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Home » Approfondimenti » Il vino naturale non esiste. C’è sempre la mano dell’uomo

Il vino naturale non esiste. C’è sempre la mano dell’uomo

Pubblicato il 20 Giugno 2013


di Massimiliano Montes 54 commenti

Per l’ennesima volta leggo questa castroneria su un sito web dedicato (?) al vino.
Tutto quello che viene manipolato dall’uomo non può essere naturale, il vino non cresce sugli alberi, in natura il vino diventa aceto (ma come? Abbiamo detto che il vino in natura non esiste?).

A volte mi chiedo se tali affermazioni siano solo il frutto della stupidità umana o se ci possa essere un margine di interesse o corruzione in chi le propone.

La differenza tra vino naturale e vino industriale è la stessa che passa tra la besciamella fatta a mano e quella comprata al supermercato. La besciamella del supermercato ha un gusto studiato per piacere al consumatore (a me non piace, ma si sa io sono un talebano). E’ realizzata con aromi artificiali e procedimenti industriali.
La besciamella fatta a casa ha il sapore degli ingredienti che usiamo. E’ ovvio che migliore è la qualità degli ingredienti migliore sarà la qualità della besciamella, più bravo è il cuoco e migliore sarà il gusto e il risultato finale.

La stessa cosa vale per il vino. C’è un vino ottenuto con additivi industriali (aromi artificiali), legali e non tossici, è fuor di dubbio.
E c’è un vino ottenuto solo con la materia prima (uva e lavoro), e tanta bravura in cantina.
Forse è proprio questo che spaventa alcuni produttori artigianali, che naturali non sono, e alcuni produttori industriali: l’incapacità o l’impossibilità di fare un vino senza additivi industriali è un’ostacolo per loro insormontabile. Questo motiva le castronerie sopra riferite, che, ripetute all’infinito, secondo loro potrebbero diventare realtà.

P.S.
Poiché noi viviamo in un mondo di furbetti, non dimentichiamo una categoria in rapida ascesa: il finto vignaiolo naturale.

 

 





54 Commenti


virale commenta:
20/06/2013 ore 11:14

montes secondo te ci sono troll che vanno in giro per i blog a sputtanare i vini naturali? Becca questo IP se ci riesci ;-)

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Massimiliano Montes risponde:
June 20th, 2013 ore 11:17


Ho promesso a un caro amico di non bannare nessuno e non chiudere discussioni. Questo però è l’ultimo intervento che tu fai. I prossimi te li cancello tutti tutti tutti….

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Robji commenta:
20/06/2013 ore 11:52

Premetto che sono uno di quelli che si fa la besciamella in casa (e non solo quella) e sono uno di quelli che odia il termine NATURALE utilizzato per prodotti di processo. NON esiste il vino naturale così come non esiste la cucina naturale. Esistono prodotti lavorati fatti con ingredienti naturali, questo si.
Come poi giustamente scrivi “E’ ovvio che migliore è la qualità degli ingredienti migliore sarà la qualità della besciamella, più bravo è il cuoco e migliore sarà il gusto e il risultato finale.” ergo un vino fatto con ingredienti naturali NON è necessariamente un buon vino e questo perché un’uva naturale NON è detto che sia una buona uva, un vino ottenuto da buona uva naturale NON è detto che sia un buon vino perché chi lo fa è un bravo contadino ma un pessimo vignaiolo etc etc con tutte le varianti possibili.

Saluti

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Nic Marsél risponde:
June 20th, 2013 ore 14:17


@Robji, la tua idiosincrasia per la parola “naturale”, sebbene assolutamente comprensibile e probabilmente condivisibile (anche in considerazione del cattivo uso che ne viene fatto in ambito industriale e pubblicitario), non sposta gli equilibri. Il termine è ormai sdoganato e dubito si possa tornare indietro.

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Robji risponde:
June 20th, 2013 ore 14:46


@Nic Marsél, non è sdoganato è semplicemente utilizzato da una nicchia di enotalebani :-)

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Nic Marsél risponde:
June 20th, 2013 ore 15:13


@Robji, Come Angelo Gaja? :-)

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Niccolò commenta:
20/06/2013 ore 12:00

1) Perché non citi la fonte?
2) Non capisco dal tuo post dove stia la castroneria.
3) Cosa c’entra la tua definizione di vino naturale che vai a illustrare come contrapposto a vino industriale, col fatto che il vino non cresce sugli alberi?

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Massimiliano Montes risponde:
June 20th, 2013 ore 12:37


Ciao Niccolò. Non cito la fonte perché ultimamente blogger, ma anche produttori, sono diventati molto suscettibili e continuano a inviarmi email minacciando querele. Non che mi spaventino, però chiunque può fare una gugolata e scoprire chi ha scritto cose del genere.
A te, ma anche a Robji, ribadisco che per me un vino fatto con procedimenti industriali, utilizzando additivi e coadiuvanti industriali è un vino industriale. Alla stregua del cibo fatto con metodi industriali.
Un vino naturale è un vino fatto senza ingredienti industriali, senza additivi e coadiuvanti che nella maggior parte dei casi servono proprio a modificare artificialmente gli aromi e il gusto del vino.
Qualsiasi interpretazione dell’aggettivo naturale per definire un vino forzata e malevola (per esempio senza che l’uomo lo tocchi e baggianate del genere) è faziosa e serve solo a disinformare il pubblico.

