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Io bevo così

Pubblicato il 10 Giugno 2014


di Nicola Cereda (Nic Marsel) 12 commenti

Eh già, sono stato anche a “Io bevo così”, un’altra fortunata manifestazione di vini bioqualcosa la cui prima edizione si è svolta durante il weekend del 25-26 Maggio presso il Monastero del Lavello ad Olginate, a due passi da Lecco.

Questa l’idea degli organizzatori : “Far conoscere piccole realtà che nel segno dell’eccellenza si dedicano alla produzione di vini naturali, autentici ed etici, lontano dalle mode del momento e dall’omologazione del gusto che in questi anni si è fatta sempre più strada. Avvicinare appassionati, addetti al settore e neofiti a un bere più sano, genuino e consapevole.”

Mi piace. Come al solito mi ci ritrovo e ci sguazzo, come l’erba infestante dove non si diserba. Goduria facilitata (dal punto di vista del visitatore) da un’affluenza (probabilmente) al di sotto delle attese e dal meteo perfetto a dispetto delle cattive previsioni.

Nella lunga lista di produttori annunciati ci sono vignaioli naturali, biodinamici, biologici ma anche viticoltori di territorio senza certificazioni di sorta. Ne approfitto per andare alla ricerca di qualche stimolante novità e godere di qualche sempre gradita conferma. E visto che in Italia si assegnano già troppi premi, ecco anche i miei.

PREMIO ALLA “MIGLIOR DELUSIONE”
Mi tuffo a pesce nel Gevrey-Chambertin 2011 di Philippe Pacalet ma riemergendo non riesco a scacciare dalla testa il ritornello di “Is that all there is?”. Tutto qui Pacalet? Dall’espressione perplessa del mio amico Paolo-Lucignolo (fido compagno di avventure enoiche) intuisco di non essere il solo a pormi la domanda: lui da Pacalet ci è stato di persona e mi aveva già messo in guardia, oltretutto non si tratta del 1er cru, tuttavia la delusione è grande. Un buon vino dal prezzo (a mio parere) esorbitante (mi riferiscono sui 70 euro in enoteca).

Pinot Nero “Cuna”

Pinot Nero Cuna

PREMIO RIVELAZIONE
Ci rifacciamo col godurioso Pinot Nero “Cuna” del Podere Santa Felicita di Federico Staderini che ci rinfranca nello spirito e nel corpo (leggi gargarozzo). L’annata 2011 pare sia stata particolarmente calda e difficile nell’aretino, ma a giudicare dal bicchiere non si direbbe affatto. Materia ed eleganza semplicemente entusiasmanti che mandano definitivamente al tappeto il già flebile ricordo di Pacalet. Peccato solo per il prezzo comunque elevato, attorno ai 30 euro in cantina (mica bruscolini).

PREMIO “SENZA” E SENZA PREMIO
La Borgogna si rialza alla grande con Gilles e Catherine Vergè. Trovo i loro Chardonnay prodigiosi. Mi gusto tre nitide annate recenti di Viré-Clessé Vieilles Vignes (25 euro) e rimango letteralmente folgorato da “L’Ecart” nelle versioni 2006, minerale all’ennesima potenza e 2005,  burroso, pieno, noccioloso, con un finale che è una lunghissima, morbida, dolce carezza alle papille gustative a dispetto della totale assenza di zuccheri residui. Gilles e Catherine fanno parte dell’associazione S.A.I.N.S. ovvero “Sans Aucun Intrant Ni Sulfite” (SENZA alcun additivo né solfiti). Va scritto puntato altrimenti rischia di esser confuso per vino “SANO” (appellativo ingannevole per la legge quanto “naturale”). SENZA additivi né trattamenti in alcuna fase di lavorazione, tanto in vigna quanto in cantina. SENZA solfiti dal 1989. Purtroppo “L’Ecart” costa 40 euro franco cantina (SENZA sconti).

Gilles Vergè

Gilles Vergè

Menzione speciale (SENZA premio) per un fantastico Savennières “Arena” 2012 di Agnès e René Mosse, ovviamente Chenin Blanc in purezza dalla Loira: chissà come potrà mai evolvere una materia già così armoniosa e complessa.

