• La nostra filosofia

  • gustodivino
  • Vino
  • Ristoranti
  • Eventi
  • Approfondimenti

Home » Approfondimenti » Un’altra degustazione di tappi: i tappi di sughero sono da dimenticare parte seconda

Un’altra degustazione di tappi: i tappi di sughero sono da dimenticare parte seconda

Pubblicato il 7 Dicembre 2019


di Massimiliano Montes 5 commenti

Grazie al genio del mitico ingegner Massimiliano Calabretta, dell’Azienda vinicola Calabretta, ci siamo potuti godere altre due degustazioni comparative degli stessi vini con chiusure diverse.

Dopo avermi stupito con la prima degustazione su bianchi e rosato, il buon Massimiliano ha voluto provare l’evoluzione degli stessi vini a distanza di sei mesi e il risultato di diverse chiusure sui vini rossi.
In due diverse tappe, una a Randazzo, sull’Etna, e l’altra a Genova, ospiti dell’ottima cucina de La Forchetta Curiosa ristorantino tradizionale genovese, abbiamo provato il Carricante 2018 e il Nerello Mascalese Vigne Vecchie 2010, imbottigliati entrambi in aprile 2019.

calabretta_etna_tappi

.

 

calabretta_etna_tappi

.

 

tappi_massimiliano-calabretta_roberto-grillo-forchetta-curiosa

Massimiliano Calabretta, Roberto Grillo de La Forchetta Curiosa

 

tappi_massimiliano-calabretta

Massimiliano Calabretta

Rispetto alla precedente degustazione appaiono più chiari i meccanismi evolutivi e il fatto che non ci possono essere certezze “aromatiche” in periodi valutativi così brevi.

Il Carricante 2018 era chiuso con tappi di microagglomerato senza colle, microagglomerato con colle, tappo in polimero di canna da zucchero a media permeabilità all’ossigeno, tappo in polimero di canna da zucchero a bassa permeabilità all’ossigeno, una chiusura composita realizzata con diverse componenti, tra cui un’anima, un telaio e uno scudo a contatto col vino (da ora in poi “chiusura composita”).

Il Vigne Vecchie 2010 era chiuso con tappi di sughero naturale monopezzo, microagglomerato senza colle,  due marche diverse di microagglomerato con colle, polimero di canna da zucchero a bassa permeabilità all’ossigeno, polimero di canna da zucchero a bassissima permeabilità all’ossigeno, chiusura composita.

Preliminarmente vale la pena sottolineare due impressioni rimaste costanti per tutte le degustazioni. La prima è la grande variabilità dovuta esclusivamente alla diversa chiusura per le sensazioni aromatiche olfattive, dapprima a calice fermo per cogliere gli aromi di apertura, quelli prevalenti, poi roteando per sprigionare le altre nuance, e in retrolfazione dopo aver deglutito, e per le sensazioni fisiche di acidità e astringenza. La seconda è la costante insufficienza delle chiusure a base di sughero monopezzo.

La serata a La Forchetta Curiosa ci ha riservato due grandi sorprese fuori programma, offerte da Massimiliano Calabretta, che ci hanno consentito di focalizzare meglio gli esiti delle degustazioni. Due assaggi di Etna Rosato del 1999 e uno storico Rosso dell’Etna 1997, prima etichetta in assoluto venduta come vino in bottiglia dall’Azienda Calabretta, entrambe chiuse con vecchi tappi in sughero naturale monopezzo.

calabretta_etna_tappi_rosato1999

Calabretta, Etna Rosato 1999

 

calabretta_etna_tappi_rosato1999

Calabretta, Etna Rosato 1999

 

calabretta_etna_tappi_rosso1997

Calabretta, Etna Rosso 1997

I vini erano in perfetto stato di conservazione, con un’olfazione e una retrolfazione di spettacolare briosità ed equilibrio, di buona acidità, con tannini morbidi e setosi nel rosso, e nessun segno di ossidazione. Relativamente ai tappi in sughero si trae l’impressione che col trascorrere degli anni la qualità media dei sugheri sia talmente decaduta da rendere impossibile, in epoche attuali, una chiusura in sughero monopezzo di qualità tale da regalare simili emozioni, a meno di non spendere cifre che per la maggior parte dei vini al commercio sono eccessive ed ingiustificabili. I tappi in sughero “contemporanei” a prezzi accessibili ai più non rendono il giusto merito al vino.

Per evitare un noiosa relazione certosina delle variabilità per singola tappatura, vale quella del primo articolo, mi limiterò alle chiusure che sono sembrate migliori e a quanto è cambiato rispetto alla precedente degustazione.