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Massimiliano Montes risponde:
June 20th, 2013 ore 12:41


Con questa definizione faccio un’ulteriore passo avanti rispetto a una presunta dicotomia tra vino artigianale e vino industriale.
La naturalità del processo di vinificazione non dipende dal numero di bottiglie.
Anche un piccolo produttore artigianale può fare vino industriale, utilizzando le classiche scorciatoie enologiche e modificando pesantemente il profilo organolettico del vino (acidità, aromi di profumeria, sentori burrosi in retrolfazione, etc.). E ne conosco parecchi, ti assicuro.

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Nic Marsél risponde:
June 20th, 2013 ore 14:28


@Niccolò, è una castroneria affermare che il vino naturale non esista, e soprattutto dire che senza l’intervento dell’uomo andrebbe tutto in aceto. E’ una cosa senza senso : l’aceto è a sua volta un prodotto del lavoro dell’uomo che non esiste in natura. E’ una discussione fatta troppe volte per non iniziare ad nutrire dubbi come quello posto da Massimiliano che giustamente si domanda “se ci possa essere un margine di interesse o corruzione in chi le propone”.

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Robji risponde:
June 20th, 2013 ore 14:48


@Nic Marsél, forse anche un complotto internazionale. Detto questo passiamo a parlare delle scie chimiche? :-)

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Massimiliano Montes risponde:
June 20th, 2013 ore 14:59


Non credo nei complotti ne nelle scie chimiche (eccetto quelle maleodoranti lasciate da alcuni individui, ma anche robot su internet).
Credo semplicemente che qualcuno voglia tutelare il proprio guadagno e i propri investimenti.
Io mi occupo di berlo il vino, e degli investimenti mi interessa poco.
–
Capisco che molti, forse anche tu, con la panna chef cucinano e la mangiano.
Io però uso la panna fresca e ti assicuro che la differenza si sente.
E bevo solo vino non aromatizzato artificialmente.

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Marco De Tomasi commenta:
20/06/2013 ore 12:38

Ciao Massimiliano !
oddio … a dire il vero anch’io qualche tempo fa avevo scritto la stessa empietà:
http://vitisblog.wordpress.com/2012/07/11/vini-naturali-il-mio-punto-di-vista/
empietà che continuo a sostenere !
oltretutto senza avere interessi particolari nel sostenerlo.
Probabilmente sono solo stupido, allora !

Il problema è squisitamente semantico, come scrissi:
Vino Naturale = vino prodotto a basso/nullo impatto chimico e minimo intervento tecnologico
Ne consegue che:
Vino Industriale = vino prodotto con utilizzo di diserbanti/fitofarmaci di sintesi in campagna e utilizzo di additivi e massici interventi tecnologici in cantina
con l’aggravante che in mezzo ci sono infinite sfumature e gradazioni.

Oltre ad un problema semantico c’è anche un problema di comunicazione:
Siamo stati tutti e due a VinNatur, no?

Hai presente il cartello in ingresso “buoni vs cattivi” dove sotto i cattivi erano elencati tra gli ingredienti tutti gli additivi possibili e immaginabili (quasi un film horror), mentre sotto i buoni c’erano elencati solo “uva e anidride solforosa” ?

Che capisce con quel cartello il consumatore ?

Che nel vino “cattivo” ci sono PER FORZA tutti quegli ingredienti.
In realtà ci possono essere, perché consentiti dalla legge, ma non è detto che il produttore “cattivo” li utilizzi. E soprattutto che quando decide di utilizzarli li usi tutti a prescindere dalla loro utilità !

Ovvio che VinNatur fa il suo mestiere anche tirando l’acqua al suo mulino, ma secondo me per essere onesti fino in fondo, avrebbero dovuto specificare questa cosa.

Perché facendo comunicazione sbagliata, non si fa altro che alzare barriere.

L’ultima cosa di cui hanno bisogno per estendere il messaggio di “naturalità” alla platea più ampia possibile.

La penso così, nella mia libera stupidità. ;-)

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Massimiliano Montes risponde:
June 20th, 2013 ore 14:02


Ciao Marco. Intanto grazie per il tuo contributo alla discussione.
Dimmi, secondo te che differenza c’è tra la besciamella fatta in casa e quella del supermercato?
I vini naturali esistono eccome, anche se in realtà sono i vini industriali a doversi definire e non i naturali a cercare di differenziarsi, ma il mondo purtroppo a volte è al contrario.
Con questo non voglio dire che la tecnologia è il male assoluto, ma che il produttore che decide di non usare certi metodi deve poterlo segnalare ai suoi potenziali acquirenti.
Oggi questo non è consentito.
Liberalizziamo la retroetichetta lasciando facoltà ai vignaioli di specificare quello che usano in vigna e in cantina.
P.S. Non ho mai sostenuto che i vini naturali sono solo quelli iscritti alle associazioni di produttori naturali. Chiunque non usi tecniche invasive fa un vino naturale: Gianfranco Soldera non è iscritto a nessuna associazione, ma fa un vino naturale.

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Nic Marsél risponde:
June 20th, 2013 ore 14:11


@Marco De Tomasi, il tuo ragionamento è tutt’altro che stupido e sulla comunicazione di parte hai ragione da vendere. Tuttavia il vino naturale esiste, poi il resto chiamalo come vuoi con tutte le classificazioni e le sfumature del caso.

