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Il Master of Wine

Pubblicato il 27 Febbraio 2014


di Armando Garofano 12 commenti

È sempre impressionante vedere un Master of Wine dal vivo, apprezzarne lo charme discreto e autoritario, la sicurezza con la quale spiega realtà poco rassicuranti e giustifica situazioni inquietanti senza alcuna inquietudine.

Gli interlocutori – ovvero il fortunato pubblico della Master Class – stanno tutti accucciati e scodinzolano felici: io compreso che se faccio il monello magari non m’invitano più e chi me lo fa fare (Cit. Matteo Renzi).

Mi trovo a Cru Bio, piccola fiera dedicata ai vini biologici e naturali organizzata dalla rivista belga di settore più famosa: Vino! (col punto esclamativo).
L’impressione e che i promotori siano costretti a farla tanto per non essere fuori moda (e per raccattare qualche migliaio di euro attraverso le partecipazioni), ma con l’entusiasmo con cui Berlusconi organizzerebbe una “cena elegante” con la Bindi e la Merkel.

L’anno scorso un altro eccelso MW ha illustrato tutti i vantaggi della nuova normativa europea sui vini biologici (probabilmente redatta con la consulenza di Calderoli), quest’anno invece ci si sofferma sulla pericolosità dei lieviti indigeni.

Il rottamatore di turno è Cees Van Custeren è uno dei due Master of Wine olandesi (e alla fine ne resterà uno solo, cit. Highlander): ha lavorato per anni per i produttori di lieviti DSM ed adesso è consulente per il più grande produttore di lieviti selezionati al mondo, il gruppo canadese Lallemand. Ovvero la persona più adatta per spiegare l’impatto devastante dei lieviti autoctoni sulla vinificazione: come invitare Vito Ciancimino a un convegno sulla lotta alla mafia.

Il nostro MW infatti, non si smentisce: afferma serafico che produrre millemila milioni di ettolitri di vini senza difetti i lieviti selezionati sono fondamentali e che lui apprezza molto il savoir faire degli enologi delle cantine Gallo degli USA e che i vini artigianali sono buoni ma per pochi: il vino industriale c’è e ci sarà per sempre; Amen. (ma questo e meglio che non lo dico a Maule).

Tanto per rassicurarsi aggiunge pure che è in arrivo dagli USA un potentissimo lievito geneticamente modificato che si chiama ML01 (ancora vietato in Europa) in grado di svolgere la fermentazione alcolica e malolattica allo stesso tempo con grande vantaggio per tutti.

In attesa della sua venuta (del lievito) assaggiamo un terrificante e impersonale vino bianco iberico prodotto con lieviti selezionati in Germania (poiché sono i più adatti a lavorare a basse temperature nei silos refrigerati) e poi un rosso sudafricano fermentato spontaneamente: la differenza è schiacciante ovviamente a vantaggio dello zozzone sudafricano, ma nessuno apre bocca, io compreso per i motivi succitati. Nessuno fa domande la Master Class si chiude con un bell’applauso e il pubblico si genuflette prima di raggiungere la sala degli assaggi.

Pochi i produttori mimetizzati dietro ai banchetti degli importatori, ma si riconosco per la facce scottate dal sole: come quella di Jano Stekar (nella foto sotto il titolo), sloveno del Collio (che non so come si dice in sloveno) di lui è buono TUTTO e a prezzi ragionevolissimi.

Vivien & Baptiste

Baptiste & Vivien

Chiudo con una menzione speciale per Baptiste & Vivien che gestiscono una enoteca a Bruxelles (e importano Foti): hanno comprato cinque ettari sulla Loira, vicino Chinon e sono diventati produttori (con la consulenza di Nicolas Grobois).

Il Tète Red

Il Tète Red

Esordiscono con un vin de soif da bere a litri: 90% cabernet franc e 10% grolleau, fresco, vinoso con leggiadria, con tannini che tirano di fioretto, un rosso per l’estate incantevole, il Tete Red. Arrivederci all’anno prossimo, sperando che m’invitino ancora.

