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Il vino naturale come orizzonte

Pubblicato il 14 Ottobre 2013


di Massimiliano Montes 3 commenti

C’è tutto un mondo di vignaioli, appassionati e semplici consumatori che vede nella naturalità della produzione enoica un obiettivo, un punto di riferimento. L’orizzonte del vino naturale deve però essere un traguardo per tutti i produttori, non solo per questa minoranza di eletti “illuminati”.

E’ facile parlare di vino naturale con coloro che da anni ne hanno fatto un progetto e una cultura. L’obiettivo invece dovrebbe essere quello di coinvolgere in questo disegno tutti i produttori di vino.
L’orizzonte della naturalità deve essere un progetto condiviso, un’idea di vino diverso per una società diversa, al quale dovrebbero tendere tutti i produttori.

Il mio sogno è un mondo in cui non si debba più parlare di vino naturale come qualcosa di “diverso” perchè tutti fanno vino naturale o tendono al naturale.
Il naturale come normalità.

Alla stessa maniera non si dovrebbe più parlare di agricoltura biologica perché le norme del biologico dovrebbero essere estese a tutti i tipi di coltivazione.

Insomma, vino e agricoltura possono essere uno strumento per costruire un mondo migliore per i nostri figli.

A pensarci bene, le divergenze tra produttori convenzionali e naturali, o addirittura interne ai produttori naturali o ai produttori convenzionali, sembrano un po’ beghe di cortile da comari.
Il problema è che all’interno della catena produttiva e distributiva del vino, le singole persone sono talmente occupate da problemi di quotidiana sopravvivenza (i più piccoli), o di mantenimento di quote di mercato (i più grandi), da lasciarsi sfuggire obiettivi e progetti di più ampia portata.
Il quotidiano uccide, soprattutto la fantasia e la creatività.

Da persona formalmente ignorante delle problematiche dei mercati mondiali, mi pongo una domanda: se ipoteticamente l’orizzonte naturale diventasse un comun denominatore di tutta la produzione italiana, questo ci darebbe visibilità?
Essere considerati “diversi” e antesignani potrebbe garantire a tutto il sistema Italia vantaggi di mercato? Produrre qualcosa che i nostri concorrenti commerciali non producono, ci riserverebbe una inattaccabile quota dei mercati?

La felice combinazione tra vitigni autoctoni, denominazioni (dobbiamo imparare a vendere la denominazione e non la varietà) e naturalità, può essere la chiave per consolidare la produttività italiana e rendere il nostro sistema meno suscettibile a crisi mondiali?

E se in tutto questo l’obiettivo commerciale si sposa con quello di un mondo migliore e, perché no, di un vino più buono, che bel regalo facciamo alle generazioni future?

 








3 Commenti


Alessandro commenta:
14/10/2013 ore 14:59

Sig. Massimiliano io condivido in toto le sue bellissime idee genuine.Ma da quello che mi è sembrato di capire lei come mè non è un produttore di vino (almeno credo), quindi sarà pure vero che ci sono molti produttori che ci hanno trasmesso questa loro filosofia ma è anche vero che ci sono produttori molto più avidi.Sono andato a riprendere una dichiarazione di Josko Gravner fatta sul libro Terra e Libertà/Critical Wine quando il giornalista gli dice che un produttore di vino riferendosi a Gravner disse che anche lui era partito con dele idee molto estreme e di selezione rigorosa ma poi aveva dovuto fare i conti con il mercato e col fatto che con il vino avrebbe dovuto mangiarci.Lui rispose dicendo che se fosse stato ricco non avrebbe fatto il vino perchè quando uno è ricco vuole aumentare la propria ricchezza, ma allo stesso tempo si riteneva ricco perchè non aveva bisogno della bottiglia o del vino che gli mancava.Infine aggiunse che molte aziende fanno milioni di bottiglie e non si fermeranno mai perchè ne vorranno fare sempre di più.In conclusione anche io sono convinto che il problema non è solo in enologia ma è diffuso in tutti i settori ed è solo e sempre l’avidità umana.

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Massimiliano Montes risponde:
October 14th, 2013 ore 15:03


@Alessandro, d’accordo con lei. Per questo cerco di fare leva sui vantaggi economici di una vinificazione naturale.
In un periodo storico di crisi che non sembra congiunturale ma strutturale, forse il vino naturale è una via d’uscita.

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Nic Marsél commenta:
14/10/2013 ore 19:26

Ragionamento semplice ma non banale. Se l’industria pare sempre più attratta dal bio/naturalqualcosa è sicuramente per interesse e tornaconto economico. E allora lavoriamo assieme per fare in modo che l’obiettivo, il miraggio, il sogno, l’ideale, non venga perseguito per le scorciatoie che già qualcuno, con grandi investimenti, sta cercando di percorrere.

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