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emilio commenta:
20/06/2013 ore 16:29

Credo che il Vino Naturale si difenda con la massima trasparenza, serietà, veridicità. Negli ultimi tempi cresce in me la convinzione che il vino naturale (coerente in vigna e cantina) si possa ottenere tutti gli anni solo in alcune regioni: la costa tirrenica, dalla toscana in giù, la costa adriatica dal Molise in giù e in tutto il sud. Nelle regioni del nord, della costa adriatica e Pianura Padana no! Lo sò che può sembrare un’affermazione forte ma è avvalorata da alcuni elementi oggettivi:
- le analisi realizzate da Vinntur;
- l’affermazione di Alessandro Maule a proposito di tali analisi, su questo blog:
“Credo che effettivamente il problema più grande sarà eliminare gli antibotritici perchè al momento non esiste un prodotto naturale che funzioni al 100% per questa malattia; al di là della bentonite e di buone pratiche agronomiche (defogliatura e arieggiamento dei grappoli più compatti)”
- la conferma che ho avuto parlando con uno degli organizzatori di una delle fiere veronesi del naturale, il quale mi confidava che il problema è reale, tant’è che pensavano di dividere in due categorie i produttori: quelli al 100% naturali e quelli no. Confermandomi che anche loro hanno riscontrato residi ed uso di prodotti o pratiche non conformi al “naturale” nelle regioni indicate.
- per ultimo, ma non per importanza, dalla lettura di centinaia di schede di autocertificazione, negli ultimi 9 anni, di Vini di Vignaioli, Critical Wine/TL, Gusto Nudo, Terra Trema, Sorgente del Vino ecc..
Detto ciò si torna al punto di partenza: come si diventa e si viene riconosciuti produttori di vino naturale? Qui la risposta è semplice anche se disarmante: si diventa produttori di vino naturale partecipando alla fiere del vino naturale! Che poi la cosa è complicata dal fatto che alcune fiere si defiiscono “naturali, di tradizione e territorio” o “eretiche” ecc Capita che un produttore convenzionale entri in una di queste fiere come produttore di territorio o eretico e ne esca dopo tre giorni come produttore di vini naturali!!! A questo poi si aggiunge un blog od un sito che f à da cassa di risonanza, con una recenzione superficiale su un nuovo vino naturale ed il gioco è fatto: in pochi gorni si è passati dalla condizione di anonimo produttore di vino convenzionale ad astro nascente del più lucroso firmamento del vino naturale. Questo per sottolineare che gli organizzatori delle Fiere e chi scrive di vino su siti o blog, si stà assumendo una gossa responsabilità che non gli compete. Nella prima edizione del VIVIT oltre il 50% delle aziende era nuovo a questo mondo!
A complicare ancora di più le cose c’è la tendenza sempre più diffusa a non farsi certificare la pratica biologica(e/o biodinamica) neanche nel vigneto. Se da una parte comprendo la diffdenza verso l’operato degli Organismi di Controllo e ritengo legittima la scelta dell’autocertificazione, SONO CONVINTO PERO’ CHE IN MANCANZA DI UNA CERTIFICAZIONE UFFICIALE; IL PRODUTTORE DI VINO NATURALE DEVE AVERE L’OBBLIGO ETICO E MORALE DI SCRIVERE IN ETICHETTA TRE COSE:
- SOLFOROSA TOTALE;
- INGREDIENTI;
- DESCRIZIONE SINTETICA DELLE PRATICHE IN VIGNA E CANTINA.
Emilio

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Nic Marsél risponde:
June 20th, 2013 ore 16:42


@emilio, è sempre un piacere leggerti :-)

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Nic Marsél risponde:
June 21st, 2013 ore 11:19


@emilio, un paio di settimane fa, un appassionato produttore valtellinese (che col vino non ci campa) mi diceva che secondo lui in valtellina non solo non è possibile il naturale, ma neppure il biologico. Questione da approfondire…

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Alessandro Maule risponde:
June 25th, 2013 ore 12:05


@emilio, sai, stiamo conducendo un ettaro di vigneto senza zolfo, senza rame e senza altri prodotti chimici. siamo ai piedi della pianura padana. in una stagione come questa non abbiamo eccessivi problemi di malattie (non di più dei nostri vicini che trattano con sistemici) … come me lo spieghi?? Il vino naturale si fà in ogni luogo che sia abbastanza adatto (anche in alto adige) con un buon vitigno e con un pò di coscenza …

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Massimiliano Montes commenta:
20/06/2013 ore 17:50

Al di fuori delle polemiche che queste discussioni generano vorrei focalizzare alcuni punti:
1 – E’ fuor di dubbio che esistono prodotti licenziati per l’uso in enologia che modificano acidità, consistenza, colore, aromi e profumi dei vini. Alla stregua degli aromatizzanti artificiali usati in pasticceria o in cucina, questi additivi snaturano il profilo organolettico del vino. Lo rendono artificioso.
2 – I timori “semantici” sull’uso delle parole “vino naturale” li abbiamo soltanto in Italia. La versione inglese di wikipedia così definisce il vino naturale: “Natural wine is wine made with minimal chemical and technological intervention in growing grapes and making them into wine. The term is used to distinguish such wine from organic wine. Organic wine is organic in the sense of having been produced made from organically grown grapes, but may be subject to chemical and physical manipulation in the winemaking process”. All’estero nessun problema ad usare la definizione “vino naturale”, in Italia tanti problemi.
3 – In Italia chi controlla il vino non ha potere di effettuare analisi chimiche, tranne i Nas su delibera dell’Autorità Giudiziaria. Quindi l’ICQ ti controlla le carte ma non sa quello che c’é realmente nelle bottiglie. Bisognerebbe analizzare il vino sia per i pesticidi in vigna che per i coadiuvanti e gli additivi in cantina. Si può fare e con alcuni amici universitari ci stiamo organizzando per farlo su vino convenzionale, biologico e naturale (anche per scoprire qualche furbone che si spaccia per naturale).

