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Tre bianchi: il Ponte di Toi, il San Martino e l’Ariento.

Pubblicato il 25 Febbraio 2019


di Massimiliano Montes 3 commenti

Due Toscani, il San Martino de La Busattina e l’Ariento di Massa Vecchia, e un vicino Ligure che sbircia da sopra le cinque terre, il Ponte di Toi di Stefano Legnani.

Vi è mai capitato di avere più bottiglie tra le mani ed essere colti dall’indecisione su quale bere? E’ una sofferenza dell’anima, sceglierne una e mettere da parte le altre, immaginando nell’intimo della nostra concupiscenza che sicuramente saranno più buone quelle messe da parte.

Così, con la bavetta all’angolo della bocca, abbiamo deciso di aprirle tutte e tre, ospiti del brillante Toti Ballotta della Drogheria del Buongusto di Palermo.

Toti Ballotta, Drogheria del Buongusto

Toti Ballotta, Drogheria del Buongusto

 

Toti Ballotta, Drogheria del Buongusto

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Precisiamo subito che si tratta di tre grandi vini, tra i più buoni bianchi naturali italiani. L’Ariento di Massa Vecchia e il Ponte di Toi di Stefano Legnani sono due vermentini in purezza. Il vermentino è un vitigno semiaromatico, e il rischio era che soverchiasse il San Martino (assemblaggio di trebbiano Toscano 75%, malvasia Toscana 20%, ansonica  5%), caratterizzato da una più fine tessitura e una maggiore eleganza di aromi. Ma così non è stato.

L’Ariento 2016 di Massa Vecchia è quello che si presenta con maggiore autorevolezza, al limite del presenzialismo ostentato. Gli aromi terpenici (quelli che si trovano nei vitigni aromatici come il gewurztraminer, per intenderci) sono forti, chiari e decisi.

Ariento, Massa Vecchia

Ariento 2016, Massa Vecchia

Il profilo aromatico è immediatamente caratterizzante al naso, con sentori di scorza di cedro, melone cantalupo, ginestra, gelsomino, mela cotogna e zenzero.

Di buona acidità al palato, ha una retrolfazione lievemente amaricante che richiama la scorza di cedro e lo zenzero.

Il Ponte di Toi 2017 di Stefano Legnani apre con aromi di agrumi e di crostata al limone, sentori di caramella mou, acetosella (il fiore di campo giallo), aromi floreali di plumeria, pane appena sfornato, profumo di biscotti. Tutto stemperato da una mineralità terragna.

Ponte di Toi 2017, Stefano Legnani

Ponte di Toi 2017, Stefano Legnani

Complesso e intrigante, a tratti sorprendente per un vermentino, il Ponte di Toi è quasi un vino da meditazione. Meno complesso dell’Ariento in retrolfazione, ha una bevibilità fluida e una persistenza aromatica lunga e piacevole.

Il San Martino 2016 de La Busattina è il più elegante tra i tre. La componente aromatica terpenica è data solo dal 20% di malvasia Toscana, riesce a coniugare snellezza, agilità e pronta bevibilità, con una struttura che non si lascia mettere sotto scopa dai due vermentini. Tiene testa sia all’Ariento che al Ponte di Toi suggerendo, però, una minore rigidità interpretativa e una maggiore gamma di possibili abbinamenti.

San Martino 2016, La Busattina

San Martino 2016, La Busattina

Il profilo aromatico è caratterizzato prevalentemente da note fruttate, che oscillano tra la pesca poco matura, la susina, il melone bianco, che si intrecciano con sottili aromi che ricordano il profumo dei campi dopo la pioggia, la terra smossa, l’erba falciata e fini sentori di fiori di camomilla. Il san Martino è un vino capace di grande presenza, equilibrato ed elegante, interpreta con elevata finezza il territorio e i vitigni, merita abbinamenti e tavole di qualità.

Le aziende e i vignaioli.

Massa Vecchia, azienda situata nell’omonima località a Massa Marittima, nasce nel 1985 grazie all’iniziativa di Fabrizio Niccolaini, uno dei padri fondatori del movimento del vino naturale italiano, ed è gestita oggi insieme a sua figlia Francesca e al marito Stefano Costagli.

Massa Vecchia, Francesca Sfondrini e Srefano Costagli

Francesca Sfondrini e Srefano Costagli

Ha circa 21 ettari divisi in due aree principali: la prima a 230 m s.l.m. ai piedi della collina su cui sorge il paese di Massa Marittima, composto da cantina, vigneti (3,6 ettari), oliveto (1,5 ettari) e seminativo (0,8 ettari); la seconda  a quasi 500 m s.l.m., verso la parte montuosa della zona, composta dal podere, un vigneto (1,3 ettari), seminativi (4,5 ettari), bosco (11 ettari). Coltiva vermentino, malvasia bianca di candia, trebbiano, sangiovese, alicante, merlot, cabernet sauvignon e aleatico con cui fa uno splendido passito.

Francesca Sfondrini in vigna

Francesca Sfondrini in vigna

Sul sito internet aziendale si legge che la vigna è curata solo con processi manuali, concimi aziendali, zolfo e rame come unici trattamenti (salvo l’utilizzo di tisane e macerati), con minori interventi possibili sul terreno. In cantina non sono ammessi coadiuvanti chimici. L’attitudine dell’azienda è quella di produrre vino senza aggiunta di solforosa.

