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Il colore del vino è sempre uguale, dalle Alpi a Lampedusa

Pubblicato il 24 Febbraio 2014


di Edith Di Salvo 58 commenti

Imbeccata dall’ultimo film di Jonathan Nossiter, sono andata a controllare i disciplinari di Doc e Docg italiane, iniziando col vino bianco, per capire quanto il colore possa essere elemento di “tipicità” e “territorialità” così come i decreti istitutivi delle Doc e Docg prevedono.

Ebbene ho imparato che per le commissioni Doc il vino bianco deve essere giallo paglierino.

Di seguito trovate un estratto a caso dai disciplinari dei vini bianchi. Come si può vedere il colore del vino è una costante, uniforme, con minute variazioni.

Si deduce che il colore non è, secondo i disciplinari, elemento caratterizzante, perché anche quando è inserita una minuta variante (tendente al verdolino o tendente al dorato) questa viene sempre dopo una rassicurante base “paglierina”.

Ma se il colore non è caratterizzante di un territorio perché le Commissioni Doc lo valutano, e sopratutto perché bocciano i campioni che non corrispondono ad un ipotetico colore tipico?

Secondo le descrizioni dei disciplinari il colore di tipico non ha nulla. Ciò precluderebbe qualsiasi valutazione di aderenza territoriale basata sul colore.

Per ultimo trovate il Disciplinare del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Ebbene, Corrado Dottori, La Distesa, ha avuto bocciato uno dei migliori Verdicchio esistenti, il Terre Silvate, perché non tipico soprattutto per colore.

Sembra che ad una richiesta verbale di spiegazioni, gli sia stato risposto che “era diverso dagli altri”. Motivazione tanto orribile quanto stupida.

Dottori fa semplicemente macerare parte delle uve per poche ore, e non filtra il vino. Il risultato è un vino giallo paglierino, lievemente opalescente. Per alcuni aspetti diverso dagli altri, vinificati tutti allo stesso modo, in maniera stereotipata, ma non razionalmente e ragionevolmente distante dal disciplinare.

Una cosa è certa: è impossibile distinguere un Trebbiano da una Ribolla attraverso il colore. Almeno per i disciplinari.

ALCAMO Doc

Alcamo bianco: giallo paglierino più o meno carico, talvolta con riflessi
verdolini

Alcamo classico: giallo paglierino più o meno intenso

ANSONICA COSTA DELL’ARGENTARIO Doc: giallo paglierino piu’ o meno intenso

CARSO Doc

Carso o Carso – Kras, Chardonnay: da giallo paglierino a giallo dorato piu’ o meno intenso

Carso o Carso – Kras Glera: giallo paglierino piu’ o meno intenso

Carso o Carso – Kras Malvasia o Malvasia riserva: da giallo paglierino a giallo dorato piu’ o meno intenso

CORTONA Doc

Cortona Chardonnay: giallo paglierino

Cortona Grechetto: giallo paglierino

Cortona Sauvignon: giallo paglierino

ERICE Doc

Erice bianco: giallo paglierino con riflessi verdognoli

Erice Grecanico: giallo paglierino più o meno carico con riflessi verdolini

Erice Chardonnay: giallo paglierino con riflessi dorati

Erice Muller Thurgau: giallo paglierino con riflessi dorati

Erice Sauvignon: giallo paglierino con riflessi dorati

Erice Grillo: giallo paglierino con riflessi dorati

FALANGHINA DEL SANNIO Doc: giallo paglierino

FRIULI COLLI ORIENTALI Doc

Chardonnay: giallo paglierino piu’ o meno intenso

Malvasia: giallo paglierino piu’ o meno intenso

Pinot bianco: giallo paglierino piu’ o meno intenso

Ribolla gialla: giallo paglierino piu’ o meno intenso

TREBBIANO D’ABRUZZO DOC:  paglierino

CASTELLI DI JESI VERDICCHIO RISERVA Docg: giallo paglierino più o meno intenso

 





58 Commenti


Mario Crosta commenta:
24/02/2014 ore 11:54

Bel pezzo, Edith, hai centrato perfettamente il bersaglio. Nota: il colore, che nelle schede di valutazione dei vini ai concorsi gioca per il 5%, un ventesimo della valutazione complessiva, è stato invece il pretesto per mettere fuori gioco vini stupendi nelle commissioni per l’assegnazione di DOC e DOCG. Maledetti incompetenti, prezzolati e prostituiti!

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Edith Di Salvo risponde:
February 24th, 2014 ore 12:38


@Mario Crosta, questi ci vanno facili con le querele! Incompetenti a volte si, può essere. Il resto non so :-)

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Mario Crosta risponde:
February 24th, 2014 ore 12:53


@Edith Di Salvo, non sono nato ieri e il mio commento è comunque firmato da me, non da te. Chi si riconosce come soggetto si faccia pure avanti.

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graziano risponde:
February 24th, 2014 ore 13:51


@Mario Crosta, (Y)

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graziano risponde:
February 24th, 2014 ore 13:51


@Edith Di Salvo, le valutazioni cosi espresse non sono il massimo, il colore ha la sua importanza se non altro per buona parte delle lavorazioni in cantina ma se devo spendere migliaia di € per fare un corso da Sommelier e poi il disciplinare mi dice che il colore del vino determina solo una tipologia, spiace” anzi no ” ma ha ragione Mario Crosta anzi nella risposta che gli da in seconda battuta denota un certo timore per la propria posizione, ciò da più valore alla risposta di Mario

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Edith Di Salvo risponde:
February 24th, 2014 ore 14:34


@graziano, hai ragione. Ma leggendo i disciplinari molte altre cose sembrano un copia-incolla, non ultimo l’aspetto organolettico del vino, profumi e sapore. Dicono sempre le stesse cose, due striminzite parole.