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Diletta Scaglione commenta:
20/06/2013 ore 20:12

Salve a tutti i partecipanti,
questa conversazione si è spostata, come era del tutto prevedibile e corretto, sui vari tecnicismi costituiti da regolamenti e leggi. Non mi azzarderei mai su un terreno così impervio, però un pensiero mi è sovvenuto alla mente mentre i commenti si facevano mano a mano più fitti. Tutti esatti i ragionamenti su normative, produzioni, filosofie, commercio, io mi soffermo su quello filosofico-commerciale. Mi permetto di interpretare una parte del ragionamento di Montes che sta dietro il suo pezzo. Il punto semplice autoevidente e Lapalissiano è che il mondo tutto in ogni settore si sta allontanando, in realtà lo ha già fatto, dallo stato di natura. Nel senso che il dialogo tra uomo e natura pare morto, superato, non necessario e insensato. E così ci troviamo a dover parlare per categorie: industriale, biologico, biodinamico, naturale etc. etc. E’ solo quando dalla natura ci provengono delle vere meraviglie come la vite (Vedi come vino) si comprende il bisogno e la voglia da parte dei produttori interessati di gridare a gran voce quella vicinanza con la natura-amica, e quanto quel grido sia necessario per emergere dal mare magnum dei prodotti senz’anima frutto di pure scelte commerciali. (Questo non vuol dire che genuino corrisponda a di qualità!)
Stesso ragionamento vale per chi lo beve il vino senza produrlo. Chi ha provato la differenza, senza essere un esperto, è testimonianza del valore aggiunto dato da un buon vino ma fatto con rispetto della natura; e soprattutto rispettando noi stessi.
Sono tutt’altro che una hippie quindi che non vi suoni come un discorso puramente ambientalista.

Credo che almeno su queste considerazioni potrete concordare un pò tutti.

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emilio risponde:
June 20th, 2013 ore 23:05


@Diletta Scaglione, Sono d’accordo con Diletta, e dalla parte dei produttori vi è più coscienza di ciò quando si hanno aziende policolturali. Mi spiego; la vite tranne i primissimi anni grazie ad un esteso apparato radicale, dal 3 o 4 anno in poi trova da sè di che sostentarsi, e questo inganna. Mentre con colture annuali, come i cereali non si può barare, ho si adottano quelle tecniche colturali che favoriscono lo sviluppo naturale ed il suo radicamento (processo molto più lungo) o si scelgono le scorciatoie dei concimi chimici: o uno o l’altro, non vi sono dubbi. Questa esperienza libera il campo da approcci tipo “il vino è un prodotto culturale”, valido forse per chi è seduto dietro una scrivania…Per Massimiliano: dalla mia ridotta esperienza posso dirti che in Francia per Vini Naturale si intende vino senza solforosa aggiunta….
P.S. perdonatemi forse a quest’ora non sono molto lucido…

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Massimiliano Montes commenta:
21/06/2013 ore 10:23

Nei giorni passati Armado Castagno ci ammoniva che a lui non piacciono i poeti del vino. Credo invece che nel vino ci sia una buona dose di poesia. Però bisogna essere pratici e fattivi nella definizione di vino naturale, altrimenti si rischia di rovinare il lavoro fatto fin’ora.
Dunque, il vino naturale è (o dovrebbe essere)
- Prodotto con uve da agricoltura biologica certificata
- Vinificato in assenza di procedimenti fisici capaci di alterare significativamente il profilo aromatico (rotomacerazione, microssigenazione, macerazione a temperature prossime allo zero, vinificazione in iper-riduzione con l’uso di gas inerti)
- Vinificato da fermentazione spontanea, senza inoculo di lieviti selezionati, anche se autoctoni
- Vinificato senza acidificazione o disacidificazione
- Vinificato senza aggiunta di mosto concentrato o mosto concentrato rettificato
- Vinificato senza presidi enotecnici capaci di modificare colore, consistenza ed aromi (beta-glucosidasi, enzimi pectolitici etc.)
- Vinificato senza aromatizzazioni artificiali (chips, doghe di legno in immersione, ma anche barriques nuove), ed altri tipi di additivi aromatizzanti
- Verificabile. Il vino naturale deve sottostare ad analisi chimiche che dimostrino la sua reale composizione, e non basarsi solo su presunte autocertificazioni.

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emilio risponde:
June 21st, 2013 ore 12:02


@Massimiliano Montes, Secondo lo studio fatto dalla Cooperativa edtoriale Servabo, le aziende che si dichiaravano produttrici di vino naturale, un anno fà erano circa 700.
Se a queste applichi il filtro:
- no a lieviti selezionati ed additivi vari;
- solforosa totale entro i 40 mg/l su almeno un vino aziendale;
- agricoltura biologica o biodinamica anche autocertificata.
Si scende ad un numero di aziende che non supera le 150. Di queste circa la metà sono in territori non vocati per il vino naturale. Quindi il numero di produttori vino naturale, con una coerenza e qualità costante è verosimilmente di 70/80, il 10% di quelli che si dichiarano tali! E’ ora secondo voi di iniziare a fare un pò di chiarezza per tutelare i produttori seri? Con questi numeri, come è possibile che ogni anno nel periodo del Vinitay si svolgono tre fiere di vino naturale in contemporanea con circa 130/140 aderenti ognuna?

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Massimiliano Montes risponde:
June 21st, 2013 ore 14:32


@emilio,
Ok. Aggiungiamo un punto che avevo dimenticato: Solforosa totale fino a 50 mg/l (lasciamo un margine di tolleranza).
Scriviamo noi un protocollo del vino naturale, e poi stiliamo l’elenco delle aziende che ci rientrano.