E’ interessante il paragrafo dedicato all’anidride solforosa nel vino. Sempre sul sito internet si legge che “nella contro etichetta di alcuni vini troverete la dicitura ”non contiene solforosa aggiunta”. Questa informazione, unita alle altre indicate in etichetta, vuol significare che questo vino è ottenuto impiegando come solo e unico ingrediente l’uva delle nostre vigne. Non indica quindi solo il basso contenuto di solforosa in sé, ma anche il fatto che il vino non è manipolato o sottoposto a trattamenti tecnologici. Tuttavia nella contro etichetta troverete scritto anche “contiene solfiti”.

E continua: “La solforosa è una sostanza che si sviluppa naturalmente durante il processo di fermentazione del mosto, nello stesso modo in cui nel processo di fermentazione della pasta di pane si sviluppano alcool etilico e anidride carbonica; il che è nel corso naturale delle cose.

La legge obbliga il produttore ad apporre la dicitura “contiene solfiti” quando il contenuto della solforosa totale nel vino è uguale o superiore a 10 mg/l. Nei nostri vini può accadere quindi che la solforosa totale sviluppata dal naturale processo di fermentazione superi, anche se di poco, la soglia dei 10 mg/l. Il che rende per noi obbligatorio l’indicazione in etichetta “contiene solfiti”.

Non ci sarebbe niente di male in questo, ma dobbiamo considerare il fatto che i limiti di legge del contenuto della solforosa totale nei vini è molto alto: 210 mg/l per i vini bianchi, 160 mg/l per i rossi e fino a 260 mg/l per i vini passiti.

Non essendoci alcun obbligo di indicare il quantitativo di solforosa disciolto in ogni vino, In pratica per la legge non c’è alcuna differenza tra un vino che ha 10 mg/l di solforosa e uno che ne ha 260. Ma forse per il nostro corpo la differenza c’è”.

Spiegazione chiara, decisa, e senza mezzi termini, che dovrebbero fornire tutti i produttori di vino: bravi Stefano e Francesca.

Stefano Legnani e Monica Faridone coltivano poco più di un ettaro di vigna a Bradia, vicino a Sarzana, in Liguria. Situati in una posizione geografica fortunata, riescono a scrutare in basso a ponente le Cinque Terre e a sud e a levante la Toscana.

Stefano Legnani

Monica Faridone e Stefano Legnani

Stefano è il prototipo del vignaiolo naturale: nessun intervento con prodotti di sintesi in vigna, solo interventi manuali in cantina, fa fermentare l’uva spontaneamente, non chiarifica e non filtra.

Bolognese di nascita, Vicentino di adozione, ex assicuratore convertito al vino naturale, Stefano è stato tra i protagonisti della grande ascesa dell’Associazione VinNatur, che ha lasciato nel 2016. Persona sensibile e intelligente, è capace di interpretare al meglio sia l’aspetto emozionale della produzione di vino naturale, che gli aspetti logici ed organizzativi. Forse per questo si è scontrato, perdendo, con chi ha avuto atteggiamenti meno logici e meno lungimiranti.

Stefano Legnani in vigna

Stefano Legnani in vigna

Stefano produce il Ponte di Toi, vermentino in purezza così come, in alcune annate pregiate, il Loup Garou, e Il Bamboo Road, assemblaggio di Malvasia di Candia, Trebbiano, Vermentino, Albana.

Emilio Falcione, la Busattina, è un condottiero, all’apparenza mite e dimesso, è stato capace di coagulare intorno all’Associazione V.A.N. (Vignaioli Artigiani e Naturali) un gruppo di vignaioli molto motivati e decisi a portare avanti una precisa idea di vino naturale.

Emilio Falcione, La Busattina

Emilio Falcione, La Busattina

Nell’ottobre 2016, a Roma, grazie a Emilio nasce il primo protocollo d’intesa in Italia che definisce cosa è un vino naturale: prodotto da uve a coltivazione biologica o biodinamica, da fermentazione spontanea, senza inoculo di lieviti o batteri, con un contenuto di anidride solforosa totale all’imbottigliamento non supferiore a 40 mg/l. Subito dopo è stato pubblicato un disciplinare simile dall’associazione VinNatur.

La Busattina, vigna

La Busattina, vigna

La Busattina si trova a S. Martino Sul Fiora, Grosseto, con 25 ettari di cui 3,85 coltivati a vigneto. Emilio produce circa 10.000 bottiglie tra rossi (ciliegiolo e sangiovese) e il bianco che abbiamo degustato, il San Martino.

 

 








3 Commenti


Nic Marsél commenta:
25/02/2019 ore 15:48

Ho sempre sostenuto che il San Martino è di gran lunga il vino più riuscito di Emilio, soprattutto nelle annate recenti, nelle quali mi pare abbia diminuito i giorni di macerazione, guadagnando in eleganza.

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Massimiliano Montes risponde:
February 25th, 2019 ore 17:39


@Nic Marsél, ciao Nic. Elegante e versatile, ottimo bianco. Senza nulla togliere agli altri due, che però mi sono sembrati più muscolari: selvatico e intenso il Ponte di Toi, molto aromatico l’Ariento.

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Nic Marsél risponde:
February 25th, 2019 ore 18:20


@Massimiliano Montes, PS Gran bel posto la Drogheria del Buon Gusto!

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