televisione è orientato sui grandi nomi da supermercato o da ristorante turistico. Ed è lì che girano i grandi soldi, mica qui dentro. Almeno qui da noi nella provinciale Italia. USA, GB, e anche Francia, hanno da tempo un approccio alla comunicazione più avanzato del nostro, e lì puoi fare la critica negativa (non brutta o cattiva, ma negativa si) ad un prodotto senza doverti aspettare la chiusura del blog da un momento ad un altro da un giudice che non sa bene cosa fare.
E’ una questione di tempo, immagino: tra qualche anno anche le aziende si renderanno conto che forse comparire nelle recensioni di qualche blog piuttosto che sulle pagine di una guida, rende di più in termini di propagazione del proprio nome. Il problema si sposterà, è vero, e Internet non è la democrazia: ma il mezzo, se ben usato, sicuramente aiuta l’espressione della pluralità.
Ah, a me piacciono i vini naturali, e difficilmente ne trovo di buoni tra quelli industriali. Però è vero che di questi quasi non ne bevo.
@Wine Roland,
Da quando ho scoperto che il diploma AIS non ha valore legale in Italia, me ne frego delle combutte con l’industria del vino. Il GR è ormai talmente sputtanato che neanche la gente comune ci crede più. Resta solo internet per la comunicazione enoica.
@Wine Roland,
ma cosa intendete per vini industriali??
Un’azienda che produce 20000 bott…può essere considerata industriale??
Un’azienda che cura con attenzione i propri vigneti e controlla minuziosamente ogni passaggio…può definirsi industriale??
Ciao Simona, mi permetto di rispondere alla tua domanda.
Non dipende dal numero di bottiglie, ma da come le fai.
Se usi prodotti industriali in cantina per “aggiustare” il vino il tuo è un vino industriale.
@simona
non è, per me, una questione di quantità di bottiglie prodotte. Concordo inoltre nel fatto che la definizione ha confini abbastanza sfumati. Io personalmente mi riferisco ai vini industriali come quelli dove la chimica aggiunta ha la preponderanza rispetto a quella naturale, sia in vigna che in cantina.
@Wine Roland, volevo solamente sottolineare che magari un’azienda che produce 20.000 bott non può perdersi dietro tecniche disoneste, ma magari, pur non rientrando nel regime del biologico o biodinamico da un punto di vista mormativo, rispetta comunque la materia prima che se è di ottima qualità non necessita di alcun aiuto esterno.
Il resto, quello che definiamo industriale e che potrebbe essere allrgato anche ad altri settori merceologici, viene chiamata disonestà e mancanza di professionalità.
Mi spiacerebbe che si facesse di tutta l’erba un fascio. Conosco tantissimi enologi, grandi uomini prima che professionisti che mai si sognerebbero di svendere la propria onestà
@simona
non stiamo parlando di tecniche disoneste, ci mancherebbe. Un produttore industriale NON è un disonesto. Semplicemente utilizza quanto la legge gli consente per modificare, secondo le mode, secondo il mercato, secondo il proprio gusto, quanto l’uva produrrebbe senza aggiunte di sorta.
Solo che io vorrei un vino come vien fuori dall’annata, dal territorio, dalle uve, dalla mano del vignaiolo.
Caro @Nicola, qui ribadisco quello che ho detto su a Nic, Luigi e Massimiliano, la critica non è di casa in Italia ne tantomeno è permesso dissentire o avere opinioni personali a meno che non siano uguali a quelle di tutti gli altri. Se non fai i nomi sei pirla o c’è dietro un complotto; se li dici sei pirla e non ne capisci un cazzo di vino; dici quello che dici c’è sempre qualcuno più intelligente di te che ti racconta per filo e per segno come si deve stare al mondo.
Rilassatevi tutti e prendete le opinioni personali come tali e non come un dramma universale!
Wine Roland…ho piacere a girarle un articolo scritto lo scorso anno che elenca quello che i produttori di vini naturali possono usare: http://www.winesurf.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia=1382&form_search_key=biologico
Quello che voglio dire…è che forse “tutto il mondo è paese”. Nell’elenco dei coadiuvanti/additivi c’è tutto quello che può essere usato per i vini naturali. L’unica differenza con i vini “industriali” è che gli additivi devono provenire da produzioni biologiche.
