Chissà perché capitano tutte a me. Se andate in Sicilia non perdetevi un delizioso paesino nel Parco dei Nebrodi, in provincia di Messina: San Fratello.
Non nego di essere una persona scafata, di averne viste di tutti i colori. Però sentirmi apostrofare da un panettiere presentato da un amico “Signor Silvio, venga che le faccio assaggiare un pumpino di mia moglie” mi ha turbato non poco.
In gita con amici lieti di mostrarmi le bellezze del parco dei Nebrodi, giungiamo a San Fratello, un paese collinare con scorci di vista sul Tirreno.
“Conosco qualcuno che ti stupirà”, mi dice furbetto il capocomitiva, e mi conduce dritto al corso principale, in un famoso biscottificio.
“Ti faccio conoscere il dolce tipico di San Fratello. Viene fatto prevalentemente a Pasqua, ma lo trovi tutto l’anno. Il pumpino!”
Silenzio, occhio storto, cerco di capire se mi sta prendendo in giro.
No. Nessuna presa per i fondelli. Sul bancone occhieggiano esposti questi dolci con un uovo sano ed un chiaro cartello esplicativo.
Il panettiere si avvicina e con aria gioviale mi ammonisce: “I nostri pumpini sono i migliori del paese!”
Mi chiedo come un dolce del genere possa essere rimasto semi-sconosciuto fino ad ora. Credo sinceramente che i pumpini di San Fratello non abbiano la notorietà che meritano.
Intanto perché sono veramente buoni.
Il paese, poi, esprime allegria. In nessun’altra regione del mondo gli uomini fanno a gara per affermare la propria superiorità familiare su questi temi. “Mia moglie fa i pumpini migliori del paese, lo sanno tutti” dice uno accanto a noi. “La figlia del fornaio fa i pumpini migliori”, risponde un altro piccato.
Certo, credo che i Sanfratellesi giochino un po’ sopra l’equivoco… ma tant’é.
Istintivamente ho pensato a cosa bere in abbinamento a tale prelibatezza. Non amo i superalcolici, però in questo caso ci vuole: Grappa Bocchino, sigillo Nero (alla faccia di Bressan).
MI viene da pensare se su questo dolce di antica tradizione esistono delle testimonianze scritte, oppure è stato tramandato solo per via….. orale…….?
@Davide Marrale, uhauahuahauh sicuramente per via orale!!
@isabella, ahahahah
Caro sig. Rossi, devo segnalare un piccolo malinteso. Il nome del biscotto è stato italianizzato negli ultimi tempi perché in realtà nasce con il nome gallo-italico “pumpìj”. Sicuramente avrà notato che San Fratello è un isola linguistica e quindi anche l’equivoco (anche un po’ per gioco) nasce da questa traduzione che realmente non esiste. In conclusione complimenti e grazie per le sue parole di apprezzamento, aspettiamo lei e tanti altri visitatori per far assaggiare questo dolce tipico.
Caro Sottolapietra, deve ammettere però che anche il design del dolce trae, come dire…, in inganno 😉
Anche a me ha stupito molto, anche se poi ho fatto una ricerca etimologica ed ho capito l’origine di questo nome. A San Fratello comunque lo usano come “stupefacente” per far parlare di loro… La tipicità diventa un potente strumento di comunicazione
Io ho pubblicato l’articolo due anni fa nella mia pagina FB e l’anno scorso nel mio blog
che San Fratello abbia una lingua tutta sua non si può negare, conosco mia suocera( che ha 89 anni) da 25 anni ed ancora quando parla non la capisco, la coddhura l’ha sempre chiamata “pumpnia”(non me ne voglia nessuno ma non so come si scrive) molto simili a quelli calabresi ma non uguali, poi ogni zona ha la sua ricetta.
Avevo compagni di scuola di San Fratello al Liceo e si scherzava su questo e altro, comunque questi biscotti sono buonissimi.
@Rosalia, grazie per la testimonianza. Io avevo solo una compagna di Sanfratello, e parlavamo d’altro 🙂