Per i bianchi il tappo in polimero di canna da zucchero a bassa permeabilità all’ossigeno si riconferma tra le migliori soluzioni di chiusura. Un buon rapporto prezzo-qualità è dato anche dal tappo in microagglomerato senza colle della stessa marca del precedente, che raggiunge risultati simili con costi inferiori.

Il tappo in chiusura composita, un prodotto tecnologicamente studiato e sviluppato su un preciso progetto ingegneristico, di prezzo elevato, ottiene lo stesso risultato sia sui bianchi che sui rossi: affievolisce notevolmente le sensazioni olfattive al naso ed esalta in modo importante la retrolfazione; sembra anabolizzarla, come i muscoli di un culturista. Per cui il risultato finale è sempre quello di un vino chiuso al naso che sprigiona i suoi aromi prevalentemente in retrolfazione.
Con altre chiusure il risultato è invece opposto.

calabretta_etna_tappi

.

 

calabretta_etna_tappi

.

Sul Vigne Vecchie 2010 abbiamo degustato una variante chiusa con tappo in polimero di canna da zucchero a bassissima permeabilità all’ossigeno (chiusura pubblicizzata dal produttore come finalizzata alle grandi riserve), di prezzo leggermente più alto, ma che a mio parere ha garantito il miglior equilibrio tra naso, retrolfazione, acidità e astringenza.

La medaglia d’argento, va alla chiusura in microagglomerato senza colle e il terzo posto sul podio al tappo  in polimero di canna da zucchero a bassa permeabilità all’ossigeno.
In questa batteria il tappo in sughero naturale monopezzo ha fatto la sua ennesima brutta figura e il tappo “tecnologico” in chiusura composita (realizzato con diverse componenti, tra cui un’anima, un telaio e uno scudo a contatto col vino) è sinceramente deludente: ha ridotto ai minimi termini le componenti olfattive, primi tra tutti gli aromi di apertura, consentendo di godersi il vino solo in retrolfazione.

calabretta_etna_tappi

.

 

calabretta_etna_tappi

.

 

calabretta_etna_tappi_Sophie-Riby-Velier

Sophie Riby, Velier

 

calabretta_etna_tappi_Emanuele-Fromento

Emanuele Fromento

 

calabretta_etna_tappi_Giovanni-Valentini-sommelier

Giovanni Valentini, sommelier

 

calabretta_etna_tappi_Marco-Giamello-enologo

Marco Giamello, enologo

 

calabretta_etna_tappi_Cinzia-Prarolo-e-Vittorio-Petrella-Velier

Cinzia Prarolo e Vittorio Petrella, agenti Velier

 

calabretta_etna_tappi_Alberto-Farinasso-Velier

Alberto Farinasso, Velier

 

calabretta_etna_tappi_Francesca-Landolina-critico-enogastronomico

Francesca Landolina, critico enogastronomico

 

calabretta_etna_tappi_Federico-Latteri-critico-enogastronomico

Federico Latteri, critico enogastronomico

 

calabretta_etna_tappi_Riccardo-Nibali

Riccardo Nibali

 

calabretta_etna_tappi

.

 

calabretta_etna_tappi_Salvatore-Modica

Salvatore Modica

 

Leggi anche: La caduta degli dei, e di un pregiudizio. I tappi di sughero sono da dimenticare?

 








5 Commenti


gianluca commenta:
09/12/2019 ore 11:13

…….in definitiva la natura perse sul’intervento dell’uomo

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
December 9th, 2019 ore 15:55


@gianluca, inoltre non usare più sughero è il miglior regalo che possiamo fare agli alberi.

Rispondi a questo commento

gianuca risponde:
December 10th, 2019 ore 09:18


@Massimiliano Montes,..spero tanto che tu stia scherzando….

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes commenta:
09/12/2019 ore 15:53

No. Si chiama evoluzione. Prima viaggiavamo in sella a un cavallo, ora viaggiamo con le auto elettriche ;-)

Rispondi a questo commento

gianuca risponde:
December 10th, 2019 ore 09:18


@Massimiliano Montes, …..domani berremo vini da varieta’ resistenti……

Rispondi a questo commento





Lascia un commento





  Annulla risposta

Annulla la risposta
« VAN Roma 2019, sabato 9 e domenica 10 novembre alla Città dell’Altra Economia
Dalla coca-cola, al Rum e coca, al gewurztraminer il passo è breve »

  • In evidenza

    • Ma cos’è il vino naturale? E’ vino biologico?
    • Questi strani cataloghi enotecnici
    • L’abbinamento perfetto: proviamo ad abbinare il vino col giusto aroma di pasticceria
  • I più commentati



