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Ingredienti in etichetta: “Il senso del legislatore per il vino”

Pubblicato il 10 Settembre 2014


di Diletta Scaglione 50 commenti

Piccolo riferimento intellettual-cinematografico (prima che letterario per quanto mi riguarda) tale per cui: il legislatore sta a Smilla come la neve sta al vino.

È ufficiale, da quando studia a Pollenzo “ha le idee più confuse che persuase”, direte. Questo è anche possibile, nonostante ciò il richiamo a Smilla ed al suo senso di groenlandese per la neve, seppur suggestivo, ha un suo perché

In verità, l’idea per questo articolo l’ho avuta lo scorso Maggio in occasione delle elezioni europee. In quel periodo era un gran parlare di europeisti, euroscettici, filo-nazisti, popolari, etc. etc. Ed io mi domandavo perché i giornalisti ed i politici, quelli europeisti in special modo, non insistessero nel portare all’attenzione dell’opinione pubblica le ragioni dell’Europa. Sì perché che piaccia o no l’Europa è altro rispetto ai singoli stati. Come un sistema dove il tutto è più delle singole parti.

I motivi dell’indugio fanno tutti capo alla necessità di sondare se le mie fossero solo impressioni o se indietro alle ombre vi si nascondessero i fatti. Vengo e mi spiego. Mi pare che dietro molte discussioni enoiche, prima fra tutte quella sull’etichettatura, ci sia una profonda asimmetria informativa.

Per potere parlare in maniera del tutto consapevole, come piace a noi, di qualcosa bisogna prendere in considerazione anche l’altro lato della medaglia. Mi riferisco alle motivazioni che sottendono le politiche europee sull’etichettatura del vino. La proposta di un elenco ingredienti per il vino per poter essere credibile deve conoscere le ragioni per le quali secondo il legislatore esse sono inammissibili. Ma c’è anche dell’altro. In molte occasioni anche su Gustodivino ho letto commenti su: etichette prive di informazioni.

Ciò di cui, mi pare di capire, non molti sono a conoscenza è che l’etichetta riportata su una bottiglia di vino deve sottostare ad una ben precisa normativa che la regolamenta, la quale prevede che alcune indicazioni devono essere fornite obbligatoriamente mentre altre sono solo facoltative. Inoltre, ad essere normate non sono solo le informazioni ma anche la grandezza del carattere che deve essere usato per ognuna di esse. In realtà per il legislatore una buona etichetta nonché a norma contiene meno informazioni e non di più.

Pensate a quando vi trovate davanti allo scaffale dell’olio e avete intenzione di cambiare rispetto a quello di solito acquistato. Prima mossa è prendere la bottiglia e leggere l’etichetta. C’è quello delicato, robusto, fragrante, gentile, light e potrei continuare. Questo prodotto è calzante per comprendere come le etichette hanno spesso il compito principale di fornire suggestioni, in special modo per quei generi di prodotti che agli occhi del consumatore medio non si differenziano molto tra un produttore e l’altro se non per il prezzo, come l’olio. Ciò determina acquisti meno basati sulla conoscenza è più sulla suggestione indotta da etichette o retro-etichette narranti. Se pensate a come è fatta l’etichetta di un vino francese sarà chiaro che è il vino a dovere parlare e non l’ufficio marketing.

Detto questo torniamo alle ragioni del legislatore.

Bisogna sempre ricordare che il regime di etichettatura dei prodotti alimentari (di cui il vino fa parte) (per lo meno per come è oggi) è uno dei risultati della politica europea di sicurezza alimentare. Obiettivi a fondamento di tale legislazione prodotta in seno all’UE sono: la tutela del consumatore, la libera circolazione, la libertà e la consapevolezza delle scelte di consumo, scoraggiare le informazioni false e la concorrenza sleale.

Questi obiettivi si declinano in vari modi tenendo comunque sempre presenti tre principi che ne sono a fondamento, proporzionalità, sostenibilità e sussidiarietà. Li cito tutti per essere esaustiva ma ciò su cui mi interessa porre l’attenzione è il principio di proporzionalità. Per dirla con due parole, scopo della regolamentazione UE è garantire la più ampia tutela al consumatore finale ed al contempo garantire che la normativa prodotta non sia vessatoria per il produttore.

Cioè, la tutela accordata deve essere proporzionale rispetto a ciò che comporta per il produttore produrre quell’informazione (scusando il gioco di parole); il che significa non solo comunicarla ma soprattutto darne prova. Esempio: scriviamo in etichetta “non contiene anidride solforosa”; il legislatore risponde: l’anidride solforosa viene prodotta in maniera naturale anche senza la sua aggiunta indi per cui non è possibile verificare che la sua presenza sia determinata dal suo spontaneo generarsi.

