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Quelli che dicono che i bianchi si bevono giovani: la grandezza del Pur Sang Didier Dagueneau 2012

Pubblicato il 6 Febbraio 2020


di Massimiliano Montes Scrivi il primo commento.

Altri titoli erano in ballottaggio per quest’articolo: “Quando il Sauvignon Blanc non sembra Sauvignon Blanc” oppure “Benjamin Dagueneau, il tradimento dell’AOC Pouilly Fumé e del papà Didier” (quest’ultimo un po’ pesantuccio).

Diciamo subito che comunque questo Pur Sang 2012 è un grande vino. Una di quelle bottiglie che si stappano con perplessità, per il lungo periodo di affinamento in bottiglia, otto anni, e per la suggestione della storia dell’Azienda e personale del fondatore, Didier Dagueneau.

Iniziamo dal vino. In un panel di degustatori, tra cui tre esperti, ha suscitato unanimemente stupore e apprezzamento. E’ un vino di grande finezza espressiva, senza alcun sentore o nota di senescenza, un vino che alla cieca potrebbe anche essere stato imbottigliato da non più di due anni.

Il naso è intrigante, tra sottili note agrumate che oscillano tra la scorza del cedro e il tamarindo, flebili sentori di camomilla e erbe di campo, composti sentori di gelso bianco e susina ancora un po’ acerba. Al palato marca la sua superiorità con un perfetto equilibrio tra acidità, ancora chiaramente percepibile, e una retrolfazione che conferma con polposità gli aromi di apertura, stemperati da lievi note amaricanti.

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Pur Sang 2012, Domaine Didier Dagueneau

 

Pur Sang 2012, Domaine Didier Dagueneau

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Un vino emozionante, bevuto probabilmente all’akmé, nel suo momento di maggior splendore. Bisogna saper aspettare nel tempo anche i bianchi, quando sono grandi vini.

Andiamo alle note stonate. Questo Sauvignon Blanc è uno dei maggiori rappresentanti, riconosciuto da tutto il mondo, dell’AOC Pouilly Fumé.
L’AOC Pouilly Fumé prende il nome dalla caratteristica nota affumicata dei suoi vini, quello che i francesi chiamano la “pierre à fusil” (la pietra focaia).
Nei vini storici dell’Azienda, quelli di Didier Dagueneau, morto nel 2008, l’affumicato e la pierre à fusil si percepiscono chiaramente, sono il fil rouge che faceva da comun denominatore ai vini di Didier.

Dopo la morte di Didier l’Azienda è stata ereditata e gestita dai figli, in particolare con scelte dirette di Benjamin Luis. Ecco, chiederei a Benjamin dove è finita la pierre à fusil?
Le note affumicate sono la caratteristica tipica dell’AOC, le scelte agronomiche e di cantina non possono cancellarle, pena una diminuzione nell’aderenza territoriale. Non dimentichiamo tra l’altro che lo stesso Didier ha lottato con i suoi colleghi per tutta la vita al fine di difendere e mantenere quelle caratteristiche aromatiche tipiche del territorio, difendendole da letali internazionalizzazioni del gusto.

Ad onor del vero questo vino non pecca di “internazionalizzazione del gusto”, fortunatamente si salva dalle stucchevolezze dello chardonnay versione internazionale.
Se però lo avessi assaggiato alla cieca mi avrebbe ricordato con grande sovrapposizione aromatica, e con grande rischio di errore, l’Insolite’ di Thierry Germain, Domaine des Roches Neuves, uno splendido Chenin Blanc di Saumur.

La mia impressione è che il Pur Sang di Benjamin Luis voglia emulare le fortune storiche, come vino naturale, ed aromatiche dello Chenin Blanc: alla cieca sembra proprio uno Chenin Blanc vendemmiato precocemente come l’Insolite’. Del Domaine non v’è certezza.

Il Domaine Didier Dagueneau è un’azienda storica. Didier è diventato un mito per le sue idee e per la sua precisione e puntualità nel realizzarle. In cantina campeggiava una scritta: “Siate realisti, chiedete l’impossibile”.
E Didier chiedeva l’impossibile, riuscendo probabilmente a realizzarlo: “Io voglio semplicemente fare il miglior Sauvignon Blanc del mondo”. Il mio parere, avendo assaggiato molte annate dei suoi vini, prevalentemente Pur Sang e Silex, è che abbia raggiunto lo scopo.

Il Domaine Dagueneau possiede diverse parcelle di terreno intorno al paese di St. Andelain, nel cuore dell’appellation Pouilly-Fumé, sulla riva di levante della Loira, di fronte all’altrettanto famosa appellation Sancerre. Complessivamente le vigne del Domaine sono più di 11 ettari, con una densità di impianto che varia da 6.000 a 14.000 piante per ettaro.
La resa media è di 45 ettolitri per ettaro, più bassa per il Silex e l’Asteroide (la sua produzione più pregiata: 200 litri l’anno da 18 filari a piede franco).
L’appellation Pouilly-Fumé prevede esclusivamente uve Sauvignon Blanc.

Pouilly-sur-Loire, mappa

Pouilly-sur-Loire, mappa

 

Dagueneau, vigneto

Dagueneau, vigneto

Questa denominazione fa parte di un’area storicamente definita come “vigneti centrali”, non soltanto perché si trova prospiciente alla regione centrale della Loira ma anche perché geograficamente è al centro della Francia, e prevede anche le denominazioni che ammettono lo Chenin Blanc.
Io aggiungerei anche una mia personale chiosa: perché è una zona centrale per i vini bianchi di tutto il mondo, qui si producono i migliori bianchi, anche se non i più famosi, da Sauvignon Blanc e Chenin Blanc.

 

 






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