 

 








12 Commenti


Lorenzo commenta:
28/02/2014 ore 12:43

Io che sono contadino di 4° generazione, che non mi sono mai chiesto se i miei lieviti fossero endogeni, esogeni, autoctoni, alloctoni, alieni o del terzo tipo… ma che semplicemente vedevo mio nonno pigiare l’uva e bestemmiare se il vino andava in aceto e tutt’oggi pigio e vedo quel che vien fuori: faccio la voce fuori dal coro:

Questo Master of Wine ha solo ragione.

Innanzitutto la metto sotto il profilo storico, qualche secolo fa si poteva parlare (forse) di lieviti autoctoni, poiché a fronte della vinificazione, le vinacce macerate venivano ributtate nel vigneto per concimare così com’erano, quindi, i lieviti che si erano “salvati” dalla vinificazione, si erano evoluti artificialmente tramite la mano dell’uomo, ritornavano sulle piante. E man mano così ogni vendemmia, si selezionavano con l’aiuto dell’uomo, anche allora erano lieviti selezionati… diciamo in maniera “inconscia”.
Ora, con la normativa per il trattamento delle vinacce, oltre che è noto che le vinacce esauste, in molte zone, non è che sono così un “toccasana” per il vigneto, mi chiedo ancora chi lo faccia.
Unito al fatto che le vinacce non vengono più riportate nel vigneto, sono arrivati i trattamenti contro i funghi. Ebbene, essi hanno completamente distrutto tutta la “biodiversità” di lieviti costruiti nel corso degli anni.
Voi direte, eh, ma i produttori seri non li fanno, io vi rispondo, tranquilli, i lieviti sono talmente instabili che basta anche un pò di zolfo o una temperatura un po’ più alta d’estate (nà botta de caldo) per modificarli geneticamente e quindi il loro effetto sul vino.

Ora veniamo alla vinificazione, usare i lieviti autoctoni è come vincere il super enalotto, davvero poco prevedibile cosa succederà, impossibile da replicare nel corso del tempo.
Il motivo è semplice, i lieviti sono plurimi, non è possibile a priori stabilire quale ceppo prenderà il sopravvento. Da qui, nell’evoluzione tecnologica, l’idea di selezionare i lieviti, ovvero scegliere quelli che è più facile prevedere come si comporteranno. (N.B. anche prima non era naturale, c’era sempre la mano dell’uomo).
Quindi, in una produzione industriale, dove c’è un livello qualitativo che il cliente si aspetta, non è possibile usare lieviti “autoctoni”. E’ scienza, non sono chiacchiere da bar, basta chiederlo a qualsiasi biologo (N.B. non ad un enologo o ad un produttore). Non è che siccome la cantina X usa lieviti selezionati è un male, anzi.
I lieviti autoctoni, ripeto, ammesso che ormai esistano davvero, proprio perché non selezionati, producono scarti di fermentazione… che non sono solo puzze, ma anche composti chimici allergeni e tossici (Es. l’acido acetico, vi siete mai chiesti perché per legge il vino non può avere più di tot concentrazione di questo acido? E se da una fermentazione non controllata ne esce troppo che facciamo? Lo abbattiamo con qualche altro trattamento? ).
Ora veniamo alla scritta in etichetta dei lieviti autoctoni, io ne vedo molti, alcuni vini mi piacciono davvero, sono contento che ci sia, nel mondo del vino, un approccio più vicino alla natura. Il problema è che poi da imprenditore (non nel campo del vino, ma in quello delle biotecnologie… non a servizio del vino), il pensiero vola al marketing, perché non è possibile definire in laboratorio che lieviti si è usati… e quindi è e rimane solo una frase scritta su di un’etichetta, che ha lo stesso valore scientifico e commerciale di scrivere “il mio vino è bello”. Non c’è modo di controbatterla. Punto.

Con questo non sto insinuando che non ci siano veri e propri “artigiani” del vino che pigiano e vedono quello che succede, ma quando vedo cantine nelle fiere… che lo scrivono in etichetta e tutti gli anni tirano fuori il vino… beh a me, da produttore amatoriale che queste cose le ha vissute ed ora, nella maturità, che sa come funzionano, qualche dubbio viene…
… speriamo non sia solo una strategia commerciale dai…
Scusate, ma questo sito mi piace, gli articolo sono bellissimi e non posso esimermi di dire quello che penso.