Arena 2012 di Agnès e René Mosse

Arena 2012 di Agnès e René Mosse

PREMIO TERROIR
Quello con Paolo Alliata di Villa Terlina è uno degli incontri da ricordare. Splendido il suo tris di rossi che riflettono magnificamente il terroir di Agliano Terme nel Monferrato. Il “Gradale” 2009 è una Barbera d’Asti di media struttura e discreta morbidezza passata in legno piccolo. Il “Monsicuro” 2009 è sempre barbera in purezza da un vigneto di 90 anni in parte franco di piede, una densità d’impianto che sfiora le 10.000 piante/ha e una resa di 30 quintali. La mineralità dovuta alle marne calcaree è imponente, l’acidità tipica del vitigno è ben in evidenza, la concentrazione e la complessità davvero importanti per una barbera. Anche qui il legno piccolo è presente (se non erro 36 mesi di barrique usate) ma non sovrasta anzi accompagna per mano cotanta materia. Stesse rese e medesimo prezzo per il “Piediferro” 2006, un blend di Nebbiolo, Uvalino e Barbera che danno vita ad un prodotto forse ancora più ambizioso che secondo Paolo necessita ancora di tempo per trovare la sua dimensione definitiva. Applaudo comunque.

PREMIO ALLA FRANCHEZZA
Nella sala dedicata alla Valtellina annoto il “SassiFraga” della piccola azienda “Le Strie”, un ‘vinino’ (direbbe Angelo Peretti) a base nebbiolo immediato ed appagante, ma sottolineo più volte il pregevole Valtellina Superiore Sassella di Terrazzi Alti, unica etichetta aziendale, col solo difetto (una volta di più) di non essere propriamente economico (20 euro in cantina). Molto gradevole il Sassella “Grisone” di Alfio Mozzi (16 euro) che al momento è anche l’unico vino in catalogo in attesa dello sforzato che verrà. C’è un cactus in etichetta e non a caso visto che questa pianta xerofila cresce spontanea tra i muretti esposti a sud. Chiacchierando coi produttori registro alcune constatazioni largamente condivise. Prima di tutto il fatto  che terrazzamenti e pendenze non permettono l’utilizzo di macchine agricole e che l’ammontare di ore/uomo dedicate alla vigna è di gran lunga superiore alla stragrande maggioranza delle altre zone vitate d’Italia. In secondo luogo che fare Biologico in Valtellina è praticamente impossibile in quanto il vignaiolo passerebbe il tempo a vaporizzare prodotti bio in vigna. Infine che un convenzionale mirato invece consente di limitare il numero di trattamenti (mediamente) a 7-8 l’anno. L’atletico Alfio Mozzi rafforza il concetto raccontandomi che i suoi bambini giocano ogni giorno nella vigna a ridosso dell’abitazione: “Sarei un pazzo se trattassi in modo scriteriato. Tengo prima di tutto alla salute mia e della mia famiglia. La ricaduta sul consumatore è soltanto una naturale conseguenza di questo mio modo di agire”. A lui il premio per la franchezza.

PREMIO “IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA”
Eppure trovo una voce fuori dal coro. Un matto (in senso buono) con un nome che m’attizza e che l’istinto mi suggerisce di seguire con particolare attenzione. Marcel Zanolari (Fattoria S.Siro) viene da Poschiavo (Svizzera) ma lavora una decina d’ettari oltre confine a Bianzone dove ha impiantato col padre negli anni ottanta, oltre alla tradizionale chiavennasca, anche altre varietà come Pinot Nero, Traminer, Pinot Bianco e Cabernet scelte in base ai terreni e al microclima. Il bello è che gestisce tutto in regime biologico o biodinamico. Usa argille ed oli essenziali con minime aggiunte di zolfo contro le malattie funginee mentre il rame entra in gioco solo quando la malattia è in stato avanzato. Nulla contro gli insetti dannosi. Marcel lascia che la natura faccia il suo corso e che le piante reagiscano naturalmente anche grazie agli insetti antagonisti, cercando di ricreare in vigna un ambiente in perfetto equilibrio. Questo implica una certa perdita di prodotto ogni anno ma anche una crescente resistenza delle viti nel lungo periodo. In cantina non fa utilizzo di altri coadiuvanti chimici o fisici eccetto il metabisolfito. Vinifica le singole parcelle separatamente con fermentazioni spontanee e lascia maturare una parte del prodotto in anfore non interrate. Assaggio un Pinot Nero freschissimo a dispetto di un parziale appassimento in vigna e un interessante Nebbiolo (6 cloni diversi) con una resa di 270 gr per pianta. Tanto per cambiare i prezzi sono elevati (pare che in Italia non sia neppure distribuito) ma questo personaggio e i suoi vini sono davvero unici. Una bellissima scoperta soltanto per me che arrivo in puntuale ritardo. Scopro infatti che la Fattoria S.Siro ha già vinto due volte il premio per il Miglior Vino BIO al Concorso Internazionale Vini di Montagna del CERVIM: nel 2012 col Cabernet Sauvignon e nel 2013 col “Vagabondo Bianco” (da Riesling e Moscato). Ma allora naturale in Valtellina si può!

