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A grande richiesta (e con gran piacere) ripubblico: “Il Gambero Rosso e la scheda comprata. Un’intervista a Sandro Sangiorgi”

Pubblicato il 12 Gennaio 2020


di Massimiliano Montes Un commento

Sandro Sangiorgi e Porthos edizioni, chiamati in giudizio per diffamazione da Gambero Rosso Holding spa e da Slow Food Editore, hanno vinto la causa anche nel processo di secondo grado. Il 20 aprile 2012 la Corte di Appello di Roma ha pubblicato la sentenza della causa di appello, nella quale peraltro Slow Food non si è costituita.

Responsabile dal 1993 fino al 1999 delle degustazioni e della redazione delle schede della regione Veneto per la guida “Vini d’Italia” (allora coedizione di Gambero Rosso e Slow Food), Sangiorgi lasciò l’incarico con uno strascico di polemiche, che emersero con grande rilevanza durante una puntata di Report, la trasmissione d’inchiesta condotta dalla giornalista Milena Gabanelli, andata in onda nel 2004 con il titolo “In vino veritas”.
In questa puntata Sangiorgi rivelò di avere ricevuto pressioni da Gambero Rosso e Slow Food al fine di inserire nella guida del 2000 aziende che avevano fatto investimenti pubblicitari sulle pubblicazioni di entrambi gli editori. In particolare segnalava un’azienda, Santa Margherita, di cui era comparsa una scheda non redatta da lui, spiegando che a suo giudizio i vini non la rendevano all’altezza dell’inserimento in guida.

La Gambero Rosso Holding e Slow Food, ritenendosi diffamati da quelle dichiarazioni, chiesero a Sandro Sangiorgi un milione di euro a titolo di risarcimento danni. Il Tribunale e la Corte d’Appello di Roma, dopo due gradi di giudizio, hanno respinto le richieste di risarcimento e condannato gli attori al pagamento delle spese legali, ritendendo non diffamatorie le dichiarazioni rilasciate al giornalista di Report.

La pubblicazione della recente sentenza di appello ha rinfocolato le polemiche. Soprattutto da parte di Daniele Cernilli, che ha ripetutamente smentito la ricostruzione dei fatti accertata nelle sentenze. Sandro Sangiorgi invece non ha rilasciato alcuna dichiarazione di commento, neanche per rettificare le affermazioni di Cernilli.
Noi siamo riusciti ad avere una breve conversazione con lui.

Allora, Sandro, hai vinto la causa.
Si. Ora speriamo che Gambero Rosso Holding paghi le spese legali.

Ma la scheda di Santa Margherita tu non l’hai mai compilata?
No.

E allora chi l’ha compilata?
È stata inserita dalla redazione della Guida dopo la mia consegna del lavoro, e senza neanche farmene cenno, tanto che l’ho scoperto due mesi dopo, quando il volume era già in commercio.

Per quale motivo, secondo te, la redazione ha inserito questa scheda nonostante tu avessi bocciato qualitativamente i vini dell’azienda?
La direzione, Petrini e Cernilli in primis, ha ritenuto che la presenza di quell’azienda in Guida fosse più importante del lavoro di un collaboratore. Inoltre, temendo una mia reazione, hanno evitato di mettermi a parte della loro decisione, lasciando che lo scoprissi a cose fatte. Inevitabile la mia decisione di lasciare Slow Food, di cui ero, voglio ricordarlo, non solo collaboratore editoriale, ma anche fondatore, responsabile nazionale della didattica e governatore internazionale.

Durante le fasi della degustazione hai ricevuto delle pressioni dirette?
Sì. Gigi Piumatti e Francesco Dammicco mi chiesero di assaggiare nuovamente i vini per una rivalutazione, con particolare attenzione ad alcune aziende.

Gigi Piumatti, di Slow Food Editore?
Sì, all’epoca era vice-curatore della Guida dei vini. Francesco Dammicco era il coordinatore commerciale di Gambero Rosso editore.

