“Siamo stati capaci […] di comprendere e di far comprendere la nostra esperienza? Ciò che comunemente intendiamo per ‘comprendere’ coincide con ‘semplificare’: senza una profonda semplificazione, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfiderebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni.
Siamo insomma costretti a ridurre il conoscibile a schema: a questo scopo tendono i mirabili strumenti che ci siamo costruiti nel corso dell’evoluzione e che sono specifici del genere umano, il linguaggio ed il pensiero concettuale. […] Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è.”
Analisi di un consumato ma ormai disincantato degustatore di vini? Frustrazione di un enocritico obbligato suo malgrado ad esprimere una valutazione, complessa per definizione, attraverso un lapidario giudizio in centesimi?
Niente di tutto questo. Sono le parole che Primo Levi utilizza per introdurre il concetto di ‘zona grigia’ in quell’impressionante insieme di riflessioni sull’esperienza del Lager raccolte nel suo ultimo libro, “I sommersi e i salvati” (Giulio Einaudi editore, 1986).
Lo so, l’accostamento è forzato, iconoclasta, blasfemo, irrispettoso e irriverente. E’ un modo goffo e bislacco di tributare questo straordinario intellettuale, autore di pagine sconvolgenti per profondità, lucidità e chiarezza di pensiero. Resta il fatto che c’è chi è riuscito nell’impresa di trovare vocaboli universali per raccontare l’inimmaginabile, per descrivere l’indefinibile, dipingere l’invisibile.
E c’è chi s’arrovella e si perde di fronte (e infine dentro) a un bicchiere di vino.
(un ringraziamento ad Arianna Greco per l’immagine sottotitolo)
Nicola, tocchi argomenti giganti!
Dal riduzionismo al vino, dal complesso al semplice e viceversa.
La comprensione della vita passa attraverso una inevitabile semplificazione iniziale… che deve essere un primo gradino di comprensione per salire verso la complessità.
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I punteggi in centesimi del vino sono una sintesi brutale. Nella migliore delle ipotesi.
Nella peggiore delle ipotesi sono uno strumento pubblicitario a pagamento: produttore pagami ed io ti elargisco i centesimi!
Purtroppo la superficialità umana fa si che l’uomo qualunque percepisca un immediato messaggio di qualità da un’espressione sintetica in XX/100.
@Massimiliano Montes, c’è anche dell’altro che non saprei come spiegare senza offendere un’intera categoria (nella quale potrei anche essere incluso) : sento la necessità di trovare qualcuno in grado di sorprendermi con un approccio e delle parole inedite per il mondo del vino. La critica è ingessata, i descrittori abusati, le storie ritrite. E’ un sentimento soltanto mio?
Se il vino perde la capacità di emozionare, allora è meglio non scriverne. Un buon vino è come una melodia o un’immagine, capaci di darti emozioni, anche intense, a volte struggenti. E’ questo che va comunicato. Se si perde l’entusiasmo (o se si bevono vini sbagliati 😉 ) meglio fare altro
@Massimiliano Montes, La materia (vino, territori, produttori) non manca di certo, gli strumenti (una lingua ricca) nemmeno. Penne illuminate e illuminanti, lontane da stereotipi e schemi cosolidati nei soliti ritornelli, probabilmente sì. Anzi fammela dire tutta: il vocabolario dei degustatori è vecchio, consunto, superato e di una noia mortale. Aiuto. C’è bisogno di ossigeno.
Grazie per l’apprezzamento della mia opera! Venne esposta per Vinitaly 2012 presso lo Stand del grande Severino Garofano col cui vino e’ dipinto.
Grazie a te. Le tue opere sono emozionanti.