PREMIO “HORS CATEGORIE”
Sempre in montagna, sorprendente la linea di Maso Garlider. Non è che Con Christian Kerschbaumer, vignaiolo da Velturno in Valle Isarco, si faccian grandi conversazioni. Mi spiega che i vigneti arrivano a 800 metri con pendenze da ribaltarsi tra i filari (nel sito aziendale viene indicato un vertiginoso 55%) e mi versa una bella dose di fatica. Il Veltliner (14 euro, purtroppo non in vendita in fiera) al primo assaggio mi pare in splendido equilibrio tra ascisse e ordinate. Al contempo grasso e verticale come in un gioco di prestigio. Da riprovare assolutamente.

PREMIO FAMOLOSTRANO
La cosa più bizzarra che assaggio (sottobanco) arriva dal mantovano ed è una rifermentazione in bottiglia con una importante quota di uva fragola. Pochissime bottiglie non in vendita, probabilmente illegali, sicuramente introvabili. Per questo non cito il produttore (quel Marcello che coltiva un eccellente Vialone Nano da “Pilota”) ma solo i suoi baffetti da aspirante Dalì. Per questo me ne innamoro all’istante (del vino mica dei baffi).

PREMIO MATUSA
Dedico la chiusura alla Toscana con un piacevole giro d’assaggi al Casale biodinamico di Antonio Giglioli da Certaldo: Sangiovese sugli scudi con vecchie annate tra le quali spicca una vispa 1986. Il Chianti Riserva 2004 è contemporaneamente evoluto, complesso e goloso. La verticale del suo Trebbiano è didascalica, propedeutica per la comprensione della potenziale evoluzione di questo bianco macerato. Chiedo del Vin Santo e Antonio risponde che l’annata 1964 è là che m’aspetta… in cantina!

PREMIO AFTER HOURS
Incontro il Vin Santo ben oltre la zona cesarini al banchetto ormai deserto del “monzese” Stefano Borsa di Pacina. La vera sorpresa è trovare una bottiglia scolma de “La Sorpresa” 2007 ad attendermi per chiudere in bellezza. Dolcissimo, denso, di una lunghezza stratosferica, appassionante, appagante. Forse il vino dolce più buono che abbia mai bevuto. Il gran finale che mi strappa un sorrisone. Ci si può solo perdere. Mi guardo intorno e son rimasto solo. Ma quanto tempo è passato?

Eh già, se me lo potessi permettere, forse, berrei sempre così.

 





12 Commenti


Massimiliano Montes commenta:
10/06/2014 ore 12:39

Nic, di Pacalet i Premier Cru sono grandi. Lui ha poca materia di eccellente qualità e la riserva per i Premier Cru. L’appellation Village è sacrificata, ma considera che la differenza di prezzo col Premier Cru non è tanta… si trova a 80-90 euro (piuttosto il village che hai bevuto tu in enoteca è 50 euro).

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Nic Marsél risponde:
June 10th, 2014 ore 14:03


@Massimiliano Montes, non nutro dubbi sulla qualità dei 1er cru. Ma in quella fascia di prezzo posso permettermi solo quello che passa il convento, e nella fattispecie il Convento del Lavello passava solo il base :-)

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Nic Marsél commenta:
10/06/2014 ore 12:40

“Is that all there is?”

https://www.youtube.com/watch?v=LCRZZC-DH7M

oppure se preferite

https://www.youtube.com/watch?v=O0ZUAorP0b4

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A3C commenta:
10/06/2014 ore 18:01

Scusa Max. ma hai un relazione con Pacalet? Vendi i suoi vini? Produci con lui? Ma che è sta difesa d’ufficio tipo fan club ..Pacalet ha fatto un vino di merda? Possibile… e basta con questi toni da fanzine….

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Massimiliano Montes risponde:
June 10th, 2014 ore 18:48


@A3C, ancora no. Però due suoi vini, soprattutto lo Chambolle-Musigny 1er Cru 2007, mi hanno incantato. Giudicherai tu il 22…. ne ho ancora una boccia ;-)

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Eretico Enoico commenta:
11/06/2014 ore 00:33

Concordo sui coniugi Verge’,vini che emozionano nella loro tipicità ( li conoscevo e purtroppo anche i loro prezzi ) e mi permetto di inserire una doppia segnalazione nouvelle vague : Aso Tom ovvero Tommaso Gallina e le sue vinificazioni da vecchie vigne piemontesi riscoperte ( strepitoso il suo passito 100% barbera ed il Grignolino lunga macerazione “istinto” sorvolando sul bianco cortese in stile ossidato…mi fermo) e il romano Andrea Occhipinti che ha dato nuova vita all’Aleatico secco( sia rosso che bianco) e celebrato con il suo super passito l’antico cantiniere e non solo papale ,Lancerio.
Manifestazione ben organizzata,clima sereno e contesto armonioso.