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nicola borra risponde:
February 25th, 2014 ore 14:16


@Edith Di Salvo, in buona sostanza non fanno altro che riportare a un’unica idea di “buon vino”, stereotipata se vuoi prenderne il lato negativo o distillata dalle anime di tutti i vini in generale se la prendi positivamente.
Il problema e’ che in ogni caso finendo in tutti i disciplinari tale idea di buon vino, arche’ assoluta e trasversale, finisce coll’appiattire le produzioni di chi deve o vuole fare i conti col disciplinare.
Va pero detto che di contro non e’ piu un obbligo del buon bevitore da molti anni rifarsi alle nomenclature.

L'agendina commenta:
24/02/2014 ore 13:34

Bel pezzo.

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Massimiliano Montes commenta:
24/02/2014 ore 13:48

Il Terre Silvate di Corrado Dottori lo abbiamo recensito qui, miglior Verdicchio:
http://gustodivino.it/vino/verdicchio-mon-amour-un-confronto-tra-naturali-e-convenzionali/massimiliano-montes/6782/
–
Sorprende che anche altri vignaioli dicano la stessa cosa. Ad un colloquio informale dopo la rivedibilità o la bocciatura gli viene detto che “era diverso dagli altri”.
Come se le Doc e le Docg servissero ad uniformare il vino su un unico modello, un modello standard. Questo è decisamente strano: all’interno di una Doc devono esistere le differenze, la diversità è virtù non difetto.

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Wine Roland commenta:
24/02/2014 ore 14:36

In un vino conta molto il metodo di vinificazione, ovviamente; così lo stesso vino, se a contatto o meno con le bucce, se filtrato oppure no. Le commissioni decidono in base a quello che prevede il disciplinare che è, a tutti gli effetti, una norma giuridica. Le risposte sciocche si commentano da sole, chiaro; d’altra parte l’omologazione va a solo vantaggio dell’enologo ormai trasformatosi in wine-maker e non più consulente di cantina. Con oltre 80 DOCG e più di 300 DOC, a mio avviso si potrebbe anche toglierle tutte. Un buon articolo, centra un’altra delle molte contraddizioni dei disciplinari.

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Edith Di Salvo risponde:
February 24th, 2014 ore 14:41


@Wine Roland, grazie :-)
Come dicevo sopra a graziano le omologazioni/uniformità che ho trovato tra i vari disciplinari sono tante, non solo il colore

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martino becchi commenta:
24/02/2014 ore 18:06

le doc nascono a tutela per difenderci dalla robaccia, altrimenti non ci sarebbe differenza con i vini da tavola. Non si può dire che sono sbagliate ma che vanno corrette

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Massimiliano Montes risponde:
February 24th, 2014 ore 20:38


@martino becchi, forse sono nate con le intenzioni da lei espresse. Se però oggi noi troviamo vini al di fuori delle Doc migliori di vini Doc vuol dire che l’equazione “Vino Doc = vino di migliore qualità” non regge

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Lorenzo risponde:
February 24th, 2014 ore 23:47


@martino becchi, non vanno corrette, vanno evolute cosi come si evolve una tradizione.

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Matej commenta:
24/02/2014 ore 20:11

Sul Carso-Kras non si produce Ribolla Gialla.

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Edith Di Salvo risponde:
February 24th, 2014 ore 20:48


@Matej, Buongiorno. Ho elencato queste varietà tratte direttamente dal disciplinare:
CARSO Doc

Carso o Carso – Kras, Chardonnay: da giallo paglierino a giallo dorato piu’ o meno intenso

Carso o Carso – Kras Glera: giallo paglierino piu’ o meno intenso

Carso o Carso – Kras Malvasia o Malvasia riserva: da giallo paglierino a giallo dorato piu’ o meno intenso

Ho usato poi erroneamente la definizione di ribolla del carso ma solo per una battuta finale, di natura ironica. Vale la trascrizione del disciplinare sottostante.

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Lorenzo commenta:
24/02/2014 ore 23:45

Bhé che dire… Un po di qualunquismo non fa mai male, quindi da bravi italiani facciamoci male!

I disciplinari italiani (grazie a dio) sono tra i piu seri e scientifici che esistano al mondo e, soprattutto, sono gli unici a descrivere, non solo una ubicazione geografica (es. Grand cru etc.), ma anche la tradizione con la quale viene fatta la vinificazione.

Cio da luogo, grazie a dio, anche ad una serie di valutazioni di carattere organolettico.

Stiamo parlando quindi di qualcosa che é molto di piu di un banale disciplinare francese (leggeteveli!!), ma di un qualcosa di piu serio.
Certo, non sono esenti da miglioramento, ma la cosa corretta sta proprio qui, nessuno vieta ad un produttore di fare un vino con un colore piu o meno scarico, semplicemente potrebbe non rientrare nella DOC, poiché, correttamente, essa non descrive solo la zona di produzione ma anche la tradizione vitivinicola e quindi la vinificazione.

E di vini da tavola da 110 e lode che ne sono a centinaia sul nostro bellissimo paese vitato!

Quindi, polemizzare qualunquisticamente sui disciplinari é assolumente sbagliato. Sono disciplinari, non li rispetti, ne scegli altri (es. IGP o IGT).

Per piacere poi, piantatale con questa pseudo teoria del complotto anti microrpduttori che, poveretti, vorrebbero fare il vino come il contadino lo faceva miliaia di anni fa ma il mondo crudele glielo impedisce!

Studiate, approfondite… Poi ringrazierete che almeno nel campo vitivinicolo, l’Italia ha una normativa solida… Che ha imposto la qualitá al produttore.

Questa é solo la mia opinione.