Si potrebbe ancora obiettare che oltre certi limiti la presenza di SO2 è per forza frutto di una sua addizione; il legislatore risponde che non è possibile stabilire un limite in maniera scientificamente incontrovertibile anche perché la sua aggiunta è possibile in diverse fasi del processo di vinificazione. Se il legislatore non può verificare non può nemmeno certificare e quindi accordare tutela.

Quindi, il legislatore che si trova a dover bilanciare gli interessi dei consumatori con quelli dei produttori opta per una normativa che prevedere di informare questi ultimi sulla composizione del vino ma solo relativamente alle sostanze che potenzialmente possono generare allergie, intolleranze o che sono inadatte a regimi dietetici particolari.

I regolamenti individuano come potenziale allergene soltanto l’anidride solforosa in quanto il vino è considerato a tutti gli effetti un prodotto monoingrediente, come l’olio. Cioè la legge stabilisce che, per definizione, l’unico ingrediente di cui è fatto il vino è l’uva, diversamente non è vino.

So che la mia piccola disquisizione non è neanche così del tutto completa ma scopo è affermare che se ci si propone di chiedere al legislatore un elenco ingredienti per il vino bisogna, a mio avviso, porre almeno tre questioni.

La prima, se gli eschimesi formano molte parole diverse per descrivere il termine neve questo avviene perché la loro familiarità con la neve permette di riconoscerne i vari tipi ed agire di conseguenza. Il consumatore di fronte ad un elenco ingredienti sarebbe davvero più informato nel senso che tali “fatti letti assumano una forma precisa nel loro pensiero”?  Per dirla in altre parole, le notizie aggiuntive sarebbero comprensibili per il consumatore senza avere una laurea in chimica, biologia, enologia, agraria o medicina e se sì, sarebbero tenute in una qualche considerazione?

La seconda questione un po’ più spinosa. Le regolamentazioni sono spesso frutto di tavoli dove gli stakeholders sono rappresentati da taluni produttori piuttosto che altri. Chi sono i rappresentanti delle nostre Doc? In relazione a cosa varia il loro potere contrattuale?

Tirando le somme, i vignaioli sono disponibili a produrre tutta la certificazione che provi la realtà dell’elenco ingredienti prodotto? Viste le polemiche nei confronti di Vinnatur e dei suoi metodi si potrebbe dire di no.

Chi parla del vino naturale come un movimento politico non sbaglia perché il focus strategico è che le istanze di pochi diventino quelle dei molti e per farlo se ne deve parlare, divulgare soprattutto fuori dai palazzi un po’ autoreferenziali del mondo del vino.

 





50 Commenti


Massimiliano Montes commenta:
10/09/2014 ore 16:45

“non contiene anidride solforosa” è un po’ vago. Basterebbe indicare quanti mg/l di solforosa totale contiene un vino. Dato analitico che tutti i vignaioli hanno al momento dell’imbottigliamento. Per esempio… ;-)

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gianpaolo risponde:
September 11th, 2014 ore 15:02


@Massimiliano Montes, e quindi se di uno stesso vino uno fa piu’ lotti, che possono benissimo e infatti spesso hanno solforose diverse, uno deve far stampare piu’ lotti di etichette, magari due giorni prima dell’imbottigliamento, per piccole quantita’, per essere sicuro di mettere il dato esatto?

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Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 16:39


@gianpaolo, esiste una normativa italiana ed europea che prevede una certificazione biologica per il vino anche in relazione alla quantità in mg/l di solforosa totale. Tu mi stai dicendo che un produttore certificato bio ha lotti di vino con contenuto di solforosa molto differente? O la legge che richiede l’indicazione della solforosa massima in mg/l è da rifare o qualcosa non mi torna.
Se la differenza tra i lotti è minima si chiede al legislatore di introdurre un margine di tolleranza, o delle fasce di appartenenza.

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gianpaolo risponde:
September 11th, 2014 ore 17:15


@Massimiliano Montes, la differenza tra lotti puo’ essere allo stato attuale quella ammessa dalla legge, ovvero l’importante e’ che ogni lotto non superi il limite ammesso. Non capisco che vuoi dire quando dici “c’e’ qualcosa che non va”. Un vino al primo lotto di imbottigliamento a Marzo puo’ avere 40 di totale e all’ultimo lotto a Novembre o Gennaio dell’anno successivo avee 60. Qual’e’ il problema se rimane (abbondantemente) al di sotto della norma? Ovvio che il produttore lo quanto e’ il vino all’imbottigliamento, ma mica deve stamparsi ogni volta le etichette.

