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Oltre al Naturale: lo Zero Infinito di Mario Pojer

Pubblicato il 25 Giugno 2014


di Nicoletta Dicova 19 commenti

Uno dei miei vini dei cuore assoluti é senz’altro lo Zero Infinito di Pojer & Sandri.

“Al di là di te ti cerco.
Non nel tuo specchio
e nella tua scrittura,
nella tua anima nemmeno.
Di là, più oltre…”

Pedro Salinas, Al di là della gente

Mario Pojer è uno dei più grandi vignaioli che conosco: appassionato e visionario, capace di vedere sempre oltre e nello stesso tempo concreto e reale, con un’ampissima conoscenza del mondo del vino a 360 gradi e di tutte le sue possibili interpretazioni: da quelle più natur a quelle più tecniche, dalla Georgia alla California.

mario-pojer

Mario Pojer

Mario é un vulcano di idee, creatività e invenzioni: ricercatore scientifico e sognatore idealista nello stesso tempo.

I suoi vini sono frutto di una incessante ricerca, intransigente e senza compromessi, guidata di quel bisogno ispirato e disperato del assoluto che ha sempre spinto l’uomo di proiettarsi oltre..
Con lo Zero Infinito Mario ci é andato assai vicino.

Con molte probabilità questo é uno dei vini più puri che esiste sulla Terra.
Zero infinito é a base di Solaris, varietà interspecifica resistente alle malattie: in vigna si fanno di fatti trattamenti zero.

La vigna stessa é completamente vergine, intatta e mai sfiorata dall’uomo: un pezzamento di terra in mezzo ai boschi attorno a Faedo, a 900 metri di altitudine e in forte pendenza, completamente pura e protetta da ogni tipo di inquinamento e interferenze.

Anche l’enologia in questo vino é ridotta a impatto zero: rifermentazione spontanea in bottiglia, il così chiamato metodo ancestrale, poi zero filtrazione, zero aggiunte di qualsiasi sostanza estranea, zero interventi.

zero-infinito

Zero Infinito

Uno di quei vini in cui nulla si aggiunge e nulla si toglie.
Un ” col fondo” puro, sincero, vero.

Frutto di una naturalezza “mentale” (il Solaris é di fatto un’incrocio di laboratorio) in cui l’approccio scientifico si sposa benissimo con il concetto di purezza e genuinità a conferma che quando Mente e Sentimento vanno in armonia piuttosto che in contrasto si raggiungono le cose più grandi..

Un vino solare di nome e di fatto, vero e autentico che rinvigorisce il corpo e lo spirito suscitando emozioni di gioia e felicità , un vino- inno di celebrazione della Vita.
Puro, nell’anima e nel corpo, un vino con il cervello scattante ed il cuore pulsante..

La Razionalità e Il Sentimento che camminano a braccetto, amorevolmente, placati e conciliati, come due vecchietti nella loro passeggiata domenicale..
..diretti verso il punto dello Zero Infinto..

 

Azienda Agricola & Distilleria Pojer e Sandri
Loc. Molini, 4 – 38010 Faedo (Tn)
Tel. 0461650342
info@pojeresandri.it
http://www.pojeresandri.it

 








19 Commenti


Massimiliano Montes commenta:
25/06/2014 ore 09:56

Dalla nostra new entry Nicoletta Dicova, brava, bella e intelligente, un vino assolutamente da provare!

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Davide Marrale commenta:
25/06/2014 ore 11:09

Si, sicuramente, ma datemi lumi per potermene approvviggionare.

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Gianni Morgan Usai commenta:
25/06/2014 ore 11:13

… piu’ che un Vino.. è un piano-sequenza..! Bel progetto e bel report… asciutto, completo e stringato… brava Nicoletta..!

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Mario Crosta commenta:
25/06/2014 ore 11:23

Da Pojer e Sandri sono sempre venuti alcuni fra i migliori vini del Trentino e questo fin da quando mi occupo di vino. Direi esemplari e almeno fin dal 1980 (prima non li conoscevo). L’invito di Nicoletta viene come il cacio sui maccheroni, come la classica ciliegina sulla torta. Passerò da lì a metà luglio e mi potrò godere di un altro eccellente vino solare. Bisogna però dire sinceramente a Nicoletta che andrebbe suggerito qualche abbinamento gastronomico, perché è pur vero che vini del genere vanno d’accordo con tutto ciò che ci piace di più e quindi che ognuno se li beva pure con quello che vuole, ma ci sono dei piatti che li esaltano e da cui vengono esaltati, in simbiosi. Soprattutto del luogo, una valle che ha antiche tradizioni gastronomiche tridentine per via di una cucina che è molto particolare. Si parla di Strada del Vino e dei Sapori delle Colline Avisiane, Faedo, Valle di Cembra, mica noccioline! Dagli strangolapreti ai canederli, dall’orzét al sisàm, dai bigòi co le àgole alle frittelle di puzzone di Moena, da… mmmmm… che acquolina!