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Nic Marsél risponde:
June 21st, 2013 ore 14:39


@Massimiliano Montes, mi piace il tuo pragmatismo ;-)

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emilio risponde:
June 22nd, 2013 ore 18:36


@Massimiliano Montes, Lavorando in “Naturale” i fattori che influenzano la produzione sono molteplici, non ultimo l’andamento stagionale (pioggie, umidità e di conseguenza muffe…) e la localizzazione dell’azienda (come già detto). Quindi serve uno strumento elastico adattabile alle diverse annate e alle diverse sitiuazioni, e che permetta all’occorrenza di uscire temporaneamente dallo standard. Personalmente non penso sia proponibile una legge od un regoamento ufficiale per i tempi biblici occorrenti e per l’alto rischio di stravolgmento in corso d’opera (vedi regolamento vio bio). Non è proponibile neanche un protocollo o un disciplinare, che necessariamente dovrebbe mettere d’accordo i principali gruppi del vino naturale, interessati più che altro a mantenere la posizione. Non rimane che l’adozione volontaria, da parte dei produttori onesti dell’ETICHETTA TRASPARENTE, contenente almeno la solforosa totale, gli ingredienti ed una descrizione sintetica del lavoro in vigna e cantina. Questa è l’unica soluzione che al tempo stesso è sufficientemente elastica, adattabile. Voglio dire che un produttore che in una annata piovosa si trovi nel dilemma tra perdere oltre il 50% della produzione o utilizzare un sistemico, o cercare in cantina di rimediare ai danni di uve ammuffite con lieviti selezionati, chiarifiche ecc..Tale produttore avrà due scelte o indicare in etichetta i prodotti usati o utilizzare per quella annata una etichetta convenzionale. Gli organizzatori delle Fiere di vino Naturale, e i blogger hanno un ruolo fondamentale: i primi ad escludere dalle loro Fiere i produttori sedicenti naturali che non adottano l’etichetta trasparente; i blogger nell’astenersi dal recensire come vini naturali, quelle bottiglie che non adottino l’etichetta trasparente. Tutto molto semplice, basta fare i primi passi, ed ognuno nel proprio ruolo assumersi la responsabilità di ciò che si fà.

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Francesco Spadafora commenta:
22/06/2013 ore 19:06

Ecco ,mi pare che arriviamo al cuore del problema .
Non credo che ovunque sia possibile non utilizzare prodotti sistemici per coltivare la pianta e per essere certi che l’uva arriverà sana in cantina .
Detto questo ,se l’uva é sana puoi utilizzare al minimo la solforosa o provare a non utilizzarla ,dipende anche quanto il produttore sia disposto a rischiare .
Ad Ottobre ,Massimiliano sa , sarà pronto un Syrah figlio di una pianta coltivata in biologico , senza solforosa ,fermentato spontaneamente e non filtrato e quando ,sarò certo ,mi chiederanno per quanto tempo potrà essere bevuta questa bottiglia ,risponderò che non ho idea ,perché non ho questa esperienza ,per dire cosa diversa .
Verrà scritto tutto questo nella parte descrittiva dell’etichetta perché é illegale scriverlo nelle diciture obbligatorie per legge . Verrà fatta analisi ufficiale ed inviata a chi lo chiederà .
Non credo che per questo diventerò un produttore di vino “naturale”, perché mi ci sento anche quando inoculò lieviti selezionati ed estratti dalle stesse uve dove verranno inoculati ,ma mi sento naturale perché spero presto qualcuno possa venire a fare analisi a foglie e terra per capire se potrò essere “autorizzato ” a definirmi produttore che rispetta la terra per produrre un vino sano ,e poi , se inoculò lieviti ,francamente ,mi interessa molto meno ,ma se poi , risulterà un Syrah diverso , sarò molto contento

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emilio risponde:
June 22nd, 2013 ore 23:32


@Francesco Spadafora, non è esatto dire che è illegale scrivere alcune cose in etichetta.L’art. 14 del D.M. 13 agosto 2012 stabilisce che ALTRE INDICAZIONI VERITIERE E DOCUMENTABILI possono figurare nell’etichettatura del vino, a condizione che non siano tali da creare un rischio di confusione nello spirito delle persone a cui sono destinate tali informazioni. Inoltre anche il Regolamento n 203/2012 (biologico) consente di riportare in etichetta “senza solfiti aggiunti” oppure la quantità di So2 totale se verificabile (analisi).In conclusione per quanto riguarda gli additivi utilizzabili, l’interpretazione delle norme, sembrerebbe permettere l’indicazione positiva e non quella negativa: ossia possiamo riportare quelli utilizzati (e riportati nei registri) e non e possibile scrivere quelli non utilizzati in etichetta.Possiamo riportare queste indicazioni a patto che siano nettamente separate dalle indicazioni obbligatorie, e che non abbiamo una dimensione dei caratteri maggiore delle indicazioni obbligatorie.
Credo che vi debbano essere (come ci sono) autorità che effettuano controlli; ma non credo che nessuna autorità debba rilasciarci la “patente” di produttore “naturale”. Penso che i produttori debbano fare quello che dicono e dire quello che fanno, utilizzando l’etichetta per comunicare ciò.

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Francesco risponde:
June 23rd, 2013 ore 13:02


@emilio, corretto , ma lo spazio sulle etichette è quello che è ,e quindi , scrivere ma non nello stesso campo visivo é come dire meno scrivi meno multe prendi .