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Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 17:55


@gianpaolo, perdonami ma da profano c’é qualcosa che non capisco. Tu me la saprai certamente spiegare. Se una determinata etichetta è fatta con la stessa uva vinificata allo stesso modo come è possibile che ci siano vistose differenze nella solforosa totale?
Me lo spiegherei solo pensando che il vino viene fatto con diverse partite di uva, alcune magari acquistate e di qualità inferiore, che richiedono dosi maggiori di solforosa.

gianpaolo risponde:
September 11th, 2014 ore 18:36


@montes, poniamo che tua abbia due botti, e che in partenza abbiano dei valori di solforosa totale e libera uguali. Una la imbottigli a Gennaio, e l’altra la imbottigli a Novembre. E’ piu’ che probabile che la libera nella vasca che e’ rimasta tutti quei mesi in cantina si sia abbassata, e che tu debba quindi addizionare nuovamente per riportarla agli standard che ritieni necessari per l’imbottigliamento. In questo caso i vini dovrebbero avere secondo il tuo ragionamento due etichette diverse. Moltiplica questo per 10 o per piu’ di questo in caso di piu’ lotti di imbottigliamento per vini anche relativamente di tiratura modesta, come il nostro morellino base che fa circa 100.000 bottiglie. Quindi invece di stampare 100000 etichette ne devi stampare 10 lotti da 10000, ognuno con dei valori possibilmente diversi (magari no, ma non lo puoi sapere prima, no?). E li devi stampare poco prima dell’imbottigliamento, perche’ le aggiunte si fanno a ridosso di esso, pochi giorni prima. Questo e’ solo un esempio, ma ce ne possono essere di casi diversi.

Nic Marsél risponde:
September 11th, 2014 ore 18:51


@gianpaolo, si parla comunque solo di retroetichetta. E’ davvero la fine del mondo? Fossi produttore ne farei addirittura motivo di vanto da utilizzarsi anche (perchè no?) a scopo di marketing.

info@poggioargentiera.com risponde:
September 11th, 2014 ore 18:55


@montes, fatti fare un preventivo per stampare 10x10mila o 1xcentomila etichette, cosi tanto per vedere la differenza. Poi applicalo, che so a 5 vini diversi. Poi fattele stampare che siano pronte e consegnate a 3 giorni dall’ordine. Tutto si puo’ fare, certo, anche andare sulla luna e’ possibile.

Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 19:15


@gianpaolo, da quello che tu dici porti la seconda botte (quella che imbottigli a Novembre) agli stessi livelli di solforosa di quella di Gennaio.
E perché ci dovrebbero essere discrepanze così clamorose?
Una certa tolleranza è sempre garantita, e la si potrebbe ulteriormente garantire per legge.
Ma continuo a non capire perché tra la prima e la seconda botte ci debbano essere grandi differenze, se le uve sono le stesse vinificate allo stesso modo.
Altra cosa se ho una seconda partita di uve di scarsa qualità che necessita di maggiore solfitazione.

Nic Marsél risponde:
September 11th, 2014 ore 19:16


@gianpaolo, è un business case che analizzerò quando sarò produttore come te ;-) Nel frattempo se mi anticipi la risposta … scommetto che costa molto meno di andare sulla luna, eddai :-)

gianpaolo risponde:
September 11th, 2014 ore 19:34


@montes, piu’ che discrepanze le definirei differenze. Perchè ci sono, e sono clamorose? Non credo che si parli di differenze clamorose, ma la “vinificazione” non finisce dopo la “fermentazione”, ma continua fino alla messa in bottiglia e persino dopo la messa in bottiglia! Infatti è la quantità di solforosa aggiunta all’imbottigliamento che rappresenta un operazione di vinificazione che ha dei risvolti dopo l’imbottigliamento nello stile del vino che si berrà anche dopo mesi e anni.
Uno potrebbe pensare di mettere delle fasce non troppo strette di livelli di solforosa totale (che aumenta dopo ogni aggiunta, e questo è il motivo per cui se una vasca viene aggiunta una volta, e un altra due volte hanno livelli diversi), per es. da 0 a 40, da 40 a 80 e tra 80 e 100. Rimane sempre il problema del fatto che se hai una solforosa totale di 39 sei fottuto :)

Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 19:41


@gianpaolo, l’idea delle fasce mi piace. Magari insieme a un margine di tolleranza di +-5% ?

Claudio Morini risponde:
September 14th, 2014 ore 10:51


@gianpaolo, paglia di poggio argentiera (sic). Se le differenze non sono clamorose qualè il problema? Si indica il contenuto in solforosa in etichetta concedendo un margine di tolleranza per legge. Se le differenze sono piccole come dice no problem.

