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Nella vita c’è bisogno di ponti: il Ponte di Toi di Stefano Legnani

Pubblicato il 27 Marzo 2014


di Massimiliano Montes 3 commenti

Se dovessi portare ad esempio un vino vero suggerirei senza dubbio quelli di Stefano.

Il suo Ponte di Toi è un concentrato di emozione e passione. Dentro quel vino c’è tutto: fatica, amore, desideri, speranza. La vita insomma.

E’ un vino che parla, si insinua insistentemente e tenacemente nei pensieri. L’olfatto e il palato sono solo uno strumento, una via per raggiungere cuore e mente.

Da uve vermentino in purezza, questo 2012 si presenta vivo già dall’aspetto, con il suo colore giallo dorato intenso, limpido, nonostante non sia filtrato.

Ponte di Toi, calice

Ponte di Toi, calice

Il naso è  caratteriale, con i varietali del vermentino in primo piano. Apre con aromi di susina bianca che bruscamente virano verso la nespola matura, non solo il frutto ma anche le note erbacee grasse dei rametti di nespolo spezzati.
Di seguito fanno capolino profumi floreali di caprifoglio, amaryllis, elicriso, con venature ondivaghe di ananas.

Al palato è corposo e consistente, vigoroso. Ha una punta di carbonica, visibile anche nel calice, che non guasta, gli conferisce vivacità e un pizzico di brio. Di non eccessiva acidità, è dotato di una mineralità profonda, quasi sapida, marina. In retrolfazione è amaricante, con ricordi di nespola e ananas, e ha una lunga e complessa persistenza.

Che dire di più… è un vino con gli attributi.

Non ci si poteva aspettare altro da una personalità come quella di Stefano Legnani. Insieme alla moglie, Monica, coltiva poco più di un ettaro incastonato tra le colline di Sarzana, in Liguria, e il confine con la Toscana.

Monica Faridone

Monica Faridone

Sul sito di VinNatur così Stefano definisce il suo lavoro: “Meno di due kg di penta idrato di rame e poco zolfo bagnabile i trattamenti effettuati all’anno. Sovescio, cippato e compost autoprodotti sono l’alimento con cui nutro il terreno dove risiedono le mie “signorine”. Lombrichi, allevati a tale scopo, i miei operatori nel sottosuolo”.

Da uno che chiama “signorine” le sue viti e alleva lombrichi per ripopolare il terreno cosa vi aspettavate?

Stefano utilizza una pratica agronomica di recente introduzione: il cippato di ramaglie fresche. Questa è una pratica che consente di modificare il microclima del terreno, rendendolo più umido e più ricco di humus.

Si attua con ramaglie di potatura fresche che vengono sminuzzate e ridotte in piccoli pezzi. Il cippato viene in parte mescolato al terreno e in parte utilizzato per ricoprire la terra (pacciamatura).

Quest’operazione ricrea il microclima naturale del sottobosco, la lignina poco polimerizzata dei rami permette la formazione di un humus molto stabile di tipo forestale. Innesca una lenta bio-trasformazione mediata da funghi (i basidiomiceti) che diventano visibili sui pezzi di legna e sul terreno sottostante sotto forma di filamenti bianchi.

Il terreno diventa più scuro, sviluppa una microflora di funghi e batteri che lo arricchisce, e rimane costantemente umido. L’elevata capacità di assorbimento dell’acqua e la maggiore umidità aiutano la vite proteggendola dallo stress idrico.

Vermentino

Vermentino

 

Stefano Legnani in vigna

Stefano Legnani in vigna

Inutile dire che in cantina la vinificazione è naturale in tutti i suoi aspetti: macerazione di poche ore, fermentazione spontanea, bassissime dosi di solforosa, assenza di filtrazione, nessun coadiuvante.

Per finire mi permetto di suggerire il mio abbinamento al vino (spero che Stefano concorderà):

 

 





3 Commenti


Nic Marsél commenta:
27/03/2014 ore 14:29

tutto bello tutto buono, ma rilancerei solo con l’abbinamento : prova con “Heart & Soul” sempre di Willy DeVille magari al tramonto e magari, tu che puoi, davanti al mare ;-)

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
March 27th, 2014 ore 15:04


@Nic Marsél, ;-)

Rispondi a questo commento

Ce lho! Il Loup Garou 2013 di Stefano Legnani commenta:
03/10/2014 ore 14:11

[...] già parlato del suo Ponte di Toi, qui  e qui, oggi finalmente tocca a quella che potrebbe essere definita la riserva di casa [...]



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