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emilio risponde:
June 23rd, 2013 ore 16:30


@Francesco, premetto che non mi riferisco a te, che non conosco personalmente. Attualmente è illegale scrivere “non filtrato” e “vno naturale”. Queste due diciture fanno incorrere in caso di controllo a sanzioni certe ed in alcuni casi al sequestro del prodotto. Mentre è lecito scrivere la solforosa totale e ad alcune condizioni gli ingredienti. Come mai allora molti produttori, trovano spazio sulle etichette per scrivere diciture illegali (e ambigue aggiungo io) come “non filtrato” e “vino naturale” e non lo trovano per scrivere SO2 totale ed ingredienti senza rischi? La risposta che mi sono dato io è che si diventa produttori “Naturali” non in vigna e cantina, ma sul Web e nelle Fiere! L’etichetta trasparente ha anche il vantaggio di non aggravare dal punto di vista burocratico le aziende, con nuove leggi, regolamenti, discipinari, lacci e laccioli.

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Francesco risponde:
June 23rd, 2013 ore 17:31


@emilio, parole sagge , ma le risposte che ho avuto da Repressioni Frodi sono che la So2 non si può scrivere ,perché se sei sotto i 10 di So2 totale potresti non scrivere contiene solfiti ,mentre mi preoccupa quanto mi dici sul non filtrato ,perché io nella storiella che mi hanno detto si può scrivere ,ho proprio scritto anche non filtrato .
Dopo di che ,sono d’accorddissimo che anche a me pare che spesso sia molto di facciata e poco di sostanza ,ma spesso la colpa é anche di quelli che hanno fatto diventare la categoria dei produttori naturali ,gli unici a sapere produrre vino e quindi ,molti mediocri si sono buttati dentro la categoria e quindi scopri poi gli scaldaletti che si leggono di tanto in tanto

Massimiliano Montes commenta:
23/06/2013 ore 21:16

Emilio, io non sono un vignaiolo, però per mia fortuna ne conosco tanti e di qualcuno sono amico. Ho avuto occasione di studiare e conoscere direttamente i metodi di vinificazione tradizionali anche stranieri, soprattutto francesi. Sono d’accordo con te che in alcune situazioni climatiche e territoriali potrebbe essere necessario un trattamento sistemico, anche se vigne asciutte e ventilate non hanno grossi rischi di infestazioni estese.
Come dice Angiolino Maule spesso è l’ignoranza e la paura che ci spingono verso il sistemico.
Non sono assolutamente d’accordo con te invece sull’uso di procedure di cantina per recuperare l’uva non sana. La chiarifica non c’entra nulla con la sanità dell’uva, e non ti migliora niente; ti fa solo perdere l’anima del vino. La filtrazione invece è tutt’altra cosa, una filtrazione a maglie larghe con filtri da 3-4 micron può anche migliorare il profilo del vino e ingentilirlo.
Altre procedure di cantina devono essere sempre e comunque bandite. Anche in annate terribili in Borgogna, negli anni passati, si è sempre fatto un pie de cuve da fermentazione spontanea per innescare la fermentazione, senza problemi di sorta. Non vedo perché non possiamo farlo anche noi.

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emilio risponde:
June 23rd, 2013 ore 23:30


@Massimiliano Montes, Forse non sono stato chiaro, io non utilizzo e non giustfico il ricorso in annate difficili a lievi selezionati, chiaridfiche, bentonite ed altri correttivi. Però io iono in Maremma in una zona calda e ventilata. O decidiamo che i vignaioli naturali sono solo quelli che riescono a produrre ogni anno un vino naturale al 100%, sia in vigna che in cantina; ed allora come già detto accettiamo il fatto che non sono più di 70 in tutta Italia. Oppure adottiamo un sistema flessibile elastico, come l’etichetta trasparente, in cui puoi uscire dallo standard in annate difficili e utilizzare etichette convenzionali. Una cosa è certa per avere vini naturali da fermentazione spontanea, senza difetti e senza ricorrere a correttivi, bisogna partire da uve sane, perfettamente mature ed equiibrate da un’agricoltura organica.

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Nic Marsél risponde:
June 24th, 2013 ore 10:53


@emilio, grazie di aver “chiarificato” la tua posizione :-)
A proposito della chiarifica e delle menzioni in etichetta, una mano (parziale) potrebbe arrivare dalla nuova legge per gli additivi potenzialmente allergenici, che dalla vendemmia 2012 obbligherà ad indicare l’utilizzo di caseina, albumina e lisozima. Cosa faranno i produttori? Preferiranno la trasparenza ovvero affrontare il rischio di scrivere in etichetta la potenziale presenza di prodotti di cui il consumatore medio oggi è completamente ignaro, con conseguente impatto di immagine, oppure cambieranno sostanza chimica?

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emilio risponde:
June 24th, 2013 ore 14:06


@Nic Marsél, La seconda che hai detto;-)

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Massimiliano Montes risponde:
June 24th, 2013 ore 11:55


@emilio,
Non credo che le due soluzioni siano alternative. Etichetta trasparente e protocollo di vinificazione naturale sono scelte complementari che devono coesistere.

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emilio risponde:
June 24th, 2013 ore 14:05


@Massimiliano Montes, ogni gruppo nel Movimento del vino naturale ha un suo disciplinare, protocollo e regole ed in genere questi vengono disattesi dall’interno dei gruppi. Sono regole che servono solo per tenere lontani alcuni. Vuoi veramente perderti nei mille distinguo, pensi veramente di trovare un protocollo unico che vada bene sia ad un produttore di Vicenza che a uno di Marsala? Più che unificare si favorirebbe un arroccamento delle posizioni e dei gruppi. E’ necessario essere trasversali, coinvolgere un produttore dopo l’altro.

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Massimiliano Montes risponde:
June 24th, 2013 ore 15:11


Voglio credere che ci possa essere un minimo comun denominatore che ci indichi cosa è naturale in un vino e cosa no.
Non solo da Codroipo a Marsala, ma in tutto il mondo.
Un minimo comun denominatore, non mille distinguo.