Gianpaolo Paglia risponde:
September 14th, 2014 ore 13:33


Ho paura che questo modo di rivolgersi a agli interlocutori professionali contribuirà a far sì che la discussione su argomenti pure interessanti ve la facciate tra di voi (sic).

Massimiliano Montes risponde:
September 14th, 2014 ore 18:02


@Gianpaolo Paglia, come avrai notato ho molto gradito i tuoi interventi, aiutano noi e i lettori a comprendere anche altri punti di vista. Però devi essere sufficientemente tollerante da accettare interventi anche da chi non ha la “patente” di professionista.
Questo post ha già avuto più di 5.000 visualizzazioni, se noi facciamo spaventare i lettori che a torto o a ragione decidono (in maniera altrettanto gradita) di intervenire, la discussione ce la facciamo da soli, non credi?

gianpaolo risponde:
September 14th, 2014 ore 18:53


@massimiliano montes, credo di essere tollerante, e mi piace discutere anche con chi la pensa diversamente. Cerco di farlo rispettando le persone che si esprimono, anche quando e’ palese che mancano della conoscenza per potersi pronunciare con cognizione di causa. Chiedo pero’ rispetto, sopratutto per chi con il vino ci vive, ci rischia e ci si impegna tutto. Non so cosa voglia il sig. Morino significare con quel (sic), e poco mi interessa, ma segnalo il rischio che manifestazioni del genere tengano lontani, come infatti avviene, la maggioranza dei produttori di vino dalla conversazione. Questo e’ un peccato, specialmente se si vuole capire anche il,punto di vista altrui. E’ ininfluente se si ritiene che il proprio sia l’unico giusto.

Massimiliano Montes risponde:
September 14th, 2014 ore 21:21


@gianpaolo, anche a me interesserebbero interventi da parte di altri produttori. Soprattutto da parte di produttori che il livello di solforosa in etichetta già lo indicano.

Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 16:40


@gianpaolo, se la differenza tra i lotti è molto grande vuol dire che c’é qualcosa che non va…

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Nic Marsél commenta:
10/09/2014 ore 17:50

Altri potenziali allergeni sono l’albumina e la caseina, utilizzati per la chiarifica e che credo abbiano già menzione obbligatoria.
Comunque dici bene : alcune informazioni sono obbligatorie altre facoltative. E’ ormai luogo comune associare facoltativo=vietato facendo passare un messaggio falso. Gli ingredienti si possono indicare e alcuni lo fanno. Quelli che non lo fanno evidentemente hanno qualcosa da nascondere. L’etichetta del vostro shampoo è eccezionalmente dettagliata eppure mica ve lo dovete sparare in corpo.

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Massimiliano Montes risponde:
September 10th, 2014 ore 18:01


@Nic Marsél, se tu fossi stato più attento alle etichette degli shampoo…

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Nic Marsél risponde:
September 10th, 2014 ore 18:37


@Massimiliano Montes, bastardinside :-)

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Diletta Scaglione risponde:
September 10th, 2014 ore 19:13


@Nic Marsél, I derivati dell’uovo e del latte devono essere indicati non perché il produttore ce li mette nel vino bensì nel caso di cantine dove oltre al vino viene imbottigliato altro e c’è il rischio che nel vino se ne abbiamo tracce. Io parlavo di sostanze potenziali allergeni ma addizionate al vino.

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Nic Marsél risponde:
September 10th, 2014 ore 20:27


@Diletta Scaglione, scherzi? l’albume assieme alla betonite è la sostanza maggiormente utilizzata per la chiarifica.

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Eretico Enoico commenta:
10/09/2014 ore 19:15

To cut a long story short…in etichetta non si può scrivere quello che si vuole e questa nozione ,per dirla volgarmente , e’ ben chiara al consumatore europeo. Il punto fondamentale e’ la NON obbligatorieta’ nell ‘indicare in etichetta tante altre cose come in qualsiasi altro alimento. I solfiti sono indicati da quando e’ obbligatorio ma non la quantità ( si obietterà che non e’ possibile essere certi della effettiva quantità ma basterebbe indicare la quantità aggiunta , un esempio simile e’ il titolo volumetrico alcolico svolto e potenziale che alcuni riportano in etichetta) contenuta per cui si omologano vini che hanno differenze abissali con relativi differenti impatti sulla salute del consumatore.A mio personale avviso dovrebbe essere obbligatorio per legge riportare tutte quelle componenti potenzialmente in grado di essere nocive alla salute in determinate quantità o sviluppare intolleranze o allergie. Si può essere allergici o intolleranti all’uva o/e ai lieviti propri della fermentazione alcolica ma in questo caso ,appunto ,si evita di consumare un alimento/ vino noto come tale conoscendo la propria situazione .Perche’ omettere di comunicare al consumatore che non ha problemi con i fermentati dell’uva se sono state aggiunte delle sostanze legali che potrebbero essere potenzialmente inidonee per quel consumatore? La risposta e’ banale seppur la questione complessa , perché la stragrande dei consumatori acquisterebbero vini senza o con il minor numero di sostanze esogene al vino e qui riparte la diatriba tra ” vinificatori al naturale artigianali” e le grandi case da milioni di bottiglie per vendemmia. Tra qualche anno si arriverà ad indicare qualcosa di più in etichetta come e’ stato per altri alimenti e quindi solo questione di tempo.
p.s. Esistono vini in commercio su cui non indicata la presenza di solfiti perché il livello dei solfiti e’ talmente basso che in Europa si è deciso che fosse ininfluente .