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Nic Marsél risponde:
February 25th, 2014 ore 09:10


@Lorenzo, Le DOC forse ci preservano dai vinacci imbevibili ma non garantiscono certo la qualità assoluta quanto piuttosto un generale livellamento verso il basso.

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Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 09:25


@Nic Marsél,
assolutamente d’accordo, una DOC non è assolutamente sinonimo di qualità, come del resto non lo è la scritta “Premier Crù”.

La DOC, come la DOCG, ha solo il merito di tutelare un nome, una zona ed una tradizione vitivinicola.

L’ho detto, esistono centinaia di vini da tavola eccellenti!

Non possiamo però togliere a questi disciplinari la loro rilevanza storica, hanno “imposto” l’evoluzione qualitativa, negli ultimi 60 anni, a contadini che sono diventati piano piano dei produttori di vino. Per non parlare del fatto che se già oggi in svezia si vende vino chiamato “montepulciano” nonostante ci sia una DOC specifica, figurati cosa sarebbe accaduto senza di esse!

Possiamo dire che magari dovrebbero essere aggiornate… questo si… ma con che prezzo ?

Ti faccio un esempio pratico, il Brunello di Montalcino è quello che è anche grazie ad un disciplinare scritto con i cosiddetti (grazie ad Ezio Rivella), cosa sarebbe successo se non fosse esistito ? Il Brunello sarebbe quello che conosciamo oggi ? Io non credo.

L’altro lato della medaglia è che il disciplinare è Sangiovese 100%, è giusto che dopo tutti questi anni, non si possa aggiungere un taglio per migliorare qualche aspetto organolettico? Per me no, ma per tanti si… quindi il problema forse è che va “aggiornata” la DOC, non che essa è sbagliata.

Nìc mi permetto l’ultimo aspetto, Qualità non vuol dire che il vino sia buono, la qualità è un altro concetto, con questo non fraintendermi, non voglio salire in cattedra, ma ti esorto ad approfondire il concetto.

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Nic Marsél risponde:
February 25th, 2014 ore 09:35


@Lorenzo, ok : diciamo allora “eccellenza” ?

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Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 09:52


@Nic Marsél,

ok! :-)

Cantina Comune risponde:
October 4th, 2014 ore 17:26


@Lorenzo,
Sono spiacente,quale operatore del settore e mercante di vini, di riportare la mio modesta opinione dopo il febbraio 2014 con l’esordio della Gran Selezione Chianti Classico DOCG, con il quale ho avuto modo di vivere personalmente la nascita della nuova denominazione Gran Selezione Chianti Classico,inizialmente per soli 33 produttori(sui 330 iscritti)adesso ormai venduta al miglior offerente….
Si infatti questa gran selezione per tutelare la TRADIZIONE come la intende LEI
prima ha messo sullo stesso piano bottiglie prodotte in quantità (600-2000 bottiglie bordolesi)bassissime con aziende in grado di confezionare 100.000 bordolesi Gran Selezione(AHBé) poi notando una grande richiesta di entrare nel circolo ha deciso di allargare l’esclusività a tutte le grandi aziende richiedenti la denominazione ma magari con difficoltà a raggiungere il concetto stesso(!?!?)di selezione in vigna(che vigna c’hai??)

Nella mia esperienza di grossista/organizzatore di eventi/commerciante non ho trovato molti produttori da tutte le parti d’italia che fossero realmente contenti del lavoro svolto
dai loro corrispettivi consorzi(magari è la crisi…)
Eccetto il Brunello ovviamente con il suo momento d’oro(come lo fu del Chianti Classico anni or sono)anche se sono convinto sia un trend ..
AH…..FORSE QUALCHE GROSSO PROPRIETARIO DI PIù TENUTE EFFETTIVAMENTE MI HA MOSTRATO SODDISFAZIONE NEL PARLARE DEI CONSORZI,MA ROMANTICAMENTE PENSAVO CHE SERVISSERO A TUTTI NELLO STESSO MODO E NON SOLO A CHI HA DISPOSIZIONE DI GRANDI CAPITALI.
PROPRIO NEL CHIANTI ABBIAMO UN ESEMPIO DI COME UNA GRANDE AZIENDA USCENDO O COMUNQUE POLEMIZZANDO CON IL CONSORZIO SIA USCITA CON LA PROPRIA BOTTIGLIA PIù IMPORTANTE IGT PIUTTOSTO CHE DOCG
CHI MI RISPONDE SUPERTUSCAN LO MAGNO….
POLITICA E SOLDI NON SIAMO INGENUI PER PIACERE…IL VINO è MAGNIFICO NON LO SPORCHIAMO…….

TUTTE LE
DOC,DOCG,IGT
ulteriori aggettivi quali riserva, superiore o altro
e tutte le diciture riportate dalla legge in base ai disciplinari

oltre a non ESSERE BEN TUTELATE E SPIEGATE AL CONSUMATORE FINALE SONO INEFFICIENTI TANTO QUANTO I LORO DISCIPLINARI (grazie Edith )

LE VARIE STORIE DELLE DOCG PIù CELEBRE NON PREMIANO L’ECCELLENZA MA IL BUON VECCHIO SANO CAPITALISMO.
CONCLUDO
UNO SU TUTTI
BOLGHERI SASSICAIA DOC

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corrado dottori commenta:
25/02/2014 ore 09:01

Ciao a tutti e grazie per il post. Aggiungo un’informazione ulteriore: nel film di Jonathan cito il caso del mio terre silvate 2011 che in effetti aveva un colore piuttosto carico. Se si sta alla lettera del disciplinare probabilmente quel vino in effetti andava bocciato (salvo poi trovare in commercio vini improbabili), ma è notizia di qualche giorno fa la rivedibilità del Terre Silvate 2013 che invece ha un colore ineccepibile… La motivazione è che il vino “presenta anomalie: ridotto (sic)”… Come sia il vino io lo so ma non è importante. L’importante – credo – è che stando alla lettera di Valoritalia posso ripresentare il campione “previa l’effettuazione delle pratiche enologiche ammesse” (sic). L’anno scorso sono stati bocciati entrambi i vini de La Marca di San Michele (miei vicini bio) e la passerina di Aurora. Mi pare che siano stati bocciati il Chianti di Giovanna Morganti e il Brunello delle sorelle Padovani. Insomma mi pare che tutto ciò rientri in una logica, no?