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
February 28th, 2014 ore 13:09


Ciao Lorenzo. Scusa il mio schematismo ma per chiarezza ti esprimo la mia idea per punti.
.
- Il vino viene male non per colpa dei lieviti ma perché chi lo fa non lo sa fare. Questo è un dato certo.
Fare il vino non è semplice e non è da tutti. I migliori vini di Borgogna, di Bordeaux e del mondo, fino a 30-40 anni fa venivano fatti con fermentazione spontanea.
Romanée-Conti e Chateau Latour sono stati fatti per centinaia di anni da fermentazione spontanea… i lieviti selezionati neanche esistevano!
.
- Non esistono i lieviti autoctoni. C’è la fermentazione spontanea e quella indotta mediante inoculo.
La fermentazione spontanea inizia da lieviti apiculati, non dai saccharomyces, che la conducono almeno fino a sviluppare il 4% di alcol, in determinate condizioni fino al 9%.
Poi subentrano i saccharomyces.
Se tu inoculi direttamente un saccharomyces selezionato dopo avere solfitato il mosto ti perdi la parte migliore della fermentazione, e gli aromi più autentici.
.
La fermentazione spontanea va saputa gestire. In questa intervista Francesco Spadafora, vignaiolo convenzionale in conversione al biologico, ci parla delle sue sperimentazioni con fermentazione spontanea senza inoculo: a suo parere migliore di quella indotta
http://gustodivino.it/home-gusto-vino/fermentazioni-spontanee-due-opinioni-a-confronto-angiolino-maule-e-francesco-spadafora/massimiliano-montes/2013/
.
- Le migliori annate di Romanée-Conti (1945, 1968, 1973 per esempio), di Chateau Latour o Cheval Blanc (1959, 1967, 1972 per esempio) sono state fatte con fermentazioni spontanee. Niente lieviti selezionati… non esistevano neppure!
.
- Naturale non significa che non c’è la mano dell’uomo. E’ un interpretazione fuori dalla lingua italiana e da qualsiasi senso (letterale o semplice buon-senso).
Una persona che si presenta in maniera naturale è semplicemente uno non affettato, non sofisticato. Un trucco naturale è un trucco che rispetta la fisionomia senza stravolgerla. L’acqua minerale naturale è quella non addizionata di acido carbonico.
La parola naturale non ha il significato che tu le dai. Né in italiano, nè in enotecnica.

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Massimiliano Montes risponde:
February 28th, 2014 ore 13:10


@Lorenzo, i tuoi commenti sono graditissimi :-)

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Lorenzo risponde:
February 28th, 2014 ore 18:48


@Massimiliano Montes,

conosco molto bene gli apiculati ed i saccaromiceti :-) :-)

io non sostengo che il vino fatto con lieviti non inoculati venga male a prescindere, dico che sulle grandi produzioni, non essendo controllabile, non garantisce un prodotto finale. E chi dice che riesce a controllarle… avrà avuto quell’incidenza statistica costante di beccare sempre il ceppo “buono” che prende il sopravvento… se lo conosci fatti dare i numeri da giocare al superenalotto! :D :D

Confrontare i vini di 100 anni fa non è corretto, nel senso che non puoi sapere se un bordeaux di un secolo fa era pieno di volatile o meno, come non puoi dirlo su vini di 40 anni fa, poichè l’evoluzione in bottiglia altro non è che una reazione chimica di trasformazione ed ossidoriduzione.

secondo aspetto, la selezione dei lieviti, che veniva fatta automaticamente in vigna nelle metodologie che ho specificato (ovvero riportando lì le vinacce esauste), non esclude che all’epoca i lieviti non venissero selezionati in un qualche laboratorio! Stiamo parlando degli anni 60-70 del ’900 mica del 1800! E come ben sai i francesi stavano avantissimo nella tecnologia enologica (come pensi che si sia passati dal nebbiolo dolce di barolo al Barolo vero e proprio?)

Anzi, tanto di cappello per chi si selezione i lieviti in cantina!

Terzo aspetto, ti faccio un parallelismo… se vai in una cantina dello champagne, ti fanno vedere i giropallet ? No! ti faranno vedere delle poeticissipe pupitres!

Non è che dobbiamo stare qui sempre a credere a quello che ci dicono eh…

Sul discorso della definizione di naturale, sono d’accordo con te.