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Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 00:11


@Eretico Enoico, secondo me l’attuale legge andrebbe modificata.
Alcune sostanze andrebbero indicate obbligatoriamente in retroetichetta, ad iniziare dalla solforosa totale al momento dell’imbottigliamento (modo e tempo noto). Ciò non costituisce alcun aggravio per il produttore perché sono analisi comuni. Insieme ad altri parametri analitici (si fa anche con l’acqua minerale).
L’indicazione di altri additivi, coadiuvanti, o processi potrebbe essere facoltativa ma tutelata dalla norma. Questo servirebbe proprio a differenziare i produttori più trasparenti da quelli meno.
Non siamo tutti uguali e non si possono considerare i produttori tutti uguali per legge. I più capaci vanno premiati.

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Nic Marsél risponde:
September 11th, 2014 ore 08:32


@Massimiliano Montes, ma rispondete alla mia domanda. L’unica cosa vietata è scrivere quello che NON si fa e quello che NON si mette. E allora perchè ingredienti, coadiuvanti, additivi, non li indica quasi nessuno?

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WineMining commenta:
11/09/2014 ore 10:11

Post interessante, che tocca un tema importante.

” le notizie aggiuntive sarebbero comprensibili per il consumatore senza avere una laurea in chimica, biologia, enologia, agraria o medicina e se sì, sarebbero tenute in una qualche considerazione?”

Certo questo potrebbe essere un problema, ma – se si è in buona fede – si potrebbe almeno cominciare scrivendo anche solo un NUMERO, bello grande.
Non darebbe informazioni ai tecnici (chimici, biologi, enologi etc.) ma darebbe una informazione preziosa ai consumatori.
Se, come qui stesso è detto, il vino è un prodotto monoigrediente si potrebbe almeno *contare* il numero di ingredienti che vengono volontariamente aggiunti al vino. Non per demonizzarli ma appunto per contarli e permettere a ciascuno – non-chimico, non-biologo, non-enologo ma adulto e responsabile sì – di fare le proprie scelte.

Certo non vi sarebbe la descrizione di quali ingredienti (la comprensione dei quali è il problema), ma si potrebbe p.es. consigliare dire a chi ama i vini “naturali”, o comunque poco modificati, di cercare i numeri bassi, sotto il 10 o sotto il 3.

Sarebbe un inizio (dimostrando la buonafede di chi solleva questa questione), e sarebbe molto facile: poi ognuno decide con la propria testa, ma disponendo di una informazione reale, approssimata ma facilmente comprensibile a chiunque.
Solo uva vale 1, uva e lieviti vale 2, etc.

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Massimiliano Montes commenta:
11/09/2014 ore 10:49

@Nic Marsél, in teoria hai ragione, non è “esplicitamente” vietato segnalare dati analitici e additivi o processi, però la legge in tal senso è lacunosa e imprecisa, il che consente a ogni ispettore dell’ICQ di interpretarla in modi sfumatamente diversi.
Per questo scrivevo “facoltativa ma tutelata dalla norma”, intendendo che una nuova norma dovrebbe specificare con chiarezza quello che è consentito e le forme grafiche, delinando in maniera precisa i limiti di legge, per non sollevare dubbi e non lasciare il campo libero ad interpretazioni creative.
Già oggi c’é chi indica in retroetichetta alcuni dati, guarda questa etichetta del Recioto di Gambellara di Maule:
http://gustodivino.it/wp-content/uploads/2013/12/06_Maule-Recioto-retroetichetta.jpg
@WineMining, sono d’accordo con te. Inoltre che una legge non si possa fare perché c’é qualcuno che non la capisce è un’interpretazione che non condivido. Ci sarà sempre qualcuno che non comprende qualcosa di scritto, se seguissimo questa linea di pensiero ci troveremmo nel far west.
Le leggi, anche quelle sull’etichettatura, vanno fatte, chiare e ben scritte. Le retroetichette devono contenere indicazioni analitiche e di processo, a tutela del consumatore, anche se si trattasse di una esigua minoranza.
Daltro canto si fa la stessa cosa con l’acqua minerale: io acquisto la mia acqua in base alle analisi in retroetichetta, se ci sono altri che non lo fanno perché non sanno leggere la retroetichetta è un problema loro, non può essere un mio problema. Se con questa scusa si abolisse l’obbligo di pubblicare in retroetichetta l’analisi dell’acqua a me darebbe fastidio.