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Edith Di Salvo risponde:
February 25th, 2014 ore 15:01


Ciao Corrado, grazie per l’intervento. Ho assaggiato il tuo Terre Silvate 2012 e non mi è sembrato così distante dai canoni del disciplinare. Non più di altri. P.S. era buonissimo

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Mario Crosta risponde:
February 25th, 2014 ore 15:45


@Edith Di Salvo, quando gli appassionati di vini cominceranno a non guardare neanche le etichette, ma a godersi soltanto il vino, sarà un gran bel giorno. Chemmenefrega se un vino eccezionale, che mi piace un casino, risponde ad uno oppure ad un altro o neanche a nessun disciplinare? E magari abbiamo decine di schifezze che rispondono invece a tutti i canoni? Beviamo etichette, per caso? Siamo da disciplinare a qualcosa o a qualcuno, per caso? Godetevi la vita e sbattetevene dei giudizi degli azzeccagarbugli…

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NicMarsél risponde:
February 25th, 2014 ore 16:21


@Mario Crosta, hai ragione. Però l’etichetta è civiltà, e quando anche il vino avrà la sua etichetta “trasparente”,saremo finalmente liberi di ignorarla ;-)

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Mario Crosta risponde:
February 25th, 2014 ore 16:46


@NicMarsél, quindi niente disciplinari DOC oppure DOCG, ma soltanto il nome del comune di produzione e un’etichetta con tutti i componenti e i processi?

Nic Marsél risponde:
February 25th, 2014 ore 19:22


Mario, sicuramente è un mio limite ma il tema delle denominazionei mi annoia a morte. Avranno pure rappresentato un grosso passo avanti a suo tempo ma oggi sono i produttori stessi a denunciarne i limiti. Da appassionato non credo in 25 anni di aver mai scelto una bottiglia in base alla denominazione e questo dice tutto. Evidentemente la fascetta è una garanzia più per il consumatore meno acculturato (senza offesa). In questo contesto il vino è in ottima compagnia: quanti prodotti alimentari d’eccellenza sono più danneggiati che protetti dal marchio d’origine e relativo disciplinare di produzione?

Lorenzo commenta:
25/02/2014 ore 09:45

Cara Edith,
innanzitutto complimenti per il tuo articolo, davvero ben scritto. Faccio una doverosa premessa, io adoro i vini di Dottori… a scanso di equivoci!

Mi permetto di commentare una tua frase specifica:

“Sembra che ad una richiesta verbale di spiegazioni, gli sia stato risposto che “era diverso dagli altri”. Motivazione tanto orribile quanto stupida.
Dottori fa semplicemente macerare parte delle uve per poche ore, e non filtra il vino. Il risultato è un vino giallo paglierino, lievemente opalescente. Per alcuni aspetti diverso dagli altri, vinificati tutti allo stesso modo, in maniera stereotipata, ma non razionalmente e ragionevolmente distante dal disciplinare. ”

La motivazione è tutt’altro che stupida, leggi cosa tutela una DOC, un IGT od una DOCG.
questi disciplinari tutelano un Nome, una Zona e, soprattutto, una tradizione vitivinicola, ripeto, una TRA-DI-ZIO-NE. Per tradizione si intende, appunto, come veniva fatto il vino.

Il colore c’entra, eccome. Il colore è frutto delle pratiche enologiche di vinificazione, non so se sai, ma nel Ticino si fa un Merlot in bianco. Ma no, che c’entra il colore, è sempre Merlot, NO?

Dottori fa “semplicemente”… e “non filtra”.
La domanda che dobbiamo farci è, da quando è nata questa DOC, il vino aveva quell’aspetto? O meglio, la tradizione vitivinicola, faceva in modo che il prodotto finale avesse quelle caratteristiche organolettiche?

Sono queste le domande. Se la risposta è negativa, non c’entra il produttore, il vino è eccellente, ma non è una DOC. C’è poco altro da aggiungere.

A questo punto posso solo dire, se Dottori, insieme a tanti altri produttori, dimostrano che il vino in quella zona, ormai, si fa in questo modo… (ma devono essere la maggior parte, ovviamente), allora vorrà dire che la tradizione è cambiata e che anche la DOC può e deve essere modificata.

Con questo non voglio difendere le DOC, sto solo dicendo che sono un “bene” normativo nazionale che va tutelato, fare il vino è un’altra cosa.

http://it.wikipedia.org/wiki/Denominazione_di_origine_controllata

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Edith Di Salvo risponde:
February 25th, 2014 ore 12:30


Gentile Lorenzo, chiedo io a te… la tradizione vitivinicola della zona prevedeva che si facessero vini come quelli che oggi si trovano in commercio imbottigliati come Doc?
Dimmelo in tutta sincerità.
Forse la tradizione, quella storica, prevedeva vini ben diversi dagli attuali Doc vinificati in maniera molto manipolatoria per inseguire un presunto mercato internazionale.
Altra domanda. Se il colore è a tuo avviso così importante per definire la tradizione vinicola, come mai è uguale in tutta Italia?
Non dirmi che il vino della tradizione era tutto giallo paglierino limpido e cristallino…
forse assomigliava più a quello di Dottori.
Se il colore non è un elemento così discriminante per indicare territorialità e tradizione allora le Commissioni non dovrebbero valutarlo. Valutino altri elementi ma non il colore.