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A3C commenta:
28/02/2014 ore 20:00

Lorenzo ha ragione in primi lieviti selezionati sono stato prodotti in Francia negli anni 60 :-)

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Nic Marsél commenta:
28/02/2014 ore 20:50

Ciao Armando è sempre un piacere leggerti.Io sono per le fermentazioni spontanee però in fondo tutto è relativo: i lieviti si stanno selezionando da ottomila anni ovvero da quando l’uomo ha iniziato a vinificare, no?

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A3C risponde:
March 1st, 2014 ore 11:39


@Nic Marsél, in fondo hai ragione ma si stanno selezionando in maniera spontanea

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Massimiliano Montes commenta:
28/02/2014 ore 22:17

@Lorenzo, i lieviti secchi attivi (LSA) si sono diffusi commercialmente a partire dalla seconda metà degli anni 70. Tutto quello che c’è prima è sperimentazione senza concreti risvolti commerciali. Soltanto il processo di liofilizzazione ha determinato la diffusione commerciale dei lieviti selezionati.
.
La certezza nel risultato della fermentazione spontanea c’è sempre stata, si chiama Pied de Cuve. Il Pied de Cuve spontaneo garantisce stabilità e costanza negli anni. E’ stato inventato proprio per questo, in regioni fredde e umide che farebbero tremare le vene ai polsi ai vignaioli moderni.

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Massimiliano Montes commenta:
28/02/2014 ore 22:18

@Lorenzo, infine, i migliori vini che ho mai bevuto sono da fermentazione spontanea. Quelli inoculati fanno cagare :-)

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Lorenzo commenta:
02/03/2014 ore 11:51

Massimiliano,
io penso che qui il punto sia un altro, io non sto giudicando la qualità del vino sulla base del lievito utilizzato come sono assolutamente certo che chi ha la fortuna di avere un lievito “endogeno” (autoctono, perdonami, ma proprio non mi piace) giusto riesce a fare un ottimo vino.

Il problema è che a me, da specialista di questo settore ed appassionato di vino, sembra semplicemente una moda da mettere in etichetta.

Ripeto, non c’è modo di verificare se la fermentazione è stata spontanea o meno, non c’è modo di sapere che lieviti si è utilizzato in fermentazione.

Sinceramente mi aspetto dei “difetti” (che per alcuni potrebbero essere pregi N.B.) da una fermentazione dichiarata senza l’utilizzo di lieviti selezionati, perchè statisticamente la scienza ci insegna che esitono dei sottoprodotti della fermentazione. Punto.

Il Pied de cuvee si fa anche con i lieviti selezionati, serve solo per garantire una partenza corretta della fermentazione, ma dato che l’hai citato, a questo punto ti dico: Esso altro non è che una “selezione” di lieviti fatta dal produttore. Quindi, segui il mio ragionamento, se fino a ieri in cantina usavo lieviti selezionati… essi non è che sono scomparsi, sono lì! Se faccio la pied de cuve, quali lieviti pensi che siano in maggiore presenza e, quindi, prendano il sopravvento? Quelli endogeni o quelli selezionati? :-) :-)

Poi, e qui vengo al mio gusto personale, i lieviti selezionati sono di tanti tipi, se uno usa quelli “aromatici”, allora si, stai togliendo o aggiungendo qualcosa al vino, stai… che so, barando ? Non saprei proprio, ci sono tanti modi in fermentazione per mettere e togliere aromi, ovviamente del tutti naturali, qui non parlo di additivi, basta, che so… cambiare una temperatura per esempio.

Poi esistono i lieviti “neutri”, che sono quelli tra l’altro più diffusi…

Chiudo il discorso dicendo che a me tutta ‘sta storia dei lieviti auctoctoni e delle partenze spontanee mi sa di marketing di prodotto e di “moda”, senza offesa per nessuno.
Se me lo dicesse Emidio Pepe, ci crederei, sono anni ed anni che “forse” lo fa (dico forse perchè, ripeto, non c’è un modo sperimentale per saperlo), ma tutti questi parvenu del vino sinceramente mi fanno storcere il naso.