Ma…secondo lei…cosa cambia? Concordo quando dice che vorrebbe un vino capace di evocare un territorio, la varietà…ma oggi si insegue il gusto del consumatore…perché è a lui che quel vino è diretto. Poi ci sono i piccoli produttori ancorati alle tradizioni (non solo produttori di bio in senso lato) che riescono a mettere in commercio un prodotto “riconoscibile”.
Capisco il suo ultimo punto di vista e lo rispetto, ma c’è ancora tanta, ma tanta strada da fare attorno a questo mondo
Gentile Simona non è come dice lei.
Il vino naturale non ha nulla a che vedere col vino biologico.
Abbiamo già affrontato l’argomento in questo post:
http://gustodivino.it/home-gusto-vino/vino-naturale-biodinamico-o-biologico/massimiliano-montes/971/
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La normativa sul vino biologico è una vera e propria presa in giro che aiuta solo gli speculatori. Il vino naturale è prodotto senza additivi chimici e coadiuvanti.
Il fatto che queste sostanze siano legali non significa che è giusto usarle.
@Massimiliano Montes, ma chi ca..o è sto finto esperto, Montes del ca..o, che non sa far altro che abbindolare i poveri lettori con le più assolute minchiate speculative, la maggior parte delle quali pagate con favori vari dai vari produttori di cui promoziona il fantastico, e scorretto (e imbevibile….perloppiù) vino naturale……. che faccia un salto nel tempo di 6000 anni e vada a bere l’uva ammucchiata negli anfratti di roccia e lì fermentata al sole….max 6-7 % alcol, un po’ di zucchero e tanto spunto acetico…. il vino è vino, una bevanda…niente di più di questo, deve garantire salubrità al consumatore, non mi fido dei vari scienziati naturali ….. mi spaventano le aflatossine e le ocratossine….sono cancerogene, preferisco un po’ di solforosa legata ad una bella struttura tannica, ed un buon vino che mi faccia commuovere…ma di questo, i naturali, non ne sanno proprio un bel nulla….ciao a tutti, e buon vino!!!
@ Mario chi?
@Mario,
Il finto esperto è Francesco Fabbretti. Lo puoi andare a trovare all’enoteca Balduina.
Io sono talmente prezzolato dai produttori naturali che quando gli ordino sei bottiglie me le fanno pagare più care che al distributore 😉
@Mario, finalmente qualcuno che affronta il problema delle aflatossine e ocratossine il cui quantitativo nei vini naturali farebbe spaventare anche il più salutista fra i salutisti.
Sono d’accordo con il suo commento!!
@simona, Spiacente Simona, vino naturale e vino biologico non sono la stessa cosa. I produttori di vino naturale generalmente aderiscono ad associazioni come Vinnatur, Vini Veri, Renaissance, che hanno regolamenti molto restrittivi. Niente a che vedere col protocollo biologico.
@Nic Marsél, si so…rientrano nel contesto del biodinamico e di una filosofia che effettivamente esula dal resto. Converrà con me che molti dei produttori che producono vini biologici dicono di appartenere alla categoria dei “puri”.
Io non mi sento di fidarmi dei vini naturali, ci sono troppe cose “poco chiare” nella loro produzione.
Ho però assaggiato dei vini dopo essermi documentata con chi propone certe metodologie di produzione e vinificazione trovandoli interessanti e mi son sentita di scriverne (http://www.winesurf.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia=1407). Converrà con me però che vini buoni prodotti naturalmente (questa parola mi fa sorridere) son davvero pochi.
@simona,
I vini naturali non “rientrano nel contesto del biodinamico”.
Sbaglia di nuovo.
Getta fumo negli occhi.
Non capisco se ci è o ci fa 😉
http://gustodivino.it/home-gusto-vino/vino-naturale-biodinamico-o-biologico/massimiliano-montes/971/
@Massimiliano Montes, non avevo ancora letto il “suo” articolo.
Paradossalmente un vino che va in spunto acetico ma che ha seguito alla lettera il “protocollo” di vinificazione dovrebbe essere eccezionale solo perchè ha rispettato certi criteri. Lasciare che la fermentazione parta spontaneamente con la predominanza di chissà quale ceppo di lieviti…è disarmante.