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Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 14:56


@Edith Di Salvo,
certo, la doc, nel momento della sua redazione ha preso in considerazione lo status quo. Per tradizione si intende, infatti, quello che all’epoca della redazione del disciplinare hanno dichiarato gli studi di settore fatti dal ministero dell’agricoltura e delle associazioni di produttori del territorio.

Tecnicamente anche io e Lei (mi scusi se mi sono permesso di darle del tu), possiamo iniziare a coltivare un vino e dopo qualche anno chiedere la DOC.

Come non esiste una DOC per il mamertinum romano del II secolo A.C. citato da Plinio il vecchio, così come non esiste un disciplinare del metodo classico che veniva prodotto a fine ’800 sull’Etna.

I disciplinari sono nati a partire dagli anni ’60 ed hanno captato le tradizioni di allora. Ripeto, andrebbero aggiornati, questi si, ma sono tutt’altro che da buttare.

il colore non è affatto uguale in tutta italia, nel colore di un vino concorrono le componenti varietali del vitigno e, forse soprattutto, delle condizioni pedoclimatiche (terreno-clima) peculiari addirittura di ogni singolo cru!

… cosi mi ammazza il concetto di “terroir” :-)

Poi c’è anche la vinificazione, ovviamente, far stare più o meno le bucce concorre assolutamente alla costruzione del colore, ma la DOC deve prendere in considerazione, tutelando una zona, anche le condizioni pedoclimatiche.

Quindi Il colore è un elemento fondamentale!

Riguardo il vino della tradizione, premesso che andrebbe definito di che tradizione stiamo parlando, non sono d’accordo che assomigliava di più a quello di Dottori, fare questi paragoni rischia di coincidere con un falso storico. Le tecniche di chiarifica, filtrazione, solforazione e quanto altro le venga in mente, sono note e documentate da secoli e secoli! Come, del resto, in secoli e secoli sono state selezionate sia naturalmente che artificialmente le varietà che coltiviamo fin’ora. Aggiungo che anche l’introduzione del piede americano ha mutato la vite come era nota. Per non parlare poi del “gusto” del cliente di allora, che si è evoluto costantemente e che ha fatto in modo che l’enologia si adeguasse.

Quindi ?
Quindi, mettiamola così, una DOC ha fotografato uno “stato dell’arte” dell’evoluzione della tradizione vitivinicola nel momento in cui è stata scritta. Alcune sono vecchie, altre sono più nuove.

La mia opinione è: una DOC non è stupida, è un bene vitale per l’esistenza del panorama enologico italiano, se ai produttori non piace, non c’è problema, scelgono altri disciplinari o, meglio, hanno tutti gli strumenti giuridici per proporre una modifica o un’integrazione o, addirittura, creare una DOC nuova!

P.S. Grazie per il confronto costruttivo!

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Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 18:42


@Edith Di Salvo,

Cara Edith, riscrivo perchè sono scomparsi due miei commenti, ovviamente non sto insinuando nulla.
Una DOC, nel momento in cui è stata redatta, descrive una tradizione. Esistono DOC più vecchie (anni 60) e DOC più nuove, contemporanee… create qualche anno fa.
Una DOC/DOCG non fa altro che scattare la fotografia di una tradizione vitivinicola così come lo studio di settore la rileva. Tale studio non è pressappochistico, ma è scientifico e, soprattutto, nasce dal confronto con le realtà dei produttori storici locali.
Vien da se che una DOC non può andare troppo indietro del tempo, essa descrive lo stato dell’arte dell’evoluzione della tradizione stessa, ma, sicuramente, può essere evoluta (Es. Il disciplinare del Chianti) per recepire le evoluzioni della tradizione stessa.
Esempio pratico, non penso che troverai un disciplinare che ti parla del Falernum (n.b. non sono stati affatto i francesi a creare il concetto di clos e cru ed i relativi disciplinari di produzione) descritto da Plinio, come non troverai nessuna menzione nella spumantizzazione in metodo classico divenuta tradizione alle pendici dell’Etna alla fine dell’800.
Ma veniamo al colore del Vino. Come ben saprai, esistono diversi fattori che concorrono alla creazione del colore di un vino. Alcuni, molto importanti, non c’entrano nulla con la vinificazione, sono frutto della varietà di vite e delle condizioni pedoclimatiche (terreno/meteorologia). Quelli della varietà del vino sicuramente li conosci, un Nebbiolo non ha lo stesso colore di un Magliocco Canino calabrese. Veniamo quindi alle condizioni pedoclimatiche, a parità di varietà coltivata, per esempio, la quantità di calcare o di potassio del terreno può variare in maniera considerevole la quantità di antociani presenti nell’uva matura. Stesso può succedere per le condizioni climatiche, un’uva maturata lentamente ha delle caratteristiche molto diverse da una maturata velocemente. Un Pinot Nero siciliano ha delle pesanti diversità di colore rispetto ad uno altoatesino.
Quindi non è affatto vero che il colore del vino è uguale in tutta Italia, ma che dico, nel mondo! Così mi uccidete il concetto di “terroir” :-)
Per quello che concerne la vinificazione, la DOC descrive la tradizione del posto… e la vinificazione, ovviamente, si porta dietro anche il colore del vino!
Ora, detto questo, vien da s che una DOC deve tutelare, oltre il nome, anche il territorio, inteso come condizioni pedoclimatiche in cui la vite si coltiva.
Ti sembra roba da poco? Per me no, affatto. Il colore è importantissimo.