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Massimiliano Montes risponde:
June 25th, 2014 ore 12:33


@Mario Crosta, e che sete. Questo vino in questo periodo è come il cacio sui maccheroni

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Mario Crosta risponde:
June 25th, 2014 ore 13:27


@Massimiliano Montes, anche questa Nicoletta…

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Nia commenta:
25/06/2014 ore 12:48

Effetivamente Mario suggerisce, in puro spirito green, di utilizzare poi il fondo per condire il risotto..
Non l’ho ancora sperimentato, ma a detta sua é buonissimo.. Aggiunge freschezza e sapore al risotto..

Il risotto col fondo..
Assolutamente da provare!
Nia ( Nicoletta)

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Mario Crosta risponde:
June 25th, 2014 ore 12:55


@Nia, io porterei a cottura il risotto interamente col vino, non con brodo o con acqua salata, come il risotto allo Champagne.

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Nia commenta:
25/06/2014 ore 13:18

Mario, sono assolutamente d’accordo! :)
I grandi risotti si fanno così, non si può fare nulla di grande se manca la base, la matteria prima d’eccellenza, essa é il fondamento di tutto, che sia vino o vita..

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Giuseppe Simone commenta:
25/06/2014 ore 17:16

Certo che un vitigno interspecie è da prendere con le pinze. Non possiamo bere solo vini fatti col solaris. Il rischio è che dall’ibridazione spuntino due tre ceppi resistenti alle malattie e gli altri autoctoni ce li scordiamo.

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Mario Crosta risponde:
June 25th, 2014 ore 18:56


@Giuseppe Simone, in Polonia abbiamo molti vini fatti con incroci di laboratorio e sono buoni, specialmente ice-wines e orange-wines, qualcuno sta facendo anche degli spumanti e nei vari concorsi cominciano ad avere un certo successo. Gli scienziati sanno quel che fanno e tutti i rischi sono sotto controllo, altrimenti non sarebbero autorizzati alla vinificazione dalle autorità competenti. Il prof. Olmo, italiano, all’Università di Davis inventò un altro ottimo incrocio bianco, il symphony, da Moscato d’Alessandria e Grenache Gris, che ha ottimo successo in California. per non risalire indietro nel tempo con l’incrocio Manzoni bianco e quello rosso, usciti “per sbaglio” da Conegliano, eccetera. Non mi fascerei la testa.

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Giuseppe Simeone risponde:
June 25th, 2014 ore 20:52


@Mario Crosta, non dico che non sia giusto. Dico che bisogna anche tutelare il patrimonio di autoctoni. Non vorrei in futuro non trovare più fiano o trebbiano ma solo incroci.

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Mario Crosta risponde:
June 26th, 2014 ore 08:00


@Giuseppe Simeone, non credo che ci sia questo rischio. Gli scienziati stanno facendo un ottimo lavoro. Guarda soltanto Attilio Scienza con la pulizia genetica del trebbiano di Lugana, uno tra i tanti esempi possibili, oppure quella che hanno fatto a Rauscedo con i cloni di Sauvignon. Oggi c’è molta attenzione alla genetica degli autoctoni, anche se non se ne parla spesso perché è un problema di viticoltura e non di enologia e c’è troppa gente che si riempie la bocca soltanto di vino, autoreferenziandosi intenditore soltanto perché sa scrivere e sa scatenare polemiche e le luci della ribalta richiedono questi personaggi incompetenti ma aggressivi, mentre quello della campagna ha bisogno di umiltà e silenzio per lavorare bene.