Sandro, dalle risultanze processuali, sembra che l’editore avesse indicato un punteggio minimo di 78/100, ovvero due bicchieri, per l’inserimento in guida. Tu e i testimoni avete affermato che il vino di Santa Margherita non aveva superato questo limite. Daniele Cernilli ha invece pubblicamente affermato che non esisteva alcun punteggio limite.
Provo a spiegare. A quel tempo avevamo cominciato a dedicare piccole descrizioni a produttori non ancora “pronti” per ricevere una recensione completa; queste schedine facevano parte di una sezione chiamata “altre cantine” posta alla fine di ogni regione. Dunque la regola condivisa dai curatori e dai responsabili regionali era di riservare una scheda intera a un’azienda che avesse almeno un vino da due bicchieri, equivalenti ad almeno 78/100. Poteva succedere che una cantina già recensita presentasse prodotti di un’annata poco favorevole, oppure non aveva nuovi campioni da far degustare, in quei casi si pubblicava la scheda con vini da un bicchiere o anche con “bicchieri bianchi” relativi a vini descritti nelle Guide precedenti; tuttavia, a quel tempo si concedeva un anno di transizione, non di più; nella successiva stagione di assaggi, la cantina doveva presentare almeno un vino da due bicchieri. Questa esigenza qualitativa valeva ancora di più per le nuove schede e i reinserimenti dopo un periodo di assenza.

All’epoca la guida era co-diretta da Daniele Cernilli e Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. I commenti sulla vicenda però si concentrano su Cernilli, tralasciando un po’ le responsabilità di Petrini.
Anche su questo le sentenze e le dichiarazioni dei testimoni sono chiare, la responsabilità di inserire una scheda all’insaputa del responsabile di una regione era della direzione della Guida, a quel tempo formata da Petrini, Cernilli e Piumatti; non va sottovalutato anche il ruolo di Stefano Bonilli, allora direttore e amministratore unico di Gambero Rosso. Il motivo di tale attenzione per Daniele credo sia legato alla dichiarazione “gli faccio causa” fatta a Report, sulla quale il redattore della trasmissione mise particolare risalto. Ma, tutto ciò che è accaduto non è dipeso solo da lui.

Nelle motivazioni della sentenza d’appello i giudici affermano che una malevola valutazione dei vini in una guida, per fini commerciali, non costituisce reato. Ma viola il diritto dei consumatori ad essere correttamente informati.
I giudici affermano testualmente che “è di certo interesse dell’opinione pubblica essere posti nelle condizioni di valutare l’affidabilità di note riviste e guide specializzate nel campo enogastronomico, a tutela dei consumatori che, in quanto non esperti, da quelle riviste sono orientati nella scelta dei prodotti”.

Dopo il 1999, anno in cui abbandonasti la guida dei vini del Gambero Rosso, hai più visto Daniele Cernilli?
Ci siamo incontrati e, finché non è scoppiato il caso nel 2004, è anche capitato di sentirci, come quando Bietti gli chiese di scrivere un breve pezzo su Porthos 2 per la rubrica “Il vino sul banco”. Dal tempo della causa, mi è capitato di incrociarlo ma non ci ho più parlato.

Gli hai chiesto di partecipare alla costruzione del progetto di Porthos, il tuo periodico di approfondimento enoico?
Non ho mai pensato di chiedergli di partecipare alla fondazione di Porthos, e non l’ho fatto. Come avrei potuto, alla luce di quello che era accaduto per la Guida? Tra il 1994 e il 1996, quando ero ancora in Slow Food, proposi a Petrini, Cernilli, Piumatti, Sardo e altri dirigenti di Slow Food e collaboratori di Gambero Rosso, come Barbero, Ruffa e Sabellico, di fare una rivista sul vino, senza inserzioni pubblicitarie di produttori o distributori di vino, in modo che la Guida, già in quegli anni con il respiro corto, potesse contare su uno strumento per sviluppare e far conoscere il nostro modo di intendere il vino e per dare continuità e credibilità alle degustazioni. La mia idea non fece breccia.

 

Sentenza di appello

Report: “In vino veritas” (29.09.2004)

 








1 Commento


Lorenzo Corino commenta:
12/01/2020 ore 11:56

Buongiorno Sangiorgi,
grazie per l’informazione così dettagliata.
Apprezzo molto la chiarezza .
Lorenzo Corino

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