Veniamo al discorso del “vino della tradizione”, innanzitutto bisogna contestualizzare di che tradizione stiamo parlando ed il periodo storico di riferimento, sono documentate già secoli fa tecniche di filtrazione, solforazione, chiarifica etc. etc. quindi fare il paragone può essere molto rischioso.
Inoltre le varietà nel corso del tempo si sono evolute, sia naturalmente che artificialmente.
A questo aggiungo che è cambiato anche il gusto dei consumatori, ciò ha fatto pesantemente cambiare le metodologie di vinificazione.
Ergo non mi lancerei con similitudini con il vino di Dottori (che ripeto, doc o non-doc è un prodotto eccellente!), rischiamo di fare dei paragoni decontestualizzati.

Quindi, alla fine, i produttori di una determinata zona, una volta riscontrato che il vino “si fa in modo diverso”, hanno già tre opzioni: 1) chiedere, e lo possono fare, la modifica di un disciplinare 2) lo abbiamo detto, possono non fregiarsi della DOC, vini eccellenti sono “da tavola” 3) cosa importante, possono chiedere una nuova DOC ex novo!

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Lorenzo risponde:
February 26th, 2014 ore 09:08


@Edith Di Salvo,
Cara Edith, riscrivo perchè sono scomparsi due miei commenti, ovviamente non sto insinuando nulla.
Una DOC, nel momento in cui è stata redatta, descrive una tradizione. Esistono DOC più vecchie (anni 60) e DOC più nuove, contemporanee… create qualche anno fa.
Una DOC/DOCG non fa altro che scattare la fotografia di una tradizione vitivinicola così come lo studio di settore la rileva. Tale studio non è pressappochistico, ma è scientifico e, soprattutto, nasce dal confronto con le realtà dei produttori storici locali.
Vien da se che una DOC non può andare troppo indietro del tempo, essa descrive lo stato dell’arte dell’evoluzione della tradizione stessa, ma, sicuramente, può essere evoluta (Es. Il disciplinare del Chianti) per recepire le evoluzioni della tradizione stessa.
Esempio pratico, non penso che troverai un disciplinare che ti parla del Falernum (n.b. non sono stati affatto i francesi a creare il concetto di clos e cru ed i relativi disciplinari di produzione) descritto da Plinio, come non troverai nessuna menzione nella spumantizzazione in metodo classico divenuta tradizione alle pendici dell’Etna alla fine dell’800.
Ma veniamo al colore del Vino. Come ben saprai, esistono diversi fattori che concorrono alla creazione del colore di un vino. Alcuni, molto importanti, non c’entrano nulla con la vinificazione, sono frutto della varietà di vite e delle condizioni pedoclimatiche (terreno/meteorologia). Quelli della varietà del vino sicuramente li conosci, un Nebbiolo non ha lo stesso colore di un Magliocco Canino calabrese. Veniamo quindi alle condizioni pedoclimatiche, a parità di varietà coltivata, per esempio, la quantità di calcare o di potassio del terreno può variare in maniera considerevole la quantità di antociani presenti nell’uva matura. Stesso può succedere per le condizioni climatiche, un’uva maturata lentamente ha delle caratteristiche molto diverse da una maturata velocemente. Un Pinot Nero siciliano ha delle pesanti diversità di colore rispetto ad uno altoatesino.
Quindi non è affatto vero che il colore del vino è uguale in tutta Italia, ma che dico, nel mondo! Così mi uccidete il concetto di “terroir” 
Per quello che concerne la vinificazione, la DOC descrive la tradizione del posto… e la vinificazione, ovviamente, si porta dietro anche il colore del vino!
Ora, detto questo, vien da che una DOC deve tutelare, oltre il nome, anche il territorio, inteso come condizioni pedoclimatiche in cui la vite si coltiva.
Ti sembra roba da poco? Per me no, affatto. Il colore è importantissimo.

Veniamo al discorso del “vino della tradizione”, innanzitutto bisogna contestualizzare di che tradizione stiamo parlando ed il periodo storico di riferimento, sono documentate già secoli fa tecniche di filtrazione, solforazione, chiarifica etc. etc. quindi fare il paragone può essere molto rischioso.
Inoltre le varietà nel corso del tempo si sono evolute, sia naturalmente che artificialmente.
A questo aggiungo che è cambiato anche il gusto dei consumatori, ciò ha fatto pesantemente cambiare le metodologie di vinificazione.
Ergo non mi lancerei con similitudini con il vino di Dottori (che ripeto, doc o non-doc è un prodotto eccellente!), rischiamo di fare dei paragoni decontestualizzati.

Quindi, alla fine, i produttori di una determinata zona, una volta riscontrato che il vino “si fa in modo diverso”, hanno già tre opzioni: 1) chiedere, e lo possono fare, la modifica di un disciplinare 2) lo abbiamo detto, possono non fregiarsi della DOC, vini eccellenti sono “da tavola” 3) cosa importante, possono chiedere una nuova DOC ex novo!

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 26th, 2014 ore 09:58


@Edith Di Salvo,

Cara edith, posso sapere cortesemente perchè vengono cancellate le mie risposte al tuo commento ?

Grazie

Rispondi a questo commento

Mario Crosta risponde:
February 26th, 2014 ore 11:40


@Lorenzo, i filtri reagiscono a singole parole messe in un elenco di indesiderate. Ho letto i commenti che ti erano stati bloccati e non le posso scrivere qui, altrimenti anche questo commento viene bloccato. Qualsiasi parola che possa essere considerata offensiva dal filtro (anche se non da me o da te) manda nello spam il commento.