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Nic Marsél risponde:
June 11th, 2014 ore 09:53


@Eretico Enoico, grazie del commento. Da Tommaso Gallina sono arrivato tardi col palato in pessime condizioni. Ma non è passato inosservato e me lo sono segnato come da riprovare quanto prima. Per quel che vale il mio giudizio, ho trovato anch’io buono il passito di Barbera mentre nel Grignolino (per il quale nutrivo le maggiori aspettative) mi è sembrato di avvertire un eccessivo residuo zuccherino, ma potrebbe essere stata un’impressione falsata dai precedenti (eccessivi) assaggi. Bello averti visto ereticamente all’opera :-)

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Andrea Sala commenta:
12/06/2014 ore 09:00

Buongiorno a tutti,

sono Andrea Sala uno dei tre organizzatori di IO BEVO COSI’ e distributore di alcuni dei produttori da voi citati (Podere Santa Felicita, Tommaso Gallina, Terrazzi Alti e importatore dei vini di Vergé).
Ringrazio tutti ed in particolare Nicola Cereda per l’attenzione verso la nostra iniziativa..siamo già in fermento per l’anno successivo dove abbiamo in mente parecchie novità.
Ovviamente ci sono molte cose da migliorare e la strada è ancora lunga ma essendo la prima edizione siamo molto felici. Gli ingressi della due gironi sono stati circa 1.100..la struttura, essendo grande, non ha dato l’impressione che ci fosse una gran folla ma credo sia stato meglio così poichè il pubblico si è sparpagliato bene ed ha consentito una degustazione più snella.
…Per quanto riguarda Pacalet mi permetto di dire due cose:
- la prima è che la scelta di portare solo una referenza, per di più nemmeno un 1er Cru, è stata una scelta del loro distributore nazionale..noi organizzatori ci siamo sorpresi quanto voi.
-la seconda è sui suoi vini: conosco personalmente Pacalet, sono stato due volte in cantina da lui ed ho assaggiato tutto quello che produce. I suoi vini mi sono sempre piaciuti e mi piacciono tutt’ora. Credo però che lo stile con cui vinifica (macerazione semi-carbonica) renda i suoi Pinot (dal village al grand Cru) molto simili e non si senta molto la differenza del terroir; inoltre questa tecnica, a mio avviso, non fa evolvere in bottiglia il vino come dovrebbe…e dopo qualche anno si “spegne”…prezzi decisamente alti!!!
Ringrazio nuovamente tutti e vi aspettiamo l’anno prossimo!!!

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Nic Marsél risponde:
June 12th, 2014 ore 09:53


@Andrea Sala, ho notato questo pronunciato accento (per me stucchevole) derivante dalla parziale macerazione carbonica anche in altri francesi. A memoria ricordo un Syrah di Romaneaux-Destezet. E forse anche su un vino assaggiato (ma che ora accidenti mi sfugge) della Tenuta L’Armonia. Non si incrocia con la mia strada del gusto :-(

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Andrea Sala risponde:
June 12th, 2014 ore 15:11


@Nic Marsél, Non dico che in assoluto sia fastidioso ma credo sia molto limitante su vini che devono esprimersi nel corso degli anni e che hanno costi importanti…Credo abbia assaggiato il Brio (Tenuta L’Armonia)…su un prodotto con quello stile e a quel prezzo questa tecnica, a mio parere, non è invalidante ma lo rende ancor più piacevole..

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Nic Marsél risponde:
June 13th, 2014 ore 11:47


@Andrea Sala, gusto personale a parte, non potrebbe essere una tecnica un po’ omologante?

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Massimiliano Montes risponde:
June 13th, 2014 ore 13:18


@Nic Marsél, sul suo sito non parla di macerazione carbonica:
http://www.philippe-pacalet.com/fr/vins/4/chambolle-musigny-1er-cru
In alcuni blog ho trovato scritto che per i base lascia alcuni grappoli interi nel mosto.
Ti assicuro che lo Chambolle-Musigny 1er 2007 non era affatto stucchevole



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