Nic Marsél commenta:
24/06/2013 ore 14:46

L’annata in corso è stata (almeno fino ad oggi) molto difficile in tutto il nord. Anche in veneto è stato già lanciato l’allarme peronospora. Come citava Massimiliano, Angiolino Maule addebita spesso all’’ignoranza e alla paura il ricorso al sistemico. Sarà importante vedere come reagiranno i produttori veneti di Vinnatur, e soprattutto le loro vigne, ad una primavera così problematica.

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Francesco Maule commenta:
25/06/2013 ore 11:32

Vedo solo ora tutti i commenti, molto stimolanti e costruttivi.
Ci sono sempre annate piu` o meno difficili, concordo con il fatto che il bacino costiero del mediterraneo sia molto piu` vocato alla vite rispetto a Veneto o Piemonte, ma dai giri che ho fatto in Italia ed in Francia posso dire che se un vignaiolo e` attento e ha una certa cultura puo` fare un vino naturale ovunque. Amo la Loira e i produttori piu` bravi ed integralisti che conoscono vengono da la`, anche dalle zone piu` a nord della regione!
Io credo che un vino naturale non debba contenere neanche la solforosa, per definirsi tale, e condivido in pieno il pensiero di Cyril Le Moing, che ha recentemente espresso nel suo blog e di cui a breve parlero` nel mio sito:
http://clm980311.blogspot.it/2013/06/vin-naturel.html?showComment=1371122900021#c1051329092603625792

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emilio commenta:
25/06/2013 ore 14:36

Rigiro la domanda ai fratelli Maule .Come mai in alcune zone, vedi le Marche, il ricorso ai lieviti selezionati è adottato da pressochè tutti i produttori naturali? Un mio amico e produttore piemontese mi dice che ogni 2/3 anni perde il 50% della produzione a causa della peronospora. La perde lui perche non vuole utilizzare sistemici (che usano suoi vicini Naturali e/o certificati bio). Al di là di questi esempi, ripeto che la mia è sì un’ ipotesi ma convalidata da fatti come le schede di autocertificazione e non ultime le risultanze delle analisi sui residui. che avete effettuato come Vinnatur. Su questo blog Alessandro scrisse che in alcuni ambienti non vi era un prodotto efficace al 100% contro la botritis. Se non sbaglio anche le sperimentazioni e le ricerche avviate da Vinnatur erano motivate dalla necessità di correggere difetti del vino dovuti anche a fermentazioni anomale o uve non perfettamente sane. E’ consolatorio e gratificante dire : che un vignaiolo attento e con una certa cultura si può fare vino ovunque o che il vino naturale è quello senza solforosa aggiunta. Si ma che vino? Se come dite voi un produttore deve avere conoscenza e cultura, io aggiungo che deve avere la professionalità per produrre OGNI ANNO vini corretti. Alcuni buoni altri meno buoni, ma sempre corretti e privi di difetti macroscopici. Un vino buono ogni 4 anni lo fà anche il mio vicino che si fà il vino in garage, tra il trattore e la motosega, per se: ma essere un vignaiolo vinificatore con della professionalità è un’altra cosa. Altrimenti tutto ciò diventa l’alibi per chi il vino non lo sà fare o non è in una zona vocata per i vini naturali, o vuole continuare a lavorare in convenzionale e vendere in naturale. O dopo dieci anni vogliamo raccontarci che il vino naturale deve puzzare ed essere ossidato?

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Massimiliano Montes risponde:
June 25th, 2013 ore 16:22


@emilio,
Veramente, non per sembrare fazioso, i vini di Angiolino sono buoni ogni anno. Il Sassaia è una delle mie armi per conquistare nuova gente ai vini naturali.

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Emilio risponde:
June 25th, 2013 ore 17:23


@Massimiliano Montes, scrivendo di vini difettosi non mi riferivo in particolare a quelli di Angiolino. Di un produttore posso criticare la metodologia o ciò che dice o scrive. Ma non mi permetterei mai di criticare i suoi vini.

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Massimiliano Montes risponde:
June 25th, 2013 ore 18:54


@Emilio, a me il vino piace (penso si veda), e i vini naturali mi piacciono perché sono in genere migliori di quelli prodotti con metodi industriali, stile besciamella da supermercato. Quando un vino non è buono sono il primo a dirlo.
Altra cosa è che tutti gli anni il vino naturale sia leggermente diverso, deve essere così, mi stupirei del contrario. Ogni annata ha un decorso climatico e di vinificazione unico e non ripetibile.
Le migliori bevute della mia vita sono state con vini naturali. Quando il vino ha difetti non dipende dalla sua naturalità ma dal fatto che forse chi fa il vino ha qualche carenza, come abbiamo avuto più volte modo di discutere su questo blog anche con Francesco Spadafora e Angiolino Maule.

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emilio risponde:
June 25th, 2013 ore 23:28


@Massimiliano Montes, E’ ovvio che se trattiamo di vino naturale ogni anno è diverso e ogni annata è particolare. Se il vino ha dei difetti dipende solamente da due fattori:
- uve malate, non perfettamente mature o squilibrate(per eccessiva produzione o errate pratiche agronomiche);
- incapacità del produttore anche nella gestione della cantina (vedi igiene);
Partendo quindi da una materia prima di scarsa qualità si può intervenre in due modi:
- rimediare in cantina con una vinificazione convenzionale ed interventista;
- produrre vini con difetti macroscopici.
Questa non è un’interpretazione è un fatto oggettivo.
La cosa peggiore da fare è negare questa evidenza e dire che dipende tutto dalla capacità del singolo individuo. Vi sono anche degli esempi di ravvedimento operoso: nelle Marche recentemente cinque aziende che finora si sono vendute come produttrici di vino naturale hanno costituito il CONSORZIO terroirMarche con lo scopo di valorizzare e promuovere la viticoltura biolgica. Segno dei tempi? Se poi vi sono dei produttori in Veneto, Piemonte, Marche, ecc che anche nelle annate più umide e piovose riescono con metodi naturali a fare vini corretti perchè non indicarlo in etichetta.?