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Nic Marsél risponde:
September 11th, 2014 ore 11:22


@Massimiliano Montes, anche per i prodotti caseari esiste la stessa deroga comunitaria eppure al supermercato ogni pezzo di formaggio confezionato ha la sua bella lista di ingredienti. Le informazioni devono essere soltanto “veritiere e documentabili”, ma per molte cose basterebbe appoggiarsi alle analisi (obbligatorie) che già vengono fatte prima dell’imbottigliamento.

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Massimiliano Montes risponde:
September 11th, 2014 ore 11:27


@Nic Marsél, vero. Si può iniziare riportando in etichetta le analisi obbligatorie.
Perché con l’acqua minerale tutte queste pippe mentali non ci sono :-)

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marcello (modalità/seria on) commenta:
11/09/2014 ore 12:06

Non so voi, ma quando parlo a un produttore di ingredienti obbligatori in etichetta ottengo tre diverse risposte.
Risposta 1: “è un atto di terrorismo”, produttore incaxxato nero che sbraita (anche naturale).
Risposta 2: discorsi di lana caprina che spaccano il capello in quattro per dimostrarmi quanto sia inutile scrivere gli ingredienti, produttore furbetto, spesso certificato BIO, di solito grande frequentatore di discussioni feisbukkiane.
Risposta 3: sono daccordo, se la repressione frodi poi non mi viene a controllare, produttore onesto ma impaurito.

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WineMining risponde:
September 11th, 2014 ore 12:30


@marcello (modalità/seria on),

Ma c’è una cosa che accomuna tutti e tre: vogliono tutti un consumatore più informato e competente!

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Eretico Enoico commenta:
11/09/2014 ore 13:14

Deve ,non dovrebbe ,essere obbligatorio per legge comunitaria indicare tutte le sostanze ( definiscano loro i limiti come per i solfiti ) aggiunte e residuali all’ingradiente di partenza . Tutto questo e’ chiaro a chiunque ragioni in modo onesto ,senza pregiudiziali o conflitti di interesse- stop.
In alcuni alimenti vi è obbligo di indicare tracce di… lo rendessero obbligatorio anche qui farebbero il bene di tutto il movimento vitivinicolo oltre che del consumatore.

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Eretico Enoico commenta:
11/09/2014 ore 13:21

…e comunque non e’ vero che si possa indicare determinate cose in retro etichetta o meglio no si può indicare ad esempio ” senza aggiunta di prodotti chimici ,senza residui chimico organici , ingredienti : solo uva di … , vino ottenuto esclusivamente dalla fermentazione di mosto di uva fresca senza nessuna aggiunta / o con aggiunta di… ( es solfiti) Nun se po’ fa come ovviamente nun se po’ scrive ” vino naturale” …chissà poi le famose misture di tiraggio o spedizione ahahaah

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Francesco commenta:
11/09/2014 ore 19:37

Sono anche io un piccolo produttore ma non mi ritrovo in quello che dice il sig. gianpaolo di poggioargentiera. Anche imbottigliando a distanza ho sempre un livello di solforosa abbastanza standardizzato nei miei vini. Con ciò non dico che abbia torto, sono anch’io contrario a riportare in etichetta o retroetichetta inutili cianfrusaglie per il consumatore e per noi.

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gianpaolo risponde:
September 14th, 2014 ore 14:21


@Francesco, o tu non aggiusti la solforosa libera all’imbottigliamento, oppure il tuo vino non cambia mai. Le solforose libere cambiano con il tempo anche in bottiglia, figuriamoci in botte, specie se di legno o altri materiali porosi, specie la terracotta per es.

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Nic Marsél risponde:
September 15th, 2014 ore 08:59


@gianpaolo, solforosa a parte, ci sono altri parametri che tendono a variare in modo significativo di lotto in lotto? Es. volatile, acidità, ph, estratto secco, zuccheri residui, potrebbero già dire molto del contenuto di una bottiglia.