    • Quando l'enologo non ti riconosce: "sapessi le porcherie che metto nel vino..."
      26/11/2014 - Leggi il post
    • I giovani sono tutti microssigenati
      12/07/2013 - Leggi il post
    • Il colore del vino è sempre uguale, dalle Alpi a Lampedusa
      24/02/2014 - Leggi il post
    • Il vino naturale non esiste. C'è sempre la mano dell'uomo
      20/06/2013 - Leggi il post
    • Ingredienti in etichetta: “Il senso del legislatore per il vino”
      10/09/2014 - Leggi il post
  • Ultimi commenti

    • Il vino nell’antichità – Enotecavinovivo.com on Il vino ai tempi dei Romani
    • Aldo Piras on Lieviti autoctoni, indigeni e fermentazioni spontanee
    • Giancarlo on Manuale del vignaiolo casalingo: come aromatizzare il vino con i trucioli legnosi
    • Stefano on L’uva americana Clinto che nulla c’entra con la tradizione italiana e veneta
    • Thomas on Perché devo spendere 15 euro per una bottiglia di vino se al supermercato trovo un ottimo merlot a 1,50 euro?
  • Ultimi articoli

    • Accostarsi con umiltà a un grande vino, e a un grande vignaiolo: il Nero d’Avola di Gueli
    • Emilio falcione e il VAN. In che direzione va il vino naturale in Italia: “Si è evidentemente diffusa una pratica per fare dei vini naturali nell’aspetto e non nella sostanza”.
    • Un Poliphemo 2007 di Luigi Tecce
    • La Denominazione “Vin Méthode Nature” riconosciuta da INAO e DGCCRF in Francia
    • Breve ricognizione sulla (il) Freisa


  • gustodivino.it

    Blog di libera informazione enogastronomica
    di Massimiliano Montes
    via Apollo 34, 90151 Palermo

    collaborano:
    Armando Garofano
    Nicola Cereda
    Giuseppe Bertini (L’Eretico Enoico)
    Silvio Rossi
    Diletta Scaglione
    Dino Montes

  • Gli ultimi articoli

    • Accostarsi con umiltà a un grande vino, e a un grande vignaiolo: il Nero d’Avola di Gueli
    • Emilio falcione e il VAN. In che direzione va il vino naturale in Italia: “Si è evidentemente diffusa una pratica per fare dei vini naturali nell’aspetto e non nella sostanza”.
    • Un Poliphemo 2007 di Luigi Tecce
    • La Denominazione “Vin Méthode Nature” riconosciuta da INAO e DGCCRF in Francia
    • Breve ricognizione sulla (il) Freisa
    • VAN Roma 2020, sabato 29 febbraio e domenica 1 marzo alla Città dell’Altra Economia
    • Domenica 23 e lunedì 24 febbraio porte aperte all’edizione 2020 di VinNatur Genova, anteprima ufficiale della Fiera maggiore di aprile
    • Quelli che dicono che i bianchi si bevono giovani: la grandezza del Pur Sang Didier Dagueneau 2012
  • Commenti recenti

    • Il vino nell’antichità – Enotecavinovivo.com on Il vino ai tempi dei Romani
    • Aldo Piras on Lieviti autoctoni, indigeni e fermentazioni spontanee
    • Giancarlo on Manuale del vignaiolo casalingo: come aromatizzare il vino con i trucioli legnosi
    • Stefano on L’uva americana Clinto che nulla c’entra con la tradizione italiana e veneta
    • Thomas on Perché devo spendere 15 euro per una bottiglia di vino se al supermercato trovo un ottimo merlot a 1,50 euro?
    • Enzo on Alice Bonaccorsi e la sua Valcerasa, un altro vino naturale dell’Etna
    • Fred on Qual è il costo di produzione dello Chateau Petrus?
    • Pietro Romiti on Eliminare Brettanomyces e tartrati dalle botti: uno studio dei vignaioli della Côtes du Rhône
    • Piazza Repubblica: il ristorante dell’avvocato – Piazza Repubblica on Piazza Repubblica: il ristorante dell’avvocato
    • mauro mingarelli on Il vino ai tempi dei Romani
    • Massimiliano Montes on Dolci tipici: i “pumpini” di San Fratello
    • Rosalia on Dolci tipici: i “pumpini” di San Fratello
  • Contatti




    Il tuo nome (obbligatorio)

    La tua Email (obbligatorio)

    Il tuo messaggio


"Pochi sforzan quel gambo di vite"

Privacy