Nic Marsél risponde:
June 26th, 2013 ore 09:09


@Emilio, non per polemica ma a me non sembra che quelli di Aurora si siano mai spacciati per “Natuarali”. E’ vero piuttosto che sono stati pionieri del biologico nella loro zona.

Massimiliano Montes risponde:
June 26th, 2013 ore 12:35


caro Emilio, leggi cosa dicono Francesco Spadafora e Angiolino Maule in quest’intervista doppia:
http://gustodivino.it/home-gusto-vino/fermentazioni-spontanee-due-opinioni-a-confronto-angiolino-maule-e-francesco-spadafora/massimiliano-montes/2013/
E Spadafora è un produttore convenzionale, da poco convertito al biologico, che sta sperimentando le fermentazioni spontanee: “la vasche che hanno fermentato spontaneamente hanno un’acidità volatile totale inferiore a quelle inoculate” e “I difetti dei vini sono dovuti a “distrazione” di colui che li fa”.

Francesco Spadafora risponde:
June 25th, 2013 ore 16:27


@emilio, A me Emilio piace

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emilio commenta:
26/06/2013 ore 17:05

La questione non è fermentazione spontanea si o no. La questione è un vino naturale si può ottenere solo da uve sane, perfettamente mature ed equilibrate. Francesco nell’intervista conferma che la vinificazione con uve sane non richiede aggiunte di addittivi. Continuare a spostare l’attenzione sulle tecniche di vinificazione e quindi sulla capacità di chi opera in cantina, serve solo a negare e spostare il problema. Nelle regioni di Abruzzo, Marche, Emilia Romagna, Friuli, Veneto, Lombardia, Piemonte, Trentino, ecc ogni anno
si riescono ad ottenere uve sane, perfettamente mature ed equilibrate utilizzando esclusivamente ridotte dosi di zolfo e rame? Se non si riesce, come si interviene in alternativa in vigna? Come si vinificano delle uve malate? SONO QUESTE LE DOMANDE A CUI RISPONDERE. Sulle affermazioni di Angiolino preferisco non intervenire…mi interessa continuare a discutere. A Francesco però voglio chiedere: hai delle vasche inoculate con lieviti selezionati ed altre con fermentazioni spontanee nella stessa cantina? utilizzando le stesse attrezzature, le stesse pompe? E’ da molti anni che non utilizzo piu lo zolfo ramato in polvere, perchè con una percentuale del 3 o 5%, e con una dose minima di 30 Kg ad ettaro (ma che può arrivare al doppio) con 2 o 3 trattamenti si supera il limite del rame consentito (in biodinamica) o si avvicina a tale limite (in biologico). Tu come fai?

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agronomo di passaggio risponde:
June 27th, 2013 ore 10:10


@emilio, Si usa lo zolfo micronizzato in purezza ;-) Lo zolfo ramato o la poltiglia bordolese sono spesso sbagliati per i nostri climi, anche se chi fa biodinamica si ostina a usarli. Molte delle nostra malattie da funghi rispondono molto bene al solo zolfo micronizzato. Utilizzato alternandolo allo zolfo ramato aiuta a mantenere basse le quantità di rame totale erogate in vigna. Scusate l’intromissione.

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emilio risponde:
June 27th, 2013 ore 14:11


@agronomo di passaggio, Non capisco cosa mi vuoi dire. Io dico che con i limiti sull’utilizzo del rame, zolfo ramato e poltiglia bordolese non si possono di fatto utilizzare in agricoltura biodinamica, e in agricoltura biologica anche con pochi trattamenti si rischia di sforare il limite. Io utilizzo zolfo micronizzato (bagnabile) insieme a ossicloruro di rame (al 25%). Quando necessario utilizzo zolfo puro in polvere alla dose di 30Kg/Ha. E’ l’unico sistema per fare dei trattamenti efficaci e ridurre al minimo la dose di rame e zolfo.

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Massimiliano Montes commenta:
30/06/2013 ore 14:21

@emilio,
Emilio, tu sopra dici: “Partendo quindi da una materia prima di scarsa qualità si può intervenre in due modi:
- rimediare in cantina con una vinificazione convenzionale ed interventista;
- produrre vini con difetti macroscopici.
Questa non è un’interpretazione è un fatto oggettivo.”
–
Premesso che non sono d’accordo con te sul “fatto oggettivo”, scusami sinceramente per l’immodestia; ma secondo te quali sono le pratiche di cantina “convenzionali ed interventiste” che consentono di “rimediare” a “uve di scarsa qualità”?

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piero commenta:
25/01/2014 ore 10:34

Che discorsi del c…o ! Non si possono innescare discussioni basandosi su delle ovvietà! E’ chiaro che anche nei vini cosiddetti naturali c’è l’intervento dell’uomo. Lo stesso gesto del raccogliere l’uva è un intervento fuori dal processo naturale. Ma che significa? Quello che fa la differenza è quanto e come è determinante il contributo tecnico e chimico. Il definirli “naturali” serve solo a distinguerli dall’enorme massa di schifezze che ci fanno bere.

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