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes commenta:
25/02/2014 ore 12:57

@Lorenzo, mi chiedo cosa abbiano a che fare con la tradizione filtrazioni spinte che rendono il vino cristallino e trasparente come acqua pura, o l’uso di beta-glicosidasi per liberare pro-aromi varietali e conferire al vino un marcato aroma di Sauvignon Blanc. Parliamo di vino Docg… questo le commissioni non lo valutano?

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 15:01


@Massimiliano Montes,

Massimiliano,
qui il tema è un altro, non c’entrano né i coadiuvanti la vinificazione, né le tecniche di filtrazione.

La DOC prende in considerazione dei vitigni, delle condizioni pedoclimatiche e delle tradizioni vitivinicole presenti in quel territorio.

L’output è un vino ha, grazie a dio, delle CARATTERISTICHE.

Con ciò, mi creda, c’entra poco la sofisticazione del vino.
Le leggi anti sofisticazione esistono e sono normate al di fuori di un disciplinare a tutela di un nome e di un territorio. E’ un argomento troppo lungo da fare qui.

Non si offenda, ma non paragoni i “furbetti della polverina nel vino”, con un disciplinare IGT, DOC o DOCG, sminuirebbe automaticamente tutti quei produttori che il vino lo fanno veramente (e grazie a dio sono la maggioranza!)

Rispondi a questo commento

Luciano Ferrari risponde:
February 25th, 2014 ore 18:21


@Massimiliano Montes, lorenzo non risponde. Che sia il ministro sotto mentite spoglie?

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 18:57


@Luciano Ferrari,
Luciani, avevo risposto, semplicemente si è cancellato il commento.

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 18:45


@Massimiliano Montes,

No, e non devono valutarlo, una DOC/DOCG/IGT deve difendere la zona, il nome, la tradizione

Per quello che concerne le sofisticazioni del vino esistono in Italia norme rigorosissime (per inciso, molto più rigorose dei paesi che prendete ad esempio nell’enologia).

Come ti avevo già scritto prima, è un discorso molto lungo da fare qui, però penso che già un vino biodinamico o biologico possano trovare risposta in quello che stai dicendo senza minimamente intaccare il concetto di DOC.

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
February 25th, 2014 ore 18:52


@Lorenzo, ma non è sofisticazione. Sono procedimenti legali e usatissimi da quasi tutte le cantine, anche su Doc e Docg.

Rispondi a questo commento

Il colore del vino è sempre uguale, dall... commenta:
25/02/2014 ore 15:26

[...] Il colore del vino è sempre uguale, dalle Alpi a Lampedusa  [...]

Nicola Lucchesi commenta:
25/02/2014 ore 16:41

Mha…. sono estremamente perplesso su queste definizioni.
Secondo me il colore ha la sola valenza nel determinare eventuali difetti del prodotto, tipo l’ossidazione, tutto il resto è aria fritta .
Si riescono a ottenere tutte le tonalita’ di colore volute dopo una feroce sbiancatura , quindi che senso puo’ avere giudicare il vino DOCG dalla scale di colore…?
Sulle Doc e DOCG poi ci sarebbe da aprire un capitolo alto quanto il libro dei morti Tibetani.
Nel Chianti sono state variate negli ultimi anni due cose fondamentali:
- Tolte le uve bianche (leggi Trebbiano Toscano)
- Inserimento di uve come Cabernet e Merlot a discapito dei vitigni tradizionali autoctoni.
Cosa rimane della tradizione ? l’80% di Sangiovese .
Provate a modificare le norma di Napoleone III sullo Champagne ai Francesi e vedete….
Noi rincorriamo affannosamente il mercato , altri si fanno rincorrere .
Prosit

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 18:52


@Nicola Lucchesi,

è la tradizione si evolve, quindi è corretto che anche il disciplinare si muova come nel caso del Chianti, in altri casi… non è così facile dirlo, avrete sicuramente sentito parlare della proposta delle modifiche al disciplinare del brunello. Voi sareste d’accordo ? Non è mica facile rispondere.

Sul discorso dei vini francesi, permettimi di dirti che stia prendendo un granchio grandissimo! Loro si sono sempre modificati i disciplinari (N.B. ammesso che i loro siano veri e propri disciplinari, dato che il paragone con i nostri non regge) a piacimento.

Ultimo esempio ? Vatti a vedere come hanno ampliato la zona di produzione dello Champagne! Ampliata in modo quasi vergognoso a Marzo 2008!!!!

Noi non rincorriamo niente, noi in Italia siamo SERI, credimi, leggiti come si fa il vino in Sudafrica o in Australia, poi torni qui e mi dici… E’ loro che fanno concorrenza non del tutto… come dire… fammi stare zitto!

Un esempio stupido… in Italia puoi fare vino rosato facendo una cuvee di bianco e rosso ? NO ed è un reato penale. negli altri posti che ti ho detto SI.

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
February 25th, 2014 ore 18:59


@Lorenzo, si, ma si possono mescolare uve bianche e uve rosse, anche ammostate separatamente. E’ lo stesso.
Vedi per esempio il disciplinare Etna Rosato Art. 5 paragrafo 5:
http://www.etnadoc.com/bbb/file_content/fl13.doc

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 19:05


@Massimiliano Montes,
ammostate è un conto, fare una cuveè è un altro!

Rispondi a questo commento

Lorenzo commenta:
25/02/2014 ore 19:01

@Massimiliano Montes,

non fraintendermi, io non sto sostenendo che sia giusto fare questi trattamenti che, se pur legali, a mio avviso rappresentano un’ingerenza umana eccessiva, sto semplicemente dicendo che un disciplinare tenta quantomeno di descrivere la tipicità di un prodotto e di tutelarlo giuridicamente, se poi qualcuno bara……!!