Lei fa riferimento a ViniVeri riportando al loro sito dove si legge tra le diverse cose “f) – utilizzazione, per i trattamenti in Vigna contro le malattie, di prodotti ammessi dalle norme in vigore in agricoltura biologica”.
Ma ci stiamo davvero prendendo in giro? Ma come?Si fa ricorso al disciplinare dei vini biologici quando comoda?
Adesso che qualcuno si è preoccupato di aprirmi gli occhi sono ancora più preoccupata.
L’Italia non è ancora pronta per certe differenziazioni…e il consumatore lo è ancora meno, occorrerebbe imparare dai francesi una volta tanto.
“se ci sono o ci faccio?”…e chi può mai dirlo?
La legge sull’agricoltura biologica e quella sulla vinificazione biologica sono due cose diverse.
La prima è una vecchia legge ben fatta che limita pesantemente l’uso della chimica in agricoltura.
La seconda è del marzo 2012 ed è un obbrobrio nato per favorire l’industria.
–
Se il suo vino va in spunto acetico è perché lei non lo sa fare, non per le fermentazioni spontanee.
Legga cosa dice Francesco Spadafora, produttore convenzionale, in questa intervista:
http://gustodivino.it/home-gusto-vino/fermentazioni-spontanee-due-opinioni-a-confronto-angiolino-maule-e-francesco-spadafora/massimiliano-montes/2013/
@simona, scusa il ritardo nel rispondere. Non essendo io un produttore di vino posso parlare solo per aver ascoltato molti vignaioli naturali. I problemi durante la vinificazione li hanno anche loro, nonostante la cura della materia prima. Non vorrei che sembrasse che un viticoltore di vino naturale fosse una persona che pigia l’uva e la lascia lì facendo scongiuri o danze propiziatorie. E’ invece una persona che si pone la domanda: per risolvere i problemi dello scorso anno, cosa dovrei cambiare nel mio modo di lavorazione, invece che risolverli aggiungendo artificialmente qualche magica polverina? Non sempre ci riescono, ovvio, ma mettere le pezze grazie alla chimica aggiunta non è una soluzione che a me piace. Per questo cerco di bere solo vini di un certo tipo, anche pagandoli di più. Vorrà dire che ne berrò di meno.
Aggiungerei una cosa, che vale in generale e non è relativa a questo scambio di opinioni. Se mi piace un vino lo dico (e lo scrivo a volte), ma non pretendo che piaccia anche ad altri. Vorrei lo stesso rispetto da parte di chi invece è orientato verso vini più ‘accompagnati’ all’incontro con il gusto comune.
caro Masimiliano, come vedi, ogni tanto leggo per aggiornarmi su ciò che si scrive sui dievrsi blog del vino… 🙂 ; da circa 3 anni leggo sempre la stessa solfa, se è meglio il bio o il naturale o il convenzionale o il quantico… parecchi mesi fa ho incontrato Angiolino Maule insieme a Giacosa, abbiamo parlato a lungo su alcune cose e tecniche naturali! Da quell’incontro costruttivo, spero per entrambi, ho maturato l’idea che lo scambo di informazioni e nozioni è importante per favorire la crescita di tutti. Forse dobbiamo ancora imparare” tutti tutti… “a valuatere la progressione della qualità dei vini e dei produttori. Voglio raccontarti ancora una mia esperienza, ebbene dopo parecchi anni di lavoro sui lieviti naturali e l’avvio delle fermentazioni delle uve rosse senza nessuna aggiunta di coadiuvanti etc. etc. Nella vendemmia 2010, ho iniziato questo percorso anche sui bianchi, nel 2012 un vino dolce mi è stato considerato non conforme all’analisi organolettica per la doc, in quanto non rispecchiava le caratteristiche di tipicità, e ti confermo che avevano pienamente ragione perché quel vino per aprirsi e diventare buono e tipico aveva bisogno di un poco più di tempo rispetto agli altri…. questo per dirti che spesso alcuni vini possono avere tutte le caratteristiche dei vini naturali, perché fatti rispettando la naturalità del processo , ma se su tutta la filiera organizzativa qualche step non funziona chi ne paga pegno è il produttore e nessun altro!!!