A questo punto sai che ti dico ? Chi usa veramente i lieviti autoctoni sai chi è ? reggiti perchè inorridisci, la CINZANO! si selezionano i lieviti in cantina da almeno 40 anni ed usano quelli loro! non quelli del mercato!
:-) :-)

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Eretico Enoico risponde:
March 2nd, 2014 ore 16:15


@Lorenzo,
bello ,appassionante leggere tra le righe la competenza , l’amore verso un ambito cosi legato alla storia dell’uomo come quello della vitivinicultura ma credo che la questione fermentazione spontanea o indotta ,lieviti ambientali non selezionati o selezionati di laboratorio non sia solo riconducibile ad una moda.
La condizione iniziale, per poter ragionare ,risiede nel valore etico che ogni produttore applica nel dichiarare il vero,altrimenti siamo qui a discutere di aria fritta.La tecnologia di laboratorio oggi consente di rintracciare non solo inquinanti, interventi chimici etc ma anche certi lieviti selezionati e dotati di un corredo chimico ben definito( quello che poi fornire determinate caratteristiche al vino) ,attenzione quindi a sparare la bonta’ tutta domestica di un vino ” acchittato “. La disputa non e’ ne sulla bonta’ ne sul fatto o meno che sia corretto adoperare tecniche di controllo della fermentazione ( non invasive ) o dei lieviti ed aggiungerei che non stiamo discutendo sula capacita’ diffusa di percepire se un vino e’ stato ottenuto da lieviti spontanei-ambientali-indigine o selezionati in laboratorio.
Se voglio bere ed acquistare un prodotto artigianale ,naturale ,tradizionale nella convinzione che forse e ribadisco forse potrei trovarci , conoscendone la sua tipicita’ ,dei caratteri gustolfattivi , anche con una bella dose di romanticismo enoico…ecco mi aspetto e pretendo di trovarli in un vino che abbia in tutti i passaggi la sola ed unica mano della sapienza e dei prodotti di quella cantina e di quel vignaiolo escludendo ogni tipo di correzione chimica ed i lieviti selezionati in laboratorio da una azienda terza sono una intrusione decisa .Non e’ moda ma e’ sempre piu’ ovvio che fare un vino ,con tutto quello che ( possibilmente ) di buono offre la sua storia individuale , regalera’ un prodotto piu interessante ed emozionante. La fermentazione indotta da un pied de cuvee elaborato con i soli prodotti della propria vigna e cantina risponde al discorso di cui sopra altrimenti non e’ questione di indurre o meno una fermentazione. Voi il gelato artigianale lo gradite fatto dal gelataio con tutti prodotti freschi e genuini o lo preferite ottenuto da semilavorati ? Voi riconoscete se un gelato e’ ottenuto da prodotto totalmente fresco o meno …
Sante’ Giuseppe

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Lorenzo risponde:
March 3rd, 2014 ore 12:56


@Eretico Enoico,

Guardi che si sbaglia, una volta finito il proprio lavoro, la membrana cellulare del lievito si rompe ed è impossibile risalire alla tipologia di lievito utilizzata. Partendo dal corredo conferito al vino, si può fare un’ipotesi, ma non si ha la certezza. Certi corredi si conferiscono in tantissimo modi… naturali ed artificiali.

Ricordatevi che volendo al vino si possono aggiungere anche le puzzette!

Stessa cosa vale per tanti altri additivi, Es. il tannino di galla, non si può dire se ce l’hanno aggiunto o se se l’è preso dalla botte!

Sono d’accordo con lei, il valore etico deve esserci, l’ho già detto, è la base, solo che con il livello di diffusione di questi prodotti che ormai c’è, io vedo un’assenza completa di normativa a riguardo.

L’etica si ferma dove inizia il business, non dimenticatevelo mai. Con questo non sto dicendo che non ci sono produttori seri, sto semplicemente dicendo che a questi, si potrebbero affiancare senza problemi tanti disonesti.

Le faccio un parallelismo, nel Biodinamico, c’è una normativa di riferimento, fatta di un disciplinare e dei controlli. Biodinamico è principalmente etico, ma una normativa di riferimento tutela il mercato ed il consumatore.

Per normativa non intendo solo gli ingredienti con i quali si fa il vino, ma anche e soprattutto, la tracciabilità, che lieviti ed uve ho usato, da dove proviene quel vino etc. etc.

E’ fondamentale non crede ?

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