Tra l’altro, molti di questi trattamenti a cui tu fai riferimento, come ad esempio l’utilizzo di lieviti aromatici etc, nemmeno sono riscontrabili da analisi di laboratorio (per ora) quindi sono unicamente demandati all’etica del produttore!

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
February 25th, 2014 ore 19:07


@Lorenzo, a parte che l’uso di enzimi come le beta-glucosidasi è intuibile al naso, che diventa non proprio “tipico”, il problema è se barano tutti o la maggior parte vista l’esiguità dei costi di queste sostanze? Che si fa? Le Commissioni dovrebbero bocciare i vini con naso non tipico, non quelli con un presunto colore non tipico.
E la tipicità non deve dipendere da come si comportano organoletticamente la maggioranza dei vini di quella zona, altrimenti siamo fregati: se tutti usano le beta-glicosidasi chi non le usa diventa atipico!
Mi piace che definisci “barare” l’uso di enzimi. Gli enologi non sarebbero daccordo :-)

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 19:10


@Massimiliano Montes,

Ma infatti il mercato del vino sta prendendo un “bivio” netto, tra quelli che cercando di togliere gli additivi (naturali, biodinamici, biologici) e quelli che chiameremo “convenzionali”.

Se ci pensi bene la prima DOC è degli anni ’60, i primi disciplinari per l’esclusione dei coadiuvanti la vinificazione hanno pochissimi anni.

Io sono sicuro che tra un pò ci sarà una convergenza tra le normative.
Su questo mi trovo sostanzialmente d’accordo con te.

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 25th, 2014 ore 19:14


@Massimiliano Montes,
Sai, sul discorso del barare è un discorso di natura culturale.

Molti vini ultrablasonati sono pieni di gomma arabica etc. etc. però, alla fine, possiamo definirla evoluzione tecnologica.

Non so che posizioni prendere, per me è barare, ma deve esserci una linea di confine… se pensi che fino alla metà del 900 in alcune zone della francia era permesso mettere il sale di piombo (cancerogeno) per addolcire il vino…

Il punto di unione tra la tecnologia e la “naturalezza”, anche questa volta, vedrai che lo farà il mercato!

Rispondi a questo commento

Eretico Enoico commenta:
26/02/2014 ore 00:55

Decisamente istruttivo per un appassionato leggere i commenti agli articoli di questo sito.L’invito alla riflessione ed all’approfondimento di tematiche specifiche e’ costante ma a volte si cade in una ricerca compulsiva dell’unica verità assoluta che nel caso di un prodotto vivo e poetico come il vino e’ puro esercizio fine a se stesso.
In questo specifico caso hanno tutti ragione ma anche in parte torto,le DOCG e DOC non sono acronimo di qualità ma di una rispondenza a un determinato tipo di vino ,determinato perché delimitato da alcuni confini ,specifiche e caratteristiche. Come più di una persona ha fatto notare qui con questo sistema codificato ( quindi assolutamente perfezionabile) si e’ arrivati negli anni ad una crescita qualitativa della vitivinicoltura italiana. I problemi nascono a causa dell’elemento umano italico chiamato a valutare ed interpretare certe linee guida con diverse tipologie di perversioni pseudo accademiche . Per quello che mi riguarda e’ ovvio che non sarà possibile determinare tutte le sfumature e tipicità di un determinato vino perché sono troppi i fattori consentiti nell’ambito dei disciplinari in grado di variarle. Credo però che potremmo tutti concordare nell’ affermare che un soave superiore docg non sarà mai di un rosso rubino o che un Montepulciano D’Abruzzo colline teramane non apparirà mai di un bel giallo dorato con riflessi cristallini per quanto ” natural dinamico anforato ” …in sostanza ci sono linee guida perfettibili e uomini che potrebbero evitare di stravolgerle quando devono valutare degli ottimi prodotti, vini che sono una evoluzione benigna della tipicità ( l’ottimo Dottori e tanti altri fino al sempre buon maestro Lino Maga che più di una volta si è scontrato con le commissioni).

Rispondi a questo commento

Luciano Ferrari commenta:
26/02/2014 ore 09:21

non era il ministro

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
February 26th, 2014 ore 09:47


@Luciano Ferrari, forse il sottosegretario…

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 26th, 2014 ore 10:02


@Massimiliano Montes,

Vi assicuro che sono un semplicissimo appassionato di vino che, dal basso della sua ignoranza, cerca solo di approfondire le tematiche.

Mi approccio al vino senza pregiudizi di sorta, ma stavolta non ho condiviso questo articolo sulle DOC, fermo restando che è un articolo bellissimo! Anzi, sapete che vi dico ? Dovrebbero essere i sottosegretari ed i ministri a leggere questi commenti! Sapete quanto imparerebbero ?
:) :) :)

Rispondi a questo commento

Massimiliano Montes risponde:
February 26th, 2014 ore 11:27


@Lorenzo, si scherza… dai.

Rispondi a questo commento

Edith Di Salvo commenta:
26/02/2014 ore 11:31

Scusa Lorenzo, non so per quale motivo ma i filtri antispam avevano gettato alcuni tuoi commenti nel cestino. Li ho recuperati. E’ un automatismo che non posso modificare, controllerò più spesso :-)

Rispondi a questo commento

Lorenzo risponde:
February 27th, 2014 ore 09:52


@Edith Di Salvo,
addirittura sono finito nello spam… quasi un onore :) :) :)

Comunque, complimenti per l’articolo, davvero interessante.

Rispondi a questo commento

Anche il profumo del vino è sempre uguale, dalle Alpi a Lampedusa commenta:
05/03/2014 ore 13:26

[...] avere esaminato il colore del vino in questo post del 24 febbraio, vediamo cosa prevedono i disciplinari delle Denominazioni di Origine Controllata per il [...]



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