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Massimiliano Montes commenta:
12/09/2014 ore 11:51

In estrema sintesi.
- Alcuni consumatori (noi di gustodivino compresi) chiedono maggiore chiarezza e l’indicazione sulle etichette o controetichette dei vini dei tenori analitici di alcuni additivi (solforosa in testa) e di alcuni processi produttivi. Risultato da ottenere modificando l’attuale norma che sembra insufficiente.
- Diletta ci fa notare che esiste una normativa europea che cerca di bilanciare gli interessi del consumatore con quelli del produttore, per evitare eccessive onerosità per quest’ultimo.
- Gianpaolo Paglia di Poggio Argentiera (http://www.poggioargentiera.com) ci dice che per lui anche la sola indicazione della solforosa totale costituirebbe un aggravio di spese: poichè il dato analitico non è costante nel tempo sarebbe costretto a ristampare continuamente retroetichette.
Corretto?
Aggiungo io che l’indicazione di molti additivi e processi produttivi è costante nel tempo e non richiede la ristampa delle etichette. Per esempio la fermentazione naturale o l’inoculo di lieviti selezionati, l’uso di gomma arabica o trucioli legnosi o staves (pezzi di legno), l’uso di enzimi.

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Eretico Enoico commenta:
12/09/2014 ore 12:59

Un plauso a Diletta perché il suo ottimo lavoro e’ (in parte) arrivato ai lettori. Quando Lei parla di tracce di latte o albumina ( uova) non fa,giustamente,riferimento alle fasi della vinificazione ma alla legge che riguarda le indicazioni per gli alimenti . Se nella stessa azienda si fanno lavorazioni diverse vi è’ obbligo di indicare il rischio di tracce che siano derivati dal latte,uova,farinacei,glutine,nocciole etc.
L’unico punto su cui si può battere ,realisticamente, e’ quello di far indicare ( come per i solfiti) la presenza di sostanze( naturali o di sintesi) potenzialmente dannose o allergogene. Un atleta o è dopato o non lo è ,il sapere come si allena ,cosa mangia etc non deve interessarci in prima battuta ,sarà semmai motivi di approfondimento per l’appassionato o il professionista.Non posso pretendere di sapere come e’ stato vinificato quel vino in retroetichetta ma posso e devo pretendere come consumatore se sono state impiegate sostanze aliene al frutto per ottenere il prodotto finale.Il produttore di vino non deve essere appesantito ulteriormente di costi o procedure burocratiche ma deve avere l’obbligo di dichiarare se ha aggiunto ,direttamente o indirettamente o vi è il rischio,delle sostanze diverse dalla spontanea fermentazione del mosto ottenuto dalle uve fresche.
Volontariamente si possono dichiare molte cose ma sempre nelle limitazioni che impone la legge e questo deve essere chiaroa tutti ,un produttore di vino NON può ad oggi scrivere quello che vuole sulla storia del suo vino nonostante tutto corrisponda al vero. Questo e’ lo scandalo,la pressione fatta da una certa lobby di produttori e l’ esempio più lampante risulta l’ impossibilità di scrivere ” vinificato in modo naturale,spontaneo etc ” …

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Nic Marsél risponde:
September 12th, 2014 ore 13:47


@Eretico Enoico, riguardo agli allergeni il problema è la chiarifica del vino per cui esiste una legge già in vigore dal 2012 http://www.adiconsum.it/aree_tematiche/alimentazione/?id=175&arg=30

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Nic Marsél risponde:
September 12th, 2014 ore 13:50


@Eretico Enoico, capisco che per i “naturali” il problema non sussiste perchè chiarifiche normalmente non se ne fanno, ma il 99% della produzione mondiale di vino usa i chiarificanti

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emilio commenta:
16/09/2014 ore 15:42

Questa discussione ha ( forse involontariamente ) sviscerato uno dei motivi di maggiore ostilità dei produttori (naturali e non) verso l’etichetta trasparente. Riportare il valore della solforosa totale in etichetta insieme all’altro unico ingrediente, l’uva, rende quel vino maggiormente riconoscibile ed identificabile. Questa rigidità, è inaccettabile da parte dei produttori (naturali e non) che vogliono continuare ad assemblare i loro vini con partite di uve e/o vino acquistate. Giustamente Massimiliano insisteva sulle partite differenti. Da ciò si potrebbe aprire anche un’altro filone di discussione: garantisce di più il consumatore una certificazione docg che permette più imbottigliamenti di partite differenti della stessa annata o un’etichetta trasparente?

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Massimiliano Montes risponde:
September 16th, 2014 ore 17:21


Ciao Emilio. Quindi secondo te l’indicazione in etichetta dei tenori analitici (solforsa in primis) è fattibile? O costringe il produttore a stampare retroetichette un mese si e un mese no?
Mi diceva Massimiliano Calabretta che in ogni caso per lui non sarebbe un problema, acquisterebbe una piccola stampante da etichette in cantina e si stamperebbe le retroetichette da solo.