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Nia commenta:
26/06/2014 ore 01:08

A mio avviso, se la scienza viene applicata con consapevolezza, intelligenza e sensibilità a fin di bene, i risultati in viticoltura possono essere molto postivi.
E non solo in viticoltura.
Tutto sta nel come e con quale scopo si fanno le cose.
Il fatto di poter eliminare ogni genere di trattamento in vigna non é roba da poco..
La famosa frase del “uso solo rame e zolfo” vuol dire tutto e niente..
Quanto rame e quanto zolfo.. Ricordiamoci che il rame é un metale pesante, non sono noccioline..
C’è gente che fa 2 trattamenti all’anno in posti baciati dal Sole come la Sicilia e c’è altra in altre regioni che ne fa 12..
Di ” solo” rame e zolfo..
La cosa é ben diversa però..
Quindi la scelta in certe zone di utilizzare una varietà interspecifica, se sostenuta di buone ragioni e applicata in maniera etica e attenta, non é sbagliata,almeno per come la penso io..
Sono lontanissima comunque dal sostenere che il futuro sia li, non fraintendiamoci..
Il patrimonio degli autoctoni era, é e sarà la cosa più importante da preservare e valorizzare..
Ogni scelta é giusta o sbagliata riferita alla singola realtà unica e irripetibile di chi la compie.
L’importante é avere sempre rispetto, consapevolezza e mai perdere il senso della misura..
E ricordarsi bene quale sia la fine e quale sia il mezzo..
Buona notte

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Giuseppe Simeone risponde:
June 26th, 2014 ore 18:41


@Nia, non ho nulla contro la scienza. Ben venga. Capirai bene però che gli ibrdidi in futuro potranno essere non più di una decina. Non ci possiamo basare solo su di loro per ridurre i trattamenti in vigna, la scienza deve trovare soluzioni valide per tutte le viti.

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Daniele Tincati commenta:
26/06/2014 ore 16:14

Ho assaggiato già lo scorso anno il 2012 prima che Pojer decidesse di commercializzare questo 2013.
In effetti è buonissimo e finitissimo, infatti in cantina è finito, lo potete trovare solo da chi ne ha fatto scorta.
Ho un dubbio sull’affermazione di “rifermentazione spontanea in bottiglia”.
Di solito Pojer fa l’idromassaggio all’uva prima della pigiatura, in modo da pulirla perfettamente.
Vorrebbe dire quindi, per forza, fare un’aggiunta di lieviti.
Ma su questo punto non ho chiesto a Pojer e quindi non sono sicuro che cosa usi e se aggiunga lieviti.
Poi il prezzo è veramente alto.
Con quella cifra, ci sono una miriade di ottimi rifermentati in bottiglia di pari o simile livello.
Io con quei soldi ci comprerei un paio di Ripa di Sopravento di Vittorio Graziano o magari 2-3 Besiosa di Crocizia ;)
Comunque bel pezzo, Mario Pojer è sempre e comunque molto fot-post-ogenico :D

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Mario Crosta risponde:
June 26th, 2014 ore 16:57


@Daniele Tincati, anche per me è un prezzo inabbordabile dai più, però la stessa cosa avviene con le Ferrari, con i gioielli di Bulgari, i vestiti di Dolce & Gabbana, i quadri di Guttuso, insomma certi vini d’autore sono delle opere d’arte e mi sembrerebbe ingiusto che non portino reddito al vignaiolo che li fa. Non è che si debbano bere proprio tutti i giorni. E’ come andare a vedere una partita di Coppa dei Campioni allo stadio. Il suo prezzo corrisponde al ricordo che ti lascia impresso per lungo tempo. Esiste poi una legge di mercato, tra domanda e offerta. Se un produttore riesce a spuntare prezzi tali da svuotare le cantine entro la fine della primavera (quando si dovrebbero sospendere le spedizioni fino a settembre per via del caldo), sono prezzi giusti che corrispondono alla legge di mercato. Se non riesce a svuotare la cantina entro l’inizio dell’estate, sono prezzi alti. Se la svuota a febbraio sono prezzi bassi.

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Francesco commenta:
27/06/2014 ore 09:53

Non ci hai dato lumi, Mario, sull’uso di lieviti selezionati o meno. E sulla pulizia delle uve, o sulla centrifuga (di cui sentivo parlare gran bene un paio di anni fa, quando stava presentando questo vino) ? Non sarei poi sicuro dei trattamenti in vigna.
E` risaputo che Pojer Sandri e` un bravo vignaiolo, ma per nulla naturalista. Certo un gran ricercatore e sperimentatore, ma sempre di tecniche e di pratiche di cantina volte a dare un prodotto (per lui) di eccellenza. Ma di certo interventista e poco naturalista.

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Massimiliano Montes risponde:
June 27th, 2014 ore 12:26


@Francesco, in effetti se lava le uve è difficile fermentare senza inoculo…

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