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emilio risponde:
September 16th, 2014 ore 17:47


@Massimiliano Montes, Le informazioni riportabili in etichetta sono quelle veritiere e dimostrabili. La solforosa totale è verificabile con una semplice analisi, altre informazioni si possono utilizzare solamente se si è certificati bio ( ad esempio la dicitura senza solfiti aggiunti o la descrizione delle pratiche agronomiche in vigna.Con una interpretazione elastica della norma e riportando sui registri di cantina (documenti ufficiali verificabili e controllati da vari organismi) tutte le sostanze utilizzate in cantina, si può riportare in etichetta anche gli ingredienti. Quello che certamente non si può fare è riportare ambigue diciture quali vino non filtrato, oppure valori variabili come acidità totale, solforosa libera o zuccheri residui. Queste informazioni aggiuntive possono essere contenute nell’etichetta, ma devono essere comprese in uno spazio grafico a se stante, separato. E’ poi consigliabile aggiungere la dicitura: valori al momento dell’imbottigliamento. Per quanto riguarda l’imbottigliamento di partite diverse e successive, anche se riferibili allo stesso vino e alla stessa annata, se non sbaglio vi è comunque l’obbligo di riportare numeri di lotto progressivi quindi diversi. Quindi comunque un elemento dell’etichetta andrebbe in ogni caso modificato. A meno che gli imbottigliamenti successivi non servano a reintegrare il vino venduto in nero, allora in quel caso si utilizza lo stesso numero di lotto… ;-)

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Massimiliano Montes risponde:
September 16th, 2014 ore 18:34


@emilio, si, con l’attuale norma. Noi ci chiedevamo però se si potesse cambiare la legge per rendere più facile, più chiaro, e magari obbligatorio, riportare alcuni valori e processi in etichetta o in retroetichetta.
Gianpaolo Paglia ci dice che per lui sarebbe difficile perché determinerebbe un ulteriore esborso economico (continua ristampa di etichette). Altri, come Massimiliano Calabretta, mi dicono invece che per loro non sarebbe un problema.
Tu che ne pensi?

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emilio risponde:
September 16th, 2014 ore 20:15


@Massimiliano Montes, ti ho già risposto! La stragrande maggioranza dei produttori di vino (naturale e non) non vogliono una legge che li obblighi a riportare gli ingredienti in etichetta. I problemi diristampa continua delle etichette lamentati servono a coprire questo rifiuto.Non dimentichiamo che vige una deroga agli ingredienti in etichetta per il vino, voluta da tutte le associazioni rappresentanti il mondo del vino. Basterebbe non rinnovare questa deroga! L’iniziativa per una legge su gli ingredienti in etichetta anche per il vino non può che partire dalle istituzioni o dai consumatori!
Sono molti i nemici dell’etichetta trasparente, basti pensare a tutto il mondo che ruota e lavora per le certificazioni di qualità, biologiche, ecc vedrebbero surclassato il loro lavoro.

Nic Marsél risponde:
September 17th, 2014 ore 08:37


@emilio, intendi dire che già oggi, per come stanno le cose, per ogni lotto imbottigliato l’etichetta va comunque ristampata perchè come minimo cambia l’identificativo del lotto stesso?

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Carlo commenta:
26/11/2014 ore 20:36

Vediamo cari signori cosa succede a dicembre con la nuova norma sull’etichettatura… Purtroppo il vino ne sarà esente in parte tranne per quanto riguarda gli allergeni che dovranno essere chiaramente riportati e con un font diverso ed identificabile rispetto all’etichetta. Detto questo secondo voi quanti produttori scriveranno che il loro vino contiene albumina, caseina, lisozina e via discorrendo???

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Massimiliano Montes risponde:
November 26th, 2014 ore 20:40


@Carlo, ne abbiamo già parlato qui:
http://gustodivino.it/home-gusto-vino/dal-13-dicembre-2014-entra-in-vigore-il-nuovo-regolamento-europeo-suletichettatura-per-il-vino-cosa-cambia/massimiliano-montes/11559/
Si aprono potenzialità che il legislatore potrebbe sfruttare.

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Carlo risponde:
November 26th, 2014 ore 21:09


@Massimiliano Montes, guarda .. non cambierà nulla purtroppo… venerdì sarò ad un convegno sulle nuove etichettature a Roma, e quando me ne esco con il vino, tutto fanno orecchie da mercanti, abbozzano risposte del tipo ” le norme non prevedono…”, e questa è una risposta di un ex menbro dell’EFSA.
Una pantomima di proporzioni bibliche.

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